Storia e Natura a Bric Castellaccio

La mia Valle è ricca di rocche…. di spunzoni rocciosi, enormi, che si ergono verso il cielo.

Rendono il territorio che vivo più ricco, meno banale, e sono spesso luoghi che permettono di godere di panorami mozzafiato. Non solo… è molto interessante considerare anche il nome che li identifica perché questo, di solito, è dato da avvenimenti o leggende appartenenti al passato che raccontano molto dei fatti accaduti in Valle.

Quello che voglio farvi conoscere oggi si chiama Bric Castellaccio.

Si tratta di un dente roccioso che si innalza tra le montagne che circondano il paese di Realdo, nella parte alta della Valle Argentina. Il nome “Bric Castellaccio” mi porta automaticamente indietro nel tempo e conoscendo le mie zone e il loro passato non faccio fatica a immaginare, a causa di questo termine, la presenza di un Castellaro in epoche lontane.

Muoviamoci allora! Andiamo insieme a vedere cosa mostra e proviamo ad ascoltare cosa può raccontare. Seguitemi attentamente!

Partirò da Borniga (1.300 mt s.l.m.) un bellissimo e minuscolo centro abitato soprannominato da me “il Presepe della Valle Argentina”. Siamo quindi ben sopra Realdo e raggiungeremo il Bric andando in discesa.

Le sue dimore, tutte in pietra, rendono questo borgo davvero fiabesco e la pace regna sovrana. Non sono molti i residenti ma, anche Borniga, come diverse frazioni di questa parte di Liguria, si sta ripopolando e soprattutto è abitata e frequentata durante i week end e la bella stagione.

Dalla piazzetta della Chiesa, dove ad accogliermi è l’edicola di un Santo che non riconosco (sembra San Francesco) mi godo un po’ di quel salutare silenzio e poi mi dirigo a destra prendendo un sentiero che si palesa immediatamente davanti a me, tagliando terrazzamenti antichi.

E’ un sentiero aperto e, in questo periodo, si accende di un caldo colore dorato. Mi permette di camminare sull’erba soffice nonostante ci siano, qua e là, spolverate di brina che ghiacciano la vegetazione.

Mi conduce all’interno di una pineta dove trovo un’altra edicola, molto simile alla prima, dedicata a quello che sembra essere lo stesso Santo.

Appena uscita dal paese però immediatamente si è stagliato davanti a me il Monte Gerbonte (1.727 mt) in tutta la sua bellezza. E’ uno dei monti più vecchi e più selvaggi della Valle e, in autunno, offre un foliage impressionante.

Da qui posso già vedere il Bric che voglio raggiungere ma devo continuare.

Mi soffermo un attimo ad ammirare frazione Craviti o Cravetti. Una manciata di case appena prima di Borniga. Sembra volermi salutare.

Ora sono gli aghi dei Pini a farmi da tappeto e due insegne in legno mi permettono di scegliere la giusta direzione. Posso andare verso la zona del Pin salendo a destra o verso Creppo scendendo a sinistra.

Scelgo la via di Creppo per raggiungere Bric Castellaccio, una vista incredibile e una zona che ricorda l’Irlanda. Tra poco capirete il perché.

Ora il sentiero si apre di nuovo e posso godere dei tiepidi raggi di sole che mi scaldano. Attorno a me le Ginestre, non ancora fiorite, aprono un corridoio adatto davvero a tutti.

Nell’aria sento le grida di un Falco Pellegrino ma è troppo veloce e si nasconde dietro le tante falesie che mi circondano quindi non posso fotografarlo però posso rendermi conto di quanta natura ci sia qui. Infatti, oltre a lui, sento la presenza di Corvi, di Poiane, di Cince e se mi guardo attorno, posso notare immense distese di Timo e parecchi arbusti di Rosa Canina.

Ecco la vetta del Bric! Mi sto avvicinando. Mi guardo ancora un po’ attorno. Il panorama, sono ripetitiva, è entusiasmante. Laggiù ci sono i monti che conducono alla Val Nervia, confine della Valle Argentina, come il Monte Grai (2.013 mt).

Ciò che però mi incanta maggiormente sono “i Bastioni del Gerbonte”; due alte rocce a forma di parallelepipedo che, seppur lontane, mi attraggono ogni volta, da tempo, con il loro fascino che amo.

C’è anche qualcos’altro che attira il mio sguardo. Una grossa roccia sta per staccarsi, anzi… è del tutto staccata dalla rocca e non capisco quanto ancora possa restare sospesa in quel modo. Se mai dovesse cadere precipiterebbe nel vallone che, osservandolo, blocca il respiro. Sono davvero in alto ma tutto mi attrae.

Posso anche vedere delle cavità e delle grotte. Forse qui ci vivevano gli uomini primitivi.

