Ad Arma di Taggia, la morte sospetta di Tranquillo

Era il 25 agosto del 1962 quando nella pacifica cittadina di Arma di Taggia, primo paese della Valle Argentina, affacciato sul mare, accadde un fatto che scosse tutti gli abitanti e lasciò perplessa l’Italia intera.

Purtroppo, anche nella mia Valle, sono accadute cose molto spiacevoli e questa storia, realmente successa, non è a lieto fine ed è anche molto strana.

Si tratta della morte di un signore, un certo Tranquillo Allevi, chiamato “Tino” dagli amici più intimi, che ricevette per posta un pacco davvero particolare. Fu la moglie di Tino a ritirare quella scatola incartata in modo sgarbato e frettoloso ma il mittente era la nota azienda San Pellegrino e quindi poteva contenere qualcosa di importante.

Marito e moglie pensarono ad un’opportunità lavorativa, ottima a quei tempi. Diventare dipendente di una ditta così importante non era da tutti e furono contenti di aver ricevuto quel regalo.

Ma cosa c’era in quella scatola? Ebbene, quel pacco conteneva una bottiglietta di liquido analcolico prodotto da quella azienda che, in quegli anni, era conosciuta con il nome di Società Anonima delle Terme di San Pellegrino.

Assieme alla bottiglia c’era un biglietto indirizzato a “Tino” Allevi e sul quel foglio veniva dichiarato proprio il sogno del signor Tranquillo, cioè divenire rappresentante di quella specifica bevanda che pareva un Bitter.

Ovviamente però, quella bibita doveva essere assaggiata dal signore in questione, il quale, successivamente, avrebbe potuto parlare con un incaricato mandato dall’azienda proprio per decidere l’assunzione.

Felice e soddisfatto, il destinatario, prima di aprire la bottiglia chiamò due suoi carissimi amici che facevano i commercianti perché voleva condividere con loro la buona notizia e l’avvenimento. Questi, potevano inoltre essergli d’aiuto, dal momento che lui era abituato a vendere solo formaggi, e grazie a loro poteva avere un giudizio sicuramente più preciso.

I due amici accettarono l’invito e, una volta giunti a casa del signor Allevi, vennero a conoscenza di tutta la vicenda. Come promesso, Tranquillo versò in tre bicchieri la bevanda, brindò e tracannò tutto d’un fiato con l’animo di voler festeggiare. Quella bevanda però era talmente amara che i due compagni di Allevi non riuscirono che a berne soltanto qualche goccia ma, verso le 22:30, dopo solo mezz’ora l’aver ingurgitato quel liquido, tutti iniziarono a sentirsi poco bene e ad avere forti crampi allo stomaco.

Tino era, dei tre, quello che stava più male. Vennero portati d’urgenza all’ospedale ma, purtroppo, per Tranquillo Allevi non ci fu nulla da fare e morì per avvelenamento acuto procurato da una sostanza sconosciuta.

I medici supposero si trattasse di Stricnina un potente veleno usato persino per uccidere vari animali.

I due amici del protagonista di questa triste vicenda riuscirono a sopravvivere grazie alla lavanda gastrica e anche per il fatto che avevano mandato giù solo un sorso di quella strana e letale bibita.

Ma poteva la ditta San Pellegrino volere la morte di Tranquillo o essersi sbagliata nel confezionamento di bottiglie?

Gli inquirenti iniziarono le ricerche analizzando soprattutto il pacco arrivato per posta e la casa del povero signore. Come mai quella specie di scatola di biscotti, utilizzata per trasportare la bottiglia, non aveva nessun marchio San Pellegrino? E perché la San Pellegrino si sarebbe dovuta rivolgere proprio al signor Allevi di Arma di Taggia che vendeva formaggi?

Ebbene, purtroppo Topi, ci ritroviamo davanti a un caso di omicidio e quello che fece subito capire questo fu il nomignolo “Tino”, scritto a macchina, su quel biglietto di cui vi accennavo prima. Un diminutivo usato soltanto da chi Tino lo conosceva bene.

Si scoprì presto che il pacco fu spedito da Milano ma anche la San Pellegrino era un’azienda lombarda e, quindi, si era ancora lontani dalla verità. Tuttavia, le ricerche iniziarono ad indirizzare gli inquirenti verso la pista dell’omicidio passionale.

All’improvviso si iniziarono a puntare le luci sulla moglie della vittima, la signora Renata Lualdi, proprio colei che ritirò il pacco quella mattina. Qui si apre un nuovo palcoscenico che vede la moglie di Allevi come una donna bella e affascinante ma sola e trascurata dal marito, per cui divenuta adultera stando alla ricostruzione della Magistratura.

Si dice che gli amanti della signora Renata furono diversi ma quello con il quale la donna aveva trovato un po’ di felicità sembrava essere un giovane veterinario di un Comune lombardo; il Dott. Renzo Ferrari. Pare addirittura che i due conducessero una relazione clandestina già da quando la famiglia Allevi viveva a Novara, paese d’origine, e che il trasferimento ad Arma di Taggia fu voluto proprio dal signor Tranquillo nella speranza di allontanare la moglie dall’amante.

