A Triora nella grotta di Lourdes

Siete mai stati a Lourdes Topini? Probabilmente sì ma oggi voglio portarvi con me in un’altra Lourdes che, pensate un po’, appartiene alla mia Valle.

Parecchio tempo fa vi avevo fatto conoscere la Lourdes al Santuario dell’Acqua Santa, nei pressi di Montalto, che potete vedere in questo post https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2011/10/25/mini-lourdes/ anche questo della Valle Argentina quindi e oggi, invece, andiamo nella Lourdes di Triora.

Si tratta, in pratica, di una piccola grotta contenente le statue che rappresentano la Madonna di Lourdes e la giovane Bernadette Soubirous che prega, inginocchiata, la Vergine Maria.

Poco oltre il centro dell’antico e misterioso Paese delle Streghe, sorge quello che è l’emblema più conosciuto al mondo, probabilmente, della Religione Cristiana. La rappresentazione di uno dei fatti più ricordati e acclamati dai cattolici. Il miracolo delle apparizioni della Madonna ad una bimba della Francia Meridionale, avvenuti, secondo i racconti, nel 1858.

La grotta nella quale vi conduco oggi, rappresentata in modo totalmente identico all’originale, racchiusa dietro ad un cancello di ferro, sorge davanti ad una piccola piazzola dove ha fine anche la Chiesa Parrocchiale Collegiata di Nostra Signora Assunta, una delle Chiese più importanti del paese.

Sono molte le finestre che si affacciano su questo intimo piazzale.

Attorno a questo antro, infatti, sopra e sotto i carrugi, ci sono diverse abitazioni e c’è persino ancora la casa nella quale aveva sede l’antica Biblioteca Ferraironi con tanto di Stemma della Repubblica di Genova dal grande valore storico.

Non vi sto parlando di un luogo assai antico come quelli che vi ho mostrato altre volte ma ha comunque compiuto da pochi anni un secolo. E’ stato fatto costruire nel 1914 dal Parroco di Triora dell’epoca: Don Sebastiano Lombardi; come indicano anche le iniziali sotto ai piedi nudi della Vergine.

Qui, dove oggi si viene a pregare, esisteva un tempo uno dei tanti Forni Comuni del paese, assai noti in tutta la Valle Argentina, e il forno che era qui era chiamato “Forno della Rocca”.

Si tratta di una Rocca, ancora oggi esistente, alta e severa che con fare deciso si innalza verso il cielo.

Siamo poco lontani dalla cinta muraria del borgo e pare di andare incontro ad uno spicchio di infinito se si guarda verso Sud. Si vede il piccolo paesino di Perallo e gran parte della Vallata.

C’è molta pace a quest’ora del pomeriggio. Come se tutto sia addormentato. Solo un piccolo Passerotto curioso si posa accanto a me per guardarmi.

Nonostante, ai tempi, realizzare questo monumento costò 2.150 lire circa, furono gli abitanti stessi, bambini compresi, a portare in quel piazzale piccole e grandi pietre di tufo che servivano per creare quel luogo voluto da tutti.

Per la precisione, come recita la legenda messa a disposizione dal Comune di Triora in loco, la Madonna venne posizionata all’interno della grotta durante la sera del 13 giugno 1915. La prima messa, accanto a quella che divenne presto una nicchia sacra, venne celebrata il 9 novembre dello stesso anno.

Si tratta di una Madonna abbastanza grande (è realizzata in cemento e pesa circa 140 kg pur essendo vuota al suo interno) e dal candido abito soltanto appena colorato di oro ai bordi.

Un lungo rosario è appeso al suo braccio destro e sul suo viso è dipinta l’espressione della misericordia. Gli occhi, rivolti verso l’alto, mostrano come un patimento nei confronti dei mali del mondo e le sue mani sono giunte. La corona, a forma di aureola, la descrive come Immacolata Concezione e, attorno a lei, qualche fedele ha posizionato dei fiori bianchi e rossi.

I fiori e le piante non mancano in nessun punto di questo posto assai caro ai Trioresi. Ci sono anche lunghi mazzi di Lunaria, conosciuta anche con il nome di – Moneta del Papa -.

Bernadette, che si trova alla sinistra di Maria, in una piccola fessura di roccia nella quale sta anche una Stella di Natale, guarda con devozione quella bianca signora.

Purtroppo però, a causa forse dell’umidità o delle rocce, questo Santuario ha dovuto subire nel tempo diversi significativi restauri. Il primo, addirittura, vent’anni dopo la sua nascita.

