Uno spettacolare ponte e una meravigliosa natura; oggi andiamo a Loreto, nella Valla Argentina, dopo il Comune più conosciuto, Triora.
Siamo già nella parte più alta della valle. Ad accoglierci, una natura padrona.
Ciò che più ci colpisce, dopo aver percorso pochi chilometri dal paese delle streghe, è un ponte altissimo che ci lascia senza fiato.
Con tutte le architetture, militari e religiose della zona, questa viene definita: civile.
Stiamo parlando di un ponte tra i più alti d’Italia. Un ponte da vertigini, vi basti pensare che è una delle sedi preferite per il bungee jumping e, per tuffarsi da lui, arrivano da tutta Europa.
E’ stato costruito nel 1959 ed è alto 112 metri.
Quello che affascina, guardando il torrente Argentina sotto di lui, è l’aspra gola che lo circonda. Il ponte di Loreto infatti congiunge due monti, uno percorso dalla strada che abbiamo appena fatto e che porta a località come: Verdeggia, Realdo, Creppo e Brigalla, mentre, attraversando il ponte, si possono raggiungere la frazione di Cetta, i Colli Belenda e Melosa e Case Goeta.
Siamo a 642 metri d’altitudine, il fresco ci punge il viso e l’aria sa di pulito, non si percepiscono odori particolari. Sono gli occhi qui ad avere la meglio.
Il ponte stesso, offre un panorama spettacolare; le grigie rupi vengono ricoperte solo nella loro parte inferiore da una vegetazione ricca, alpina e colorata.
Siamo in una zona dove la natura mostra ogni lato del suo splendore. I numerosi uccellini che popolano questo luogo, cinguettano agitati.
L’autunno, regala scenari bellissimi. Le verdi distese sono, di tanto in tanto, sporcate da tocchi di rosso o arancio o giallo. Sembra la tavolozza di un pittore che, con il suo pennello, ha tinteggiato solo qua e là.
Nonostante la giornata umida, e direi freddina, questi colori donano un senso di calore accesi come il fuoco.
Allo stesso tempo però, in determinati punti, la natura sembra avere poca pietà. E’ lei a comandare, è lei la padrona. Così come il torrente che, laggiù in fondo, scende impetuoso, allo stesso modo i boschi, sono ripidi o scoscesi, le falesie invece, aspre e ruvide.
Le macchie di selva si possono percorrere soltanto arrampicandosi o scivolando verso il centro della terra tra filari di alberi a non finire.
Sono loro che, insieme all’azzurro del cielo, circondano e incorniciano le pareti rocciose, alte, maestose, superbe. E’ qui infatti che possiamo addirittura trovare una palestra di arrampicata, la più usata e più famosa nella zona. Queste rupi, per gli appassionati, sono l’ideale.
Dai boschi e dai sentieri, mulattiere ricoperte di foglie morte, cadute a terra stropicciate, permettono di scendere nel torrente. Quasi ghiacciato in questo periodo e, ahimè, triste culla di molti che hanno usato il ponte per porre fine alla loro vita.
Quanta disperazione per gettarsi in quel vuoto infinito, per toccare così violentemente quello scrosciar d’acqua limpida. Le targhe degli amici, in ricordo di chi ha eseguito quel balzo come ultimo gesto, sono tante. Ognuna ha il suo posto sul ponte e nessuno le toglierà mai. Targhe in pietra, in marmo, in metallo ma tutte tristi e melanconiche.
Ultimamente hanno rialzato le ringhiere del ponte che aveva ormai preso i comprensibili nomignoli di “ponte dei suicidi” o “ponte della morte”. Queste modifiche l’hanno reso meno affascinate ma ovviamente più sicuro. Barriere in ferro, alte 2,50 metri, per ora, non hanno più permesso al ponte di essere palcoscenico di atti tragici.
Accanto al letto del fiume, la natura cambia ancora, spariscono le alte piante per lasciare spazio ad arbusti più bassi o magri alberelli. Bacche blu, corbezzoli rossi, maturi.
Qui siamo nel centro della valle, ci sentiamo come dentro al suo cuore ed è come sentirlo battere. Sopra di noi il ponte. Visto da qui sembra sottile, fragile.
