L’Amanita muscaria, un fungo… che strega

Ci sono funghi da raccogliere e mangiare e funghi solo da ammirare mentre fanno capolino nel sottobosco. Uno di questi è sicuramente l’Amanita muscaria, assai conosciuta e da cui ormai tutti si tengono alla larga.

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Io mi diverto un mondo a fotografarla, perché coi suoi colori attira l’attenzione durante le passeggiate e crea scenari fiabeschi, stregati. Di questo fungo oggi voglio raccontarvene qualcuna, perché è davvero particolarissimo.

Appartiene alla classe dei basidiomiceti ed è della famiglia delle Amanitaceae. Alcuni esemplari possono raggiungere anche i 25 cm di altezza e il cappello misura dagli 8 ai 20 cm di diametro, sono veri e propri ombrelli per le più piccole creature del bosco. Allo stadio giovanile, appare chiuso in un velo che assume forma di uovo, il quale poi si apre per lasciar fuoriuscire il corpo fruttifero del fungo, ovvero il cappello. Nel suo sviluppo, il velo può restare attaccato al fungo stesso formando un caratteristico anello sul gambo, e parti di quel velo formano anche le vescicole bianco-giallastre tipiche del suo aspetto, che fanno contrasto con il rosso acceso. Talvolta il cappello può essere anche di un rosso meno intenso, quasi aranciato, e presentare meno vescicole o addirittura non averne più nemmeno una.

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Cresce in estate e in autunno nei boschi di conifere e latifoglie, e difatti nelle zone umide della Valle Argentina non è difficile imbattervisi. In particolare, predilige Pioppi, Abeti, Pini e Betulle. Il nome “muscaria” deriva dal suo collegamento con le mosche: contiene, infatti, una sostanza che pare sia moschicida. E’ un fungo spia della presenza del Porcino, per cui, topi, aguzzate la vista!

Un tempo in Italia l’Amanita muscaria si usava in cucina, consumata previa preparazione adeguata per eliminare tutte le sue sostanze più pericolose, ma è oggi considerato non edibile.

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C’è un motivo, infatti, se è conosciuto con il nome di ovolo malefico o anche come fungo dei pazzi. Infatti, era già conosciuto e utilizzato tra il 2000 e il 1000 a.C per le sue proprietà allucinogene, soprattutto nel nord dell’Europa. E’ a tutti gli effetti una sostanza psicoattiva, la più antica che sia stata utilizzata nella storia, topi.

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E per cosa lo usavano i nostri antenati? L’uso che se ne faceva era soprattutto rituale, era un fungo assai conosciuto dagli sciamani, che lo assumevano in quantità precise e ridotte e preparato in un determinato modo (guai a provarci in tana, topi! Da molti, infatti, è considerato letale) per alterare il loro stato di coscienza e connettersi al mondo degli spiriti per chiedere loro aiuto nella risoluzione di problemi riguardanti la comunità, la sopravvivenza, la salute di un individuo e per molti altri motivi. Era, pertanto, ritenuto magico a tutti gli effetti, poiché permetteva di accedere a un regno invisibile, quasi divino. I suoi effetti sono più o meno potenti e dannosi in base al luogo in cui cresce, cosa che rende la portata della sua tossicità difficilmente classificabile, ecco perché è ritenuto molto pericoloso.

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Nel medioevo divenne simbolo del male – da qui il soprannome ovolo malefico – e del demonio, ma in verità è sempre stato un simbolo positivo, legato alla magia e al soprannaturale. Quante volte avrete visto i topini disegnare funghi rossi a macchie bianche? L’Amanita muscaria è infatti collegata al mondo fatato, nel folklore è la casa di gnomi, folletti e piccoli abitanti magici.

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E in tutto questo brulicare di leggende, credenze e usanze legate all’Amanita muscaria, volevate non ci fosse qualche riferimento alle nostre care streghe? Eh già, topi! Pare la conoscessero anche loro, almeno stando a ciò che viene tramandato dagli anni bui dell’Inquisizione. Come ben sapete, la Valle Argentina vanta storie di streghe di una certa importanza e, se quello che si racconta è vero, può essere che questo fungo fosse conosciuto e utilizzato dalle donne di conoscenza d’un tempo.

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Si dice che le streghe usassero un particolare unguento dalla ricetta pressoché segreta, un preparato assai particolare, che utilizzavano appositamente nelle notti dei loro Sabba all’aria aperta. Tale unguento serviva loro per volare, ma non nel modo superstizioso in cui si è soliti credere. L’unguento, infatti, conteneva sostanze allucinogene in grado di provocare visioni, tra le quali la sensazione del volo, e sembra che un ingrediente fosse proprio l’Amanita muscaria.

