E’ un vero Chitarrista

WP_20140710_001Oggi ha 14 anni.

L’ha presa in mano 3 anni fa. Lui.

Quando era più piccolo e gliela mettevo io in grembo, neanche voleva vederla. Giustamente.

Ognuno ha i suoi tempi. A volte certi tempi non si hanno mai.

Fatto sta che un po’ imitando mio padre, un po’ gli amici di Topomarito, ci trovammo un giorno ad un matrimonio e lui tenne il pubblico incollato a se, suonando “Il Tempo di Morire”.

Lui era topino e io una mamma super emozionata.

Oggi, dopo 3 anni, me lo vedo nella piazza del paese, davanti a tutti, senza vergogna e insieme a una band di veri musicisti, mentre suo padre canta, lui lo accompagna con la sua chitarra, nel blues e nel rock.

Ma in realtà riesce in ogni genere. Accompagna persino me, mentre mi do alla pazza gioia urlando a squarciagola le canzoni di Al Bano e Romina.

E lui è un chitarrista. Come diceva Ivan Graziani. Ed è un autodidatta.

E dopo due anni di chitarra classica, ha voluto quella elettrica per Natale.

Ma Caterina, non l’ha mai abbandonata anche se si allena molto con Rose e se la sciala in “Sweet Home Alabama” o “Fortunate Son”.

Bhè, fortunatamente, rinunciando ogni tanto all’amplificatore per la salute delle mie orecchie.

E io penso proprio di si. Che sia un vero chitarrista.

Perché uno che entra in casa e senza togliersi lo zaino dalle spalle ha già preso lo strumento in mano e lo suona, è per forza un vero chitarrista.

Perché uno che suona tutto il giorno e la chitarra cerca di portarsela anche a scuola convincendo i Prof. è per forza un vero chitarrista.

Oppure perché ci va a dormire assieme.

E riuscendo a sorpassare le prime difficoltà del barrè si…, è un vero chitarrista.

E penso sia proprio così oggi che, appena sente una canzone, si cerca da solo le note o le legge e riesce a farla in men che non si dica.

E perdonate quest’articolo – cuore di mamma -.

Ma una dedica al mio chitarrista, la volevo proprio fare.

E oggi…. Oggi ha chiesto a suo padre se poteva comprargli il supporto per l’armonica a bocca.

Si. Ci sarà da divertirsi nel Mulino.

E’ il mio chitarrista preferito…, il mio topino.

Per piangere e per ridere

Questo post lo dedico al mio papà. Penso che gran parte di voi abbia capito che il mio topopapà suona la chitarra. La suona in modo semplice, come dice lui “strimpellando”, non di più, senza vantarsi troppo, eppure, potete credermi, il suo carisma, il suo ritmo, il suo orecchio, fan sì che se manca lui, la compagnia non si diverte allo stesso modo.

A lui piace tantissimo suonare le canzoni dei nostri grandi cantautori e dei nostri grandi cantanti: De Andrè, Battisti, Zucchero, Nomadi, De Gregori, Guccini, Dalla… per non parlare di quelli stranieri come Cocker, Clapton, Dylan… Come si dice in gergo, fa le cover.

Musica e buoi dei paesi tuoi però! A papà non riesci a fargli smettere una serata senza qualche canzone genovese che rallegra o riempie i cuori di sentimento. Pucci dei Trilli, Piero Parodi ed altri, hanno segnato l’esistenza di papà che li ha anche conosciuti e, come se non bastasse, anche la mia.

Da che son cucciolotta il mio topogenitore, mi fa sedere sulle sue ginocchia, assieme all’amato strumento, e con una impercettibile espressione dell’occhio sinistro (che solo io conosco!!!) mi “ordina” di partire.

Solitamente, il divertimento è assicurato ma, quando capita di cantare, con tutto il cuore e una voce mesta, canzoni come quella che vorrei farvi sentire oggi, ci si può anche commuovere.

E allora topini, direttamente da Genova, da mille anni protagoniste anche di serate qui nel Ponente, dove spesso i veri autori son venuti a cantare, una delle canzoni più tristi della mia regione. E ovviamente, con tanto di traduzione! Questa canzone s’intitola “PICCUN DAGGHE CIANIN”, (Piccone, picchia più piano) riferendosi ai picconi e alle ruspe che, in Genova, nel quartiere di Portoria e al Piano di Piccapietra, per lasciar posto alla nuova città in crescita, hanno buttato giù dimore e ricordi.