Persino verso gli anni ’90 del secolo scorso venne restaurata e venne restaurata, gratuitamente, da diversi artigiani legati al paese affettivamente che prestarono la loro opera.

Un bel luogo. Un luogo di quiete. Un luogo dal quale si può uscire dal paese e percorrere il sentiero che circonda quell’abitato meraviglioso.

Sarà proprio il sentiero che prenderò a breve, godendo di una vista mozzafiato, per poi scrivere un’altra storia per voi.

A presto quindi, vi lascio con un bacio immacolato!

Dunde ti hai lasciàu a burata

                Dunde ti hai lasciàu a burataSONY DSC

 

Arrucàu ai pei du munte inta ina ressega de càe

Bella mustra i fan e ciape de cava, prie picàe a duvè

Ch’i se puntèla una inte l’autra arregatàndu u tèmpu caìn

Che cian-cianin u-e cunsuma.

A gardu a ciassa da geixa, l’èrcu ch’u àrese l’unica revouta

Du paiise, stancu e scruscìu, surdu a chelu scivurelu de vèntu alegru

Ch’u s’infira de suta aa chintagna, purtàndu i sghizi d’i sbirri

Che festuuxi i svurassa da l’inturnu.

A luna runda a luuxe inte risse che agaribàe i l’astrega u camin

Luuxente u celu ch’u te fa as-sciarì u misteru de l’univèrsu,

e stù splendù u fa brilà tuti i barcùi ch’i agnima i casuneti.

U bèru d’ina pegura u s’acosta pè sercà l’amù d’ina caressa,

ch’u in faturiisu alegru ch’u t’aciacrina u co.

Inte rame de castagne, in po’ ciù aa vale, u canta a maciota….

Amagunèndu u sòn da campana che a seira a sona l’Ave Maria.

Turna mei fiju aa tò cà, turna a sentì parlà u tò giargun,

furestu insarvaighiu ti sei, ma inte chèle càe freide e in po’ derucà

tà maire e tò pàire…. i t’aspèita.

ITALO PIZZO

Ru Ciabàudu, 30 de marzu d’ina vota.

Ebbene, cari topi, ho copiato questa splendida poesia della quale vi farò leggere tra poco la traduzione da un foglio che mia madre trovò nel cassetto di mio nonno. Sono riuscita a tradurla tutta, ma, ahimè, mi manca la traduzione della parola “burata”(che forse significa Bambola). Sì, proprio quella. Il foglio è andato perduto non si sa dove e l’unica cosa che mi venga da pensare è che ho sbagliato a copiare e, anzichè “burata” avrei dovuto scrivere “burgata”. Tutto, allora, avrebbe un senso… oppure aiutatemi, convallesi!

Arrocato ai piedi di un monte in una manciata di case,

bella mostra fanno le pietre (tipiche ciappe liguri sui tetti), battute a dovere

che si puntano l’una contro l’altra, ricordando il tempo caino

che pian, pianino le consuma.

Guardo la piazza della chiesa, l’arco che regge l’unica volta

del paese stanco e decadente, sordo a quel soffietto di vento allegro

che s’infila di sotto al porticato (dovrebbe essere!) portando i canti degli uccellini

che festosi svolazzano intorno.

La luna rotonda illumina gli arbusti che garbati lastricano il cammino,

lucente il cielo che ti fa chiaro sul mistero dell’universo

e questo splendore fa brillare tutti i balconi che animano i casolari.

L’agnello di una pecora si avvicina per cercare l’amore di una carezza

con un fare allegro che intenerisce il cuore,

tra i rami dei castagni, più giù a valle, canta la maciota (non ho idea di cosa caspita sia… un animale!)

Avendo il magone al suono della campana che alla sera suona l’Ave Maria.

Torna figlio mio alla tua casa, torna a sentir parlar il tuo dialetto.

Straniero, inselvatichito sei ma, in quelle case fredde e un pò diroccate,

tua madre e tuo padre… ti aspettano.

Non voletemene per questa traduzione prego!

Uuuuhuuu… mi commuove! E’ bellissima. Insomma, potete vedere che anch’io spesso ho difficoltà a tradurre questa lingua che amo comunque, soprattutto quando usa termini abbastanza antichi. Il titolo, quindi, è “Dove hai lasciato la… borgata” (o Bambola) vi pare? Spero che vi sia piaciuta. Un bacione a tutti.

M.