Margherita è Margherita

M’ama o non m’ama, m’ama o non m’ama…” vi dicono niente queste parole? Esatto. La Margherita topi. La conoscono tutti. Un fiore meraviglioso che porta un nome e una storia. La pizza Margherita, la Regina Margherita, Santa Margherita Ligure, la canzone Margherita. SONY DSCTantissimi infatti sono gli alimenti, le persone, i luoghi geografici che si chiamano così, potrei continuare all’infinito ma, tra essi, a regnare, è questa bellissima creazione della natura. La bellezza della semplicità. Lo stesso suo significato lo dice. Margherita, infatti, significa: purezza, innocenza, semplicità, modestia, ma anche amore puro, fedele e pazienza. SONY DSCLa Leucanthemum Vulgaris, questo il suo vero nome (è più complicato il nome di lei), piace a tutti. Scusate la ripetizione ma è proprio la sua semplicità a renderla così apprezzata; qualche petalo bianchissimo, messo a raggiera, e una palla di nettare giallo nel centro. Tanta modestia in tanta eleganza; è il fiore che, un tempo, le nostre nonne, mettevano tra i capelli. Sembra un sole e, ammirandola, non si può fare a meno di ricordare l’estate, il caldo, la limpidezza del cielo e il verde vivo dei prati. Prati nei quali la Margherita vive serenamente. SONY DSCVive in tantissime zone del mondo e vive da millenni. In Asia sono stati trovati reperti di oggetti femminili che riportavano la figura della Margherita come spille e bracciali. Durante gli scavi del palazzo minoico sull’isola di Creta invece, addirittura sono state trovate antiche forcine per capelli proprio a forma di Margherita. Si diceva fosse un potente lenitivo sia per le affezioni respiratorie che per gli occhi ma era anche un fenomenale cicatrizzante e aiutava le piaghe, le ulcere, le ferite a guarire. Era l’unico lenitivo che gli schiavi e i gladiatori sanguinanti potevano permettersi. Pensate che si narra anche che Enrico VIII, re d’Inghilterra e d’Irlanda, si cibasse di piatti a base di Margherite per eliminare i dolori di stomaco causati dall’ulcera ma, nello stesso periodo, si credeva pure che si potesse curare la pazzia bevendo, in piccole dosi, e per più di 15 giorni di seguito, il succo ottenuto dall’infusione di questi fiori messi a macerare nel vino.SONY DSC Pur avendo un sapore amarognolo, le foglie giovani di Margherita vengono ancora servite oggi in insalata, in alcune parti d’Italia e sono buonissime. Piaceranno senz’altro a chi già ama la Rucola. Il gusto è molto simile. SONY DSCAnche la Bellis, nome scientifico della piccola Margheritina dei campi, o Pratolina, è buonissima cruda, in insalata e, secondo la mitologia, la ninfa Belide fu trasformata in quest’ultima dagli Dei che l’aiutarono a sfuggire dalle attenzioni di Vertumno, Dio dei boschi, che si era follemente innamorato di lei. Della Pratolina si mangia anche il piccolo fiorellino. E’ così minuscolo! Considerate nate dalle lacrime della Vergine Maria, le Margherite, erano spesso rappresentate come simbolo dell’innocenza di Gesù Bambino nelle opere d’arte del periodo medievale. Si pensa addirittura che oltre alla Stella Cometa, furono proprio le Margheritine, nate in un verde piano, ad indicare ai Re Magi la strada che portava alla capanna di Betlemme.

E’ un fiore che adoro, del quale amo circondarmi.

Vi lascio ascoltare le parole di una canzone bellissima. Un’altra, tra le tante, che mi veniva cantata da Topopapà quando ero piccola. Una canzone che porta in sè uno dei nomi più belli al mondo e uno dei pochi conosciuto in tutto il mondo. Il nome Margherita, infatti, anche se poco usato qui da noi è tradotto in tantissime lingue.

Un bacino topi, alla prossima.

(Riccardo Cocciante)

Io non posso stare fermo
con le mani nelle mani,
tante cose devo fare
prima che venga domani…
E se lei già sta dormendo
io non posso riposare,
farò in modo che al risveglio
non mi possa più scordare.