La strategia di Tino Allevi funzionò perché, i due amanti, a causa della distanza e del poco tempo a disposizione da trascorrere assieme, raffreddarono il rapporto portando la signora Lualdi a trovare un altro amante per dimenticare Renzo.

Il Dottore però, nonostante la passione venuta meno, non accettò di essere sostituito e decise di incontrare Tranquillo per proporgli un affare un po’ bizzarro: 4.000.000 di vecchie Lire in cambio della moglie.

A quel punto, Tranquillo Allevi, rispose al rivale in amore che non poteva e non doveva essere lui a scegliere al posto della moglie ma sarebbe stata la stessa Renata a fare la sua scelta. Una proposta che Renata Lualdi rifiutò e questa sua decisione mandò in bestia il signor Renzo.

L’unica chance che restava al veterinario lombardo era uccidere Tranquillo al fine di avere la signora tutta per sé.

Le prove schiaccianti e l’accusa della stessa Renata condussero all’arresto e all’ergastolo del Ferrari che si è sempre dichiarato innocente. Venne poi graziato dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel 1986.

Questo assassinio venne nominato dalla Stampa del tempo “l’Omicido del Bitter” e portò al famoso detto, che ancora oggi si sente nella parlata popolare, e recita << Tranquillo è morto ammazzato >> in risposta a chi ci dice << Ma stai tranquillo! >> senza però infondere nessuna fiducia.

Questo articolo è stato scritto raccogliendo le testimonianze di chi ricorda il fatto e ricercando articoli e video in rete, per cui, se ci fossero degli errori sarei lieta di saperli. Inoltre qui https://m.dagospia.com/quando-dicono-tranquillo-ha-fatto-una-brutta-fine-1962-una-folle-storia-di-corna-153355 potete vedere anche le foto dei protagonisti di questa macabra vicenda.

Avete capito Topi? Un noto proverbio è nato proprio in questo luogo, all’inizio della mia splendida Valle, ma la sua nascita è costata cara ad un uomo che desiderava diventare il rappresentante di una famosa azienda italiana e assicurare così benessere a se stesso e alla sua famiglia. Che storia…

Vi mando un bacio silenzioso nel rispetto di tutti i protagonisti di questa vicenda. Alla prossima!

La montagna regala anche monete

Quanti regali fa la montagna vero? Ve li ho descritti in lungo e in largo in questi anni ma non vi ho mai detto che regala anche soldi.

Nessuna ricerca e nessun metal detector amici, bensì, qualcosa di ben più suggestivo.

Io e altri topi si parte un giorno di buon mattino con la speranza nel cuore di fare qualche bella foto alle creature di Madre Natura.

La Valle Argentina è ricca di una fauna che purtroppo molti non conoscono ed essendo totalmente libera e selvatica non è detto abbia voglia di mostrarsi.

Neanche il tempo ci dava sicurezze. Avrebbe piovuto? Ci sarebbe stato il sole? Boh? È ovvio che anche il clima ha la sua importanza in fatto di avvistamenti. Non sapevamo nulla ma ci piace l’avventura e abbiamo tentato.

Abbiamo parcheggiato a bordo strada e siamo scesi dall’auto. Zaino in spalla, binocoli e macchine fotografiche. Si era comunque felici. Si stava bene.

La mia Valle mostrava una natura incantata fin dalle prime ore del mattino. Naturalmente si era perplessi e speranzosi allo stesso tempo. Stava iniziando a nevicare e un vento gelido sferzava i nostri musi. Ci incamminiamo. Facciamo i primi metri e uno dei tre topi assieme a me si accuccia verso terra per raccogliere qualcosa. La sua espressione era stranita e dopo poco esclama《Toh! Ho trovato 100 lire!》. Subito non gli abbiamo creduto e invece era proprio vero.

100 vecchie lire brillavano nella sua mano nonostante la polvere che avevano raccolto.

Ma dai! Non possiamo crederci!》dicemmo in coro tutti quanti e, il topo archeologo, avvicinandosi a me, mi regalò quel piccolo tesoro 《Tieni Topina, sono tue》. Ma che bellezza! Il fango e lo sterrato ci avevano appena offerto una specie di simbolo che ora era tra le mie zampe trattenuto caramente.

Guarda di che anno sono?》mi chiese topo fotografo.

1971>> risposi e, rapidamente, nella mia testa, l’addizione diede la soluzione “9” pensai. Il mio numero! Ma che… coincidenza! E voi sapete bene che non credo alle coincidenze. Non dissi nulla e misi via quella moneta per non perderla.

Ci dividemmo dopo qualche passo. Io e topo condottiero da una parte e gli altri due dall’altra. Guarda di qui, guarda di là, nulla… solo una Cinciarella mi diede la soddisfazione di rimanere immortalata nel mio obiettivo e neanche poi molto nitidamente visti la bruma e il vento.

