Fuori dal tempo ad Agaggio Superiore

Alcuni luoghi della mia Valle, soprattutto in certe stagioni, paiono come sospesi in un momento senza età. Ci sono posti che hanno la parvenza di essere simili ad Avalon, fuori dai canoni ordinari dello spazio e del tempo come noi li intendiamo.

Questa è l’impressione che fa Agaggio Superiore in questo periodo dell’anno, dove il vero, indiscusso protagonista resta il silenzio surreale che permea ogni cosa.

E’ una frazione di Molini di Triora e dista quattro chilometri da questo borgo. Ci si arriva da Agaggio Inferiore, si sale, si sale fino ad arrivare ai 702 metri sopra il livello del mare. E l’altitudine, qui, si fa subito sentire col suo freddo più intenso, gli sbuffi di vapore che escono dalle narici e dalla bocca quando si respira.

Tutto è sospeso, come vi dicevo. Neppure le foglie morenti sui rami osano più frusciare e quelle già abbandonate al suolo non scricchiolano, restano là, immobili, come se ogni cosa fosse vittima di un incantesimo.

Guardandosi intorno, parrebbe quasi abbandonato. Gli oggetti lasciati nei dintorni sembrano spettri di un tempo ormai perduto, ogni cosa permea una nostalgia palpabile, percepibile.

mollette bucato

E’ malinconico, Agaggio Superiore, con le sue finestre sbarrate, gli usci chiusi e quei tetti che gridano al cielo il loro bisogno di essere rimessi in sesto. Pietra e ciappe d’ardesia la fanno da padroni, e gli unici abitanti paiono essere gli animali, che ci salutano subito con affetto al nostro arrivo. Eppure nulla è come sembra, perché anche se qui tutto pare immobile e quieto, anche là dove il silenzio sembra sintomo di abbandono, c’è chi resiste come il timo aggrappato alla roccia e abita ancora nelle casette di Agaggio, con ritmi lenti, quasi come quelli di un tempo lontano. E c’è l’azienda Casciameia, che vende prodotti locali, ottimi vini e i tipici fagioli della vicina Badalucco.

Una volta c’era anche una bottega qui, come in ogni paese della mia Valle. E in quella stessa bottega abitava la famiglia che la gestiva. Un tempo era così: ci si accontentava di spazi modesti, qualche volta non si aveva neppure il lusso dei vetri alle finestre.

Oggi quella bottega è una casa che attende nuovi abitanti, nuove risate e rinnovati sorrisi.

La passeggiata nel piccolo borgo è piacevole, continuiamo a essere accompagnati da gatti e cagnoloni pronti a farci le feste, come se avessero rivisto un amico di vecchia data.

Ci abbandoniamo alle coccole di quel momento, ma poi continuiamo e raggiungiamo  Piazza San Carlo, dove svettano due chiese, l’una dirimpettaia dell’altra.

E qui diventiamo muti testimoni di un contrasto che quasi disorienta, un connubio tra vecchio e nuovo. C’è la chiesetta antica, con le mura di pietra, ormai fantasma di se stessa. E poi c’è la sua più nuova controparte, la facciata intonacata coi toni del cielo primaverile.

Ci sono anche qui, come ad Aigovo, i giochi per i bambini. E che bella l’altalena, in quel contesto di alberi, prati e panorami! Salirci è come darsi la possibilità di toccare il cielo con un dito, vestire per un istante i panni di una cinciallegra che guizza veloce da un ramo all’altro.

A proposito di boschi, quelli dei dintorni sono tutti di Castagno e i colori del re del bosco sono accesissimi in questo periodo. Una volta la popolazione di Agaggio viveva di castagne, si partiva presto al mattino per raccoglierle, lavorarle. Un po’ tutta la mia Valle viveva grazie a questa portentosa e generosa pianta, ve l’ho detto più volte. E faceva freddo in inverno, molto più di adesso. L’acqua ghiacciava nei catini durante la notte, e al mattino si doveva spaccare il ghiaccio per potersi lavare il viso.

Tempi duri, certo, e Agaggio li conserva tra le rughe delle sue case antiche, nella lapide dedicata ai caduti della guerra e in quella memoria bellica che permea ogni luogo della mia Valle con il suo grido di libertà che riecheggia ancora, rimbalzando da un borgo all’altro.

Adesso vi saluto, topi miei. Le gemme sugli alberi a novembre mi dicono che quello che sta per arrivare sarà un inverno lungo e freddo e devo ancora finire di preparare le mie provviste di articoli per voi.

Un bacio di brina dalla vostra Prunocciola.

Alberi e panorami di Carmo del Corvo

Topi, quella che vi faccio fare oggi non è una vera e propria scarpinata. L’aria si è fatta fredda e io per una volta ho preferito salire sulla mia Passepartout per avvicinarmi di più ai luoghi che voglio mostrarvi.