I colpi del piccone dati sui mattoni erano colpi sentiti dentro al cuore. In questa zona è anche vissuta una mia topo-zia. Zia Angiulina. Una vecchina piccola, piccola. Dopo le splendide parole di una donna, che non sono difficilissime da capire, inizierà questa splendida canzone e ne approfitto per complimentarmi con chi ha creato questo meraviglioso video, grease52.

Fra i mattoni di Piccapietra che fan trasloco, ce ne sono della casa dove sono nato,

ci sono passato per caso stamattina ma forse il cuore guidava il mio cammino.

Chi è di Genova lo sa perché un nodo in gola, mi ha impedito di recitare questa “preghiera”.

 

Piccone batti più piano, io sono nato qui sotto questo camino

sono muri che mi hanno visto piccolino

andare in giro tirandomi dietro il seggiolino

 

Piccone batti più piano, su questo pezzo di pietra rotta a pezzettini

ho fatto i compiti di latino

ed ho mangiato trenette e minestroni

 

Ma stai già abbattendo il balcone, guarda: c’è la Madonna della Passione!

L’ha costruita il mio “capo” trent’anni fa, per una grazia ricevuta in mezzo al mare.

 

Piccone batti più piano, sono tutti colpi dati sul mio cuore

se proprio non puoi farne a meno

almeno batti più piano

 

Credetemi, poche volte, gente, ho pianto,

non mi emoziono tanto facilmente

ma quando ho visto cadere a picconate

la stanza dove era nata mia madre,

mi si è fermato qualcosa proprio qui

ho pianto ed ho pregato così

Piccone, batti più dolcemente, son tutti colpi dati sul mio cuore,

se proprio non ne può fare a meno,

piccone, batti più piano,  pianino

 

Fermati un po’, piccone, ti rubo un mattone,

un pezzo di poesia del piano di Picca…pietra

Ma cantare Genova non significa solo piangere topini! Tranquilli! Anzi… Ora, rimettetevi a posto, mettevi via u mandiu (il fazzoletto) e state pronti a farvi due sane risate con “A SEISSENTU” (La 600) la vecchia macchina ormai d’epoca.

Tanta fatica per comprarsi l’auto nuova e poi… guarda te, come va a finire! Bello anche questo video di fufuralzu.

Carina vero? Non avete capito niente? Vi traduco in un attimo tutto io. Praticamente è una simpatica lamentela di Parodi il quale ha preso spunto da “La Balilla”, di Giorgio Gaber.

Avevo comprato una bella 600, andava veloce più forte del vento

vi racconto la storia di come è andata che in cinque minuti me l’han subito fatta.

Prima vi dico il mestiere che faccio comincio alle dieci a mezzogiorno sono uno straccio

vendo soda, lisciva e sapone e di soldi ne faccio un vagone.

Su e giù per il porto con la motocicletta con detersivi, scopa e paglietta

guadagnu un mucchio di monete da cento e mi vien voglia di comprare la 600.

Lascio la macchina davanti a una porta mi grattan subito la ruota di scorta

la sposto più in là in una via larga, appena giro l’occhio mi fregan la targa.

Arrivano i Tedeschi: -Verbotte versciure -, mi fan fuori circa mezzo motore

chiamo gli Inglesi per scacciarli via, si mangiano tutta la carrozzeria.

Passa un ragazzo con due belle figliole, mi svita tutte le lampadine

anche mio fratello, per curarsi l’angina, fa finta di niente e si mangia la bobina.

Per visitarlo arriva una dottoressa e il radiatore all’istante si frega

per rispetto alla scienza stò buono, lei ne approfitta e fa fuori il tappeto.

Ma chissà cosa si credevan fosse, era una 600 mica un pandolce!

Vado a denunciare tutto all’istante, altra manata, mi nascondono il volante!

Il mio portinaio che è 100kg, si ci siede dentro e mi sfonda i sedili

e sua moglie che è tutta finezza, si appoggia davanti; addio parabrezza.

Poi arriva una ragazza. Che signorina! Con quattro succhiate mi asciuga la benzina.

Passa una donnaccia con una brutta amica, una mezza sdentata, mi rosicchia la marmitta.

Vado per caso a trovare mio cugino, gli trovo in casa cruscotto e pistone.

C’è rimasto qualche pezzo lì dal marciapiede: L’ho metto in un sacco e lo porto allo straccino!

Ebbene si. Anche questa fa parte del repertorio del mio papà. E allora, dopo questa giornata canterina io vi lascio a ricordare le parole. Memorizzatele bene, così poi cantiamo tutti insieme.

Baci, la vostra Pigmy!

