Ad Arma, le spiagge della Valle

Come ogni fiume e ogni torrente del mondo, anche l’Argentina sfocia nel mare in quella che è chiamata “zona della Darsena”, ad Arma di Taggia. Si immette nel Mar Ligure, un mare chiaro dal carattere deciso che ha scolpito e intagliato nel tempo, col suo andirivieni, paesaggio e abitanti.

Un mare che si infrange contro scogli scuri, moli sistemati dall’uomo nell’ultima metà dello scorso secolo e spiagge chiare, color maggese, che accolgono spesso folate di forti venti nonostante il clima mite che perdura a ogni stagione.

Quella che si presenta è una spiaggia sabbiosa che nel 2016 ha ottenuto il conferimento della Bandiera Blu dalla FEE-Italia (Foundation for Environmental Education).
Arma, con le sue spiagge, risulta essere una zona bella e pittoresca del Golfo Ligure e la passeggiata a mare che costeggia i lembi di sabbia è lunga quanto tutto il paese.
In queste zone, i gabbiani sono i padroni assoluti, sorvolano gridando sulle teste di chi passeggia pigro, per poi tuffarsi nell’acqua e lasciarsi cullare dalle onde. Anche i piccioni bazzicano sulla sabbia tiepida e le loro impronte sono inconfondibili.
Un bello svago e un gran vantaggio anche per gli amici a quattro zampe degli armaschi, i quali possono scorrazzare liberi e giocare con un’onda e con l’altra, soprattutto durante la stagione invernale.
Anch’io mi diverto molto sulla morbidezza di questo terreno. E mi diverto a rincorrere le alghe essiccate al sole che svolazzano rapite dalle correnti.

Su queste spiagge si possono trovare anche molte cose interessanti. È la corrente a portarle. Come gli splendidi pezzi di legno, levigati dall’acqua, dalle forme più stravaganti. Solo la fantasia può dare un senso a certe sagome bizzarre, ma il divertimento è assicurato.
Per non parlare di sassolini e conchiglie: ce ne sono per tutti i gusti!
È bello vedere le persone anziane ritemprarsi al profumo di salsedine e al rumore soave del mare.
Se ne stanno lì, seduti per ore, a contemplare l’infinito azzurro. È in questo infinito che si può scorgere la Corsica in base a determinate condizioni meteorologiche.
I più attivi, invece, e anche più giovani, sono decisamente più sportivi, ma questa zona balneare offre spunti interessanti per l’attività fisica. Immaginatevi cosa vuol dire correre o camminare sulla spiaggia con un panorama come questo. C’è anche chi può praticare nordic-walking, uno stile di camminata molto salutare che si esegue con i bastoncini.
E che meraviglia quando queste spiagge vengono baciate dai colori delle albe e dei tramonti! Nessun pittore riuscirebbe a creare qualcosa di più bello… no, no.
Le sfumature si riflettono sulla sabbia beige e l’accendono di toni caldi e nutrienti.
Nutrono lo sguardo e il cuore.
Le spiagge di Arma, un luogo meraviglioso di cui godere, nella pace e nella quiete, preludio di una Valle incredibile che offre tutto.
Uno zampettante bacio marino topi, alla prossima!

“Saggi” e Tralicci

Avete presente la frase “Eeeeh… Ai miei tempi …”? Sospirata. Quante volte ve la siete, anzi, ce la siamo sentiti dire da chi è più anziano di noi ? big_1101Mille presumo. Ebbene, io personalmente, concordo con questa citazione solo al 50%. Nel senso che, per tanti motivi, i nostri vecchi hanno ragione a ricordare il loro tempo perché, sotto certi aspetti, parecchie cose funzionavano meglio, la vita era diversa, con tante negatività ma anche con tante cose sicuramente più positive di oggi. Verso certi versi invece, e scusate il gioco di parole, trovo questa frase un po’ esagerata e, dal momento che non sono una topina estremista e amo le sfumature di grigio, vorrei raccontarvi un aneddoto che mi permette inoltre di spiegarvi anche una cosa importante ma spesso sottovalutata.fili2 Come venne portata l’elettricità nella mia Valle durante i lontani anni ’50.

