La Stella Alpina, principessa dei monti

Oggi ho proprio voglia di vantarmi, topi. Oh, sì! Ho voglia di vantarmi perché nella mia stupenda Valle Argentina vive una pianta molto, molto speciale, un fiore assente in tutto il resto della Liguria, ma qui da me cresce eccome! E si trova solo qui per giunta, non ho forse motivo di vantarmi, quindi?

Sto parlando di lei, di chi altri se no? La Stella Alpina, topi!

Conosciuta anche come Edelweiss, che significa “bianco nobile”,  il suo nome scientifico è Leontopodium alpinum e fa parte della famiglia delle Asteraceae. Il nome latino significa letteralmente “piede di leone”, perché i suoi capolini somigliano molto alla zampa del felino re della savana. Fino alla seconda metà del XIX secolo era chiamata “fiore di lana” per il suo aspetto candido e morbido, ma altri sono i nomignoli che le sono stati attribuiti, uno più bello dell’altro: stella del ghiacciaio, stella d’argento, fiore immortale delle Alpi e regina dei fiori di montagna sono i più belli.

E’ un fiore prezioso che raggiunge al massimo i 30 cm di altezza, anche se in Valle Argentina si presenta più piccola rispetto a quelle del vicino Piemonte.

Le sue gemme vengono protette dalla neve nei mesi invernali, e lei se ne sta lì, sotto la morbida e fredda coperta, ad attendere che giunga il momento di far brillare i suoi fiori e le sue foglie, coperte da una sottile peluria, che le rende quasi traslucide come la superficie della luna. La lanugine che la ricopre si ispessisce a seconda dell’intensità del sole, quasi a volersi proteggere dai raggi dell’astro che fa da padre al nostro pianeta. In verità questa indispensabile peluria le serve per opporsi alle perdite d’acqua: infatti è essenziale per la sua sopravvivenza mantenere l’umidità al suo interno, cosa che sarebbe assai difficile altrimenti, visto che cresce in luoghi aridi ed esposti alla furia del vento.

E’ originaria dell’Asia, nella fattispecie dei monti aridi delle sue regioni, infatti anche qui da noi cresce bene a certe altitudini, dove neppure gli alberi arrivano più a dare ombra al suolo.

E’ così bella e preziosa che l’Austria l’ha effigiata sulle sue monete da due centesimi di euro e qui da noi è una specie protetta, vietato raccoglierla.

A essa sono legate diverse leggende, una delle quali mi è stata raccontata da Nonna Desia:

«Ratin, avvicinati. Voglio raccontarti la storia della stella alpina che mi è stata raccontata in tempo di guerra da qualche soldato venuto da lontano» ha detto, e io sono stata ad ascoltarla più che volentieri.

«Un tempo c’era una montagna che soffriva di solitudine. Se n’era fatta una malattia e piangeva tutti i giorni in silenzio. Abeti, Faggi e Rododendri la guardavano afflitti e desolati, perché nessuno di loro sapeva come fare per risollevare il morale alla montagna triste. Chiesero alle Pervinche e alle Querce, ma anche loro si addoloravano per lei, impotenti. Tutte queste piante, infatti, avevano radici piantate al suolo e non era possibile per loro muoversi e accorrere in suo aiuto. Se la montagna avesse continuato così, nessun fiore sarebbe potuto sbocciare sui suoi bei pendii, nessun colore avrebbe allietato le giornate primaverili ed estive e le mucche e gli animali che vi pascolavano avrebbero avuto ben poco di cui nutrirsi.

Accadde però che nel cielo le stelle si accorsero del dolore della montagna. Una sera, le nuvole si dissiparono e una stella s’impietosì e decise di scendere sulla Terra per dare un’occhiata. Scese, scese e si avventurò per i sentieri della montagna triste, ne attraversò i crepacci, ne accarezzò le rocce nude con la sua luce e giunse sull’orlo di un burrone. Lì tirava un vento gelido che fece tremolare la stella, che s’impaurì: forse sarebbe morta di freddo, lontana dalla sua accogliente casa celeste, e si pentì di averla abbandonata per un luogo così inospitale. Proprio quando pensava di essere spacciata, la montagna le venne in aiuto. Era grata alla sua luce per esserle amica, e così la avvolse con le sue mani rocciose, creando intorno a lei una candida peluria lanosa. Infine, la strinse a sé per impedirle di cadere nel baratro, dandole radici tenaci con le quali aggrapparsi al terreno. Quando il sole fece capolino dalle creste dei monti vicini, il nuovo giorno salutò la prima Stella Alpina.»

