Sul selvaggio Bric dei Corvi

Pronti per il selvaggio Topi?

Ottimo, perché oggi vi porto in un luogo davvero “barbaro” anche se, ovviamente, stupendo!

No, tranquilli, non è difficile da raggiungere. E’ il mondo che mostra ad essere severo, arido, ricco di alte falesie, di grandi rocce nude, di burroni, di arbusti intricati… è un pezzo di Valle che lascia senza fiato per via di quella Natura incredibile, austera e meravigliosa al tempo stesso, abbracciata da panorami mozzafiato.

Andiamo sul Bric dei Corvi… nessun nome fu più azzeccato.

Il Corvo Imperiale è un grande uccello nero molto presente in Valle Argentina e sorvola le più alte vette.

Tra questi faraglioni e pietraie, dove i rapaci più impavidi ricercano cibo e gridano nell’azzurro del cielo, i Corvi accompagnano con il loro gracchiare la mia passeggiata.

Su Bric dei Corvi ci si arriva direttamente da Borniga facendo poca strada oppure, come ho fatto io, da Borniga si scende prima a Bric Castellaccio e si risale a Bric dei Corvi percorrendo un anello.

Ho preferito fare così per allungare il mio cammino, osservare più meraviglia e passare tra gli antichi ruderi di Borniga Sottana, un’antica frazione che oggi non esiste più, ma è bello vedere dove vivevano un tempo i nostri predecessori e osservare dove costruivano i terrazzamenti che gli permettevano di coltivare, di tenere il bestiame e riporre provviste per uomini e animali.

Inoltre, posso a lungo godermi il mio caro Monte Gerbonte che regna sovrano in quello spendore, mostrando la sua imponenza e la sua secolare foresta.

Da Bric Castellaccio, dopo aver osservato una Sella (Tholos) e cioè un riparo d’altri tempi simile ai Nuraghi sardi, ai Trulli pugliesi o alle Casite dell’Istria, inizio a salire percorrendo un sentiero pietroso e aperto che mi dona una vista spettacolare sull’Alta Valle Argentina.

Passo anche sotto a qualche Roverella ma cammino per lo più in spazi aperti dove il sole di questa bellissima giornata mi scalda anche la coda.

Come al solito, qualche Cincia e qualche Fringuello, incuriositi dal mio passare, mi cantano dolci canzoni da sopra i rami.  

I ruderi della vecchia Borniga posso vederli subito affacciandomi da un crinale che fa venire i brividi. La Valle sembra molto profonda da qui ed è come toccare il cielo con un dito.

Le fasce sono pulite si contraddistinguono bene.

Sono delle linee, perfettamente orizzontali, sulla montagna. L’erba è chiara in questa stagione e le pietre dei muretti fuoriescono da quelle tonalità ancora invernali proponendosi agli occhi di chi guarda.

Continuo a salire avvicinandomi a quella parete tratteggiata. Le costruzioni in pietra mostrano una forma cubica e non sono piccole. Alcune sono anche unite tra di loro.

Sopra la mia testa c’è invece la nuova Borniga e io la sto raggiungendo per poi salire sul Bric dei Corvi.

Passo per un sentierino stretto sorpassando rocce nude che sovrastano arbusti.

Tra di loro si nascondono le prime Lucertoline coraggiose che cercano di scaldarsi dopo la stasi invernale. Sono furbe e veloci anche se ancora assonnate.

Bric dei Corvi appare frastagliato come un diamante grezzo che ancora deve essere lavorato.

La vetta del Bric (1260 mt) è inconfondile. Il mio amico Harald Philipp, noto biker (mtb) della Valle Argentina, ha posizionato su di lui delle colorate bandierine tibetane rendendo quel luogo ancora più affascinante.

Una colonna di pietre a forma di cupola arricchisce quello che oggi appare come un sereno santuario di preghiera e tutto infonde calma e pace.

Mi incanto guardandomi attorno.

La sella di Collardente si palesa con la sua fila di alberi messi ben in riga. Sembra la cresta di un gigante con i capelli a spazzola. E’ bellissima.

Davanti a lei il Saccarello e poi il continuo della Catena Montuosa principale della mia Valle.

Molti dei miei monti sono qui, attorno a me.

Posso anche vedere Bric Castellaccio, lo spunzone di roccia sul quale mi trovavo prima. Rimane in basso adesso e, da qui, ne posso vedere la forma a panettone.

Altri denti rocciosi si innalzano nel vuoto, sono appuntiti, nudi e mostrano tutta la severità delle rocce più dure.