Perché questa lunga notte
non sia nera più del nero,
fatti grande, dolce Luna,
e riempi il cielo intero…
E perché quel suo sorriso
possa ritornare ancora,
splendi Sole domattina
come non hai fatto ancora…

E per poi farle cantare
le canzoni che ha imparato,
io le costruirò un silenzio
che nessuno ha mai sentito…
Sveglierò tutti gli amanti
parlerò per ore ed ore,
abbracciamoci più forte
perché lei vuole l’amore.

Poi corriamo per le strade
e mettiamoci a ballare,
perché lei vuole la gioia,
perché lei odia il rancore,
poi con secchi di vernice
coloriamo tutti i muri,
case, vicoli e palazzi,
perché lei ama i colori,
raccogliamo tutti i fiori,
che può darci Primavera,
costruiamole una culla,
per amarci quando è sera.

Poi saliamo su nel cielo
e prendiamole una stella,
perché Margherita è buona,
perché Margherita è bella,
perché Margherita è dolce,
perché Margherita è vera,
perché Margherita ama,
e lo fa una notte intera.

Perché Margherita è un sogno,
perché Margherita è sale,
perché Margherita è il vento,
e non sa che può far male,
perché Margherita è tutto,
ed è lei la mia pazzia.
Margherita, Margherita,
Margherita adesso è mia,

Margherita è mia…

M.

La favola di Pinocchio raccontata da Pigmy

E oggi è giorno di puro divertimento topi! Oggi ci raccontiamo una bella favola!

All’inizio di questa avventura virtuale, e stoSONY DSC parlando di questo mio blog, avevo citato, solamente accennandolo, un luogo nel quale io e topino siamo stati,  veramente bello. Rivedendo quel povero e breve post, accompagnato da un’unica immagine, mi sono detta che, forse, quel luogo incantato meritava di più e a voi poteva sicuramente interessare.

Quel vecchio articolo, di quasi due anni fa, l’ho cancellato ma SONY DSCho tenuto caro il commento della mia prima amica-follower carissima topina di città, nonchè investigatrice, Miss Jessica Fletcher. Aggiungete “Dear” a questo nome e vi ritroverete catapultati in un bellissimo blog che racconta di Genova e di altre meraviglie, la quale mi confidava, in quel commento, di aver risvegliato in lei un bellissimo ricordo di quand’era bambina. E’ stato questo che mi ha spronato a pensare che anche a qualcun altro potevo far rivivere magiche giornate di un tempo, oppure, far crescere la voglia di andarci. Perchè merita topini.

Sto parlando del paese di Collodi e del meraviglioso mondo di Pinocchio e la sua favola che si svolge in un parco, dove il divertimento è assicurato. E allora che ne dite? Volete venire con me? Partiamo.

A COLLODI, TRA UNA BUGIA E L’ALTRA

Là, dove il compagno di tutti i piccoli topini vive ancora beato nel parco a lui dedicato. Siamo a Collodi, un piccolissimo paesinoSONY DSC toscano aggrappato ad un altrettanto piccola collina. Oltre al suo parco stupendo, ricco di fiori, cigni e statue gigantesche, oltre alle sue stradine piene di botteghe e verde tutt’intorno,SONY DSC esiste l’ambientazione del paese del giovane burattino. Sembra di essere davvero in una favola dove son concessi i giochi, gli scherzi e perchè no, anche qualche bugia. I negozi e le trattorie hanno tutti nomi tipo: “La bottega di Mangiafuoco” o “Trattoria Fata Turchina” e tutti i personaggi del racconto di Carlo Lorenzini, detto “Collodi”, vengono nominati: Geppetto, il Gatto e la Volpe, Lucignolo…

Il parco giochi, adatto ai bambini ma stupendo anche per gli adulti, è un parco come quelli di una volta, ricco di idee davvero originali come ad esempio la scacchiera gigante, la balena che spruzza l’acqua, le miniature, i mosaici.SONY DSC La maggior parte dei giochi è realizzata in legno per mantenere quel non so che di artigianale e di un tempo. Inoltre Pinocchio era una marionetta e, in quel luogo, che odora di bosco e di fiori, ti senti anche tu un burattino di legno. Ad ogni angolo ci sono statue in bronzo realizzate dallo scultore Emilio Greco che ti accompagnano per tutta la giornata raccontandoti anche loro la famosa fiaba. Sono stati posizionati anche dei registratori, SONY DSCnascosti nelle siepi, dai quali esce il verso di alcuni uccelli e vari rumori della natura e pare proprio di essere immersi in un luogo incantato. Finalmente un posto nel quale mentre i piccoli giocano, i grandi topi possono rilassarsi un po’, sotto le fronde degli alberi, senza perderli di vista.

