Guardatele topini, ve le ricordate? A me fanno venire un po’ di malinconia.
Mi ricordano le botteghe che oggi non esistono più, le cose piccole, i grandi valori. Mi ricordano le prime commissioni da fare alla mamma, che in realtà erano vere e proprie missioni, di quando si partiva con la borsa tra le mani e le 10.000£ così strette nelle dita che Aldo, il macellaio, doveva disfare un origami per darmi il resto.
La mamma aveva detto – Non perderle Pigmy, mi raccomando! -. Dovevo ricordarmi tutto ma, in realtà, ella aveva già telefonato e fatto la sua prenotazione.
Mi ricordano anche le telefonate che facevo io. I pianti dalla colonia, alla sera, perchè volevo tornarmene al mio mulino e i soldini non bastavano mai per mandare tutti i bacini che avrei voluto spedire dentro a quella cornetta… dovevo far più tenerezza che potevo… dovevo straziargli il cuore a mamma e papà! E i mega numeri, quelli lunghissimi di quando capimmo come fare a fare gli scherzi laggiù, fino in America. Sarà stata l’America poi? Boh? E chi aveva il tempo di scoprirlo?
Mi ricordo della farmacia e della farmacista. Più antica della sua stessa insegna e dei barattoli di erbe che teneva come reliquie. Amica di famiglia, sapeva tutto prima e sopra gli altri e, ai tempi, l’ascoltavo come incantata.
Mi ricordo il vanto di essere affacciata proprio alla finestra dell’insegna, dalla quale in realtà non si vedeva nulla, quando andavo a trovare la zia. Era la più scomoda finestra di tutta la palazzina, ma mi cuocevo i gomiti appoggiata al davanzale d’ardesia che scottava sotto il sole. Chi leggeva mi guardava. Che sfacciata! Ma da piccoli, tutto è perdonabile. Tutto è comprensibile.
Mi ricordo, e i pensieri sono vivi dentro me, come freschi del giorno prima. Mi ricordo di quando andavo dalla Lina e le vendevo le uova delle mie galline. Lei aveva un modo di trattare quelle uova come se fossero state pietre. Io sembravo un’impedita e, per il terrore di romperle, andavo a rallentatore. La Lina rideva, rideva così forte e divertita che mi accorgevo dei denti che le mancavano in bocca.
Mi ricordo dell’odore di quello che le insegne stesse pubblicizzavano. Quell’odore di chiuso, di scuro, di umido o di buono, come quello del prosciutto cotto, e stavo lì, ad annusarlo per ore, al di là del bancone, finchè la campanella della tenda annunciava che mi avevano sentito entrare e stavano arrivando dal cucinino per servirmi.
Mi ricordo quelle più in voga della Coca-Cola, o della Plasmon, o quelle che annunciavano le mercerie e le vecchie osterie. A volte anche pendenti, a volte anche di legno. A volte cigolavano. A volte erano disegnate direttamente sulla parete o attaccate da tasselli e, con la pioggia, perdevano la tinta o la ruggine che colorava il muro di marrone arancionato e sbavature irregolari.
Mi ricordo che non s’illuminavano e, alla sera, finivano di esistere, ma tanto sapevamo benissimo dov’era quel luogo che ci serviva.
E anche oggi, hanno smesso di esistere. Ora che si staccano, o l’intonaco sul quale erano disegnate, si sta sgretolando via. Ora che le guardi e ti dicono chiaramente quanto tempo è passato, senza indugi, senza batter ciglia. Ora che vorresti, rivederle vivere. Ora che dormono, che nessuno più le considera. Si sentono inutili e stanno lì, a lasciarsi andare. Mi mancate. E a voi? Che effetto fanno? Riportano anche a voi e alla vostra memoria, alcuni ricordi? Raccontatemeli…
Un saluto, vi aspetto per il prossimo tour.
M.
La prima foto è stata presa da tube.7s. it
Bellissima l’immagine del macellaio che doveva disfare un origami per darti il resto 🙂 credo che tutti abbiamo in mente quei negozietti, forse ancor più delle insegne…erano altri tempi quando fare la spesa era un pellegrinaggio! Buona serata Pigmy!