Quanta gente, andando in luoghi impervi, guarda i fili della corrente pensando a chi e come ci sono arrivati? Quasi nessuno. Eppure, uomini prima di noi, hanno rischiato spesso la vita per far sì che anche lì, ci fosse la luce. E certo, non era mica come adesso. Parlo di comodità ovviamente. Di attrezzature che permettevano una facilitazione nel lavoro. Non c’era nulla, e allora questi uomini cosa facevano? Facevano così, provate a immaginare!

Inverno, 10 gradi sotto lo 0, o anche di più nell’Alta Valle Argentina. Tralicci di legno, alti pali e naturalmente nessuna protezione. Le mani ghiacciate, intirizzite dal freddo. Il viso che perdeva la sensibilità. Si arrampicavano lassù e, senza guanti, senza elmetto, senza niente di niente, iniziavano ad avvitare e svitare bulloni, tirare fili, inchiodare cavi. Cavi di ferro, ghiacciati come la neve. filiSi lavorava dal mattino alla sera, per i boschi, nei sentieri, sopra i dirupi e, spesso, con il solo aiuto delle lanterne. Una breve pausa per un panino e poi via, di nuovo al lavoro, arrampicandosi in luoghi che mettevano i brividi. E fu proprio durante una di queste pause che un gruppo di operai infreddoliti, seduti accanto a un fuoco che si erano accesi, mangiando un pezzo di pane gelato, videro arrivare un anziano signore. Quest’ultimo si avvicinò a loro e chiese: “Freddo ?”. Gli operai lo guardarono e, senza nemmeno avere la forza di parlare, raggomitolati nelle loro giacchette di panno, annuirono con la testa. Fu allora che l’anziano signore, saggiamente, esclamò quasi dispiaciuto: “Eh vui… i l’ avei aiga au postu du sanghe. Ai mei tempi… mi s’andava in giiu de stu tempu cu e manighe curte!”. (Eh voi… avete acqua al posto del sangue. Ai miei tempi… si andava in giro in questo periodo con le maniche corte!). E se ne andò.

Come vedete, in ogni tempo, il più giovane si è sentito dire così. Già tanti anni fa. Detto questo, non intendo dar torto a chi ne sa più di noi, ma ogni tanto, ciò è proprio un’abitudine più che una vera constatazione, non vi pare?

Un bacione topi e, per questo bel racconto, vorrei ringraziare il mio amico Stefano. Un racconto breve ma che fa sorridere e fa pensare a quello che, ogni giorno, entra nelle nostre orecchie. Buona giornata.

Immagini prese da tudie.com, siciliafan.it, cartapietre.com

4 luglio 1944

Molini di Triora. Un giorno di guerra. Un altro terribile giorno di guerra.

Antonio Allaria Olivieri ricorda quel giorno con i brividi.

Di fronte all’entrata di quello che oggi è l’Hotel Giovanna, uno dei più rinomati ristoranti e alberghi del paese, c’era un fienile. Il proprietario di questo hotel, Francesco, all’epoca aveva 8 anni, ma ricorda tutto come se fosse avvenuto ieri, anche lui come Antonio.

Quel giorno, il 4 luglio del 1944, dodici italiani sono stati obbligati dalle truppe naziste a entrare in quel fienile e, una volta chiusi dentro, hanno appiccato il fuoco. Ora, al posto della baracca andata in fiamme, c’è un monumento che li ricorda. E’ una lapide su un grosso masso che riporta la seguente scritta:

“Nella luce di Cristo, nel cuore dei cittadini, un ricordo e un ammonimento presenti gli spiriti di tutti i caduti nel nome della libertà e della patria”.

Prima di questa frase è stato inserito l’elenco di tutti i nomi.

Francesco guardava dall’altra parte del fiume divampare quelle fiamme sempre di più. Antonio ne ha ancora vivo il ricordo.