Il naso gelato e i baffi ghiacciati, ci mettiamo sulla topomobile e saliamo su, sopra Triora, sulla strada che porta al Passo della Guardia. Ci fermiamo più o meno in località Gorda Soprana, perché voglio godere insieme a voi della vista dei monti e assaporare i colori del bosco.

Lasciamo l’auto in uno spiazzo che pare dividere a metà la Valle Argentina, perché da qui c’è davvero un panorama spettacolare e mozzafiato. Si vedono il Gerbonte, Cima Marta, il Toraggio e il Pietravecchia, e poi anche il Saccarello.

gorda soprana - carmo del corvo

Dalla parte opposta, invece, abbiamo gli abitati di Corte e Andagna, Passo della Guardia, il Passo della Mezzaluna e poi giù, fino al Faudo. Si vede tutto, si abbraccia l’immensità delle creste velate d’azzurro e sui monti più alti si scorge già una piccola spruzzata di neve.

valle argentina

Tira vento, lo sentite? Ma non lasciamoci intimorire.

Mi piace guardare i raggi del sole che filtrano dall’alto, disegnando scie luminose sulle pendici delle montagne.

valle argentina carmo del corvo

Abbandoniamo la topomobile a bordo strada e ci inoltriamo nel bosco, sulla sinistra, in direzione di Carmo del Corvo. In questi luoghi pascola il bestiame, si sente anche ora il tintinnio dei campanacci. Pecore e vacche sono ancora qui a cibarsi delle ultime erbe rimaste, prima che arrivi la neve a ricoprirle. Ed è proprio questo loro cibo a insaporire i formaggi della mia Valle, dal gusto unico e inconfondibile.

Il bosco di cui vi parlavo non è fitto, ma a tratti si apre in scorci ampi sul baratro che è la Valle Argentina, vista da quassù. Si respira l’atmosfera selvaggia di questi luoghi, è tangibile, e già entrando nel bosco di Pini viene spontaneo abbassare il tono di voce.

 

E quei Pini sono inframezzati da chiazze brulle di macchia mediterranea, dove a farla da padroni sono il Ginepro, il Timo e la Lavanda, i cui cespugli sono ancora ben visibili, nonostante la sua stagione sia trascorsa da un po’.

timo

Qui, nella bella stagione, si trova facilmente anche l’Iperico. L’Estate, da queste parti, fa ronzare le api e gli impollinatori all’impazzata, così affaccendati nel suggere il nettare dai fiori profumati. E non mancano neppure i tafani, quando nelle vicinanze c’è il bestiame.

Eppure ora tutto pare come addormentato, anzi no, sembra tutto in attesa. La Natura riposa e sospira, attende il momento del sonno profondo che le spetterà a breve, quando giungerà l’Inverno col suo abbraccio di candido gelo.

funghi

Sul terreno, adesso, è tutto uno spuntare di funghi, piccoli, grandi, dalle forme più disparate. Sono state le ultime piogge a farli spuntare così generosi.

E alzando il muso all’insù non si può non meravigliarsi di fronte allo spettacolo offerto dalle foglie baciate dal sole!

autunno valle argentina

Raggiungiamo un punto panoramico, Triora è là sotto quella sporgenza, ma da qui non si vede. Ci sono Querce giovani a farci compagnia, insieme ai Lecci e alle Felci ormai ramate.

valle argentina2

E allora me ne resto seduta qui per un po’, su una roccia scaldata dal sole e col naso gocciolante per il freddo. Si sentono i versi dei Caprioli, qui ce ne sono tanti, e alla fine uno mi passa addirittura alle spalle, balzando via come un fulmine.

quercia valle argentina

Infine, dopo essere rimasta per un po’ ad ammirare il dipinto autunnale che si è spiegato per me e per voi, me ne torno indietro, alla topomobile, che il sole sta calando e so che a breve tingerà di rosa certi scorci che voglio mostrarvi prima di lasciarvi andare.

Salgo su Passepartout, la metto in moto e inizio la discesa, finché non trovo la luce giusta al momento giusto, lo scatto perfetto.

Clic!

passo della mezzaluna

Il Passo della Mezzaluna incorniciato dall’ombra scura delle foglie… e un’altra mezzaluna che s’affaccia nel cielo.

Poi non dite che non vi voglio bene.

Vi saluto topi, torno in tana a zampettare sulla tastiera per voi. Un abbraccio panoramico dalla vostra Prunocciola.

Stelle e granelli di sabbia

«Metuccu, come può essere possibile che in cielo ci siano davvero molte più stelle che granelli di sabbia sulla terra?» chiesi incredula al mio amico astronomo, Metuccuecuje, lo stercorario della Valle Argentina che vi avevo fatto conoscere qui.

«Perché il cielo è infinito, la terra no» mi rispose lui laconico come sempre e dando per scontato un pensiero che io, così piccola, quasi non riuscivo a sostenere.