«Che storia meravigliosa, Nonna Desia!»

«Hai visto, ratin? A volte ricordo ancora qualcosa di interessante!»

Un’altra storia racconta invece che un uomo, per dare prova alla sua amata della nobiltà dei suoi sentimenti, si avventurò nei luoghi più impervi delle montagne rischiando la sua stessa vita per cogliere una Stella Alpina da donare all’innamorata. Ecco allora che il fiore divenne simbolo anche dell’eroismo.

A essa si attribuivano poteri magici, tra cui quello di scacciare gli spiriti che attaccavano il bestiame provocando infezioni alle mammelle, se bruciata come un incenso.

Oggi la Stella Alpina è addirittura coltivata per abbellire giardini rocciosi, ne esiste persino una qualità che profuma di limone, ma a mio parere la sua resa migliore la offre lassù dove pochi osano arrivare, col volto baciato dal cielo e le radici aggrappate a una terra spesso inospitale.

In natura conta una trentina di specie e non è costituita da un unico fiore, ma da un’infiorescenza formata da diversi fiori di numero variabile raggruppati in più teste, dette capolini. Questi ultimi sono raccolti a loro volta in gruppi di foglie bianche, che poi sono quelle che erroneamente vengono considerate i petali del fiore; si chiamano brattee e sono disposte intorno ai capolini fioriti a formare proprio una stella.

Pare che questo fiore sia giunto fino alle nostre zone dall’Asia durante una delle ere glaciali che fecero rabbrividire il mondo in passato. Fiorisce da luglio a settembre, poi la sua luce si spegne e di lei restano le radici, pronte ad affrontare gli inverni rigidi della montagna. E, a proposito di questo, sembra delicata, ma in realtà il suo aspetto inganna, topi! Bisogna pensare, infatti, che questa piantina deve essere in grado di sopravvivere e resistere a condizioni assai avverse, come neve, ghiaccio, vento. E allora Madre Natura le ha fatto dei doni meravigliosi: alle sue radici ha regalato la capacità di resistere alle raffiche d’aria più forti, alle foglie ha offerto la virtù di regolare l’umidità interna della pianta in base alle condizioni esterne, e alle brattee ha concesso una struttura tale da proteggere la pianta dai raggi ultravioletti. Mica roba da ridere eh! La Natura, quando fa le cose, le fa in grande stile!

E allora mi viene da pensare che Madre Natura abbia donato proprio alla mia Valle l’onore di essere incoronata dalla Stella Alpina come a omaggiare le genti dei miei luoghi che, come lei, tanto hanno sofferto e patito le avversità del clima montano e che tenaci hanno resistito alle intemperie della vita e di un terreno difficile da coltivare.

Con questo io vi saluto topi! Vado a scovare un altro articolo per voi da far brillare in questo blog. Un bacio stellare a tutti.

Le vigne di Aigovo

Non possiamo certo dire di essere nelle Langhe, cari topi, ma guardate quanta meraviglia abbiamo nel nostro piccolo! Non sono forse stupende queste vigne, qui ad Aigovo? Guardate i colori, ammirate l’ordine! Che splendore!

Filari sgargianti e ben delineati. Complimenti a chi coltiva tanto ben di Dio!

Ce ne sono ovunque, soprattutto a bordo strada e, a volte, anche qualche unica pianta qua e là.

Sotto a uno splendido cielo, nell’apertura tra i monti, e lo sguardo vigile della località di San Faustino, queste vigne si mostrano in tutta la loro bellezza, riempiendo il paesaggio di foglie, frutta e profumo a seconda della stagione.

Riposano pacate osservando la Valle e le creste montuose sopra di loro. Si trovano infatti alla base di montagne che appaiono pompose, ricoperte completamente da alberi di molte specie: castagni, noccioli, roverelle, larici… Riposano nella totale tranquillità di questi luoghi.

È un piacere osservarle. Mettono di buon umore.

Sotto di loro il terreno è verde e aperto. Pianeggiante o appena scosceso.

Rametti striminziti, foglie larghe e stropicciate. Pali a sorreggere. Grappoli di varie forme e misure. Tronchi nodosi e grigi.

