Tre Monumenti e un Bastione

Girovagando per il paese di Taggia e dirigendoci verso Piazza della Santissima Trinità, arriveremo, discendendo dalla Valle Argentina, in uno slargo… “dove gira l’autobus”… direbbero i taggesi.

Una grande aiuola, davanti alle Scuole Elementari e Medie, è ulteriormente arricchita da tre splendidi monumenti che, questo borgo, ha voluto dedicare ai suoi caduti.

E’ davanti a loro che un tempo, si radunava il Coro “Le voci della Valle Argentina” a intonare canzoni e inni in ricordo di guerra e libertà.

Il primo è una grossa pietra in onore degli Alpini con tanto di cappello, stemma e picozza. Sul davanti, una lastra di marmo bianco riporta la scritta “a ricordo di tutti gli Alpini” mentre, sul lato destro, un’altra scritta dice così: “a memoria di padre generoso, fratello tra fratelli, Alpino con Alpini, fu appoggio e sostegno a chiunque a lui si rivolse. il gruppo. 26 maggio 1968“.

Pochi passi più avanti invece, un’austera aquila su una rocca, simbolo di forza, spiega le ali orgogliosa al di sopra dell’elenco dei Martiri della Libertà, anch’essi deceduti in guerra e, un mucchio di fiori di pietra, fanno da cornice. Tra i suoi artigli, la pergamena con la data di questa creazione. Ancora 1968.

La fierezza dei taggesi però va oltre. Non è finita.

Accanto a quest’ultima memoria, ecco la più grande di queste tre opere d’arte. Il monumento dedicato a coloro che vengono considerati eroi, morti o dispersi, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il bianco prigioniero che appoggia i suoi piedi sulle scritte in stampatello “vittorioso – libero – grande” Tre aggettivi che, da soli, bastano a rendere l’idea. Ma, il giovane scolpito e con le mani incatenate, è situato sopra a tutti i nomi di quelle persone che hanno dato la vita per la propria patria e, davanti ad ogni individuo, l’abbreviazione di ciò che era a livello di gradi militare.

Ai figli caduti per la Nazione, Taggia, ne consacra l’immortalità.

Tanti i fiori che lo circondano e, dietro, alcune Palme e un Pino Marittimo, gli fanno da sfondo.

Il viso della statua è rivolto verso l’alto, quasi a cercare aiuto dal cielo, unico appiglio rimastogli e, con il corpo quasi nudo, è coperto solo da un cencio sui fianchi.

Tutte e tre queste sculture circondano un’antica Fortezza che oggi sta nel bel mezzo di questo praticello. Sto parlando del Bastione del Ponte.

Questo Bastione che difendeva la ormai scomparsa Porta di Castellaro è rimasto isolato dopo la demolizione delle mura lungo il torrente Argentina.

Si chiudeva qui la cerchia di mura disposta durante la seconda fase di costruzione delle difese cittadine che inglobava una parte della città non ancora densamente abitata.

Una grata ci proibisce di entrare al suo interno ma si può notare, come fosse un tempo, un antro scuro dal quale si controllava per difendere il paese.

Delle scale ormai completamente rovinate salgono e sembra quasi di vedere come delle piccole stanze dove, forse, riposavano le guardie.

In autunno questo Bastione è ricoperto di foglioline rosse appese agli alberi attorno e che spariscono poi, durante l’inverno, lasciando una ragnatela di rametti morti ad avvolgerlo che sembrano arabeschi.

Al di fuori, un’altra stretta scalinata, permetteva di giungere sulla sua cima.

Non è altissimo ma, un tempo, quando le case non erano palazzi, questa altezza bastava per tenere tutto sotto controllo.

In Taggia non è l’unico. Ogni angolo era protetto e controllato da una di queste Torri.

Ci sono infatti anche il Bastione del Gombo, il Bastione Grosso o dei Berruti e quello della Biscia. Sono tutti punti fortificati per difendere la città. Delle vere fortezze.

Sono storici, affascinanti e non si toccano. Sono anch’essi l’emblema di questo antico posto.

Da qui, si può giungere facilmente al Ponte Romano, il ponte che da il nome a questo Bastione e a Villa Curlo, il Palazzo di cui vi ho parlato qualche articolo fa, quindi, corro.

Non perdo tempo, mi aspetta un nuovo fantastico post da scrivere su uno dei ponti più antichi della storia (beh… quasi!).

Voi nel mentre, godetevi questo.

Un arrivederci a presto, vostra Pigmy.

M.