Quando rincontrammo topo archeologo e topo fotografo ci dissero che anche loro non avevano visto nulla di che ma, proprio in quel momento, una coppia di Gheppi meravigliosi iniziò a sorvolare sulle nostre teste. Si lasciarono fotografare con la loro aristocratica apertura alare che planava sulle correnti del cielo, e poi andarono a posarsi contro la falesia di una Rocca dove probabilmente avevano il nido; chiamata da noi Rocca Barbone.

Con gli occhi a fessura, per non perderli di vista, cercai di inquadrarli e suggerire a topo amico dove si erano posati. Mi fece i complimenti perché era difficile vederli mimetizzati contro la roccia nuda. Wow! Ero riuscita anch’io a far qualcosa visto che di solito non vedo nulla neanche col binocolo e, in quei casi, la pazienza degli altri topi è pari a quella di Giobbe quando cercano di farmi adocchiare meraviglie. La magia delle 100 lire stava forse iniziando a fare effetto? Proseguimmo poi, tutti assieme, verso un altro Passo dove la neve decise di lasciare il posto al sole e la mattinata divenne ancora più splendida.

Non ci volle molto a vedere un mucchio di Camosci tutti assieme. Erano tantissimi e topo condottiero mi disse che erano anni che non vedeva una cosa così. Si rincorrevano sulla neve o stavano fermi in branco e, come ripeto, ce n’erano così tanti che ci hanno lasciato stupiti. Era bellissimo vederli su quella neve bianca. Vedemmo anche un Capriolo. Un’Aquila in lontananza, un Codirosso e persino un altro Gheppio, elegante rapace che ci affascinò con il volo definito a “spirito santo”, ossia quando sta fermo in aria, immobile, con le ali aperte. Non ci crederete ma fui io a vederlo per prima, inciampandomi nella neve col naso all’insù, e quindi venni promossa con il titolo di… – Avvistatrice di pennuti – (così suona bene direi).

Che soddisfazione! Non potete immaginare. È stata la mia prima volta. Per me era tanta manna ma ho visto soddisfatti anche gli altri birdwatchers molto più abituati ed esperti di me. Così soddisfatti che, alla fine, persino topo archeologo ha detto《Penso che quelle 100 lire siano state proprio di buon auspicio!》e mi sa che aveva ragione.

La natura non si stanca mai di regalare. Offre senza chiedere nulla in cambio ma forse percepisce l’entusiasmo come riconoscenza di chi la ama.

Mi sono divertita tantissimo, ho vissuto esperienze mai vissute prima e, per una che ama la natura come me, potete immaginare! Ma… chissà chi ha perso quelle 100 lire? Un passante? Un trekker? Un pastore? E quando? Da quanto tempo erano lì ad aspettare noi? Vi lascio libera la fantasia, io vado a prepararvi un altro articolo pensando che qualcosa di magico sempre mi accompagna!

Un bacio ricco.

Perallo, il borgo che ama raccontare

È una strada ombrosa, quella che ci porta nel minuscolo borgo di Perallo.

E’ breve, in salita e in mezzo alla macchia, anche se asfaltata.

Passa sotto a castagni e acacie, donando frescura e mostrando campanule e margherite.

Le rocce sono ricoperte da muschio proprio a causa dell’umidità offerta dal fiabesco sottobosco e da un’acqua fresca che scende veloce in un canale, passando anche per la piccola fontana di Riella.

Il borgo di Perallo è poco conosciuto, pur facendo paese assieme a Moneghetti e ad altre frazioni sparse qua e là. Oggi ci vivono solo due abitanti, il signor Augusto e sua moglie Anna, ma un tempo erano ben 600 le persone che popolavano questi luoghi.

C’era la scuola, l’Osteria, il Tabaccaio… tutto quello che poteva servire in un vero paese, insomma.

Ogni weekend, la gentilissima signora Mirella diventa il terzo abitante e, soprattutto nel periodo estivo, parenti e amici salgono in Valle a rilassarsi in queste meravigliose zone e partecipando alle diverse sagre nei dintorni.

Perallo si apre ai margini del bosco, regalando una vista mozzafiato su Andagna, Molini e Triora. Visti da qui hanno il loro fascino, così come ne ha il luogo in cui mi trovo. Perallo è un gioiellino, con le sue viuzze strette e i suoi carruggi nei quali il sole non riesce a penetrare.

In alcuni angoli, infatti, le mucillagini ricoprono come un morbido tappeto scalini, rocce e pareti, ma nelle zone più aperte ad accogliere i raggi della Stella Madre lo sguardo può ricevere i colori di piante e fiori.

Qualche micio assonnato dalla calura estiva apre un occhio e mi guarda come a dire “De chi ti sei a fia tü?” (di chi sei la figlia?), come a valutare se mi conosce o, altrimenti, che caspita ci faccia io lì.

