Fuori dal tempo ad Agaggio Superiore

Alcuni luoghi della mia Valle, soprattutto in certe stagioni, paiono come sospesi in un momento senza età. Ci sono posti che hanno la parvenza di essere simili ad Avalon, fuori dai canoni ordinari dello spazio e del tempo come noi li intendiamo.

Questa è l’impressione che fa Agaggio Superiore in questo periodo dell’anno, dove il vero, indiscusso protagonista resta il silenzio surreale che permea ogni cosa.

E’ una frazione di Molini di Triora e dista quattro chilometri da questo borgo. Ci si arriva da Agaggio Inferiore, si sale, si sale fino ad arrivare ai 702 metri sopra il livello del mare. E l’altitudine, qui, si fa subito sentire col suo freddo più intenso, gli sbuffi di vapore che escono dalle narici e dalla bocca quando si respira.

Tutto è sospeso, come vi dicevo. Neppure le foglie morenti sui rami osano più frusciare e quelle già abbandonate al suolo non scricchiolano, restano là, immobili, come se ogni cosa fosse vittima di un incantesimo.

Guardandosi intorno, parrebbe quasi abbandonato. Gli oggetti lasciati nei dintorni sembrano spettri di un tempo ormai perduto, ogni cosa permea una nostalgia palpabile, percepibile.

mollette bucato

E’ malinconico, Agaggio Superiore, con le sue finestre sbarrate, gli usci chiusi e quei tetti che gridano al cielo il loro bisogno di essere rimessi in sesto. Pietra e ciappe d’ardesia la fanno da padroni, e gli unici abitanti paiono essere gli animali, che ci salutano subito con affetto al nostro arrivo. Eppure nulla è come sembra, perché anche se qui tutto pare immobile e quieto, anche là dove il silenzio sembra sintomo di abbandono, c’è chi resiste come il timo aggrappato alla roccia e abita ancora nelle casette di Agaggio, con ritmi lenti, quasi come quelli di un tempo lontano. E c’è l’azienda Casciameia, che vende prodotti locali, ottimi vini e i tipici fagioli della vicina Badalucco.

Una volta c’era anche una bottega qui, come in ogni paese della mia Valle. E in quella stessa bottega abitava la famiglia che la gestiva. Un tempo era così: ci si accontentava di spazi modesti, qualche volta non si aveva neppure il lusso dei vetri alle finestre.

Oggi quella bottega è una casa che attende nuovi abitanti, nuove risate e rinnovati sorrisi.

La passeggiata nel piccolo borgo è piacevole, continuiamo a essere accompagnati da gatti e cagnoloni pronti a farci le feste, come se avessero rivisto un amico di vecchia data.

Ci abbandoniamo alle coccole di quel momento, ma poi continuiamo e raggiungiamo  Piazza San Carlo, dove svettano due chiese, l’una dirimpettaia dell’altra.

E qui diventiamo muti testimoni di un contrasto che quasi disorienta, un connubio tra vecchio e nuovo. C’è la chiesetta antica, con le mura di pietra, ormai fantasma di se stessa. E poi c’è la sua più nuova controparte, la facciata intonacata coi toni del cielo primaverile.

Ci sono anche qui, come ad Aigovo, i giochi per i bambini. E che bella l’altalena, in quel contesto di alberi, prati e panorami! Salirci è come darsi la possibilità di toccare il cielo con un dito, vestire per un istante i panni di una cinciallegra che guizza veloce da un ramo all’altro.

A proposito di boschi, quelli dei dintorni sono tutti di Castagno e i colori del re del bosco sono accesissimi in questo periodo. Una volta la popolazione di Agaggio viveva di castagne, si partiva presto al mattino per raccoglierle, lavorarle. Un po’ tutta la mia Valle viveva grazie a questa portentosa e generosa pianta, ve l’ho detto più volte. E faceva freddo in inverno, molto più di adesso. L’acqua ghiacciava nei catini durante la notte, e al mattino si doveva spaccare il ghiaccio per potersi lavare il viso.