Quel rebattabuse era pessimista, sfigato e triste, ma quando guardava la volta celeste, sua grande e vitale passione, diventava un malinconico poeta che incantava. Lo ascoltavo mentre dettagliava minuziosamente quell’oscurità autunnale.

«Ah! Splendida Betelgeuse…! Orione… i Gemelli, il Toro con Aldebaran… guarda, Prunocciola: le Pleiadi!»

Finalmente un po’ di luce in quegli occhi scuri. Era affascinato e mi traduceva ciò che l’universo attorno a noi stava mostrando in quel periodo dell’anno e a quell’ora della notte.

Continuò tornando al discorso precedente: «… dieci volte tanto!».

«Cosa?» gli domandai, non seguendolo.

«Uff… Se si considera che, grossolanamente, solo nella nostra galassia (la Via Lattea) ci sono all’incirca duecento miliardi di stelle e che, in base ai “deboli” calcoli umani, di galassie nell’universo potrebbero essercene intorno ai cinquecento miliardi… ti basta fare due conti e poi moltiplicare il tutto all’infinito tenendo conto che l’essere umano crede, ma difficilmente è come crede lui… te’ pà (ti pare)…»

Sì, ehm… Metuccu aveva un’idea tutta sua sull’uomo che rare volte apprezzava.

In effetti, atmosfera permettendo, solo nel piccolo spicchio della mia Valle, a volte, potevo notare un’infinità di puntini luminosi da far sgranare gli occhi! Dove l’inquinamento luminoso non infastidisce e non impedisce tali visioni, il cielo notturno della Valle Argentina è davvero splendido.

«Oh! Sirio!» continuava lui, rapito.

«Si vedono solo stelle?» domandai.

Mi rispose prontamente, ma senza fare un lungo elenco: «No… ti nu capisci ren (non capisci niente) puoi vedere anche il pianeta Venere in questo periodo, ma non a quest’ora e anche Mercurio, più difficoltoso da ammirare».

Parlava come a recitare una cantilena e la sua voce mi incantava.

Ogni tanto abbassavo gli occhi a terra e guardavo, nonostante il buio, quella sabbia sulla quale poggiavano le mie zampe. “Come siamo piccoli” dicevo tra me e me con parecchi punti interrogativi nella testa. Una mia sola zampetta, grande poco più di un fiammifero, ricopriva a occhio e croce quasi cento minuscoli granellini… e non oso pensare ad una spiaggia! No, non riuscivo proprio a stare dietro tutta quella immensità e mi sentivo sempre più piccola.

Come a leggermi nel pensiero, il mio amico si lasciò scappare una delle sue tante frasi “felici”: «Nu sulu i ommi, mancu i ratti i g’arivan (non solo gli uomini, nemmeno i topi ci arrivano)», come se anch’io, come gli umani, fossi stata colpevole di non riuscire a immaginare tanta grandiosità. Cercai di migliorare la mia situazione ai suoi occhi:

«Oh! Metuccu! E’ tutto così bello che sembra un sogno! Cioè… so che è vero ma…»

«E meno male che sogni, Topina! Altrimenti invecchieresti immediatamente fino a morire nel giro di poco tempo. Sogna, continua a sognare…»

«Ehm… certo Metuccuecuje, certo! Lo farò!» gli dissi facendo le corna con una zampa dietro la schiena.

«Beh, ora vado, ho da lavorare»

«Ma… a quest’ora della notte?» gli chiesi.

«Eh! A sun sempre ca travaju ti nu-u veiUff(Eh! Sono sempre che lavoro non lo vedi?)»

Lo salutai senza discutere oltre e a voi, invece, mando un bacio piccolissimo come un granello di sabbia ma splendente quanto una stella!

Grazie a Massimo Splendori, astrofilo, per la concessione di due sue immagini.

Quando cade un albero

Sento già i vostri lamenti di tristezza, state bravi per favore, che questo non è un post drammatico, tutt’altro. Ho da dirvi delle cose molto importanti e non hanno niente a che vedere con frasi strappalacrime o commenti di disperazione. Siate allegri, suvvia!

albero caduto4

Quando un albero cade per cause naturali, siano esse una valanga, il vento, un fulmine, la forza dell’acqua che scava i pendii, non c’è da rattristarsi, topi! Credete forse che quel tronco possente e quei rami siano ormai morti? Be’, non è così, e vi spiegherò presto il perché.

albero caduto

Lo so che voi esseri umani faticate a vedere oltre ciò che appare, ed è giusto così, ma ci sono qui io coi miei occhi da bestiolina a farvi osservare il mondo con uno sguardo diverso.