Un piccolo piazzale, davanti alla chiesa dedicata alla Madonna di Laghet, permette di sedersi su ceppi di castagno e ammirare il panorama godendo del riparo degli Ippocastani.

A uno di essi è appesa un’altalena e qui, un tempo, aveva vita la scuola nella quale molti bambini prendevano lezioni dalla maestra e dal parroco che, anni addietro, si prestava a svolgere diverse mansioni.

Ora la scuola è un edificio che, attraverso le targhe e le lapidi inchiodate alle sue pareti, racconta di personaggi che hanno dato vita a Perallo.

Oggi questa borgata vive ancora attraverso le sue ambientazioni e i tanti racconti delle tre persone che ho avuto il piacere di conoscere.

Mi hanno confidato memorie e permesso di visitare l’interno della chiesa che vi mostrerò in un prossimo articolo.

C’è tanto da dire su di essa. La signora Mirella mi accompagna a vedere il camposanto e l’adiacente chiesetta di San Giuseppe, risalente al 1929.

È tutto in miniatura. Molte lapidi sono vecchissime, mentre la chiesetta mostra al suo interno l’altare dedicato al santo e sfoggia un pavimento in ardesia lavorato a mattonelle esagonali nere e grigio perla. E’ ben tenuta ed è stata restaurata recentemente. Pensate: è più piccola di una camera da letto, molto intima e raccolta. Davvero carina!

Il breve sentiero che ci riporta al paese è praticato da gazze che schiamazzano allegre e da qui posso vedere altri scorci di Perallo.

Case e casette tutte attaccate, vicine, a formare un nucleo unito e dall’espressione familiare.

Il forno, pur essendo della signora Mirella, viene utilizzato anche da altri ed è simpatico da vedere. Ha una forma particolare e sulla facciata principale si legge appunto la scritta “forno” in stampatello ricoperta dalla nera fuliggine.

Il silenzio e la quiete regnano sovrani interrotti di tanto in tanto da qualche uccello o insetto per nulla fastidioso. Ci sono le rondini a volare nel cielo, qualcuna ha fatto il nido, proprio sotto il porticato della vecchia scuola, ma oggi, vista la stagione, è rimasto ormai vuoto.

Per giungere a Perallo occorre arrivare a Molini da Taggia, ma anziché proseguire per Triora, all’inizio del paese bisogna svoltare a sinistra in direzione del campo sportivo, imboccando la carrozzabile che conduce a Colle Melosa e a San Giovanni dei Prati. Si segue la strada che sale e, dopo qualche curva, ecco un tornate con l’insegna che riporta il nome del villaggio protagonista di questo articolo. Dalla strada non si scorgono le case, ma il cartello non si può non notare.

La piacevole atmosfera che si respira qui mi obbliga a soffrire leggermente nel momento in cui devo andare via. Ho incontrato tanta disponibilità, cordialità e umanità. Per non parlare della natura, così vicina qui a Perallo da incidere nei cuori la sua linfa vitale. Uno splendore.

Siamo alle appendici del Monte Stornina in un paesino tanto minuto quanto invece grande è la sua storia e la sua gente, che lo vive ancora nei propri ritorni al passato.

Gente che, ancora bambina, mungeva mucche e portava secchi pieni di latte a Molini, a piedi, e che con il mulo scendeva fino a Taggia trasportando materiale adatto alla creazione di orti. Qui a Perallo c’erano stalle molto grandi, un tempo, ed erano piene di animali da lavoro, i quali affiancavano l’uomo nel suo quotidiano. Di queste bestiole oggi non è rimasta traccia, tuttavia posso dire di averle conosciute attraverso le parole di Augusto e il ricordo della mula di suo nonno. Era intelligentissima: sapeva bene, a ogni metro di strada che percorreva, dove doversi mettere per far passare la vecchia corriera senza che questa potesse scontrare il carico straripante che si portava appresso. Quest’asina, quindi, sapeva considerare quanto spazio occupava per strada il suo trasporto, che fuoriusciva lateralmente dai suoi fianchi! Vi rendete conto?

Ora devo fare ritorno in tana, ma i miei tre nuovi amici mi hanno invitato a tornare e io non vedo l’ora. Eccoli, i tre guardiani di Perallo: persone squisite della mia Valle che mi hanno regalato una giornata fantastica. Grazie di cuore!

Da sinistra Augusto Mirto, Mirella Nocerini e Anna Mapelli.