La strada le taglia e rende unica questa passeggiata, bella da percorrere sia a piedi che in auto.

Siamo ad Aigovo, una piccola frazione della Valle Argentina. Una meta conosciuta che apre le porte al cuore della Valle, subito dopo Badalucco. Appena sopra i 600 mt s.l.m., le vigne se la cavano ancora alla grande. E, in questa conca, spesso il clima è umido. Ma  l’ambiente è aperto e il sole ha il suo tempo per scorrere.

E quanto verde c’è! Che bellezza!

La dolcezza dei chicchi attira gli insetti e sono tante le bestioline che si possono incontrare qui, e sono anche assai indaffarate. Molte di loro sono alate e riposano lasciandosi accarezzare le ali dal venticello. Ali leggere, piccole, che iniziano a tremolare come veli.

I ragni la fan da padroni tra un filare e l’altro, possono davvero costruire splendide ragnatele. Hanno tutti gli appoggi che desiderano.

Ma anche merli e tordi non disdegnano l’ambiente e può capitare spesso di vedere un loro nido appoggiato alle vigne.

Le vigne di Aigovo, zampettando tra i colori e la pace.

Un bacetto a voi!

Di nuovo un po’ di Valle

Allora vediamo un po’, dov’ero rimasta? Ai giardini sì! Alla Rocca, su a Montecarlo, ricordate? Ehm… e probabilmente mi ci sono anche persa in quei giardini o, come aveva predetto Pani, un gufo mi ha portata via. Beh… sono riuscita a tornare in tana topi. Son riuscita a tornare e devo dirvi che fa davvero freddino qui. Urca! Ma non posso certo lamentarmi sentendo le notizia provenienti dalle altre parti d’Italia! Qui è un paradiso in fondo! Lo sapete che i primi di febbraio sono persino maturate le banane su delle piante in quel di San Remo? Oh già! Leggete http://www.puntosanremo.it/litalia-nella-morsa-del-gelo-e-a-sanremo-maturano-le-banane-lo-strano-clima-che-sconvolge-la-natura/ E la mia Valle è sempre bella come un tempo sapete? Guardate, eccovene una prova. WP_20150125_001I monti, la neve e laggiù il mare che sembra un piatto dorato. Non è una meraviglia? E sono in alto eh? Sono a circa 1300 mt s.l.m., sto quasi per arrivare in cima al Monte Ceppo. C’è silenzio intorno a me. Pensavo di trovare gli amici Ghiri e Scoiattoli ma mi sa che stanno ronfando alla grande. Io con questa storia che mi son persa nella Cote d’Azur, quest’anno mi son saltata il letargo ma -meno male- direte voi! Altrimenti chissà quanti altri mesi passavano! Insomma, vi ho rinfrescato un po’ la memoria? La Valle Argentina, in tutto il suo splendore. Ora vado a prepararvi altri articoli. Abbiate pazienza sono un po’ in arretrato. Un abbraccio e uno squit!

M.

Meteorologia ligure – intervista al Capitano Lidio Lanteri

Cari topi, tempo fa, scrivendo un articolo qui sul mio blog nel quale mi lamentavo del brutto tempo (essendo io amante del caldo e del sole) e nel quale pregavo il buon Giuliacci di darmi buone notizie, ricevetti qualche giorno dopo, una bellissima mail da parte di un meteorologo di Milano, Capitano dell’Aeronautica Militare, e amico proprio del nominato Colonnello.

Tale persona mi spiegò simpaticamente come invece avrei dovuto essere felice del clima che potevo fortunatamente vivere, non solo nei confronti della stragrande maggioranza di italiani ma addirittura persino nei confronti di chi vive la Liguria di Levante.

Ebbene, cari topi, la sorpresa ancora più grande è stato scoprire che questo meteorologo era anche originario proprio della mia Valle, e precisamente del paese di Corte che qui vi ho fatto conoscere https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2012/09/10/tutti-a-corte/ e forse, proprio per questo, seguiva sempre il mio blog.

Topini, vi sto parlando del Capitano Lidio Lanteri.

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Qui, in questo documento che mi ha inviato, potete vedere la situazione climatica che vi spiegavo inerente alla Liguria e capire come, davvero, possiamo ritenerci così fortunati noi abitanti della meravigliosa Valle Argentina perchè viviamo in un angolo di paradiso.