E’ molto tranquillo, forse poco conosciuto o, più probabilmente, l’atmosfera che si respira, regala a tutti una dose di educazione e rispettoSONY DSC da mantenere verso gli altri. Non aspettatevi infatti quei mega giardini, pieni di gente, con divertimenti mai visti, mega scivoli e giostre tecnologiche, niente di tutto questo. Sembra il parco giochi dei nostri nonni.

Le siepi curate, il labirinto, la casa della fata turchina, il tesoro nascosto, le macchinine di latta e la fiaba SONY DSCtridimensionale e meccanica che si muove a fatica, affascinano anche gli adulti. Diversi sono anche i giochi d’acqua che, arrivava a noi, tramite spruzzi improvvisi e inaspettati. La stessa grande balena è immersa in uno stagno e, dalla sua testa, esce un getto potente di acqua fresca. Ci si può entrare dentro e sentirsi inghiottitiSONY DSC come il povero Geppetto e il birichino Pinocchio.

Si può entrare nel carro di Mangiafuoco e sentirsi mossi da fili, oppure, si possono ascoltare i saggi consigli del Grillo Parlante. E ci sono i ciuchini, la capretta, i cattivi pensieri e le gioie finali. Ci sono gli insegnamenti e le ricompense. Ci sono stelle, farfalle, i finti nasi di legno da mSONY DSCettersi con l’elastico e le monete d’oro da seminare.

E, nella piccola boutique, si trovano tutti giochini fatti in materiali naturali. Provate a considerarla una possibile vacanza. Sono sicura che vi divertirete un mondo mangiando zucchero filato e lecca-lecca di glassa dolce… oh no! Davvero! Non è una bugia!

E ora topini, per finire in bellezza e sempre sognando, vorrei lasciarvi con una canzone a me molto, molto cara. S’intitola “Lettera a Pinocchio”, e quella che vi propongo è l’originale, cantata da Johnny Dorelli. Ebbene, a me invece la cantava tutte le sere il mio papà quando mi metteva a nanna e, secondo me, è una canzone meravigliosa. Un bacione a tutti e buona vacanza!

M.

Perchè “A cumba”?

“A cumba” perchè…? Perchè racchiude in sè un modo di pensare, un modo di essere. “A cumba”, topini e topine, ossia “La colomba”, la particolarissima canzone o, per chi preferisce nenia, di un Fabrizio De Andrè che utilizza per questa sua opera, un dialetto ligure antichissimo. Così antico che si fa fatica a tradurre.