Quando un albero cade, viene accolto dall’abbraccio amorevole di Madre Natura, la stessa che l’ha generato, che per tanti, tantissimi anni gli ha permesso di affondare le radici nel suo ventre.

albero caduto fiume

Quando un albero cade, non muore, ma si trasforma in qualcosa di nuovo, di diverso da quello che era fino al momento che ne ha preceduto la caduta. E, fermandosi a guardarlo da vicino, osservandolo anche a mesi di distanza, è possibile vedere tutta la Vita che brulica in lui.

albero caduto3

Ci sono alberi che, se cadono al suolo, rigettano rami dal tronco spezzato e abbandonato sulla terra, mettono nuove radici e rinascono.

Ci sono alberi che offrono cibo e materie prime agli animaletti del bosco, grandi e piccoli: formiche, ragni, caprioli… qualcuno ne mangia la corteccia, altri vi scavano dei tunnel, altri ancora ne fanno una dimora sicura e confortevole.

 

E’ una trasformazione, vedete? Solo un passaggio di stato, così come fa l’acqua da quello liquido a quello solido quando in inverno ghiaccia sui prati, tra le rocce, sui rami… e nella maggior parte dei casi nessuno si dispera per questo.

Ma non finisce qui.

Come immaginerete, un bosco è costituito da alberi giovani e anziani che vivono gli uni vicini agli altri. Quando un albero anziano viene abbattuto dall’età o da una tempesta, gli alberi più giovani assumono il ruolo del “genitore” caduto, crescendo più vigorosi e facendo uscire tutto il potenziale che avevano trattenuto per tanto tempo.

pino

I ceppi di molti alberi, come quelli di Frassino o di Nocciolo, danno inizio a un nuovo ciclo vitale: il ceppo si rinnova completamente e questo li rende in pratica immortali!

Un umano saggio una volta disse “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” e, se vi fermaste a osservare con attenzione la Natura in ogni sua manifestazione, potreste vedere la verità di queste parole.

Adesso vi saluto, topi. Vado a zampettare nel bosco, ho da raccontarvi altre cose interessanti!

Un abbraccio trasformato.

Detersivo per piatti, lavastoviglie e acciaio

Topi, vi ho già insegnato a fare il detersivo per la lavatrice, e oggi la vostra Prunocciola vi svela una nuova ricetta profumata e molto utile, quella per creare un detersivo per piatti e lavastoviglie che trovo meraviglioso. Pulisce bene anche le parti in acciaio della cucina, a volte anche meglio dei classici sgrassatori!

E’ facile e veloce da preparare, 100% naturale e amico del pianeta, cosa possiamo volere di più? Usarlo è un vero piacere, perché lascia la pelle delle zampine vellutata e nutrita, a differenza dei detersivi chimici che finiscono per rovinarla. Quindi è un detersivo amico delle topine che vogliono sempre avere le zampe perfette.

Cosa serve:

  • 3 limoni di medie dimensioni (circa 500 gr), anche ammaccati
  • 300 ml di acqua
  • 200 gr di sale fino
  • 200 ml di aceto bianco o di mele
  • 1 pentola in acciaio inox o di altro materiale (NO  ALLUMINIO!)
  • Frullatore
  • Barattoli per la conservazione in plastica o vetro

0cf41-detersivo2bpiatti2bnaturaleTagliate a pezzetti i limoni per facilitare il lavoro del frullatore, senza togliere la buccia ma eliminando tutti i semi, se possibile. Mettete i pezzi di limone nel frullatore insieme al sale e a 50 ml d’acqua, poi frullare finemente. Dovrete ottenere una purea e versare questo composto profumato composto nella pentola, che non dovrà essere d’acciaio, poiché rischia di fare reazione con gli ingredienti del detersivo, facendolo ossidare.

Aggiungete l’acqua restante e l’aceto direttamente nella pentola, poi accendete il fuoco e lasciate bollire per un quarto d’ora circa a fuoco lento, mescolando molto spesso come quando fate la polenta, per intenderci, per evitare che il detersivo si attacchi al fondo.

Durante la cottura bisogna tenere l’ambiente ben areato, perché i vapori dell’aceto possono infastidire un po’ i nasini più sensibili.

Alla fine otterrete un composto della consistenza di una crema pasticcera e, quando sarà raffreddato, potrete travasarlo in barattoli, nei quali si conserva fino a due mesi. Vi consiglio il vetro, e vi sconsiglio di usare i dispenser del sapone, perché rimane davvero molto denso e rischia di restare bloccato nella cannula.

Per me questo detersivo è stato una manna dal cielo, non esagero! Dopo averlo scoperto, penso che non potrò più farne a meno. E’ perfetto per pulire le superfici in acciaio della cucina, le lucida, le disinfetta e le sgrassa perfettamente.

Bisogna usarne un po’ di più rispetto al detersivo normale dei piatti, poiché per le cose più grasse non basta una semplice noce di prodotto.

Ho notato che mettendo dell’acqua nelle pentole unte d’olio e un po’ di detersivo fatto in casa, lasciando riposare per un po’, il grasso viene via molto più facilmente.