Sono in un luogo bellissimo, quasi mistico, e intendo godermelo fino in fondo.

Quindi… me ne starò un po’ in questo silenzio adesso.

Vi mando un bacio, ci vediamo al prossimo articolo!

Squit!

Storia e Natura a Bric Castellaccio

La mia Valle è ricca di rocche…. di spunzoni rocciosi, enormi, che si ergono verso il cielo.

Rendono il territorio che vivo più ricco, meno banale, e sono spesso luoghi che permettono di godere di panorami mozzafiato. Non solo… è molto interessante considerare anche il nome che li identifica perché questo, di solito, è dato da avvenimenti o leggende appartenenti al passato che raccontano molto dei fatti accaduti in Valle.

Quello che voglio farvi conoscere oggi si chiama Bric Castellaccio.

Si tratta di un dente roccioso che si innalza tra le montagne che circondano il paese di Realdo, nella parte alta della Valle Argentina. Il nome “Bric Castellaccio” mi porta automaticamente indietro nel tempo e conoscendo le mie zone e il loro passato non faccio fatica a immaginare, a causa di questo termine, la presenza di un Castellaro in epoche lontane.

Muoviamoci allora! Andiamo insieme a vedere cosa mostra e proviamo ad ascoltare cosa può raccontare. Seguitemi attentamente!

Partirò da Borniga (1.300 mt s.l.m.) un bellissimo e minuscolo centro abitato soprannominato da me “il Presepe della Valle Argentina”. Siamo quindi ben sopra Realdo e raggiungeremo il Bric andando in discesa.

Le sue dimore, tutte in pietra, rendono questo borgo davvero fiabesco e la pace regna sovrana. Non sono molti i residenti ma, anche Borniga, come diverse frazioni di questa parte di Liguria, si sta ripopolando e soprattutto è abitata e frequentata durante i week end e la bella stagione.

Dalla piazzetta della Chiesa, dove ad accogliermi è l’edicola di un Santo che non riconosco (sembra San Francesco) mi godo un po’ di quel salutare silenzio e poi mi dirigo a destra prendendo un sentiero che si palesa immediatamente davanti a me, tagliando terrazzamenti antichi.

E’ un sentiero aperto e, in questo periodo, si accende di un caldo colore dorato. Mi permette di camminare sull’erba soffice nonostante ci siano, qua e là, spolverate di brina che ghiacciano la vegetazione.

Mi conduce all’interno di una pineta dove trovo un’altra edicola, molto simile alla prima, dedicata a quello che sembra essere lo stesso Santo.

Appena uscita dal paese però immediatamente si è stagliato davanti a me il Monte Gerbonte (1.727 mt) in tutta la sua bellezza. E’ uno dei monti più vecchi e più selvaggi della Valle e, in autunno, offre un foliage impressionante.

Da qui posso già vedere il Bric che voglio raggiungere ma devo continuare.

Mi soffermo un attimo ad ammirare frazione Craviti o Cravetti. Una manciata di case appena prima di Borniga. Sembra volermi salutare.

Ora sono gli aghi dei Pini a farmi da tappeto e due insegne in legno mi permettono di scegliere la giusta direzione. Posso andare verso la zona del Pin salendo a destra o verso Creppo scendendo a sinistra.

Scelgo la via di Creppo per raggiungere Bric Castellaccio, una vista incredibile e una zona che ricorda l’Irlanda. Tra poco capirete il perché.

Ora il sentiero si apre di nuovo e posso godere dei tiepidi raggi di sole che mi scaldano. Attorno a me le Ginestre, non ancora fiorite, aprono un corridoio adatto davvero a tutti.

Nell’aria sento le grida di un Falco Pellegrino ma è troppo veloce e si nasconde dietro le tante falesie che mi circondano quindi non posso fotografarlo però posso rendermi conto di quanta natura ci sia qui. Infatti, oltre a lui, sento la presenza di Corvi, di Poiane, di Cince e se mi guardo attorno, posso notare immense distese di Timo e parecchi arbusti di Rosa Canina.

Ecco la vetta del Bric! Mi sto avvicinando. Mi guardo ancora un po’ attorno. Il panorama, sono ripetitiva, è entusiasmante. Laggiù ci sono i monti che conducono alla Val Nervia, confine della Valle Argentina, come il Monte Grai (2.013 mt).