M.

Ciao Estate

Da qualche giorno è arrivato l’autunno.

Accogliamo questa nuova stagione con gioia, anche se un po’ più fredda e più piovosa e, per me, meno piacevole. So che tanti di voi amano questo periodo dell’anno, quindi sono contenta, perchè inizierete a vivere quello che è il più bel momento dell’anno per voi. Oh, non mi annoierò di certo quest’autunno e mi divertirò molto a scoprirne le sue bellezze, ma sono sincera: l’odore del sottobosco, le castagne, la vendemmia, la raccolta dei funghi, le foglie colorate, spettacolo indescrivibile, non riescono a estasiarmi come il periodo che va da giugno ad agosto. Il mio momento prediletto è appena andato via. Tornerà il prossimo anno e io son già qui ad aspettarlo. Permettetemi, quindi, di salutarlo e dargli il mio personale arrivederci.

Da brava topina, è ovvio che d’estate mi senta più attiva e più viva. Per uscire non occorre imbaccuccarsi. Al mattino non si provano i brividi per vestirsi, e non devo lavarmi il muso con l’acqua fredda perchè la calda tarda ad arrivare. Questo proprio non mi piace, e le mie zampine posteriori sono perennemente ghiacciate.

D’estate no. Si possono fare molte più cose. Amo il sole e la sua luce. Si mangia fuori con gli amici, si fanno le grigliate, si godono gli animali, le piante sono vivaci ed esaltate, trionfanti di foglie e frutti. Sono accese e vogliose di raccontarci la loro storia. La terra è calda e ci offre figli colorati, come le fragole, i lamponi, le albicocche, i mirtilli, i kiwy, le tinte vivaci, naturali, con le quali sfamarci. Poi ci sono le verdure da cuocere sul barbecue, quelle verdi, viola, rosse…

E allora ciao Estate, con le tue more, le tue zucchine, i tuoi corbezzoli… Ciao, con le tue fronde fresche e ombrose, con le tue foglie smeraldine.

Ciao Estate delle sagre, dei balli in piazza, delle feste, delle processioni, delle chiese addobbate, della musica, delle tipiche ricette offerte a tutto il villaggio. Saluto con te le gare di bocce e le partite di scapoli contro ammogliati, mentre i moscerini sorvolano curiosi.

Do l’arrivederci ai mercatini dell’artigianato, alle bancarelle dei libri introvabili, ai fuochi d’artificio che ancora non hanno smesso di affascinare e il loro boato eccheggia per tutta la Valle.

Un saluto alle bandierine appese, colorate, che mettono allegria. E si ride. Si ride fino a tardi, con i topini, con gli amici. Si è in vacanza, si è in ferie, ci si può permettere quel che è proibito durante il resto dell’anno. Il vino fresco è sempre pronto per qualsiasi ospite, la chitarra non serve nemmeno toglierla dalla macchina: sempre utile, sempre pronta. Si canta a squarciagola, fino a toccare il cielo con le grida.

E allora ciao Estate, con i tuoi fiori di campo, le tue spighe dorate, i papaveri e i girasoli, il ronzio delle api e dei calabroni che fanno scorpacciate. E’ la stagione delle farfalle che si posano sulle tinte estive, che si sporcano le ali di magica polverina. Ciao ai petali, ora rigonfi, turgidi e felici, che si muovono alla leggera brezza e al mattino si lavano di rugiada. Ciao ai petali che ravvivano i prati, le fasce, le terrazze, i balconi.

Un saluto agli uccellini che vi si nascondono sotto, a cercare il loro cibo prediletto. Arrivederci ai gatti, che in mezzo ai fiori, ci stanno sempre a meraviglia.

Ciao ai monti, ricoperti di morbida infiorescenza. Un solo seme può racchiudere un’intera vita. E un fiore non è solo un fiore, è molto, molto di più.

L’erba tiepida diventa pagliuzza, bagnata da acqua fresca, limpida, cristallina. Arrivano i cumuli di fieno, puro oro, e cataste di legna ad asciugare, a seccare, risorsa vitale.

Ciao al ramoscello che scricchiola, che metti in bocca e trattieni con le labbra e allora… più allegro tutto sembra… e alle cicale, che in quel paradiso si nascondono per frinire beate.

E arrivederci, mare dell’Estate, dall’azzurro indescrivibile, spesso, incorniciato di verde. Alle tue onde lievi, leggere che accarezzano, ai tuoi gabbiani che ti sorvolano o che da te si lasciano cullare, a te che sei mestoso e ti confondi con il cielo, che brilli, sorridi, ti arrabbi… alla tua sabbia che ci scotta i piedi, a te che in questa stagione ci accogli a qualsiasi ora: grazie.