Un’altra nota positiva di questo detersivo fatto in tana è che toglie qualsiasi tipo di odore: pesce, uovo, pollo… insomma, non ci sarà più neppure bisogno di usare la candeggina.

Allo stesso tempo non lascia nessun residuo, quindi non rimarranno sulle stoviglie gli odori dell’aceto e del limone.

Se messo in lavastoviglie pulisce bene, non lascia gli odori tipici dei detersivi chimici sulle stoviglie e soprattutto sulle scodelle e gli oggetti di plastica, inoltre lucida meglio del brillantante. L’unica “pecca” che ho riscontrato con il lavaggio in lavastoviglie (ma potrebbe essere un problema del mio elettrodomestico) è che a volte i grumetti del limone restano attaccati ai piatti e ai bicchieri. Nessun problema, visto che è tutto naturale, quindi non ingeriremmo comunque niente di chimico.

Come si può immaginare, non fa schiuma, ma come ripeto sempre, la schiuma non è sinonimo di qualità di un prodotto.

Che dite, vi piace?

Un abbraccio al sapone dalla vostra Prunocciola.

 

La ricetta è stata presa dal libro “Fatto in casa. Smetto di comprare tutto ciò che so fare” di Lucia Cuffaro.

Angoli di Valle – Molini, Triora, Langan

Ci sono delle zone, nella mia Valle, che permettono di vivere momenti indimenticabili solo lasciandosi ammirare.

Quante volte impazziamo meravigliati dalla bellezza della scenografia di un film? Quante volte vorremmo essere in quei luoghi che stiamo vedendo e invidiamo gli attori? Quante volte pensiamo che non sia possibile che esista davvero tanta meraviglia su questo pianeta?

Ebbene topi, oggi voglio mostrarvi degli angoli della Valle Argentina che trasportano direttamente sul set di un film fantasy dove, soltanto per una questione di sfortuna, non sono riuscita a immortalare uno gnomo o una fata dei boschi. Li chiamerei: fantangoli se non vi dispiace.

Non siamo in Irlanda e nemmeno in Scozia, siamo sempre qui, vicino al mio mulino, in un piccolo spicchio della Liguria di Ponente. Gironzoliamo precisamente tra il paese di Molini, quello di Triora e poi andiamo ancora più su, verso Langan. Siamo nei boschi e negli abitati precedenti alla zona denominata “Alta Valle Argentina”, dove la natura è meno aspra e accoglie nel suo modo unico.

Guardate. Queste immagini parlano da sole. Ovviamente tanto splendore è dato anche dall’atmosfera. Un’atmosfera che la mia Valle può mostrare in autunno. Un po’ di bruma per il mistero, un goccio di umidità per lo scintillio e toni caldi per colorare l’ambiente come farebbe un pittore capace.

La mancanza del vento rende tutto più stabile e immobile in modo da poter essere maggiormente visto e percepito. Proprio così: percepito. Non si può infatti non entrare dentro a tanta arcana natura con tutti noi stessi, che siamo umani o animaletti.

Un fascino che lascia stupiti e fermi, proprio come lui.

L’aria è statica, preponderante. Avvolge tangibilmente e si vive uno degli abbracci più belli che si possano ricevere: quello di Madre Terra.

Ogni volta che in questo periodo esco alla ricerca di qualche ghianda da mangiare, rimango affascinata e rapita da questo palcoscenico che sa di mistero e devo poi affrettarmi a fare ritorno in tana. Il buio arriva presto in questa stagione circondando il mio mondo. I rami degli alberi diventano arabeschi che disegnano strane e bizzarre figure contro il cielo e alcuni animali notturni, come i rapaci, rendono il tutto ancora più incredibile. Da pelle d’oca. Sicuramente, uno di questi giorni, vedrò sbucare da dietro un tronco Harry Potter. Tutto sembra un segreto, un posto enigmatico da perlustrare lentamente.

Il manto di foglie a terra, morbido e bagnato, attutisce i rumori e il silenzio regna sovrano.

Per chi non vede con i propri occhi, pare impossibile possano esistere luoghi così in una regione d’Italia e invece è tutto reale, anche se magico e fantastico, ed è tutto vivibile, assaporabile e tutto mio.

Se volete seriamente vivere un film, cari topi, abbandonate il divano, la televisione e le casse stereo. Mettetevi un comodo paio di scarpe alle zampe e venite qui.

Gli abitanti del Piccolo Popolo vi stanno aspettando, in autunno, nei dintorni di Molini, di Triora e di Langan, sempre nella Valle Argentina.

Un bacio elfico a voi.

La Valle del Caffè e della Caffeomanzia

Fu portato in terra ligure dai nostri primi naviganti che molto tempo fa, partendo per luoghi lontani oltremare, permisero anche a noi di assaporare nuove spezie, nuovi gusti e nuovi aromi tra i quali il Caffè.