Intorno a noi tante grotte. Le falesie, scavate dall’acqua, hanno permesso agli uomini preistorici, durante gli ultimi quaranta milioni di anni, di popolare questa zona della Valle Argentina. Molti ripari e cavità testimoniano la presenza dell’uomo soprattutto nel III millennio a. C. Non si tratta di villaggi grandi o stabili ma rifugi momentanei, di breve permanenza.
Nella cava di pietra, sotto la chiesetta di Loreto, sono stati trovati utensili e armi appartenenti all’Età del Rame. Sono infatti bicchieri vaseiformi, o vasi con la tipica forma a campana, o ancora metalli e oggetti usati per la battaglia, la caccia, la difesa, a farci capire che si trattava probabilmente di un popolo guerriero. Un popolo che ha permesso i contatti tra la valle e il mondo esterno. Queste grotte sono fredde, umide, l’unico rumore che ci accompagna è un gocciolio quasi metallico.
Le rocce cambiano colore, dall’argento scuro diventano via via, a scendere, color dell’avorio, in certi punti addirittura ocra. Qualche timido fiore, prova a metter le sue radici e a guardarlo fa tenerezza, sembra appeso e aggrappato con tutta la sua forza.
Troviamo del muschio, sodo, cupo. Andrà sicuramente a trovare posto in qualche presepe che, tra pochi giorni, in molti, inizieranno a preparare.
Costeggiando il fiume verso Nord e risalendo sulla strada ci troviamo immersi in una zona che pare tropicale. Continuando, raggiungiamo Creppo, la piccola frazione subito dopo e, in seguito, attraversando un piccolo ponticello dai parapetti tremolanti e sottili, continueremo in un tour verso l’Alta Valle, tratto magnifico di questa zona montana.
Da qui, perdiamo di vista l’imponente cima, Madame della zona che, nella sua austerità, non ci saluta nemmeno, se ne sta lì, impassibile, dai secoli dei secoli. Nuda, si lascia accarezzare dalla foschia.
Uno squit vertiginoso. Vostra Pigmy.
M.
Ah, che meraviglia, e che belle foto, ci regali! Ma io devo proprio venire a trovarti, sai? 😉 Poi come le racconti tu, è un vero piacere leggerle.
Lo squit vertiginoso è fantastico!
Ciao Pigmy!
Dai!!! Ti basta scendere giù dritta, dritta e quando vedi il mare giri a destra! Ma preparati, dovrai starci 2 mesi almeno! Devo farti vedere tuuuuutto quanto! E se ti faccio vedere cosa penso io, altro che scrivere! Diventerai una scrittrice di fama mondiale storie fantastiche, medievali a affascinanti, altro che J.K.Rowling! (e quanto te lo auguro Deb!)
*_______________________________________________* Mi attrezzo e arrivo, eh? (Poi adoro i mulini!).
Ti aspetto! Squit!
Sempre in viaggio, la mia sorellina…belle immagini, come sempre…luminose e serene!
Grazie!
Scusa se non sono molto brillante, fatico un po’…un abrraccio.
Uh Miss, che piacere rivederti da queste parti! Si ho postato queste foto fatte lunedì prima della serata di Halloween. Non preoccuparti per come sei in questi giorni, spero solo tu stia bene nient’altro. Ti abbraccio forte! Mi raccomando, ricordati cosa mi piacerebbe… ci conto eh?
Cara topina, la pianta di cui cerco il nome è nella quarta foto dell’articolo “il ponte e la natura” di novembre 2011. se me lo sai dire mi fai molto piacere. grazie ancora e a presto. caterina
Ohi, ohi, Caterina… sai che non lo so? M’informo e ti faccio sapere, promesso.
Io ti aspetto. Quando mi metto in testa qualcosa…é che non so a chi rivolgermi.Quella foto ingrandita è stupenda e quei cespugli infiammano la montagna. Nelle mie valli non ci sono, li ho visti per la prima volta l’altro giorno ritornando da Sanremo. Non passo mai dalla val Roia perchè soffro l’auto ma mi è piaciuto così tanto il paesaggio che sono persino stata bene. Pensa un po’! Grazie dell’attenzione e un abbraccio. caterina