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Il suo collegamento con le streghe non finisce qui, topi! A causa del suo crescere in cerchio (come accade a molti altri funghi, d’altronde) lo ha reso simbolo dei cerchi delle streghe, ritenuti pericolosissimi nell’antichità. Si diceva, infatti, che chi vi finisse in mezzo avrebbe perduto il senno, avrebbe ballato fino allo sfinimento e alla morte o sarebbe stato trasportato in un altro mondo, popolato di demoni ed esseri infernali. Anche i pastori si guardavano bene dal far pascolare il loro bestiame all’interno di simili cerchi, poiché gli animali avrebbero contratto malattie e prodotto latte velenoso dal colore rosso sangue.

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I contadini lo chiamavano picchio di Marte, poiché tra i suoi effetti c’è quello di rendere chi lo assume bellicoso, guerresco e più forte del consueto, tant’è che veniva consumato dai guerrieri prima di una battaglia, soprattutto in ambito vichingo, o almeno così si tramanda.

Quali che siano i suoi effetti e gli usi effettivi che se ne sono fatti in passato, ciò che per me è certo è che resta un fungo meraviglioso, dall’aspetto magico e fiabesco, stupendo da fotografare.

Un bacio stregato a tutti!

 

 

 

Il Cerchio delle Streghe: Mistero in Valle Argentina

Ecco. Lo vedete nell’immagine quel cerchio sul prato? No, non si tratta dei classici “cerchi nel grano” che tanto hanno fatto discutere la popolazione a livello mondiale.

In questo cerchio, se riuscite a notare bene, la circonferenza non è designata dalla mancanza d’erba, bensì è come se la stessa erba fosse nata sfoggiando un altro lato di sé, oppure ancora, proprio formando un perfetto circolo, sia nata un’altra erba, di un’altra specie, che ha creato questo disegno geometrico.

Vi assicuro che non si tratta di un fotomontaggio. 
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Un’alone piacevole di mistero e magia. Siamo nell’Alta Valle Argentina ma, il luogo preciso, mi spiace, non posso rivelarlo come anche suggeriscono vari studiosi di questo particolare fenomeno.

Si rischia di creare una sorta di mito che causerebbe l’arrivo di folle probabilmente poi incriminabili di inquinamento e disturbo della quiete di questo luogo meraviglioso dove flora e fauna vivono in perfetta armonia ogni giorno.

Gli abitanti del luogo, inoltre, preferiscono fare gli indifferenti sul caso e non è certo mio volere usurpare la loro intimità.

Questo perchè, riguardo a questo cerchio sospetto, si sono venute ovviamente a creare delle leggende e delle storie che, come spesso accade, non si sa mai quanto possano essere vere. Ma affascinanti sì, su questo non c’è dubbio.

Innanzi tutto, a codesta figura, già è stato dato un nome arcano e suggestivo. “Il Cerchio delle Streghe” si chiama e, nome migliore, non poteva essere scelto.

Per la mia Valle, che ha come protagonista il paese di Triora, conosciuto come la Salem d’Italia, sembra proprio la ciliegina sulla torta.

Pare che, questo cerchio, abbia il diametro di una dozzina di metri. Mi sembrano tanti per come l’ho visto io ma non sono all’altezza di dare una valida misurazione e, inoltre, ero abbastanza lontana in un sentiero stupendo e panoramico.

Ora, potrete ben capire come sia assolutamente interdetta la zona interna, anche se solo moralmente, in quanto, le Streghe, con le loro persecuzioni, potrebbero compiere nuovi atti malvagi nei confronti della popolazione.

Le credenze continuano a vivere ma, su sanremonews, il ricercatore Vittorio Stoinich, racconta che la tradizione è sempre viva nel cuore della Valle. Perciò, quando si sente dire che un pastore, che ha voluto sfidare il potere delle nostre Bazue (streghe), dopo aver messo il piede all’interno del cerchio per raccogliere il fieno, si è ritrovato con le pecore che producevano il latte rosso come il sangue anziché candido come sempre, tutti si sta zitti e ci si fa cullare da questa sorta di affascinante racconto che rapisce gli animi.

E anche la mia Valle, quindi, come se già non le bastassero tutte le varie storie di Wicca e stregonerie che vivono da anni nel suo cuore, vuole avere il suo primato. E, attenzione, questo cerchio pare non essere l’unico nella Valle Argentina.

Ne scoprirò altri? Lo saprete nelle prossime puntate amici! Sgattaiolo immediatamente sui monti come un piccolo segugio! Baci e…. non fatene parola con nessuno!

photo – la seconda immagine appartiene a sanremonews ed è stata scattata da Vittorio Stoinich