E secondo voi, io potevo forse farmi scappare l’occasione di intervistare questo mio convallese per altro molto gentile e molto disponibile? Certo che no, e quindi, qui di seguito, eccovi le sue risposte alle mie curiose domande.

Buona lettura e buone nozioni sul nostro clima!

– Ciao Lidio, raccontami qualcosa di te, non sapevo di avere come convallese un meteorologo!

– Ciao Pigmy sai che mi metti in difficoltà? 🙂 Bhè, sono andato via da Corte nell’ottobre del 1947. I miei genitori si sono trasferiti nel primo paese della Valle, sul mare, Arma di Taggia e io, che avevo iniziato la V° elementare a Corte, ad Arma l’ho poi continuata e terminata con il maestro Carletti. Son partito volontario per andare nell’Arma dell’Aeronautica Militare nel 1954 e dopo ho fatto un corso per “Marconista Operatore” a Caserta. Nel 1955, finito questo corso, sono stato trasferito a Bergamo all’aeroporto di Orio al Serio, all’epoca sede del “Secondo Stormo Intercettori Diurni”. Successivamente trasformatosi in “Seconda Aerobrigata”, si andò tutti a Cameri-Novara. Sia qui che dov’ero prima, il mio compito era aerologista, cioè facevo osservazioni meteo sull’aeroporto. Nel mentre studiavo e riuscii a prendere prima la maturità e poi la laurea presso la Cattolica a Milano. Nel 1970, anno del mio matrimonio, ho vinto un concorso per Sottotenente in SPE (Servizio Permanente Effettivo) e venni inviato a frequentare l’ottavo corso di specializzazione in “Fisica dell’Atmosfera” a Roma dove, nel 1972, è nata mia figlia oggi mamma dei miei due splendidi e cari nipotini.

– Cavoli quanta strada Lidio! Complimenti! Hai praticamente iniziato giovanissimo e non c’era assolutamente la tecnologia di oggi. Negli ultimi anni, possiamo dire che siete arrivati ad ottenere una precisione incredibile sul clima. Quanto è utile l’utilizzo di mezzi tecnologici nel vostro lavoro? Possiamo usare il termine “indispensabili”?

– Per fare le previsioni è necessario saper assemblare una quantità enorme di informazioni come: temperatura, umidità, pressione, direzione e intensità dei venti e tanti altri fattori sia del suolo che in quota e, di conseguenza, alle varie quote di altitudini, informazioni che si stanno verificando nello stesso istante su una parte di continente. Pertanto, solo con la pratica, l’esperienza e la capacità, esse possono essere mediate e si può così proporre poi le previsioni. Certo, la tecnologia oggi aiuta enormemente, soprattutto aiuta nella tempestività, nella conoscenza, nella precisione, ma è l’uomo ad essere in possesso di studi competenti che lo portano a previsioni serie ed attendibili.

– Infatti, non sbagliavano nemmeno i detti dei nostri nonni vero Lidio? “Rosso di sera, bel tempo si spera” ad esempio… Anche i tuoi t’insegnavano così?

– Mio padre, uomo di montagna ma assai saggio, mi diceva: “chi si occupa del tempo diventa bugiardo” ma, si 🙂 alla fine della fiera…. rosso di sera!!!

– Che rapporto c’è tra te e il simpaticissimo Colonnello Mario Giuliacci? Raccontaci un aneddoto se puoi.

– Dopo il corso che ti spiegavo prima, trasferito all’aeroporto di Milano-Linate, incominciai a fare i turni in coppia con l’allora Tenente Mario Giuliacci, il mio maestro! Vedi, io sapevo tutto sulla meteorologia teorica ma fare le previsioni è un’altra cosa e, da Giuliacci, imparai molto come ovviamente anche da altri colleghi. Come ricordo ho il flash di quando venni messo in punizione con tre giorni di CPS (Camera di Punizione Semplice). Dovetti praticamente dormire per tre notti su un duro tavolaccio perchè mi avevano scoperto mangiare scomposto a tavola, ossia con i piedi incrociati 🙂 pensa te! Che tempi! Non c’entra con Giuliacci ma pensando a lui mi sono venuti in mente quei periodi e mi sono ricordato di come bisognava comportarsi…

– Tempi davvero diversi, hai ragione. Il tuo lavoro, se non erro, è legato all’Arma dell’Aeronautica Militare. Ad un giovane che oggi vorrebbe seguire i tuoi passi, cosa consiglieresti quindi? Quali sono i lati più belli e quelli più negativi del tuo lavoro?

