Arrucàu ai pei du munte inta ina ressega de càe
Bella mustra i fan e ciape de cava, prie picàe a duvè
Ch’i se puntèla una inte l’autra arregatàndu u tèmpu caìn
Che cian-cianin u-e cunsuma.
A gardu a ciassa da geixa, l’èrcu ch’u àrese l’unica revouta
Du paiise, stancu e scruscìu, surdu a chelu scivurelu de vèntu alegru
Ch’u s’infira de suta aa chintagna, purtàndu i sghizi d’i sbirri
Che festuuxi i svurassa da l’inturnu.
A luna runda a luuxe inte risse che agaribàe i l’astrega u camin
Luuxente u celu ch’u te fa as-sciarì u misteru de l’univèrsu,
e stù splendù u fa brilà tuti i barcùi ch’i agnima i casuneti.
U bèru d’ina pegura u s’acosta pè sercà l’amù d’ina caressa,
ch’u in faturiisu alegru ch’u t’aciacrina u co.
Inte rame de castagne, in po’ ciù aa vale, u canta a maciota….
Amagunèndu u sòn da campana che a seira a sona l’Ave Maria.
Turna mei fiju aa tò cà, turna a sentì parlà u tò giargun,
furestu insarvaighiu ti sei, ma inte chèle càe freide e in po’ derucà
tà maire e tò pàire…. i t’aspèita.
ITALO PIZZO
Ru Ciabàudu, 30 de marzu d’ina vota.
Ebbene, cari topi, ho copiato questa splendida poesia della quale vi farò leggere tra poco la traduzione da un foglio che mia madre trovò nel cassetto di mio nonno. Sono riuscita a tradurla tutta, ma, ahimè, mi manca la traduzione della parola “burata”(che forse significa Bambola). Sì, proprio quella. Il foglio è andato perduto non si sa dove e l’unica cosa che mi venga da pensare è che ho sbagliato a copiare e, anzichè “burata” avrei dovuto scrivere “burgata”. Tutto, allora, avrebbe un senso… oppure aiutatemi, convallesi!
Arrocato ai piedi di un monte in una manciata di case,
bella mostra fanno le pietre (tipiche ciappe liguri sui tetti), battute a dovere
che si puntano l’una contro l’altra, ricordando il tempo caino
che pian, pianino le consuma.
Guardo la piazza della chiesa, l’arco che regge l’unica volta
del paese stanco e decadente, sordo a quel soffietto di vento allegro
che s’infila di sotto al porticato (dovrebbe essere!) portando i canti degli uccellini
che festosi svolazzano intorno.
La luna rotonda illumina gli arbusti che garbati lastricano il cammino,
lucente il cielo che ti fa chiaro sul mistero dell’universo
e questo splendore fa brillare tutti i balconi che animano i casolari.
L’agnello di una pecora si avvicina per cercare l’amore di una carezza
con un fare allegro che intenerisce il cuore,
tra i rami dei castagni, più giù a valle, canta la maciota (non ho idea di cosa caspita sia… un animale!)
Avendo il magone al suono della campana che alla sera suona l’Ave Maria.
Torna figlio mio alla tua casa, torna a sentir parlar il tuo dialetto.
Straniero, inselvatichito sei ma, in quelle case fredde e un pò diroccate,
tua madre e tuo padre… ti aspettano.
Non voletemene per questa traduzione prego!
Uuuuhuuu… mi commuove! E’ bellissima. Insomma, potete vedere che anch’io spesso ho difficoltà a tradurre questa lingua che amo comunque, soprattutto quando usa termini abbastanza antichi. Il titolo, quindi, è “Dove hai lasciato la… borgata” (o Bambola) vi pare? Spero che vi sia piaciuta. Un bacione a tutti.
M.
Credevo fosse difficile da scrivere e tradurre il dialetto siciliano,ma nemmeno il tuo scherza! 🙂
Sei stata brava e paziente a tradurla ,penso anche io che la parola giusta sia
borgata!
Un abbraccio Topina cara 🙂
liù
Vero? Grazie Liù! Il siciliano lo conosco poco ma non so quale sia il più semplice! 😀 Buona cena e un bacione!
Ciao cara Pigmy, passo di corsa… oggi avevo una giornata impegnativa .. ma non vollevo mancarre qui per rispetto…ti abbraccio Pif
Pif manca quando vuoi tanto lo so che ci sei sempre. Tranquilla! Un bacione! 🙂
grazie
Al tuo posto chiederei agli anziani del paese, sicuramente qualcuno la conoscerà, non credi?
Bacioni e buona serata!
Dovrei farlo Miss, già! Bacioni.
tutti i dialetti son belli e son difficili…….ma brava per la traduzione….e siccome mi hai fatto sorridere, ricambio con un sorriso che troverai nel mio blog……..un bacione
Adesso son curiosa e vengo a vedere il tuo bel sorriso!
Stupenda!! Sisi anche secondo me…la parola è borgata! Ha un senso…
grazie e bravissima per la traduzione: non avrei saputo fare di meglio! 😛
abbraccio
.marta
E’ vero che è bella? A me piace tanto! Mi commuove. Per la traduzione ce l’ho messa tutta anch’io 🙂 Bacetti.
Io non sono esperta di dialetti, nemmeno del mio…ma questo mi sembra particolarmente complicato. Ma nemmeno il tuo topononno conosce questa parola? Buonanotte cara Pigmy!
Sigh! No! Lui ha inteso la burrata, quel formaggio buonissimo e morbido ma non è quello, non c’entra niente! 🙂 Un bacionissimo Stravy!
Ma Ru Ciabàudu sta a significare che parla di Ciabaudo?
Penso di si, anche perchè dei miei amici di Case Rosse usano questi termini. Nel post di oggi sul Preboggiòn, ho rimediato al termine “chintagna” e “maciota”.
mi consola sapere che anche tu hai qualche problema con la traduzione.
Tempo caino, questo mi piace.
Ah! Ah! Poca roba pani, ora non prenderla come scusa… solo qualche termine qua e là, roba da poco 🙂
Con questa poesia che parla del mio paese d’origine mi hai fatto il più bel regalo che potessi trovare sul blog. Diavola di una Pigmy , ma dove l’hai scovata?
Ci sono dentro termini fantastici ormai in disuso , che io ricordo bene usati da mio nonno. Bellissimi sono: Gli sbirri ,che credo siano i rondoni , aciacrina , amagunendu , le risse ,che credo venisse usato anche per i ricci delle castagne.Se tu fossi qui ti bacerei ( Tuo marito permettendo s’intende ).
Ma grazie Silvano!!!!! Non potevi dirmi parole più belle! Mi hai fatto emozionare! Sono proprio felice di averti fatto questo regalo. E facciamo permettere a ‘sto marito! 😀 😀
Ciao a tutti! La durata è la bambola! Ve lo assicuro, perché l’autore scrisse quel racconto a Ciabaudo, nella sua casa. Ero un bambino ed ero a fianco a lui. Italo era mio nonno.
Grazie per questo prezioso commento. Scusi questo ritardo ma il blog è stato chiuso per parecchio tempo. Grazie ancora!