Questo non è l’unic scempio compiuto dalla guerra, ma vedere oggi questi due uomini che, con il loro sorriso, conducono le loro attività di ristoratore e agricoltore è toccante allo stesso modo di guardare in faccia ogni giorno i nostri nonni.

In quel fienile non c’erano degli sconosciuti. C’erano amici, parenti, conoscenti. E’ straziante veder pensare Antonio e Francesco alle grida dei poverini, vedere i loro occhi che per un attimo si perdono nel vuoto del ricordo per tornare poi a sorridere, ancora una volta. Quell’attimo di tristezza, non glielo può cancellare nessuno dalla profondità degli sguardi.

Ogni paese ha vissuto i propri incubi. Per l’abitato di Molini questo è uno dei più tristi ricordi, un omicidio senza giustificazione, ma solo, pare, per il divertimento di farlo.

Per molti abitanti di Molini, quello che vi ho mostrato oggi è uno scorcio sacro. E non potrebbe essere altrimenti.

M.

Il Nome della “Valle Argentina”

Con questo post, vorrei invitare chi vuole e chi sa, o chi immagina, a raccontare una curiosità inerente al nome della mia valle.

E’ da qualche mese che scrivo articoli su di lei perché sento di farne parte, perché sono luoghi che amo e perché merita di essere esplorata fino in fondo. Nonostante tutti i miei vari scritti però, ancora non vi ho detto perché questa mia vallata si chiama “Argentina”.

Ebbene cari topi, dovete sapere che le teorie a riguardo sono davvero tante, questo un po’ mi dispiace, perché apprezzerei conoscere l’origine di tale nome ma, allo stesso tempo, mi affascina tantissimo ascoltare le varie versioni, tutte, incredibilmente e possibilmente, valide.

La più attendibile e, se devo essere sincera, è per me anche la più bella e suggestiva, è data dagli Ulivi.

Questa valle, completamente ricoperta di tali alberi e spesso ventosa, si dice prenda il nome proprio dal colore argenteo delle foglie degli Ulivi che, mossi dal vento, mostrano il retro delle loro foglie, di un verde quasi madreperlato, luccicanti al sole. Le stesse foglie, brillano ancora di più se cullate dal torrente, in quanto, a contatto con l’acqua, rendono la Valle scintillante.

Questa versione la si trova anche su libri e vecchie scritture. Addirittura, per la maggior parte degli anziani essa è la giusta teoria ma, tra di loro, c’è anche chi afferma che, questo nome, deriva dal colore del torrente.

Un torrente limpido, che percorre un determinato percorso tra i monti e, in certi punti, baciato dal sole, tra alberi e rocce, si propone di un grigio fulgido proprio come l’argento quando brilla. E’ chiamato infatti Torrente Argentina. Mi da però l’idea che qualsiasi torrente possa assumere questo colore e quindi non so quanto ritenere valida questa affermazione anche se è vero che, tale rio, effettua un viaggio in una natura particolare.

Un’altra ipotesi, raccontata dagli anziani del posto, include come protagoniste le formiche argentine del Sud America. Le formiche che hanno invaso non solo la mia Valle ma tanti altri luoghi italiani. Trasportate fino a noi dal Nuovo Continente, con i barconi di un tempo, si sono presto costruite dimora in tutta la Valle, moltiplicandosi negli anni, e diventando tra i primi abitanti di boschi, campagne e città. Dopo essere arrivate qui insieme a pirati, mercanti e guerriglieri che solcavano i mari, si sono adeguate ad un clima diverso ma senza la minima fatica.

Ora ditemi, ne conoscete per caso altre di versioni? Avete mai scoperto chi ha dato il nome a questa vallata e perché?

Comunicatemelo se vi va, sono curiosa e trovo divertente conoscere tutte le supposizioni. Questi che vi ho elencato sono quelli che ho scoperto io. Mi chiedo quali altri possono esserci.

Vi lascio con questo dilemma e, a tutti, auguro un buon inizio di settimana.

La vostra Pigmy.

M.