– Ad un giovane, che posso dire? Di laurearsi in matematica o in fisica se vuole seguire queste orme, oppure, addirittura in medicina, non sai Pigmy quanto è importante l’incidenza della meteorologia sul fisico dell’uomo! E poi ovviamente, deve frequentare i corsi che credo ancora l’Aeronautica Militare bandisce. La cosa più brutta….. mmmhm… non saprei, la cosa più bella, beh, la nostra divisa!

– Ecco perchè sono meteoropatica! Ora ho una scusante! Correggimi se sbaglio: da un po’ di tempo si usa dire, quasi come fosse un motto ormai “Non ci sono più le mezze stagioni“, riferendosi alla primavera e all’autunno. A me non sembra. Forse tutto si è spostato senza basarsi su nomi di mesi o su date che ha assegnato l’uomo e non la natura. Sbaglio? Tu cosa ne pensi?

– Guarda, qualsiasi cosa accada, posso dirti una sola verità: “Dopo il cattivo tempo, arriva sempre il bel tempo”! E’ poco, è vero, ma provare per credere!

– Mi facevi notare, a seguito di un mio post e grazie al tuo documento: “Alcune gocce di meteorologia spicciola“, quanto siamo fortunati, meteorologicamente parlando, noi di questa parte della Liguria (di Ponente). Spiegaci meglio il perchè.

– Per ciò che riguarda la Liguria, quello che ho scritto sul documento, oggetto della presente chiacchierata, è verissimo. Le ragioni per le quali invece si forma una zona di bassa pressione sul Mar Ligure? Si sono fatte e si fanno tante ipotesi: le più diverse, le più fantasiose, fatte anche dall’illustre studioso italiano Dott. Ermini, mio caro amico. Ma ipotesi spesso contrapposte….!

– Quindi per questo ci sarà da studiare ancora un po’. Grazie Lidio, sei stato gentilissimo.

– Ciao Pigmy è stato un grande piacere. Evviva la Valle Argentina!

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Caro Lidio, io ti ringrazio infinitamente, è stato molto bello poter parlare con te e scoprire tutte queste cose. Grazie per avermi concesso quest’intervista e complimenti per il tuo amato lavoro. Grazie anche per la bella foto che mi hai inviato.

In questa immagine cari topi, potete vedere Lidio durante il giuramento di fedeltà alla Repubblica, in presenza del Capo del Servizio Meteo Generale A. Serra.

Che altro posso aggiungere? Che vivo in un angolo di paradiso, non posso proprio lamentarmi, ora, è più che confermato!

Un bacione a tutti, la vostra Pigmy.

M.

Argallo – il piccolo paese delle Meraviglie

Topetti, oggi vi porto a…? Fiato alle trombe! Argallo! Ebbene si, merita.

Siamo nel Comune di Badalucco e siamo a 640 metri sopra il livello del mare.

Argallo è una manciata di case lanciate sulla cresta della montagna Pallarea e rimaste in piedi. 

Il suo nome deriva probabilmente dalla voce “Arx-Galli” ossia, Fortezza dei Provenzali.

Per arrivarci abbiamo preso la strada che porta ai Vignai e, percorrendola, si può raggiungere anche il Monte Ceppo e discendere a San Giovanni dei Prati.

I paesini vicini ad Argallo, Ciabaudo e Zerni, sono, come lui, quasi disabitati.

Ad Argallo risiedono stabili solo due famiglie, tutti gli altri, sono di nazionalità tedesca e vengono qui solo in estate.

Siamo in una piccola sottovalle della valle Argentina: Valle Oxentina e, il ruscello, omonimo, la percorre tutta fin sotto a questo monte dove è stato costruito questo splendido paesino. Un monte che arriva a toccare, con la sua punta, i 1.100 metri.

Il panorama che ci offre è stupendo, tutta la zona dell’Oxentina si mostra a noi e, allungando lo sguardo, possiamo notare laggiù in fondo l’alto Monte Faudo con le sue antenne e la neve che ancora lo ricopre.

Andiamo però a visitare il centro del paese, arrampichiamoci su. Si, uso il termine arrampicarci perchè solo poche auto riescono a salire fin qui; quelle molto piccole, oppure, si può arrivare con delle moto o dei motocarri. Noi, avendo una macchina più grande, siamo obbligati a parcheggiarla per la strada e raggiungere le case attraversando gli orti coltivati e ordinati in modo meticoloso.