° QUESTE LE PAROLE

Pretendente: Gh’áivu ‘na bélla cùmba ch’à l’è xeüa fôea de cá

giánca cum’â néie ch’â desléngue a cian d’â sâ

duv’à l’é, duv’à l’é

che l’hán vursciûa védde cegà l’áe a stù casâ

spéita cùme l’áigua ch’à derüa zü p’oú riá

nu ghe n’é, nu ghe n’é, nu ghe n’é

Padre: Cáu oú mè zuenottu ve porta miga na smangiaxún

che se cuscì fise puriésci anávene ‘n gattixún

nu ghe n’é, nu ghe n’é, nu ghe n’é

Pretendente: Végnu d’â câ du ráttu ch’oú magún oú sliga i pê

Padre : Chi de cúmbe d’âtri nu n’é vegnûe nu se n’é pôsé

 Pretendente: Végnu c’oú côeu maróttu de ‘na pasciún che nu ghe n’é

Padre : Chi gh’è ‘na cúmba gianca ch’ä nu l’é â vostra ch’â l’é a mê

nu ghe n’é âtre, nu ghe n’é, nu ghe n’é âtre, nu ghe n’é

Coro: Â l’é xêuâ a l’é xêuâ â cûmba giánca

de nôette â l’é xêuâ áu cián d’â sâ

 truvián â truvián â cûmba giánca

de mázu â truvián áu cián d’oú pán

Pretendente : Vuí nu vuriésci dámela sta cúmba da maiâ

giánca cum’â néie ch’â desléngue ‘nt oú rià

duv’à l’è, duv’à l’è, duv’à l’è, duve, duv’à l’è

Padre: Mié che sta cúmba bélla â stá de lúngu barbacíu

che nu m’â pôsse védde à scricchî ‘nté n’âtru níu

nu ghe n’é, nu ghe n’é, nu ghe n’é

Pretendente: Â tegnió à dindanáse sutt’à ‘n angióu de meigranâ

cu’ â cûa ch’oú l’ha d’â sèa â mán lingéa d’oú bambaxia

duv’à l’è, duv’à l’è, duv’à l’è, duve, duv’à l’è

Padre : Zuenu ch’âei bén parlóu ‘nte sta seián-a de frevâ

Pretendente: Â tegnió à dindanáse sutt’à ‘n angióu de meigranâ

Padre : Saêi che sta cúmba à mázu a xêuâ d’â mê ‘nt â vostra câ

Pretendente: Cu’ â cûa ch’oú l’ha d’â sèa â mán lingéa d’oú bambaxiâ

nu ghe n’é âtre, nu ghe n’é, nu ghe n’é âtre, nu ghe n’é

Coro: Â l’é xêuâ a l’é xêuâ â cûmba giánca

de nôette â l’é xêuâ áu cián d’â sâ

 truvián â truvián â cûmba giánca

de mázu â truvián áu cián d’oú pán

Duv’â l’é duv’â l’é ch’â ne s’ascúnde

se maiá se maiá áu cián d’oú pán

Cum’â l’é cum’â l’é l’é cum’â néie

ch’â vén zû deslenguä da oú riá

 l’é xêuâ a l’é xêuâ â cûmba giánca

de mázu â truvián áu cián d’â sâ

Duv’â l’é duv’â l’é ch’â ne s’ascúnde

se maiá se maiá áu cián d’oú pán

Cúmba cumbétta béccu de sêa

sérva à striggiún c’oú maiu ‘n giandún

Martin oú vá à pê cun’ l’âze deré

foêgu de légne ánime in çé

° E QUESTA LA TRADUZIONE

Avevo una bella colomba che è volata fuori casa

bianca come la neve che si scioglie a pian del sale (bagnasciuga)

dov’è, dov’è

che l’hanno vista piegare le ali verso questo casale

veloce come l’acqua che precipita dal rio

non ce n’è, non ce n’è, non ce n’è

 Caro il mio giovanotto non vi porta mica un qualche prurito

che se così fosse potreste andarvene in giro per amorazzi

non ce n’è, non ce n’è, non ce n’è

 Vengo dalla casa del topo che l’angoscia slega i piedi

Qui di colombe d’altri non ne sono venute non se ne sono posate

Vengo con il cuore malato da una passione che non ha uguali

Qui c’è una colomba bianca che non è la vostra che è la mia

non ce n’è altre, non ce n’è, non ce n’è altre, non ce n’è

È volata è volatala colomba bianca

di notte è volata a pian del sale

La troveranno, la troveranno

la colomba bianca di maggio la troveranno

al piano del pane (altare)

Voi non vorreste darmela questa colomba da maritare

bianca come la neve che si scioglie nel rio

Dov’è, dov’è, dov’è, dov’è, dove, dov’è

Guardate che questa bella colomba è abituata a cantare in allegria

Che io non la debba mai vedere stentare in un altro nido

Non ce n’è, non ce n’è, non ce n’è

 La terrò a dondolarsi sotto una pergola di melograni

Con la cura che ha della seta la mano leggera del bambagiaio

Dov’è, dov’è, dov’è, dov’è, dove, dov’è

Giovane che avete ben parlato in questa sera di febbraio

La terrò a dondolarsi sotto una pergola di melograni

Sappiate che questa colomba a maggio volerà dalla mia alla vostra casa

Con la cura che ha della seta la mano leggera del bambagiaio

non ce n’è altre, non ce n’è, non ce n’è altre, non ce n’è

È volata è volata la colomba bianca

di notte è volata al piano del sale

La troveranno la troveranno la colomba bianca

di maggio la troveranno al piano del pane

Dov’è, dov’è che ci si nasconde

si sposerà, si sposerà al pian del pane

Com’è com’è è come la neve

che vien giù sciolta dal rio

È volata è volata la colomba bianca

di maggio la troveranno a pian del sale

Dov’è, dov’è che ci si nasconde

si sposerà si sposerà al pian del pane

Colomba colombina becco di seta

serva a strofinare per terra col marito a zonzo

Martino va a piedi con l’asino dietro

fuoco di legna anime in cielo.

