Oggi, topi, quello che vi mostro è l’ultimo paese della mia valle. Una valle che, come sapete, parte dal mare e taglia la Liguria di ponente andando a finire sul confine del Piemonte e della Francia.
Una volta arrivati in questo particolare paese non si può andare oltre. Davanti a noi, a formare come una grande conca, si stagliano i monti che racchiudono la vallata. Qui si trova il monte più alto di tutta la regione. Eh sì topi, guardate, guardate su in cima cosa c’è. È il Monte Saccarello e, lassù, lo riconoscete? Ma sì, è la statua del Redentore! Ve lo ricordate? 2200 metri di magnificenza. Guardate la bellezza di queste montagne ancora spoglie. Sembrano mura altissime di protezione, monti dalla doppia faccia. Il nostro versante è aspro, rude, mentre quello piemontese appare più dolce, ricco di prati e pascoli. Tuttavia, in aprile è ancora innevato. Tutt’intorno ci sono il Monte Colombera, Cime Cabanne e il Passo del Collardente.
Verdeggia è un bellissimo paese. Protetto dai monti, appare ancora più affascinante e più montano rispetto agli altri villaggi della mia valle. Piace a molti e in tanti vengono a pernottare nell’unico albergo durante i weekend o durante l’estate, unico periodo nel quale Verdeggia davvero si anima. Le sue case in inverno rimangono chiuse, sono solo una decina i suoi residenti. Appartenuta alla provincia di Cuneo fino al trattato di Parigi,
è, insieme a Realdo e Carmeli, l’unica comunità brigasca della valle. Qui, nel 1805, una slavina fece 16 vittime. Verdeggia, non ha altre protezioni, nè contro i nemici, nè contro gli agenti atmosferici, ma la sua terra è fertile, sana e ha sempre permesso la coltivazione di tanti alimenti. Ci troviamo a 1100 metri e siamo nel comune di Triora, il più vasto della valle. Appena entrati nel cuore del paese, dopo essere stati accolti dalla trattoria, davanti a noi troviamo un monumento dei caduti, una cappelletta della Madonna e poi un rifugio. Il rifugio è dedicato al Sergente Maggiore Lanteri Giuseppe
del 1° reggimento degli alpini, decorato al valore con medaglia d’argento. Il cortile che lo circonda è un bel praticello e, di fronte a lui, c’è il forno comune, ancora oggi utilizzato. Tutt’intorno possiamo ammirare le coltivazioni ordinate, pronte per
la semina e tagliate dalla strada pronvinciale asfaltata, che ha raggiunto questo borgo solo nel 1969.
Questo paese infatti era abitato da pastori e contadini. Per chi volesse saperne di più sulla storia di Verdeggia e di come vivevano i suoi abitanti, segnalo questo bellissimo sito creato dalla Proloco http://www.prolocoverdeggia.it/ChiSiamo.aspx, un gruppo di persone unite per mantenere vivo il ricordo di questo luogo suggestivo. Ma torniamo alla nostra passeggiata e alla scoperta delle viuzze che serpenteggiano in questo labirinto di case.
Case tipiche, case simpatiche, case di pietra, ce n’è per tutti i gusti. Ognuna ha la sua caratteristica ed è simboleggiata da una targa in ardesia, scolpita a mano, che riporta il nome di chi ci vive. E allora andiamo giù per i carrugi e su per le salite, per provare a leggerli tutti!
È da non credere, ma stiamo passando su sanguinari palcoscenici. Questi luoghi, questi paesi, questi monti, sono stati un tempo teatro di battaglie violente, soprattutto tra francesi e piemontesi e i soldati di Napoleone che, appostati nei dintorni, scendevano spesso a far razzia nelle case di Verdeggia. Si narra che un tempo alcuni soldati tranciarono la gamba di una donna che si rifiutava di dar loro il cibo preparato. I verdeggiaschi allora, per vendicarsi e far paura ai soldati che avevano mutilato la poverina, uccisero alcuni militari e li seppellirono di nascosto sotto una rupe, chiamata ancora oggi la Bricca dei Francesi.
Parecchie stradine si affacciano sul torrente e qua e là si vedono dipinti e fontanelle. In una di queste, un disegno ci spiega come andavano vestiti i brigaschi dio un tempo . Le donne portavano un foulard nero in testa e la pitocca, un gonnellone lungo e scuro di lana stamegna con delle bretelle che lo sorreggevano. Sotto, indossavano una camicia di lino. Gli uomini, invece, avevano una beretta, un cappello di lana rossa, una giacca capiente che poteva
essere utilizzata anche come sacca, un maglione, un paio di pantaloni che arrivavano solo sotto il ginocchio legati da una fettuccia verde e le ghette.
Tutte le vie, circondano la chiesa, la Parrocchia di Nostra Signora del Carmelo. Il paese, infatti, fu ricostruito dopo la valanga di cui vi parlavo ed è stato rifatto secondo uno schema ben preciso, tutt’intorno alla piazza della chiesa, con orgoglio e tanto lavoro. I verdeggiaschi sono persone dall’animo nobile, fiero e hanno sempre dovuto lottare per la loro libertà. La Repubblica di Genova che aveva conquistato questa terra, la fece confine del Ducato di Savoia, ma, nonostante le movimentate vicende politiche, gli abitanti hanno sempre saputo tirare avanti grazie alla loro forza e alla loro solidarietà. E su una facciata del santuario è stata posta una lapide con l’elenco dei nomi dei “Figli di Verdeggia, caduti per la grandezza d’Italia”.
Oggi Verdeggia offre un bellissimo panorama e tanta pace. Regala vacanze tranquille e divertenti, grazie ai passatempi che si possono svolgere, come il gioco delle bocce e le
sagre, le feste di paese di carattere tradizionale. C’è la pista da ballo, i giardinetti attrezzati con i giochi per i bambini e tanta natura intorno e sul sito che vi ho segnalato troverete anche le date, per poter venire qui e non annoiarvi nemmeno un minuto!
Spero che anche questo tour sia stato di vostro gradimento. Io vi saluto e vi aspetto, come sempre, per la prossima gita insieme.
Un abbraccio,
la vostra Pigmy.
M.