Tempi duri, certo, e Agaggio li conserva tra le rughe delle sue case antiche, nella lapide dedicata ai caduti della guerra e in quella memoria bellica che permea ogni luogo della mia Valle con il suo grido di libertà che riecheggia ancora, rimbalzando da un borgo all’altro.

Adesso vi saluto, topi miei. Le gemme sugli alberi a novembre mi dicono che quello che sta per arrivare sarà un inverno lungo e freddo e devo ancora finire di preparare le mie provviste di articoli per voi.

Un bacio di brina dalla vostra Prunocciola.

Giuseppina e Chechin

Si amarono per tanto tempo ma tutto finì in un soffio.

Lei rimase zittella e lui si sposò con la rivale di lei: Nanin.

Chechin guidava le corriere, anzi, l’unica corriera in quel tempo e, Giuseppina, aveva l’abitudine di aspettarlo davanti al Municipio dove solitamente egli sostava un po’, scambiando quattro chiacchiere con gli amici.

Era sempre più che puntuale e, davanti al Municipio, lo slargo, permetteva di fermarsi, far salire con calma la gente e riposarsi un attimo. La via era lunga. Con la sua corriera percorreva tutta la Valle Argentina partendo da Triora e arrivando giù, fino a Taggia. E davanti al Municipio, a Molini di Triora, c’era sempre lei, la sua Giuseppina, pronta a mandargli un bacio o un sorriso con lo sguardo. Per lei lui era tutto. Era il suo uomo, il suo avvenire, il suo amore.

Il gonnellone di panno scuro, lungo fino alle caviglie, schiacciato contro la ringhiera del ponte, un’ultima toccatina al foulard in testa ed eccolo spuntare. Il muso di un pulmino che aveva corso assieme al torrente Capriolo, apparire dalla curva, dall’albergo Santo Spirito. Il cuore accelerava e gli occhi si socchiudevano allo stridir del freno tirato contro i gradini della bottega di Angela Maria. Il sorriso tremava, e lui, bello come il sole, scendeva dalla sua postazione. Il cappello, la divisa, impeccabile… che uomo!

Nessuna avrebbe potuto portarglielo via. Nessuna, tranne… Nanin.

Nanin alta, bionda, senza foulard sulla testa. Controcorrente, sempre con il sorriso sulle labbra, nonostante quel fare da gran signora. Sempre con la piega appena fatta. Nanin, donna forte, austera. Ciò che voleva, se lo pigliava. Senza troppe parole.

E si prese Chechin. Nanin e Chechin, Gianna e Francesco. Questi i nomi che la gente mormorava. Questi i nomi che il paese aveva imparato ad unire. Ora era l’altra ad essere sulla bocca di tutti per aver conquistato il bell’autista.

Giuseppina artista, pittrice. Innamorata. Viveva di emozioni e sentimenti. Il suo unico vanto era essere la nipote di quello che era stato il medico personale di Carlo Alberto di Savoia. Era il fratello del suo papà. E ora, quella lacerazione inaspettata al suo cuore. Volle vendicarsi Giuseppina. Giuseppina la timida, quella che sembrava sbruffona ma era tanto fragile dentro.

Chechin continuava, ogni giorno, ogni mattina, a scendere dal suo mezzo e a salutare gli amici davanti al Municipio a Molini. Oh sì! Sarebbe sicuramente stata una bella vendetta, quella, da vivere davanti a tutti. In fondo, se l’era cercata, era quello che meritava. E allora decise. Lo aspettò. Ancora una volta, il suo gonnellone di panno scuro, raschiò la ringhiera sopra al Capriolo che scendeva lento quel giorno. Ancora una volta, il foulard sulla sua testa, si muoveva lieve alla brezza. Ancora una volta, il muso della corriera, oltrepassò di poco la bottega di Angela Maria e Chechin scese. Con il sorriso. Con quel suo solito, meraviglioso, sorriso.