Io sono tornata e voi siete semplicemente fantastici

grazieCiao topini, anzi, ciao Amici, penso di potervi davvero definire così e con la A maiuscola. Ho solo oggi riaperto il mio blog e una delle mie due mail (l’altra ancora non funziona) e tutti i vostri commenti mi hanno fatto venire le lacrime agli occhi. Ho ricevuto, persino da persone che non conoscevo, messaggi bellissimi senza contare i vostri che mi hanno davvero aperto il cuore. Messaggi qui sul blog, messaggi nella mail e addirittura c’è stato chi, in questo periodo di mia assenza, mi ha scritto tramite sms. Grazie. Grazie davvero. Mi scuso nel non aver risposto prima ma ho davvero avuto tanto da fare e il pc in coma, inoltre, non volevo collegarmi da quello di conoscenti solo per due minuti. Volevo prendermi e avere il giusto tempo e non rispondervi in sole due parole. Volevo dirvi che vi ho pensato molto e provavo a immaginare cosa stavate postando quel giorno. Quale immagine, quale articolo, quale canzone. Tutte cose che mi hanno tenuto sempre molta compagnia e mi hanno sempre interessato parecchio; e che adesso, piano, piano, verrò a curiosare. Ora come ora, non ho moltissimi post pronti, devo cercare di rimettermi all’opera e regalarvi nuovamente ciò che mi avete fatto capire essere da voi molto apprezzato. Che gioia topini, non potete capire che bel regalo mi avete fatto. A questo punto, non mi resta altro che venire un pò a trovarvi, uno per uno, e preparare un nuovo post con il quale si ricomincia. Vi mando un bacione e questa volta vi dico… a prestissimo! La vostra Pigmy.

foto presa da apropositodiuncinetto.it

Carissimi Topini…

Ciao! Ciao! Ciao! Eccomi di ritorno, finalmente! Mi siete mancati, non sapete quanto. Che stranezza accedere nuovamente al mio blog e a tutte le vostre tane che ora verrò a visitare con un po’ più di calma. Mi sembra una vita fa… Mamma mia, quanto tempo! Purtroppo oggi non posso dedicarvi articoli, non ho post pronti da pubblicare, ma spero di tornare presto a farvi gironzolare nella mia Valle. Topononno è in ottima forma, ora; sta meglio di me e di tutti i miei familiari messi insieme. Grazie ancora per il vostro sostegno e i vostri saluti. In particolare vorrei ringraziare tutte quelle persone che tramite mail, commenti e addirittura il telefono, mi hanno fatto capire che mancavo a loro e non vedevano l’ora di ritrovarmi. Non me l’aspettavo, siete stati davvero unici. Persino Topoaico, l’altro ieri, con tono affettuoso, mi ha detto: «Guarda che ti cercano… Sembra proprio che gli manchi…», (vorrebbe averli lui degli amici così 🙂 si, si) e lo sapevo, e non vedevo l’ora di poter di nuovo venire qui da voi. Amici cari! Preparatevi, eh?! Nei prossimi giorni dovrete venire a vedere tutto quello che mi son detta “questo devo metterlo sul blog!”.

E allora non mi resta altro che mandarvi un bacione e aspettarvi, magari già domani, con il primo articolo (dopo tanto tempo) che spero vi piaccia… e che spero di riuscire a prepararlo! Lo avevo accantonato per voi come bozza, non dovrei aver problemi.

Baci, baci, baci Topini, il vostro incubo è tornato! Smack!

M.

Un vero scroccone!

E allora rieccoci qua topini e topetti! Topononno è tutto il giorno che se la dorme. Gli hanno cambiato stanza e questo lo ha già affaticato molto. I suoi occhi sono particolarmente stanchi purtroppo ma ci fa ancora rigare tutti dritti come dei fusi. E’ arrabbiato, vuole tornare a casa, a volte è giù di morale ma non per questo possiamo continuare a cincischiare. Oh no! Lui per primo ha sempre tenuto tantissimo al mio blog che spesso parlava e parla di lui! E allora oggi via, voglio ricominciare ad allietarvi (spero tanto) con qualche post, a partire da questo che dedico a qualcuno un po’ speciale.

Dalle immagini avrete già capito di chi sto parlando. No…2013-03-02 12.56.26 non fatevi intenerire… Averlo come amico è già un dramma, immaginatevi come vivo io che ce l’ho come parente stretto! Quante colpe prese ingiustamente per colpa sua… solo perchè sono un roditore, sigh! E’ brutto, cattivo e puzza!… 😀

Ma sto scherzando amici!!! Ecco a voi Scoiattolo. E Scoiattolo è uno degli animaletti più simpatici che ci siano! Potete credermi! E visto che non avevo foto da mostrarvi, il mio amico Lidio si è subito offerto di prestarmi le sue. E allora eccovi i suoi ospiti furbacchioni! Ospiti che ogni giorno vanno a bussare alla sua porta in cerca di qualche squisita 2013-03-02 12.59.37nocciola. E non sempre bussano educatamente i signorini. A volte, sono dei veri scrocconi. Quando si tratta di mangiare non capiscono più nulla!

Ma conosciamolo meglio questo animaletto. Lo sapevate ad esempio che vedere o avere a che fare con uno scoiattolo indica energia, voglia di fare, fare le cose bene ma allo stesso tempo disinteressarsi di ciò che accade intorno a noi? Sì! No, non per menefreghismo, semplicemente per una questione di coscienza pulita. E’ come dire, “io ho fatto il mio dovere, ora nessuno deve rompermi le ghiande nel paniere!”.