Guardando quelle montagne attorno riconosco anche il sito dove esiste l’Arma della Gastea o Arma Mamela nella quale, un tempo, venivano seppelliti i defunti e lì, durante i nostri tempi più moderni, sono stati rinvenuti frammenti di oggetti dell’epoca, come pezzi di bronzo e conchiglie.

Mi trovo a Nord del Bric e, infatti, avvicinandomi a lui scopro ora un territorio completamente diverso da quello che ho visto finora.

Quell’ambiente più umido e ombroso si mostra ricoperto da un muschio verde sgargiante. Tanti alberi uniti tra loro, rocce che fuoriescono dal terreno e tutt’attorno c’è un’aria fresca che percorre le narici stuzzicandole.

Ecco perché vi ho detto che sembra di essere in una zona irlandese.

Qui la vegetazione è decisamente più fitta e può servire da ottimo nascondiglio per le creature del bosco.

Mi sembra persino di vedere un Druido camminare… e come si abbracciano certi rami!

Il silenzio protagonista chiede ulteriore silenzio.

Attraverso quelle grigie cortecce intravedo ancora la punta del Bric ma è davvero tutto molto selvatico.

Una zona completamente diversa da quella più a Sud.

Guardate. A Sud è tutto più arido.

Lo stesso Bric appare totalmente diverso. Mostra una facciata dura e spoglia, senza vegetazione. La pietra è chiara, severa, inaridita.

Sotto le mie zampe posso notare un’antica Sella interrata e cioè una struttura denominata Tholos con una conformazione simile a quella dei Nuraghi sardi, dei Trulli pugliesi o delle Casite dell’Istria. Si tratta di ripari di altri tempi.

Ecco un cenno di civiltà antiche e ritorno, con la mente, al nome “Castellaccio” che vi accennavo prima.

Mi giro verso Borniga.

E’ lassù che mi guarda e si affaccia sull’Alta Valle ma la cosa interessante è che posso notare anche un agglomerato di ruderi importanti. Non sono solo muretti a secco ma ci sono costruzioni, ormai divenute bareghi (ruderi), che appaiono proprio come vere abitazioni di moltissimi anni fa.

Si tratta di Borniga Sottana che è poi divenuta luogo di stalle e rifornimenti quando la Borniga esistente ancora oggi è stata costruita. Questa parte è stata poi abbandonata del tutto durante la prima metà del ‘900.

Tutto inizia a prendere forma. Facendo due più due posso stabilire di trovarmi su un sito archeologico importante e le notizie che cerco di scoprire non mi danno torto. Qui, infatti, sono avvenuti determinanti ritrovamenti e, come spiega anche l’Istituto dei Beni Culturali, mi trovo su un insediamento che ai ricercatori ha donato diversi ritrovamenti: una specie di macina, frammenti di ceramica e bronzo, vari manufatti, reperti di diverso genere, appartenenti probabilmente all’Epoca Romana e alla più antica Età del Bronzo.

Da questo punto così esposto, sul quale mi verrebbe da citare il titolo di un famoso film “Dove osano le Aquile”, riesco anche a vedere Bric dei Corvi ma di lui vi parlerò in un altro articolo.

Ora voglio restare ancora qui. In questa terra brigasca.

Qui dove i miei antenati coltivavano il Grano e raccoglievano Castagne, dove si occupavano di pastorizia (è nota infatti la Pecora Brigasca), dove realizzavano cumuli di fieno, dove nascevano le patate più buone di tutta la Valle.

Cari Topi voglio godermi questo paesaggio immortalandolo nei miei occhi per poterlo portare sempre con me.

E chissà quante cose ha ancora da dire. Per caso qualcuno di voi conosce il passato di questo splendido posto? Se vi và fatemelo sapere.

Io resto ancora qui, voi invece preparatevi per il prossimo tour perché vi porterò in un luogo davvero interessante.

Un affettuoso topobacio a voi!

Le vite antiche di Borniga

Pronti? Oggi si zampetterà parecchio. Andremo in Alta Valle Argentina, in terra brigasca e precisamente a Borniga… una metropoli! Scherzo. Un pugno di case, non di più, è pronto ad accoglierci, e dovete credermi: dire che è magnifico è riduttivo. Una borgata montana assai suggestiva che ricorda un presepe, che dona una pace incredibile dove la vita si svolge come un tempo, placida e lenta, e la natura attorno riesce ancora a mostrarsi vera e spettacolare come fosse piena di gioia.

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Vi avevo già fatto conoscere questo minuscolo villaggio in questo post: “Angoli di Tibet a Borniga, in Valle Argentina“, ma ho altre cose da dirvi, più antiche e più storiche, perciò serve ripartire.