Aveva adocchiato i suoi amici stando ancora seduto sull’enorme poltrona. Aveva adocchiato tutti, anche Giuseppina. Sapeva che lei era lì, ma rivolgerle la parola, forse, era farle più male che bene. O forse, sentendosi in torto, non ne aveva il coraggio. Andò dritto dagli altri quindi, senza considerarla. Ma non aveva calcolato quanto una donna innamorata e ferita può cambiare. E allora, senza immaginarlo, si sentì picchiettare sulla spalla, si voltò e “Ciaf!“. Lo schiaffò arrivò sul suo viso improvviso e sicuro. Deciso, senza titubanze. Chechin guardò la donna negli occhi tremuli. Più bassa di lui di un bel po’. La donna che un tempo era stata sua. La guardò un poco e poi “Ciaf!” ricambiò ciò che aveva ricevuto guardando quegli occhi sbarrati e mormorando una sola frase – Amor, con amor si paga! -.

Il tutto, davanti al Municipio di Molini, nel centro del paese.

M.

Una bottega molto originale

Oggi topi vi porto ad espatriare. Andiamo a Nizza. Io sono molto fortunata, ci impiego solamente mezz’ora per arrivarci.

Nice è una bellissima città, la parte che però più mi affascina è quella di Nizza vecchia. Un labirinto di viuzze piene di negozietti particolari. Anche una semplice gelateria, in questo luogo, è diversa dalle altre. Ma c’è un punto, un punto particolare, che è la mia meta fissa, dove rimango estasiata per ore ad ammirarne tutti i suoi colori e sentirne i profumi.

E’ il negozio di sali e spezie vicino a Corso Saleya.

Si attraversa prima la piazza dove incredibili ristorantini e un mercatino dell’artigianato regnano sovrani da tempo e, l’ultimo vicoletto in fondo, ci presenta al suo inizio questa bottega fiabesca.

Ci sono, oltre ai profumi naturali della Lavanda messa in ogni tipo di confezione, anche le spezie e i sali.

Sale nero indiano, sale rosa dell’Himalaya, sale grigio delle Canarie e poi sale all’Aglio, sale al Pomodoro, sale alla Menta e ancora tanti, tanti altri. E le spezie… tutte! Potrei scrivere per ore.

Anice, Cardamomo, Coriandolo, Paprika, Senape, Zafferano, Curry, Curcuma, da rifarsi occhi e naso e… anche palato volendo! Meravigliosi.

Solo di qualità di Pepe, ce ne sono mille e più e arrivano da tutti i paesi del mondo.

Ma non è finita qui. All’interno, dove disegnato sul muro c’è un balcone con una vera ringhiera di ferro battuto e panni stesi, ci sono anche varie qualità di zucchero: alla Violetta, alla Rosa, al mou, anch’essi tutti colorati e poi i thè.

Thè e tisane inimmaginabili. Pensate ad una pianta qualsiasi e ne troverete le foglie essiccate per bere il vostro decotto preferito.

Ovviamente, come ogni volta, ho fatto man bassa di tutto. E’ più forte di me, non riesco a trattenermi. Quando cucino mi piace usare queste cosine e non tutte si trovano nella mia Valle!

Vi consiglio vivamente di venirlo a visitare.

La padrona, tra l’altro, è simpaticissima, parla tutte le lingue e sa darvi tutte le spiegazioni per come usare meglio ciò che vende. E, naturalmente, vi darà anche, se lo volete, il macinino giusto se non vorrete acquistare le droghe già polverizzate.

Potrete trovare anche prodotti naturali per l’estetica realizzati con questi gusti particolari come la crema idratante al Finocchietto selvatico, il bagnoschiuma al Peperoncino, la lozione alla Cannella, allo Zenzero, all’Aneto, al Papavero… Insomma, vi sfido a stare meno di mezz’ora in questo negozio!

A mio parere, meritava un post!

M.