Gli scoiattoli che sono qui dalle mie 2013-03-20 10.29.52parti, sono abbastanza grandi, dal bel pelo color mogano e un po’ grigiastro e la loro coda, durante l’estate è più spelacchiata mentre, andando verso la stagione fredda, si riempie di folto e morbido pelo che protegge l’animaletto dal gelo. E già, costui non va in letargo! Sonnecchia della grossa ma, di dormire da ottobre a marzo, non se ne parla nemmeno! Deve sempre avere tutto sotto controllo. Ansioso come pochi “il mangiare non basta mai, i nemici sono ovunque, e che tempo farè? E adesso come faccio?” ecco, lui vive così.

I due denti davanti, i due incisivi superiori, che hanno una forza bestiale, possono raggiungere i due centimetri e sono spaventosi da vedere! Potrebbe trafiggere un vostro dito come un coltello caldo nel burro. Non lo batterò mai in fatto di denti!

Il suo vero nome è Sciurus Vulgaris e, per i miei stretti parenti, va aggiunto anche l’aggettivo – Comune -. Ce ne sono tantissime specie diverse però; quello piccolo giapponese, quello striato, quello americano, il gigante, il ciuffo nero, il Carolinensis e ognuno ha la sua qualità.

E’ un mammifero e, se ben trattato e non spaventato, può affezionarsi all’uomo con molta tranquillità. Sono famosi quelli di New York che convivono con il bipede, nei parchi, tutti i giorni. Questi che vedete, ad esempio, hanno un appuntamento giornaliero con il mio amico Lidio, sapendo di andare a riempirsi la pancia di ghiottonerie, certe, ogni dì! Senza paura, entrano nella dimora del mio amico e iniziano a chiedere l’elemosina.

Sono abili arrampicatori e saltatori e amano volteggiare tra i rami alti degli alberiscoia2 sicuri di non avere predatori e rintanandosi, in caso di pericolo, nei buchi dei tronchi. Le loro tane sono stive e magazzini di riserve.

Una veloce controllatina, che non ci sia nessun pericolo e via, di nuovo, a volare di qua e di là.scoia1

 

Immagino ricorderete tutti i due simpaticissimi scoiattoli, anzi, le due simpaticissime scoiattoline de: “La spada nella roccia” che s’invaghiscono degli trasformati Semola e Mago Merlino. Che ridere! Ma simpatici, questi miei buffi cugini, lo sono sempre.

Voi cosa ne dite? Vi sono piaciuti? E allora cari amici topi vi do un consiglio: ogni volta che andate in un bosco, provate ad ascoltare i loro rumori e i loro versetti. Non sempre i “Frrrrrsssscccc…..” che sentite, sono vipere dalle quali dover fuggire! Un bacino a tutti.

M.

Giuseppina e Chechin

Si amarono per tanto tempo ma tutto finì in un soffio.

Lei rimase zittella e lui si sposò con la rivale di lei: Nanin.

Chechin guidava le corriere, anzi, l’unica corriera in quel tempo e, Giuseppina, aveva l’abitudine di aspettarlo davanti al Municipio dove solitamente egli sostava un po’, scambiando quattro chiacchiere con gli amici.

Era sempre più che puntuale e, davanti al Municipio, lo slargo, permetteva di fermarsi, far salire con calma la gente e riposarsi un attimo. La via era lunga. Con la sua corriera percorreva tutta la Valle Argentina partendo da Triora e arrivando giù, fino a Taggia. E davanti al Municipio, a Molini di Triora, c’era sempre lei, la sua Giuseppina, pronta a mandargli un bacio o un sorriso con lo sguardo. Per lei lui era tutto. Era il suo uomo, il suo avvenire, il suo amore.

Il gonnellone di panno scuro, lungo fino alle caviglie, schiacciato contro la ringhiera del ponte, un’ultima toccatina al foulard in testa ed eccolo spuntare. Il muso di un pulmino che aveva corso assieme al torrente Capriolo, apparire dalla curva, dall’albergo Santo Spirito. Il cuore accelerava e gli occhi si socchiudevano allo stridir del freno tirato contro i gradini della bottega di Angela Maria. Il sorriso tremava, e lui, bello come il sole, scendeva dalla sua postazione. Il cappello, la divisa, impeccabile… che uomo!

Nessuna avrebbe potuto portarglielo via. Nessuna, tranne… Nanin.

Nanin alta, bionda, senza foulard sulla testa. Controcorrente, sempre con il sorriso sulle labbra, nonostante quel fare da gran signora. Sempre con la piega appena fatta. Nanin, donna forte, austera. Ciò che voleva, se lo pigliava. Senza troppe parole.

