Pensavate ad una convivenza impossibile tra topo e gatto? Vi sbagliavate, io e lei, conviviamo da 9 anni amandoci, litigando e rispettandoci a vicenda. Sarò retorica ma è il mio
tesoro. Le voglio un bene dell’anima. E’ gatta a tutti gli effetti. Una fetecchia, befana di prima categoria, ma anche un dolcissimo batuffolo che non si dimentica mai di noi. Topini e topine, ecco a voi la mia bellissima Giuggiola. E’ o non è uno schianto?! Di lei mi fa impazzire il fatto che ci riconosce. Voglio dire, lo so che sembrerà banale ma quando sono in casa e i topini escono, passano tante persone sotto la nostra strada. Quando però torna uno di loro, posso anche essere io, e non dico con la macchina, a piedi, lei inizia a miagolare e ci viene incontro.
Anche se la chiamo arriva. Strano per un gatto. Giuggy convive anche con altri animali di questa pazza tana ma è lei la regina e le fa piacere che gli altri lo capiscano e ne tengano sempre da conto, con le buone o con le cattive, altrimenti, si sente in obbligo a dover sfoggiare le sue piccole, minute unghie, (lunghe solo mezzo metro minimo) e tirare arpate ovunque. 8 kg di gatta, vi sembrano pochi?
Lei può bere e può mangiare nella ciotola del cane ma il cane non può permettersi di avvicinarsi alla sua. Quando ne ha voglia lei, le coccole le da’ e le prende a chiunque e da chiunque, ma quando non è il momento, non lo è e basta. Non ci sono mezze misure.
Può arpionarti in un secondo, ma con noi non usa gli artigli, o può dormirti tutta la notte con il suo dolce peso sulla pancia, e ora che fa caldo è proprio un privilegio!
Fuori invece, ahimè, con le sue vittime non ha pietà. I miei piccoli simili, che noi chiamiamo comunemente “castagnole”, le lucertoline, i passerotti. Con lei non trovano lunga vita. Gli spettacoli cruenti mi si presentano davanti molto spesso e provo a spiegarle che questi regali non m’interessano, visto che lei me li fa e miagola guardandomi come a chiedere di essere ringraziata. A volte invece, si diletta nel tiro al volo e, con grande rischio anche, afferra gabbiani o tortore in planata. Piume ovunque. E sì perchè, nonostante il suo peso, è agilissima. La mia splendida gatta nera. Conoscendomi, un giorno di aprile di 9 anni fa, un signore mi chiama e mi dice -Prunocciola ho una micetta che la mamma non accetta. E’ nata il 26 marzo, ha 18 giorni e secondo me non sta molto bene-. Alla faccia del “non star molto bene”. Quando la vidi, i muscoli mimici del mio volto si attorcigl
iarono; non perchè mi facesse
ribrezzo ma per com’era denutrita, spelacchiata, cisposa, inerme. Era più di là che di qua, altrochè! La presi tra le mani, non pesava niente, e con un po’ di disprezzo dissi a quel signore che l’avrei tenuta io e che poteva anche andare. Ce l’avevo con lui, non doveva arrivare a quei livelli, “piuttosto portala in un canile, o dagli qualcosa tu da mangiare”, giudicavo. Lo so, non si dovrebbe, ma l’ho fatto, l’ho giudicato e anche male. Andai a comprare omogeneizzati di carne per bambini, latte in polvere, uova e olio di fegato di merluzzo. Imboccandola con le siringhe che avevo in casa, iniziai la mia lunga trafila nel cercare di far star bene quella piccola micia. Iniziò presto a mangiare in modo vorace.
Si faceva venire il singhiozzo, come i bambini, e dovevo fare attenzione. Tutto in piccole dosi. Ne voleva ancora, ma dovevo cercare di dividere i micropasti in più volte durante il giorno, piuttosto che farle venire un coccolone tutto di colpo. Persino il vermifugo lo divorava come se fosse pappa. Non defecava però
, e rischiava così il blocco intestinale. “Come avrebbe fatto la sua mamma?”, ma certo, con la lingua, leccandola per stimolarla e pulirla. Presi così un foglio di scottex e con quello le accarezzai il sottocoda. Mi lavò subito con due gocce di pipì e fu una soddisfazione
perchè era anche molto disidratata. Il latte, non sapeva nemmeno cosa fosse. Quel signore aveva provato con i croccantini ma lei non li mangiava…. “e ci credo!”, “li succhiava al massimo!” mi dicevo sempre più arrabbiata. Poi finalmente, dopo tre giorni di cibo, ecco la tanto attesa cacchina. Il tutto bagnandole l
e strofinandole delicatamente gli occhi con garze e camomilla per togliere il muco. Ciò non bastò però e dovetti arrivare a usare anche il collirio. Nelle orecchie invece, penso abbia avuto una discarica intera. Le zampette erano 4 stuzzicadenti.
Vi dico solo che per poter camminare, si aggrappava con le zampe anteriori alle fughe delle piastrelle e si trascinava, non aveva l’uso delle zampe posteriori quasi per niente. Non miagolava, rantolava solo. Era proprio un
carciofo. Dopo 10 giorni, le cose iniziarono ad andare meglio. Lei si nutriva ma quelle piccole piaghe che aveva sul corpo non guarivano. Sì, c’erano anche quelle. Con il veterinario cambiammo medicamento ma per farlo meglio, mi consigliò di raderla. Avete letto bene. Sembrava un maori.
Anzi no, una della tribù dei piedi-neri. La testa mezza pelata e mezza no e il corpo a chiazze. Uno sfacelo di gatta. Mio padre quando la vedeva era orripilato. Mi diceva sempre che una cosa così brutta non l’aveva mai vista
. Poverina… Purtroppo non ho foto di quel periodo ma potete credermi era veramente una ciofeca. Guardatela adesso invece. La Germania è piena di sue foto. Ogni tedesco che passa sotto casa nostra le fa una foto da tanto che è bella.
E’ attiva, guerrigliera, curiosa, forte, ruffiana. E’ la mia micia e oggi, mio padre quando la vede la chiama così: – Amore mio, sei arrivata? Bella di papà, lo sai che sei la gatta più bella di tutte?-, e con la sua grande mano le prende tutta la testa e gliela strizza affettuosamente. E così, alla fine l’avete conosciuta.
Lei, la regina della mia tana. Una gatta tutta da scoprire e che ogni giorno è una sorpresa.
Lei, che fa tanto la dura e poi scappa quando sente un tuono. Lei che tronfia cammina per casa e ogni cosa è sua. Che spesso mi fa urlare e poi arriva, accoccolandosi vicina sul divano o saltandomi sulla tastiera del computer.
E sul suo muso è appariscente l’espressione che indica questo pensiero: “speriamo si sia dimenticata di quello che ho combinato prima!”.
La mia Giuggiola, che non ama farsi fotografare, che è tutta nera con una macchietta bianca sul collo e una sulla pancia, che ha gli occhi color smeraldo, che dorme stravaccata e ti annusa il naso, che strofina il suo muso alle mie gambe, che mi dice in anticipo se pioverà o se ci sarà il sole, che mi vuole un bene dell’anima, pienamente corrisposto.
Ecco, ho voluto farvela conoscere. Ora posso salutarvi e mandarvi un bacino.
M.