Ciò che però mi incanta maggiormente sono “i Bastioni del Gerbonte”; due alte rocce a forma di parallelepipedo che, seppur lontane, mi attraggono ogni volta, da tempo, con il loro fascino che amo.

C’è anche qualcos’altro che attira il mio sguardo. Una grossa roccia sta per staccarsi, anzi… è del tutto staccata dalla rocca e non capisco quanto ancora possa restare sospesa in quel modo. Se mai dovesse cadere precipiterebbe nel vallone che, osservandolo, blocca il respiro. Sono davvero in alto ma tutto mi attrae.

Posso anche vedere delle cavità e delle grotte. Forse qui ci vivevano gli uomini primitivi.

Guardando quelle montagne attorno riconosco anche il sito dove esiste l’Arma della Gastea o Arma Mamela nella quale, un tempo, venivano seppelliti i defunti e lì, durante i nostri tempi più moderni, sono stati rinvenuti frammenti di oggetti dell’epoca, come pezzi di bronzo e conchiglie.

Mi trovo a Nord del Bric e, infatti, avvicinandomi a lui scopro ora un territorio completamente diverso da quello che ho visto finora.

Quell’ambiente più umido e ombroso si mostra ricoperto da un muschio verde sgargiante. Tanti alberi uniti tra loro, rocce che fuoriescono dal terreno e tutt’attorno c’è un’aria fresca che percorre le narici stuzzicandole.

Ecco perché vi ho detto che sembra di essere in una zona irlandese.

Qui la vegetazione è decisamente più fitta e può servire da ottimo nascondiglio per le creature del bosco.

Mi sembra persino di vedere un Druido camminare… e come si abbracciano certi rami!

Il silenzio protagonista chiede ulteriore silenzio.

Attraverso quelle grigie cortecce intravedo ancora la punta del Bric ma è davvero tutto molto selvatico.

Una zona completamente diversa da quella più a Sud.

Guardate. A Sud è tutto più arido.

Lo stesso Bric appare totalmente diverso. Mostra una facciata dura e spoglia, senza vegetazione. La pietra è chiara, severa, inaridita.

Sotto le mie zampe posso notare un’antica Sella interrata e cioè una struttura denominata Tholos con una conformazione simile a quella dei Nuraghi sardi, dei Trulli pugliesi o delle Casite dell’Istria. Si tratta di ripari di altri tempi.

Ecco un cenno di civiltà antiche e ritorno, con la mente, al nome “Castellaccio” che vi accennavo prima.

Mi giro verso Borniga.

E’ lassù che mi guarda e si affaccia sull’Alta Valle ma la cosa interessante è che posso notare anche un agglomerato di ruderi importanti. Non sono solo muretti a secco ma ci sono costruzioni, ormai divenute bareghi (ruderi), che appaiono proprio come vere abitazioni di moltissimi anni fa.

Si tratta di Borniga Sottana che è poi divenuta luogo di stalle e rifornimenti quando la Borniga esistente ancora oggi è stata costruita. Questa parte è stata poi abbandonata del tutto durante la prima metà del ‘900.

Tutto inizia a prendere forma. Facendo due più due posso stabilire di trovarmi su un sito archeologico importante e le notizie che cerco di scoprire non mi danno torto. Qui, infatti, sono avvenuti determinanti ritrovamenti e, come spiega anche l’Istituto dei Beni Culturali, mi trovo su un insediamento che ai ricercatori ha donato diversi ritrovamenti: una specie di macina, frammenti di ceramica e bronzo, vari manufatti, reperti di diverso genere, appartenenti probabilmente all’Epoca Romana e alla più antica Età del Bronzo.

Da questo punto così esposto, sul quale mi verrebbe da citare il titolo di un famoso film “Dove osano le Aquile”, riesco anche a vedere Bric dei Corvi ma di lui vi parlerò in un altro articolo.

Ora voglio restare ancora qui. In questa terra brigasca.

Qui dove i miei antenati coltivavano il Grano e raccoglievano Castagne, dove si occupavano di pastorizia (è nota infatti la Pecora Brigasca), dove realizzavano cumuli di fieno, dove nascevano le patate più buone di tutta la Valle.

Cari Topi voglio godermi questo paesaggio immortalandolo nei miei occhi per poterlo portare sempre con me.

E chissà quante cose ha ancora da dire. Per caso qualcuno di voi conosce il passato di questo splendido posto? Se vi và fatemelo sapere.

Io resto ancora qui, voi invece preparatevi per il prossimo tour perché vi porterò in un luogo davvero interessante.

Un affettuoso topobacio a voi!