Esso rigenerava! Corroborava! Riscaldava! E ovviamente, come tutti sappiamo, donava molta energia. Ancora oggi è assai amato e bevuto per queste doti.

Nella mia Valle non si coltiva; la Coffea, il genere di piante che comprende circa 100 specie diverse di Caffè ed è appartenente alla famiglia delle Rubiacee, è una pianta che adora altri climi i quali gli permettono di crescere florida e fiorire con i suoi piccoli fiori bianchi che sembrano stelline.

Nella mia Valle, però, un’antica arte di origine greca e mesopotamica, considerata divinatoria, è ancora praticata da diverse donne legate alle usanze e alle tradizioni di un tempo che, anche in Liguria, avevano molto successo ed erano considerate arricchimenti per la cultura popolare.

Vi sto parlando della Caffeomanzia, o Caffeamanzia, ossia la tecnica che insegna a leggere il futuro di una persona attraverso i fondi del Caffè. E non vi dico le nostre Bazue quanto uso ne hanno fatto di questo sapere!

Provo a spiegarvela essendo anch’io un’amante di certe meraviglie, le quali non voglio vadano perdute.

In pratica, quando una persona beve un Caffè, e deve berlo in una tazzina chiara, occorre osservare bene le forme che i residui lasciano dentro alla tazzina o sul piattino. Quelli sul piattino indicano la situazione attuale mentre quelli nella tazzina indicano gli avvenimenti futuri. A volte compaiono addirittura dei numeri e sono inerenti ai giorni, o ai mesi, o agli anni nei quali questi eventi si realizzerebbero.

C’è però tutta una tecnica da tener presente e che non mi vede molto capace ma so che bisogna far roteare la tazzina tra le mani, almeno tre volte, e aspettare che si raffreddi consolidando così quelle figure.

In realtà, quest’arte, è nata moltissimi anni fa quando la scura bevanda si preparava con polvere finissima di Caffè mescolata all’acqua e messa a bollire in un pentolino. I chicchi macinati rimanevano nell’acqua e la bevanda era più torbida rispetto a quella che beviamo oggi sporcando ancora di più la tazza e mostrando così figure ancora più distinte. Volete degli esempi?

Beh… per dire… l’apparizione di una forma simile ad una barca prevedeva l’arrivo di qualcuno, il cappello invece segnava un cambiamento e la candela mostrava che si aveva del sostegno nella vita. Forte vero?

Inoltre, anche le sfumature di colore raccontano qualcosa. Le tonalità chiare rappresenterebbero gli avvenimenti positivi mentre quelle scure gli avvenimenti negativi.

E voi sapete tradurre i fondi del Caffè? La mia topo-zia lo faceva ma io ero così piccola che non ricordo nulla ahimè!

Sapete però che non tutti possono bere il Caffè? Ovviamente ad alcuni non piace, altri invece, che ne berrebbero dei litri, non se lo possono permettere poiché esso causa loro delle fastidiose palpitazioni. Chi soffre di tachicardia, infatti, preferisce non lasciarsi guidare dalla gola.

Peccato… il Caffè accelera il metabolismo, fa dimagrire e rende toniche le pareti dei capillari. Sempre se non si esagera ovviamente.

Ora devo lasciarvi, indovinate perché?

Beh, devo andare a preparare il Caffè è ovvio! Oggi verrà a trovarmi Maga Gemma e… Ohmmmmammatopa! Non oso neanche pensare a tutto quello che una Maga come lei può leggere nel fondo di una tazzina!

Un bacio energetico topi!

La mia magica topo-mobile

Abbiate pazienza, topi miei, ma io devo proprio presentarvela, perché è uno splendore, un gioiello, un tesoro, un… Dai, su, non fate gli antipatici, la modestia oggi l’ho lasciata in tana, lo ammetto.

Non sto parlando di una figlia, ovviamente, ma della mia magnifica topo-mobile! E guardate come ci sto bene dentro!

Mi ci sono affezionata così tanto che le ho dato persino un nome, oh! Eh no, belin: non ve lo dico, resta un segreto. Mica posso rivelarvi tutti i miei misteri, che gusto ci sarebbe, altrimenti?

Vi basti sapere che le streghe della mia Valle volavano sulle scope, io, invece, come compagna di viaggio e di avventure ho una topo-mobile mica da ridere!

Ha lo stesso colore del pelo di noi topi e mi porta dappertutto, ma proprio ovunque, eh!

macchina

Ora che ci penso, avrei potuto chiamarla Passepartout. Non ridete, che vi sento oh! Credete sia sciocco dare un nome a un oggetto? E invece non lo è. Come siete dispettosi, oggi, degni di Serpilla. Io, che sono una topina, so perfettamente che tutto quello che ci circonda ha un’essenza ed è mosso dalle leggi del cosmo, persino gli oggetti. E allora capirete bene che un nome è d’obbligo: un nome, una garanzia. Sceglietelo bene per le vostre topo-mobili, mi raccomando.

volante

E la mia com’è bella, col suo volante foderato di fiori… per non parlare, poi, di tutti i gingilli che ne adornano gli interni. Li ho fatti io, chi altri, sennò?