Borniga (Bornighe o Burnighe nel dialetto del luogo) è rimasta a noi, alla Valle Argentina e alla Liguria, laddove terre smembrate dalla Seconda Guerra Mondiale vennero date alla Francia o al Piemonte.

alta via realdo borniga

Siamo sull’Alta Via dei Monti Liguri e Borniga è un bellissimo punto panoramico. Siamo in un luogo dalla bellezza indescrivibile, come per la vicina Realdo e le zona del Pin e Abenin che circondano Borniga, le quali fecero innamorare persino autori come Italo Calvino (che quassù fece anche il partigiano) e Francesco Biamonti, che scrissero di questi luoghi introducendone i paesaggi nei loro romanzi. Zone che furono, per questi scrittori, vere muse ispiratrici. Un altro scrittore assai più recente e nostro contemporaneo ha fatto di queste zone selvagge e a tratti impervie lo sfondo perfetto per il suo romanzo, Giacomo Revelli, di cui vi parlerò prossimamente.

borniga realdo

Borniga, che in Valle ora si può raggiungere anche a piedi da un vecchio sentiero che parte da Creppo, il quale è stato ripulito tempo fa da dei volontari, oltre a una natura selvaggia mostra panorami infiniti. E’ infatti definito La Finestra della Valle, essendo anche uno dei punti più alti.

paesaggio borniga

Da qui partivano molti muli a scendere, per vendere legna o carbone, ma anche frutti e vari doni della terra, o a salire trasportando pietre e materiale valido per la costruzione delle dimore che, da come potete vedere, sono state realizzate con materiali del tutto naturali.

case borniga

E’ una zona ricca di ardesia, questa, e si è trasportata per lungo tempo sulle strade sterrate che attraversano i territori intorno a Borniga. Di ardesia, come vi ho già detto altre volte, è costituita la copertura della maggior parte delle case della Valle Argentina, ma essa serviva anche per i tavoli da biliardo.

Particolari donne di Triora, le nostre amatissime bazue (streghe), durante la notte aiutate solo dalla luce fioca della luna, si mettevano in marcia di buona lena per giungere fin qui, dove una terra incredibilmente ricca di elementi naturali donava loro erbe e altri ingredienti, più rari altrove, utili ai loro incantesimi.

rosa canina

Donne che passeggiavano tra boschi e sentieri, in quegli anni, assai popolati da lupi. Il loro ululato riecheggiava nelle notti buie per tutta l’Alta Valle. Lupi che tendevano agguati a una pecora assai particolare… Mi riferisco alla pecora brigasca, una specie ovina autoctona, proprio di qui.

Pecora Brigasca

Siamo sul versante sinistro del torrente Argentina e lo scenario è incantevole. Sappiamo che laggiù in basso gli abitati di Loreto e Cetta ammirano i monti nei quali stiamo sostando.

Da questi luoghi partono diversi sentieri, tutti panoramici, che attraversano zone selvagge, impervie a dagli scenari mozzafiato. Il Gerbonte è a due passi, così come la vicinissima Francia.

Boriga dintorni

E proprio qui, sotto le nostre zampe, proprio dove oggi sorge questo stupendo paesino, sappiamo esistere una cavità importantissima per la Valle Argentina perché risalente al periodo Neolitico. Si tratta di un corridoio sotterraneo chiamato “Arma della Gastea” dove un tempo venivano seppelliti i defunti e nel quale nei nostri tempi moderni sono stati rinvenuti frammenti di oggetti dell’epoca, come pezzi di bronzo o conchiglie. Ci pensate? Appartenenti al mare, ovviamente!

dintorni borniga realdo

“Arma della Gastea” o anche “Arma Mamela” (vi ricordo che il termine Arma deriva da Barma, ossia Grotta, come vi raccontai per il primo paese sul mare della Valle e cioè Arma di Taggia) si trova a Borniga, nel Vallone Durcan, e nessuno ha mai potuto scoprire quanto sia profonda.

Ma non è finita qui. Sempre in questa zona, un’altra cavità chiamata “Buco del Diavolo” mostra decorazioni e utensili e ha permesso anch’essa di rinvenire ossa di uomini primitivi. I resti ritrovati qui si trovano oggi al Museo Civico di Sanremo, altri reperti si possono ammirare invece nel Museo Etnografico e della Stregoneria di Triora.

naturna dintorni borniga

Insomma, siamo davvero in un fulcro archeologico, topi! E quelle che vi sto raccontando non sono le sole grotte conosciute, ce ne sono molte altre utilizzate soprattutto come sepolcri.

Vi immaginavate tanta storia in un posto come questo, che sembra solo natura? No. Migliaia e migliaia di anni fa era abitato, e lo è stato per tantissimo tempo, divenendo palcoscenico di diverse culture e civiltà.

Un bacio antico, topi miei.