Ah! Ah! Grazie Stravy… è vero… ti ricordi? Un pellegrinaggio… 🙂 non potevi usare metafora migliore! Smack.
La prima insegna che mi viene in mente è quella delle “Cantine Menego” di via Venezia, un’antica osteria del quartiere dove sono nato e dove ho messo piede recentemente per motivi collezionistici (ispirato dal grande Roberto, il bolognese che proprio tu mi hai fatto conoscere!!!).
Sono sicuro che se si provasse semplicemente a soffiarci sopra si polverizzerebbe, impossibile spostarla dal suo posto e forse è giusto così, ormai è un tutt’uno col muro del palazzo su cui è applicata.
Fabio – Zeneize since 1965. Quande se dixe “vegio comme a pua in sci quaddri”…
Bellissima questa visione dell’insegna che si spolverizza Fabio! Me la vedo, riesco a immaginarla e capisco quanta ragione hai e quanti ricordi. Ricordi che non se ne andranno mai! Un bacio grande mon ami.
bellissime foto bellissimi ricordi,erano altri tempi quando fare la spesa era una gioia perchè ci si fermava a parlare con tutti…c’era più comunicazione e poi vuoi mettere le vecchie botteghe con i centri commerciali di oggi? dove tutti sono di corsa e tutti stressati…..ti abbraccio tesoro
Oh Melody cara! Non c’è assolutamente paragone! E mi mancano sai? Un bacione mega.
Che incanto!
Anche in certi paesi della Sardegna ci sono delle insegne datate…!
Che gioia scoprire che anche qua esistono ancora!
Bel posto, come sempre…grazie!
buona serata
.marta
Ciao Marta, sono contenta che anche a te siano piaciute e abbiano suscitato tante emozioni. Un bacione grande!
C’è sempre qualcosa di speciale nei ricordi della nostra infanzia, per ognuno di noi è così.
…e quelli dati da queste speciali insegne sono davvero particolari e indelebili. Un bacino Miss!
Cara Pigmy, che bel post…solo la tua grande sensibilità poteva pensare a questo tema!! Quanti ricordi mi hai fatto tornare in mente legati alle vecchie cabine telefoniche…un bacio grande cara!!
Oh grazie Cuky! Che bellissimo complimento mi hai fatto! Grazie davvero. E si, se ci pensi è un tema che poche volte tocchiamo ma quando se ne parla, porta alla mente davvero tanti ricordi. Sono felice di averti regalato queste sensazioni. Un grandissimo bacio.
Grazie a te cara!!! baciotti…mua mua
io qualche insegna ben fatta me la appenderei in casa. Le trovo molto più interessanti di certe croste riprodotte in serie
Perfettamente ragione. A Imperia, vicino alla fabbrica della pasta Agnesi, c’è un negozio che le fa… inventate, e sono meravigliose. Di latta.
Quanti bei ricordi, quanta vita vera!… La farmacista a cui ti riferisci la ricordo bene, era anche nostra amica di famiglia!… Ora ci sono i centri comnerciali, hanno dato posti di lavoro e ne hanno tolti a che aveva le botteghe… Ora c’è chi lavora nei giorni di festa per permettere a chi non lavora di andare nei negozi anzichè nella natura.. io ricordo che quando ero bambina andavo con mamma e papà a fare la ‘spesa grande’ il sabato ed era una festa…il sabato sera pizza o tost e patatine con mamma e papà… La domenica mattina si dormiva un po di più… Poi la messa, il pranzo della festa e la domenica pomeriggio giretto in montagna!…
Ed erano dei sabati e delle domeniche indimenticabili Niky. I supermercati le insegne che cito non ce l’hanno davvero… Che di ricordi vero? Un bacio.
Adoro le antiche insegne, proprio l’altro giorno ho visto una “Latteria” stupenda!
Qui a Milano girando se ne trovano ancora e sono bellissime!
Belle! In una grande città, vederle, sono senz’altro ancora più affascinanti! Un bacio Patrizia.
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