San Zane, il fuoco e la rugiada

Vi ho già portati sul sentiero che da Verezzo conduce ai prati di San Giovanni, vi avevo anche fatto vedere l’abside della chiesetta, vi ricordate?

Però questo edificio religioso di montagna merita un articolo tutto suo, perché ha una bella storia da raccontare.

Come vi dicevo, la chiesa di San Zane appartiene al comune di Ceriana e da questo paese è possibile raggiungerla.

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È dedicata a San Giovanni, San Zane, ed è il centro focale di una celebrazione molto sentita da tutti i cerianesi.

Prima di parlarne, però, giriamo intorno alla chiesa e osserviamola un po’.

Situata in mezzo ai prati, a fargli da cornice sono le montagne. Davanti al sagrato pascolano indisturbate le Mucche e in lontananza si vedono il Toraggio e le alture del confine. Sembrerebbe un quadro perfetto per una cartolina o per una di quelle pubblicità del latte o della cioccolata, non è vero? Eppure non siamo in Svizzera, ma in Liguria, e neppure tanto distanti dal mare!

La chiesa, edificata nel 1667, è un grazioso esempio di architettura religiosa, con le pietre color sabbia tenute insieme da qualche colata di cemento. La facciata colpisce subito l’attenzione. Il portico, con i suoi tre archi a tutto sesto, è un vero gioiello.

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Ci avviciniamo all’ingresso e, anche se la chiesa non è aperta, intrufoliamo la fotocamera tra le sbarre delle finestre per immortalarne gli interni.

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Come c’è da aspettarsi, è una chiesetta a navata unica e per i fedeli ci sono panchette di legno chiaro, usurato dal tempo. Sembra di tornare in epoche antiche, guardando gli interni di questo piccolo edificio religioso.

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Non ci sono decorazioni sensazionali, sembra spoglia, eppure il bianco delle pareti è brillante, le pietre che formano il catino absidale fanno contrasto e tutto risulta perfetto, armonioso nella sua spartana semplicità. Davanti a noi, sopra l’altare, si staglia la statua marmorea di San Zane, candida e perfetta.

Vi dicevo che questo edificio è protagonista di festeggiamenti importanti e particolarmente sentiti da tutti gli abitanti di Ceriana.

L’usanza è antica e probabilmente si è persa la memoria del suo significato, ma è sopravvissuta fino ai giorni nostri. Il 24 giugno di ogni anno, i cerianesi vengono fino qui per trascorrere una giornata in allegria e spensieratezza, all’insegna del buon cibo, della musica e della buona compagnia per festeggiare San Zane. Tra i giovani, addirittura, si festeggia fin dal giorno precedente, venendo a trascorrere la notte in tenda per dare il benvenuto al sole di San Giovanni. La vigilia si accende un falò e si sta in compagnia, con un tetto di stelle sopra la testa e un materasso di terra a cullare durante la notte.

prati san giovanni ceriana

Eppure questi festeggiamenti hanno origini antiche, ed erano molto importanti per le comunità agro-pastorali. Alla rugiada di San Giovanni, infatti, venivano attribuite proprietà magiche, terapeutiche e taumaturgiche. Si credeva che farsi “il bagno” nella guazza di San Giovanni potesse tenere lontani dalla sterilità. Era un mondo difficile, dove la fertilità della terra, degli animali e delle donne non dovevano mancare, se si voleva sopravvivere. Il 24 giugno la tradizione popolare vuole che le piante officinali aumentino le loro proprietà benefiche grazie alla forza rinnovata del Sole, ecco perché si usava raccoglierle, seccarle e conservarle in questa data per rimpolpare le scorte che sarebbero servite per tutto l’anno successivo. E, a proposito di Sole, è in questo periodo che avviene il Solstizio d’Estate, il giorno più lungo dell’anno. Dopo l’inverno di stenti, sacrifici e scarsità alimentare, arrivava – e arriva – l’estate, con la sua abbondanza, la sua luce e i suoi profumi. L’uomo di un tempo percepiva con più forza i cambiamenti stagionali e li festeggiava accendendo falò; nel caso della festa di San Giovanni, il fuoco doveva servire simbolicamente ad aiutare il Sole a rafforzarsi, per permettere alle piante di dare frutti in abbondanza e agli animali di acquisire forza grazie al suo calore.