Presto vi racconterò i significati delle piume che si trovano nei boschi. Quelle che ho attaccato allo specchietto retrovisore della mia topo-mobile sono di ghiandaia, così Serpilla, forse, ci penserà due volte a prendermi ancora in giro. E poi, anche se lei è sempre così rompiscatole, le piume delle ghiandaie hanno dei colori davvero molto belli.

Con lei – che solo per voi sarà Passepartout, ma a me risponde con un nome diverso, sappiatelo – vado ovunque. Mi porta in città, e quando ci vado mi seguono bestioline d’ogni genere, come l’Airone che vi mostro in questa foto. No, non sto scherzando, se ne stava lì davanti a me, mentre cercavo un parcheggio.

airone

Mi fa arrivare in cima ai monti, quando le mie zampette corte non sarebbero abbastanza veloci per sgambettare in poco tempo nei luoghi magnifici che vi mostro sempre su questo blog, sulla pagina Facebook e su Instagram.

country roads2

Eh sì, cari topi: se potete godere delle meraviglie della mia Valle è anche grazie a lei, mia fedele compagna.

E le vostre topo-mobili come sono?

Un bacio gasato dalla vostra Pruny-automobilista.

Cloristella ha un rimedio per lo stomaco

Topi, io lo so che qualche volta esagerate con le abbuffate. Poi le feste si avvicinano e quindi ho deciso di chiedere alla mia strega di fiducia un rimedio per voi.

Cloristella mi accoglie nella sua casa, circondata da volute di vapore.

«Ehi Cloristella! Che stai combinando? Sembra di essere in una sala da bagno!» la saluto entrando e sbattendo le palpebre per schiarirmi la vista in tutta quella nebbia.

«Ciao, cara Prunò! Mi spiace per il vapore, ma il profumo è buono in fondo, no?»

«Sì, certo, certo! Ascolta… son venuta fin qui nel tuo… ehm… bastione, a chiederti un rimedio ai problemi di digestione» le dico, tentando una rima forzata.

Lei ride con quella sua voce cristallina e mi risponde: «Certo che sì, topina Prunò: seguimi fuori, te lo mostrerò».

La seguo fiduciosa nel giardino intorno alla sua dimora. Mi porta vicino a un bellissimo Limone, si ferma alle sue radici e si porta una mano al petto e chiude gli occhi: «Posso prendere uno dei tuoi frutti?».

limone

Una folata di vento fa chinare la chioma dell’albero: ha dato il suo consenso. Non dovete meravigliarvene, topi: succede spesso a chi sa ascoltare la voce della Natura. Cloristella, allora, stacca un frutto dall’albero, poi dice: «Grazie per questo dono, amico mio», infine si rivolge a me: «Questo frutto è una gemma preziosa, Prunò. Vedi il suo colore?».

Annuisco e dico: «Sì, è quello del sole».

«Esatto!» esclama, facendo un saltello.  «Il limone dona i suoi frutti tutto l’anno, proprio come il sole che non ci abbandona mai, se non per il breve periodo notturno. E’ giallo come la luce, e la luce è vita: senza di essa non esisterebbe nulla. Oggi dobbiamo chiedere a questo limone di usare la sua luce per far stare meglio chi soffre di problemi di stomaco e di digestione. Vieni con me, torniamo dentro.»

Mi porta in casa e veniamo avvolte di nuovo da volute di fumo profumato. Cloristella posa il limone sul tavolo, poi prende un barattolo colmo di foglie essiccate da uno dei suoi scaffali. Lo apre e ne prende una, poi la mette vicino al limone.

decotto problemi digestione

«Ecco qui l’alloro! Gli antichi Greci credevano fosse sacro al dio Apollo… era il dio del Sole.»

«Ecco perché lo hai messo vicino al limone: hanno tutti e due lo stesso significato» dico, sapendo che nessuno dei gesti di Cloristella è compiuto per caso. Lei conosce ogni significato legato alla gestualità e alla simbologia.

«Proprio così, topina»

Sciacqua il limone sotto il getto della fontana, poi prende un tagliere e taglia a metà il frutto. Subito dopo toglie la buccia con il coltello:

«Bisogna fare attenzione a non grattare via la parte bianca del limone, perché quella che ci serve oggi è solo la scorza gialla» mi spiega.