E allora perchè “A cumba”? Ma perchè innanzi tutto si parla di – casa del topo -… e bhè, bhè, no, non scherziamo, vedete, come cantano il grande De Andrè e suo figlio Cristiano, un tempo, tra due giovani che volevano mettere su famiglia, c’era il filtro dei genitori che avevano un relativo potere di veto motivato dalla loro esperienza, forse ancora in uso oggi in qualche parte d’Italia ma molto più raro. Poi è venuto il tempo del “…è mia, e me la gestisco io!” come dice il mio caro amico Bruno e corrispondente per i maschi ma, a 18 o 20 anni, non si ha ancora la capacità di valutare le implicazioni di un rapporto che deve durare a lungo.

I giovani non sanno ponderare le difficoltà, anche economiche, che sicuramente sorgeranno e soprattutto non pensano di dover cambiare completamente stile di vita. Si gettano allo sbaraglio pensando che poi tutto si aggiusti da solo, senza giungere a dei necessari compromessi con la compagna.

In questa canzone si parla della giovane sposa che è come una colomba, per la quale, il padre, gradisce gioia e serenità. Ascoltatevela topini, ve la lascio qui, io torno domani. Come vi ho detto è difficilissima da capire. E’ il mio dialetto più vecchio che c’è. Un dialetto che fa risultare questa canzone, quasi come un documento antico e, ahimè, troppo poco conosciuto.

Meriterebbe di più. Buon sabato a tutti.

M.

A Cimma – un piatto che non può mancare

Per noi mangiarla è come un rito. Non può mancare nelle giornate importanti e invernali. Non può mancare in qualche particolare domenica. Non può mancare nel festeggiare gli anni di un familiare. Quei suoi colori, quella sua posa simpatica. Legata con cura con uno spago. E’ la Cima topini, chiamata, in dialetto: A Cimma.

Così buona, così meravigliosa, così tradizionale da essere cantata, quasi come una preghiera, da uno dei più grandi cantautori italiani. E, dal momento che, nel nostro dialetto, probabilmente potevate non comprenderla, ve la traduco. A me, emoziona tantissimo, ma prima guardatevi il video di Fabrizio de Andrè.

“A CIMMA”

versione in concerto del brano, tratto dall’album “1991 – Concerti”.

Ti sveglierai sull’indaco del mattino
quando la luce ha un piede in terra e l’altro in mare
ti guarderai allo specchio di un tegamino
il cielo si guarderà allo specchio della rugiada
metterai la scopa diritta in un angolo
che se dalla cappa scivola in cucina la strega
a forza di contare le paglie che ci sono
la cima è già piena è già cucita.

Cielo sereno, terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura.

Bel guanciale materasso di ogni ben di Dio
prima di battezzarla nelle erbe aromatiche
con due grossi aghi dritto in punta di piedi
da sopra e sotto svelto la pungerai
aria di luna vecchia di chiarore di nebbia
che il chierico perde la testa e l’asino il sentiero
odore di mare mescolato a maggiorana leggera
cos’altro fare? Cos’altro dare al cielo?

Cielo sereno, terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via.

Poi vengono a prendertela i camerieri
ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere
tocca allo scapolo la prima coltellata
mangiate mangiate: non sapete chi vi mangerà.

Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via.

Bella vero? Stupenda.

Ma come si prepara questa Cima? La ricetta è stata col tempo modificata tante volte e, in tante regioni, che hanno adottato questo piatto per noi tipico, viene spesso preparata in modi diversi. La tradizione però vuole che venga fatta come vi scrivo e, credetemi, farete un figurone.

Il ripieno, che potrà venirvi più sui toni del verde o più sul giallo, a seconda degli ingredienti, sarà delicato e sublime.

Allora, fate preparare dal vostro macellaio di fiducia, una sacca (rigorosamente di vitello), con un solo lato aperto. Vi verrà tutto più facile ma dovete sapere che, le donne di un tempo, e ancora topozia lo fa, la Cima se la legavano loro.

Sappiate che non è semplice da preparare ma è poco calorica e quindi può essere mangiata da tutti.