E si prese Chechin. Nanin e Chechin, Gianna e Francesco. Questi i nomi che la gente mormorava. Questi i nomi che il paese aveva imparato ad unire. Ora era l’altra ad essere sulla bocca di tutti per aver conquistato il bell’autista.

Giuseppina artista, pittrice. Innamorata. Viveva di emozioni e sentimenti. Il suo unico vanto era essere la nipote di quello che era stato il medico personale di Carlo Alberto di Savoia. Era il fratello del suo papà. E ora, quella lacerazione inaspettata al suo cuore. Volle vendicarsi Giuseppina. Giuseppina la timida, quella che sembrava sbruffona ma era tanto fragile dentro.

Chechin continuava, ogni giorno, ogni mattina, a scendere dal suo mezzo e a salutare gli amici davanti al Municipio a Molini. Oh sì! Sarebbe sicuramente stata una bella vendetta, quella, da vivere davanti a tutti. In fondo, se l’era cercata, era quello che meritava. E allora decise. Lo aspettò. Ancora una volta, il suo gonnellone di panno scuro, raschiò la ringhiera sopra al Capriolo che scendeva lento quel giorno. Ancora una volta, il foulard sulla sua testa, si muoveva lieve alla brezza. Ancora una volta, il muso della corriera, oltrepassò di poco la bottega di Angela Maria e Chechin scese. Con il sorriso. Con quel suo solito, meraviglioso, sorriso.

Aveva adocchiato i suoi amici stando ancora seduto sull’enorme poltrona. Aveva adocchiato tutti, anche Giuseppina. Sapeva che lei era lì, ma rivolgerle la parola, forse, era farle più male che bene. O forse, sentendosi in torto, non ne aveva il coraggio. Andò dritto dagli altri quindi, senza considerarla. Ma non aveva calcolato quanto una donna innamorata e ferita può cambiare. E allora, senza immaginarlo, si sentì picchiettare sulla spalla, si voltò e “Ciaf!“. Lo schiaffò arrivò sul suo viso improvviso e sicuro. Deciso, senza titubanze. Chechin guardò la donna negli occhi tremuli. Più bassa di lui di un bel po’. La donna che un tempo era stata sua. La guardò un poco e poi “Ciaf!” ricambiò ciò che aveva ricevuto guardando quegli occhi sbarrati e mormorando una sola frase – Amor, con amor si paga! -.

Il tutto, davanti al Municipio di Molini, nel centro del paese.

M.

Buon Compleanno al blog della topina Pigmy!

Aspettavo questo giorno da tempo. Lo aspettavo, perchè è una data importante: il mio blog, questa bellissima avventura, compie il suo primo anno di vita e io posso cogliere quest’occasione per dire a tutti voi quanto mi sia divertita e quanto abbia apprezzato il vostro appoggio e la vostra compagnia.

Spero di avervelo sempre trasmesso, ogni giorno, ma in questa importante data vi voglio ringraziare in modo particolare. Tutti, dal primo all’ultimo. Grazie per i vostri commenti, le vostre mail, i vostri complimenti, i vostri consigli e grazie anche a chi non è stato sempre d’accordo con me e mi ha mostrato altre prospettive delle cose.

Ci sono amici passati solo una volta, che han lasciato il loro pensiero.

Ci sono amici che non scrivono nulla, ma so che ogni giorno mi leggono.

Ci sono amici che invece si son sempre fatti sentire, dai primi giorni.

Ci sono amici che mettono un like e basta e lo fanno quando davvero quell’articolo gli è piaciuto.

Ci sono amici nuovi, appena conosciuti con i quali nascono confronti e altri, che come me, parlano di questa magnifica Valle.

Ci sono amici che mi ringraziano perchè ho ricordato un avvenimento, ma sono io che devo ringraziare voi.

A tutti va un grandissimo grazie con il cuore.

Ogni volta che scatto una foto o scrivo parole, vi penso. Immagino cosa penserete quando leggerete i miei post, e mi vien voglia di fotografare e scrivere ancora. Per me questo blog è divenuto una vera passione che svolgo con amore e dedizione. Lo faccio perchè mi piace, per far conoscere a tutti il magnifico luogo in cui vivo e sapere che questa emozione colpisce anche voi è impagabile. In fondo, se questo blog è così, è anche grazie a voi che mi seguite, che mi invitate a importanti eventi o alla conoscienza di cose nuove.

E’ grazie a chi mi ha consigliato categorie nuove, che queste ultime han preso piede sempre di più!

E’ grazie a chi c’è sempre, senza mancare mai, ora anche per telefono, se continuo a essere la vostra topina!

Grazie a chi ogni giorno, già dalle prime ore del pomeriggio, non fa mai mancare un suo commento; a chi ha sempre una battuta e mi fa sorridere appena vedo il suo avatar; a chi mi racconta aneddoti e mi dà tanto materiale su cui scrivere; a chi ha sempre qualcosa da ridire e io non vedo l’ora di farlo brontolare; a chi cucina e viene a curiosare i miei piatti tipici; a chi ama l’arte e dorme con un libro di topolini sul comodino; a chi ha imparato a usare il computer per postare i miei articoli su facebook; a chi mi porta in luoghi sconosciuti raccontandomi segreti della mia Valle; a chi mi manda mail perchè io possa promuovere quel dato evento; a chi mi ha fatto bellissime sorprese; a chi segnala un mio post.