Una volta finito quel lavoro, mette la buccia dentro un pentolino insieme alla foglia e riempie il recipiente di acqua. Accende il fornello e ce la mette sopra con il coperchio.

decotto problemi digestione1

«Chi ha dolori allo stomaco, siano essi dovuti a problemi di cattiva digestione o ad altro, ha bisogno di un po’ di aiuto da parte del sole. Siamo fatti per gran parte di acqua, ecco perché la usiamo per questo rimedio e per tanti altri: il limone e l’alloro, danzando nel liquido che ci costituisce, fanno in modo che l’acqua raccolga le loro proprietà per trasmetterle al malato. L’acqua memorizza, raccoglie e trasmette, guarendo. Questo decotto è miracoloso per la nausea, ma anche per i problemi di digestione e gonfiore. Deve bollire per dieci minuti, poi andrà filtrato. Va bevuto caldo e si deve aspettare qualche minuto perché faccia il suo effetto, è davvero portentoso!»

«Quindi, per una sola persona, sono necessarie una foglia secca di alloro, la buccia di mezzo limone non trattato e dell’acqua?»

decotto problemi digestione2

«Esatto! Ah, per l’alloro il periodo balsamico per la raccolta delle foglie da essiccare è luglio-agosto. Se le si raccoglie in quel periodo dell’anno, è ancora più efficace!»

«Grazie per questo rimedio, allora!»

«Di nulla, cara Prunò» dice, porgendomi la tazza fumante.

Bevo il decotto, poi saluto Cloristella e me ne torno in tana a scaldarmi le zampe.

Un saluto digestivo a tutti!

Facciamo il detersivo per la lavatrice!

Una topina come me non può non essere amante dei rimedi casalinghi e delle cose fatte in casa. Noi topi, poi, per natura siamo sempre in cerca di nuove soluzioni e così, visto che in questi ultimi anni non si fa che parlare di ecologia, voglio mostrarvi uno dei piccoli sforzi che compio per aiutare nel mio piccolo il nostro caro pianeta a ripulirsi.

Devo dirvi che, anche a livello economico, ho trovato un buon risparmio nel produrre da me alcune cose, un motivo in più per farsele da sé, insomma!

I mezzi che abbiamo per contribuire alla salute dell’ambiente sono diversi, ma oggi voglio farvene conoscere uno che può essere anche simpatico da creare: il detersivo per lavatrice fatto in tana. Potete coinvolgere anche i topini, sono sicura che sapranno divertirsi.

Si tratta di un sapone profumato adatto al lavaggio dei capi delicati e degli indumenti poco sporchi, poiché ho preferito non utilizzare la soda. Aggiungendo quest’ultimo ingrediente, invece, il detersivo diventa più potente, ma bisogna prendere delle accortezze per maneggiarla, ovviamente.

In definitiva, ho messo in pentola 4lt d’acqua e ho acceso il fuoco. Nel frattempo, ho preparato in scaglie 300 gr di sapone di Marsiglia.

sapone per lavatrice fatto in casa

Appena raggiunta l’ebollizione dell’acqua, ho spento il fornello e vi ho aggiunto il sapone, ho mescolato bene, bene e, una volta raffreddato questo miscuglio, ho aggiunto 1 cucchiaio di sale fino e 4 cucchiai colmi di bicarbonato, prodotti che oltre a pulire, disinfettano.

detersivo lavatrice fatto in casa

 

Ho amalgamato il tutto, aggiungendo infine qualche goccia di olio essenziale. Potete acquistarlo in erboristeria  della profumazione che più preferite, ma non è un ingrediente indispensabile, visto che il sapone di Marsiglia profuma di suo, ma per i topi che adorano la Lavanda, il Gelsomino, l’Eucalipto gli oli essenziali sono la soluzione migliore: naturali al 100% e benefici, se utilizzati nel modo giusto. Trascorsa qualche ora, il composto diventa consistente e piuttosto solido: non mettetelo dentro le bottiglie, altrimenti non riuscirete più a prenderlo.

detersivo lavatrice fatto in casa2

Mettetelo, piuttosto, dentro confezioni con un’ampia apertura dalla quale attingerete ogni volta che dovete fare il bucato. A questo proposito vanno bene i barattoli o, ancora meglio, i contenitori.

Quando vado per lavare il bucato, strofino il mio sapone sugli indumenti per essere sicura che venga ben sciacquato in fase di risciacquo. Così facendo, inoltre, svolgo anche una sorta di prelavaggio che non guasta mai.

Insomma, è vero che è un metodo che richiede un po’ più tempo del classico detersivo acquistato già pronto al supermercato, ma si risparmia e si contribuisce a risanare Madre Terra. Con le quantità che vi ho dato ve ne verrà fuori un bel po’.

Sono molto soddisfatta del mio detersivo. E che buon profumo si è sparso per tutta la tana! Per non parlare di quello che rimane sugli abiti… Insomma, non vi resta che provare.

Un bacio profumatissimo dalla vostra Prunocciola.