Oggi, in questa chiesetta non lontana dalla mia bella Valle, si festeggia ancora l’eco delle celebrazioni di un tempo, mescolando passato e presente in un luogo che si trova a metà tra i monti e il mare.

È bellissimo, non lo credete anche voi?

Pigmy

Week End in tenda

Nella mia Valle sono numerosi i luoghi nei quali d’estate si può pernottare in tenda.

Prati infiniti, verdi montagne, ambienti da togliere il fiato ma, questa volta, vi porto in un altro luogo anche se poco distante la mia Valle.

In questo periodo, guardare queste foto calde e estive, mi fa venire malinconia!

Siamo ad una trentina di km dalla città di Imperia, fa ovviamente un gran caldo e qui, posso dire di aver visto uno dei cieli notturni più belli ch’io abbia mai osservato.

Quella notte, in tenda, ho potuto godermi tutte le costellazioni del firmamento.

Siamo ad Armo, “marito” montano probabilmente della più marinara Arma ma, i suoi abitanti, per distinguersi dagli armesi vengono chiamati armensi.

Siamo a quasi 600 m d’altitudine e, l’aria, nonostante vi stia portando in quel che era il periodo di agosto, è fresca e ti obbliga al golfino.

Armo è un piccolo paesello di circa 120 anime. Come Comune si dice sia il meno abitato di tutta la mia provincia.

Esso si trova ai piedi del monte Rocca delle Penne e la sua economia è basata maggiormente sulle coltivazioni d’Ulivo che permettono un ottimo olio, la vendita di funghi trovati nei dintorni e la produzione di latte ottenuto dall’allevamento del bestiame.

Dove sono stata io in campeggio, non c’era nulla di tutto questo.

Il mio campeggio è avvenuto in un luogo dove solo qualche Pino ci circondava ma, per il resto, si vedevano solo prati di un verde chiarissimo e l’unica costruzione era una splendida chiesetta solitaria su un’altura.

Nulla a che vedere con la grande chiesa nel centro del paese dedicata alla Natività di Maria del XVI secolo.

Lo stemma di Armo è suddiviso in quattro quadrati, ognuno contenente un simbolo del paese: la A del nome, la campana dorata, due ricci di Castagno e un grappolo d’Uva color porpora.

Anche in questo caso si parla di un nome che deriva dalle stesse origini del paese di Arma. Equivale a dire che, anch’esso, deriva dall’antico Barma o Balma che significa roccia, grotta; non è da meno infatti nei ritrovamenti di cimeli e documentazioni inerenti alla preistoria.

Anche a livello storico questo borgo non scherza e una lunga vita ha questa fontanella che troviamo poco distante da noi. Nonostante sia stato rifatto il suo perimetro recentemente e sia stata abbellita la sua fonte, essa sgorga direttamente da una roccia accanto ad un casone per attrezzi e animali.

Nel 1233 questo paese si unì ad altri per la costruzione del più giovane Pieve di Teco al quale venne poi aggregato nel 1928 e, come toccò alla maggior parte di questi Comuni, venne governato dalla Repubblica di Genova per parecchio tempo.

Siamo nella Alta Valle Arroscia e famose sono le vecchie battaglie che Armo combatteva contro i Comuni Cuneesi, come Caprabruna, alla conquista e per le divisione dei pascoli, essendo vicino al confine con il Piemonte.

La pace e la tranquillità che si assaporano ad Armo sono indescrivibili. Se si vuole staccare dalla frenetica vita cittadina non c’è altro di meglio e il panorama che regala è meraviglioso, da godere con gli occhi.

Non vi ho postato foto del paese in quanto l’ho solo visitato di sfuggita, ho preferito godermi il suo silenzio intorno, per due giorni, che mi ha davvero riportato freschezza e vitalità a contatto della sua natura.

Questa volta il paesaggio. Il paese invece, la prossima volta.

Ora però, devo tornare nel freddo invernale che ci circonda e abbandonare questi caldi ricordi. Piacevoli però. Felice di averli vissuti.

Uno squit tutto per voi Pigmy.

M.