Per prima cosa tritate finemente la polpa e le cervella di vitello servendovi del frullatore o della mezzaluna e unendovi del prosciutto cotto. Non posso darvi delle indicazioni in quantità perchè non posso sapere come grande acquisterete la vostra tasca di pancia di vitello. Regolatevi con gli ingredienti.

Tritate finemente una cipolla (sevulla) e la carota (carota) e mettete il trito a rosolare in una padella con un po’ d’olio. Un normale soffritto.

Aggiungete quindi la carne tritata, i piselli (pesei), i pinoli (pignoi), l’aglio (aiu) tritato, la maggiorana (persa), le uova (oeve) che avrete precedentemente sbattuto; bianco e rosso insieme con della mollica di pane bagnata nel latte.

Mescolate il tutto per qualche minuto, a fuoco lento, e poi aggiungete il parmigiano e salate a piacere ma, un buon ripieno, non deve mai essere insipido.

Bagnate il tutto con il vino bianco, mescolate e lasciate cuocere, a fuoco moderato, fino a che il vino non sarà evaporato.

Una volta pronto, riempite la sacca di carne con il ripieno e cucite il lato rimasto aperto quindi, mettete sul fuoco una pentola abbastanza grande, piena d’acqua salata, con un’altra cipolla, del sedano e una bella carota.

Quando l’acqua sarà calda, immergerete la vostra Cima ripiena e la lascerete bollire per almeno due ore, a fuoco medio, coprendo la pentola per 3/4 con un coperchio. Se l’avete cucita bene, non fuoriesce nulla.

Terminata la cottura, togliete la Cima dalla pentola e lasciatela raffreddare in un vassoio, coperta con un piatto, sul quale metterete un peso per permettere al brodo in eccesso, assorbito durante la cottura, di fuoriuscire. Anche un grosso libro andrà bene.

Infine, appena raffreddata, mettete la vostra Cima su un tagliere e tagliatela a fette di circa 1 centimetro di spessore.

Potete servirla sia fredda che calda, a seconda dei gusti, con contorno di verdurine grigliate, un po’ di salsa verde o della semplice insalata con pomodori, dipende da voi. Ma credetemi, i commensali, non se ne andranno più!

E’ un ottimo secondo, dovrete preparare solo un primo piatto o diversi antipasti, vedete voi.

Ora vi mando un bacione, io, vado a fare un po’ di pappa.

M.

Canzone Natalizia

Tanti auguri a tutti!

A tutti voi che leggete ogni giorno quello che scrivo e a tutti i miei nuovi amici conosciuti in questo nuovo mondo con i quali scambio continui commenti. Grazie per i vostri consigli, le vostre battute, le vostre opinioni, il vostro seguirmi, ovviamente, corrisposto con tanto affetto ogni giorno.

Mi farebbe piacere dedicarvi quella che per me è la più bella canzone di Natale, che a questa festa, ci crediate oppure no. Per quello che comunque questa festa vale e per quello che può essere per ognuno di noi.

Augurandovi che siano, questo e tutti gli altri giorni a venire, sempre sereni. Con tutti i problemi che la vita sempre ci pone davanti ma con tanta serenità in fondo al cuore.

La canzone è un pò malinconica ma anche speranzosa e ha una melodia dolcissima.

Mi accompagna da quando ero bambina e accompagna oggi tutti i topini che mi stanno attorno.

Sono un pò in anticipo, lo so, ma probabilmente, tra qualche giorno, sarete tutti molto presi avendo ovviamente e giustamente, ben poco tempo per ricevere i miei auguri che invece ci tengo a farvi.

Auguri a tutti, Pigmy.

BUON NATALE

Buon Natale, buon Natale e che sia quello buono, che ti porti un sorriso e la gioia di un dono, sotto l’albero stanco di frutta e di mele, è Natale più bianco se viene la neve, e se brilla una stella cometa lassù, vorrei tanto ci fossi anche tu…

Buon Natale, buon Natale perchè sia quello vero, e poi zucchero e miele e un augurio sincero, per un giorno di festa e di felicità, per ognuno che resta e per chi se ne va, per adesso mi chiedo fra tanti perchè, è Natale e non sei qui con me…

Buon Natale, buon Natale canterò una canzone, buon Natale, buon Natale, mi va tutto benone, specialmente se scrivi due righe per me, e se vieni c’è ancora un regalo per te, e chissà se ritorni, se resti o se vai, è Natale se tu tornerai…

M.