Velenosa e bellissima – la Tromba degli Angeli

Velenosa, ma meravigliosa (che fa anche rima) la Brugmansia, chiamata anche volgarmente “la Tromba degli Angeli”.

Questo nome gli è stato conferito a causa della forma dei suoi fiori, che oggi ho fotografato per voi e che sono di colore rosa, sebbene ne esistano anche delle tinte arancio, fucsia, bianco, rosso e bicolor. Esistono diverse specie di Brugmansia, alcune profumano addirittura di Vaniglia. Molti botanici la classificano con il nome di Datura, ma sembra non si siano ancora accordati tra la specie “erborea” e quella “erbacea”. In natura, inoltre, questa pianta non esiste più, o meglio non nasce più spontaneamente; per ricrearla occorre un clima tropicale.

Come ho detto, questa pianta appartenente alla famiglia delle Solanaceae  è molto velenosa, quindi bisogna trattenersi dal maneggiarla troppo, poiché si rischia di avvicinare le mani alla bocca o ad altre parti sensibili del corpo, come gli occhi. La sua tossicità, però, crea seri danni soprattutto se la pianta viene ingerita.

Pensate che alcuni indigeni dell’America del Sud, luogo di nascita di questa pianta, la usavano persino come veleno per la caccia, perciò fate davvero attenzione con lei. Gli Indios, invece, traevano dai suoi semi una sostanza stupefacente da consumare durante riti o feste particolari, ma ne conoscevano bene la dose, che poteva invece essere aumentata per renderla fatale al nemico. Oggi, gli esperti ne traggono un principio attivo molto potente, anche se tossico, che viene messo all’interno di alcuni antidolorifici.

Sarà forse proprio la sua tossicità mortale ad averle conferito anche un altro nome, quello di “Fiore del Diavolo” o “di Strega”. Ebbene sì, dal Paradiso, con tanto di angioletti che la suonano come una trombetta, si scende all’Inferno, dove Satana la fa sua narcotizzando gli ignari grazie alle sue proprietà dannose, che possono provocare anche forti allucinazioni, tanto potenti da condurre alla morte.

Per alcuni sostenitori della divisione delle due specie, infatti, il significato cambia tra il male e il bene delle due piante (Datura e Brugmansia), dove la prima è quella considerata infernale, mentre la seconda sarebbe quella paradisiaca. Questo perché il termine Datura deriverebbe etimologicamente da “mela spinosa” e, quindi, pungente e urticante, perciò malefica. Tutti, però, su una cosa sono d’accordo: per via della sua bellezza poco duratura, simboleggia l’estetica esteriore che ha poco valore e, per via del suo essere anche nociva, simboleggia l’incertezza, la preoccupazione e la magia.

Non è autoctona della mia Valle, come ho detto, ma non manca in nessun giardino. E’ molto ornamentale quando fiorisce e può raggiungere dimensioni notevoli persino in vaso. Si adatta abbastanza bene in qualsiasi tipo di terriccio, pur prediligendo il calcare, e ama il sole. Se messa in piena terra si consiglia assolutamente la potatura durante la primavera.

I suoi fiori sono grandi e le sue foglie una prelibatezza per le lumache che, evidentemente, non la patiscono. Vederla evolvere in tutto il suo splendore è una meraviglia!

E voi Topi? Ne avete, di Brugmansie? O Dature? O Trombe degli Angeli? O…. Oh mammatopa! Quanti nomi!

Un Bacio! Alla prossima!

Antiche insegne, vecchi ricordi

Guardatele topini, ve le ricordate? A me fanno venire un po’ di malinconia.

Mi ricordano le botteghe che oggi non esistono più, le cose piccole, i grandi valori. Mi ricordano le prime commissioni da fare alla mamma, che in realtà erano vere e proprie missioni, di quando si partiva con la borsa tra le mani e le 10.000£ così strette nelle dita che Aldo, il macellaio, doveva disfare un origami per darmi il resto.

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La mamma aveva detto – Non perderle Pigmy, mi raccomando! -. Dovevo ricordarmi tutto ma, in realtà, ella aveva già telefonato e fatto la sua prenotazione.

Mi ricordano anche le telefonate che facevo io. I pianti dalla colonia, alla sera, perchè volevo tornarmene al mio mulinoSONY DSC e i soldini non bastavano mai per mandare tutti i bacini che avrei voluto spedire dentro a quella cornetta… dovevo far più tenerezza che potevo… dovevo straziargli il cuore a mamma e papà! E i mega numeri, quelli lunghissimi di quando capimmo come fare a fare gli scherzi laggiù, fino in America. Sarà stata l’America poi? Boh? E chi aveva il tempo di scoprirlo?

Mi ricordo della farmacia e della farmacista. Più antica della sua stessa insegna e dei barattoli di erbe che teneva come reliquie. Amica di famiglia, sapeva tutto prima e sopra gli altri e, ai tempi, l’ascoltavo come incantata.

Mi ricordo il vanto di essere affacciata proprio alla finestra dell’insegna, dalla quale in realtà non si vedeva nulla, quando andavo a trovare la zia. Era la più scomoda finestra di tutta la palazzina, ma mi cuocevo i gomiti appoggiata al davanzale d’ardesia che scottava sotto il sole. Chi leggeva mi guardava. Che sfacciata! Ma da piccoli, tuttoSONY DSC è perdonabile. Tutto è comprensibile.