Che emozione i bagni di notte, quando non si sa dove si appoggiano i piedi e tu sei nero, senza fine. Quando fai tremar la luna e a illuminarti, di tanto in tanto, ci pensa il faro, laggiù, dalla costa. Accogli le coppie innamorate, alla sera, sui tuoi scogli, e ti riempi di risa di bambini.

Arrivederci ai tuoi pescatori, che patiscono meno freddo in questo periodo. Mare, ti si vive sempre, tutto l’anno, ma d’Estate appari più felice e alla sera e al mattino presto regali sfumature incantevoli.

Ciao mare, che d’ora in poi mi ascolterai, ti farai ammirare e nulla più. E ogni volta che ti vedo, mi par di respirare.

Ciao alle gite, alle passeggiate, agli zoo, ai parchi, quelli acquatici con le tartarughe, e le papere e i cigni che tanto divertono i piccoli.

Ciao agli scivoli che spruzzano acqua, ai gommoni, ai salvagenti. Ciao alle uscite in barca, verso l’orizzonte, alla ricerca di balene e delfini. Un saluto agli acquari che affascinano tutti, a pesci e insetti.

Ciao a voi che siete stati svegli e ora andate a fare la nanna, voi coleotteri o lepidotteri, che in inverno sbadigliate parecchio e non vi si sente più. Saluto voi, che spesso non si può neppure parlare dal chiasso che fate insieme ai vostri cugini: rane, grilli, lucciole… tutti in festa, sempre! E quando si dice che v’illuminate, lo fate davvero! Siete le stelle cadenti del bosco… Da tenere in mano, qualche secondo, e poi lasciar andare. Siamo contenti di vedervi e di sentirvi, perchè vuol dire che l’aria è pulita, sana. Sappiamo già che l’Estate è arrivata, ma voi ne date la conferma. Voi, che siete più sensibili, che non uscite in altri periodi dell’anno e noi ci affidiamo al vostro istinto.

Ti saluto, Estate, che proprio non ti sopporto quando non si trova altra soluzione che cospargerci di ogni cosa pur di allontanare le tue zanzare che ronzano nelle orecchie!

E allora ciao Estate, che lasci il posto al tempo bigio che svuota i gusci, i nidi, le strade. Grazie per fortificare e prepararci a superare ciò che viene dopo di te.

Arrivederci Estate, che quando te ne vai nascondi le creature del bosco. I piccoli merli, e i passerotti ormai cresciuti hanno messo ormai tutte le piume e possono svolazzare via e nascondersi. Ti hanno riempito del loro cinguettio stridulo e disperato, aspettando la mamma e la pappa con il becco completamente aperto. Erano nudi, ma sapevano che ci saresti stata tu, a scaldarli. Ora, la loro casetta di paglia e foglie secche è vuota.

Ciao Estate, che ci hai fatto provare i brividi della scoperta, dell’essere investigatori e andare a ficcare il naso dove a volte sarebbe meglio non andare. La curiosità è tanta, c’è abbondanza intorno a noi e le altre stagioni non ci permettono di fare tante cose come invece fai tu.

Arrivederci Estate calda, afosa o fresca, dai temporali improvvisi e i grandi goccioloni che nemmeno riescono a bagnarci. Ciao alla tua luna, pallida, grande, pulita che si mostra vanitosa, senza paura. Sorpassa le nuvole e si avvicina.

Ciao al tuo sole, grande il doppio, così caldo da penetrarti nella pelle. Ti fa mettere la mano sulla fronte per asciugare il sudore o anche solo per guardare meglio chi ti sta davanti. Il tuo sole fa consumare acqua a più non posso, ti fa bagnare ovunque sei, chi se ne frega, tanto a breve sarò di nuovo asciutta. Ciao a quel sole che tinge il cielo di rosa, di lilla, di arancio, che ti fa chiudere le persiane per poter guardare la tv, che stende le donne in cerca della tintarella ideale. Sei tu a far accendere i ventilatori. Il cielo estivo è il soffitto delle bibite ghiacciate, dei gavettoni, del suo essere palcoscenico di gabbiani, come di aquile che volano verso il suo aspro splendente.

E allora, arrivederci Estate.

Arrivederci al prossimo anno, arrivederci al prossimo cambio di ora dopo quello che sta per arrivare.

Io sono qui e ti aspetto.

Ciao.

M.