Grazie. Grazie tantissimo. Spero vi siate riconosciuti. E un grazie particolare va alla mia famiglia che cerca di far arricchire il blog ogni giorno sempre di più. E’ una cosa inventata da me, ed è come se loro sentissero di farne parte, ed è così. Sono amorevoli. Topononno e i suoi racconti, topozio e le sue ricette, topopapà che mi fa pubblicità in giro, a voce, come fosse il padre di una grande giornalista, topoGiò che mi fa pubblicità tecnologica e si commuove per ogni cosa che scrivo, mamma topa che è sempre molto interessata e le si illuminano gli occhi, topoNiky che l’ho già detto, ma è il mio braccio destro, topoDario che accorre a tutti i miei “help!”, topoMarco che mi permette di scrivere splendidi post… e poi, topoamico che sacrifica i suoi week-end per portarmi in giro a fare reportage e i topini che mi sostengono e partecipano con il sorriso. Grazie.

Io continuerò a percorrere i sentieri della Valle e spero che per voi i miei post possano essere un tranquillo passatempo.

Un po’ di serenità, d’altronde, ci vuole!

Un grande bacio a tutti quanti.

La vostra Pigmy.

foto presa da germain.com

M.

I segreti delle ciliegie

La ciliegia è un frutto che si attende con ansia e, quando la si inizia a vedere nei supermercati, immancabilmente non si può fare a meno di esclamare “Uh! Le ciliegie!”. Tuttavia, ovviamente, le migliori, le più buone, sono quelle raccolte e mangiate direttamente dall’albero.

La mia Valle ne è piena e le scorpacciate non mancano mai, arrivano puntuali ogni estate.

Oltre ad accontentare noi topini, la ciliegia è prelibata anche per uccelli, formiche e una miriade di altri insetti (che, tra l’altro, arrivano sempre prima di noi). Piace proprio a tutti, insomma!

E’ un frutto molto salutare per la nostra dieta: contiene tanta vitamina A e C, fosforo e potassio e ne esistono di numerose qualità, compresa quella delle amarene che vengono definite ciliegie acide.

Nella mia Valle ce ne sono diverse varietà, dal durone nero e zuccherino detto di Vignola, alle più chiare dalla dolcezza più delicata, chiamate Giancaire. Nel nostro dialetto infatti “giancu” vuol dire “bianco”. Questo tipo di ciliegie, nei negozi sono chiamate anche “Ferrovia” e non diventano mai del tutto rosse. Appartengono a una specie che, nella Valle Argentina, sta per scomparire. Non si vendono bene come le altre, perchè la gente le ritiene acerbe e non le compra.

Della ciliegia non si butta via niente, lo sapevate? Be’, il frutto si mangia ovviamente, il nocciolo si semina… e il picciolo? Non buttate via nemmeno quello! Fatene bollire per tre minuti un mucchietto e poi lasciatelo in infusione per altri cinque minuti: è un ottimo diuretico.

La ciliegia ha raggiunto prezzi esorbitanti, si arriva addirittura a pagarla 7,00 euro al chilo, se non di più. Per questo è molto fortunato chi possiede questo oro rosso sulla propria terra.

Raccoglierle in compagnia è davvero piacevole, tra l’altro. Inevitabilmente, le più buone sono sempre le più alte, e allora:

“Dai, abbassami quel ramo!”

“Ecco, sì, ce l’ho!”

“Guarda, guarda lassù quante!”

“Tieni, che forse ci arrivo! Non mollare!”

E tutto questo fino a che i cavagni, i comuni cestini di vimini, non sono belli pieni. Il più impavido si arrampica e raccoglie le migliori, ma deve fare molta attenzione. Che ci crediate o no, i rami del ciliegio, al mattino, possono spezzarsi molto facilmente, cosa che accade di meno verso il tardo pomeriggio o la sera. Altro mistero della natura!

Insomma, le ciliegie sono un frutto eccezionale, utile anche per squisite marmellate e ottimi liquori come lo cherry. Tengono uniti gli amici e sono deliziose.

Fatene sempre una grossa scorpacciata, ma attenzione a non bere molta acqua subito dopo, altrimenti non vi sentirete molto bene. E, mi raccomando: raccoglietele prima di San Giovanni, se non volete trovare al loro interno il “giùanìn” (il vermetto, ovviamente).

Uno slurp-abbraccio a tutti, dalla vostra Pigmy.

Ops, quasi dimenticavo! Le ciliegie che vedete nelle foto sono alcune del mio amico Marco e altre della mia socia Niky, coltivatori d’eccezione!

M.