Mi ricordo, e i pensieri sono vivi dentro me, come freschi del giorno prima. Mi ricordo di quando andavo dalla Lina e le vendevo le uova delle mie galline. Lei aveva un modo di trattare quelle uova come se fossero state pietre. Io sembravo un’impedita e, per il terrore di romperle, andavo a SONY DSCrallentatore. La Lina rideva, rideva così forte e divertita che mi accorgevo dei denti che le mancavano in bocca.

Mi ricordo dell’odore di quello che le insegne stesse pubblicizzavano. Quell’odore di chiuso, di scuro, di umido o di buono, come quello del prosciutto cotto, e stavo lì, ad annusarlo per ore, al di là del bancone, finchè la campanella della tenda annunciava che mi avevano sentito entrare e stavano arrivando dal cucinino per servirmi.

Mi ricordo quelle più in voga della Coca-Cola, o della Plasmon, o quelle che annunciavano le mercerie e le vecchie osterie. A volte anche pendenti, a volte anche di legno. A volte cigolavano. A volte erano disegnate direttamente sulla parete o attaccate da tasselli e, con la pioggia, perdevano la tinta o la ruggine che coloravaSONY DSC il muro di marrone arancionato e sbavature irregolari.

Mi ricordo che non s’illuminavano e, alla sera, finivano di esistere, ma tanto sapevamo benissimo dov’era quel luogo che ci serviva.

E anche oggi, hanno smesso di esistere. Ora che si staccano, o l’intonaco sul quale erano disegnate, si sta sgretolando via. Ora che le guardi SONY DSCe ti dicono chiaramente quanto tempo è passato, senza indugi, senza batter ciglia. Ora che vorresti, rivederle vivere. Ora che dormono, che nessuno più le considera. Si sentono inutili e stanno lì, a lasciarsi andare. Mi mancate. E a voi? Che effetto fanno? Riportano anche a voi e alla vostra memoria, alcuni ricordi? Raccontatemeli…

Un saluto, vi aspetto per il prossimo tour.

M.

La prima foto è stata presa da tube.7s. it

L’America nella Valle Argentina

Guardate queste immagini, topi, e ditemi se non vi sembra uno di quei posti che tanto spesso abbiamo visto nei film americani, quelli di cow-boys e indiani!

Penso che, se Sergio Leone avesse visto questo luogo, lo avrebbe sicuramente usato come scenografia per qualche suo capolavoro.

Se si viene qua… si può veder l’America, le rocce del Colorado! Sono rocce sedimentarie che disegnano forme suggestive e impressionanti. Quelle pietre enormi dalle sagome più svariate paiono aride, nonostante la rigogliosa vegetazione intorno. Le piante sembrano rimanere appese a fatica su quelle falesie che paiono senza pietà. E poi i laghi, i torrenti, la schiuma bianca e rumorosa… tutto è incorniciato dall’azzurro intenso del cielo.

Ci troviamo all’inizio della mia Valle, topi, e questo angolo dovevo mostrarvelo. La fan più esaltata di questo posto è Niky, ogni tanto deve venire qui per ritemprarsi e godere di una natura meravigliosa. Come darle torto? L’acqua è limpida, pulita, fresca e le rocce sopra di noi, dal color rosso roano, sembrano proteggerci. Sono mura invalicabili che cullano il torrente e permettono il formarsi di grandi pozze d’acqua.

Mi viene in mente il film “Laguna Blu”, ve lo ricordate? Uno spettacolo. La gola che queste rocce formano è il crocevia di venti e correnti che le modellano di anno in anno e portano la nostra voce a fondovalle. Sono venti che accarezzano queste pareti e se ne vanno.

Tanta è la storia scritta sopra di esse. Osservandole, si può ammirare il trascorrere degli anni, delle ere. E, saperle leggere, significa tradurre e comprendere ciò che le rocce hanno visto e vissuto, è come decifrare la loro vita e insieme la nostra. Sono  composte da granuli delle dimensioni medie della sabbia. Questi possono avere una varia composizione mineralogica a seconda di ciò che li compone. In questo caso, ad esempio, il loro colore è dato prevalentemente dall’ossido di ferro. Inoltre, a formarle c’è il quarzo, che è uno tra i minerali più resistenti e compone la maggior parte delle rocce della mia Valle. In funzione dell’area di provenienza, i granuli sono tra loro legati da un cemento, originato dalla precipitazione chimica di minerali formati da ioni presenti nelle acque circolanti fra i pori interstiziali che dividono in numerosi strati queste particolari pietre. Essi si definiscono massi clastici, ossia che si sono formati nel corso degli anni. Mi sembrano anche ottimi per le arrampicate!

Guardate: in questa stagione c’è una riga bianca che disegna il pelo dell’acqua. E’ calcare. E’ l’acqua che si è prosciugata a causa della siccità estiva. E’ evaporata e ha lasciato il segno, bianco come il latte, sugli scogli che la circondano.

Si formano qui pozze ricche di pesci e, con uno speciale permesso, si può anche venire a pescare, ma la cosa migliore è passarvi una giornata assieme agli amici, fare il bagno, schizzarsi l’acqua, cercare chi popola il letto del torrente, ammirare i colori che nessun pittore potrebbe riprodurre.

Un luogo da favola topi.

Vostra Pigmy affascinata.

M.