Il mio toposocio di questa escursione parte all’arrembaggio e io dietro a scattare foto a destra e a manca incantata dalla natura che mi circonda.

Piano piano passiamo sopra ad un piccolo ponticello di legno, scavalchiamo qualche gradino in pietra, ci abbassiamo per evitare rami di alberi in testa e camminiamo tra piantagioni splendide di Ulivi. Tranquilli, il percorso sembra roccambolesco ma vi assicuro che è molto divertente e soprattutto salutare. L’aria che si respira qui è più che pulita, del tutto incontaminata e non tira il forte vento che tirava poco più giù, nonostante l’altitudine.

Qualche uccellino viene a salutarci, sembra davvero di essere dentro ad una fiaba. Eccoci giungere nel paese e già la prima casa, una bellissima casetta con una verandina e un gazebo in legno, con tavolino e sedie in Ardesia, ci da il benvenuto. Accogliente direi!

Ci accorgiamo subito che l’atmosfera è particolare. Non c’è nessuno ma, nell’aria, si sente come un senso di cordialità. Vi sembrerà assurdo ma ci sentiamo meno soli qui che non in una grande città dove nessuno ti guarda e nessuno sa chi sei e anche chi ti conosce fa finta di nulla. Sembra di essere in una comunità.

Immediatamente notiamo la cura e la particolarità che contraddistingue le abitazioni. Saltano all’occhio i colori tipici della Provenza, il giallo, l’azzurro, il bianco e il blu e le porte delle case sono circondate da simpatiche statuette o piatti decorati o mattonelle colorate con divertenti scritte. Le persone ci tengono molto a scrivere il loro nome sulla loro dimora e, per le vie del paese, ci sono veri e propri cartelli di legno che indicano la strada per “Casa Tizio” o “Casa Pincopallino”.

Ognuna ha la sua particolarità. C’è la famiglia che ama l’olio d’oliva e sotto al portico è piena di bottigliette e damigianette pitturate, quella invece amante dei gatti che ha mici di ogni materiale, quella che preferisce dei nanetti con Biancaneve, stabili nel giardinetto, e così via…

Ad arricchire questo borgo non sono però solo le casette ben curate; anche i ruderi hanno il loro fascino. Ancora imponenti e ricchi di storia mi lasciano a bocca aperta. Osservandoli attentamente si scorge tutta la lavorazione dell’epoca. Meravigliosi. Meravigliosi i loro tetti, i loro massi accatastati uno sull’altro, i loro finestroni, le loro travi, le loro altezze e quelle stalle ormai abbandonate che un tempo erano rifugio di animali da pascolo.

Un tempo i pastori portavano le loro bestie fin sui monti dietro la chiesa della Pallera, la chiesa della Regina di tutti i Santi.

Spesso incontriamo per terra lastroni di ghiaccio ma solo tra le case dove il sole fa fatica ad entrare.

Mi dicono i contadini della zona che, rispetto al paese più sopra, cioè Zerni, qui ad Argallo ci sono ben 15 giorni di differenza. Cosa vuol dire 15 giorni di differenza?

In pratica, ad Argallo, fa leggermente più caldo e si semina ogni cosa sempre 15 giorni prima rispetto al paese dopo. Pignoli calcolatori fantastici! Eppure credetemi che si tratta di 1 km appena!

Sopra al paese, in regione Batolo, sorgono delle opere in pietra, riconducibili a terrazzamenti fortificati e individuati come gli antichi accampamenti dei Provenzali. Inoltre, bellissimi sono i dipinti o le sculture, sempre in pietra, appese ai muri del paese.

Ovviamente non poteva mancare un altarino dedicato alla Madonna, protettrice di tutte le borgate della mia Valle, e una cosa che mi ha colpito molto è stata una piccola fontanella, nella piccola piazzetta, a disposizione di tutti, con una saponetta “in dotazione” per lavarsi i panni o le mani in tutta libertà.

Qui ad Argallo c’è anche un caratteristico Agriturismo, funzionante solo nella stagione estiva e bellissime da vedere sono le fonti Marsaglia. Si tratta di un acquedotto che, l’ingegnere Giovanni Marsaglia, nel 1883, riuscì a costruire in un solo anno con tanto di parco intorno, ma questo, amici topi, sarà un altro post.

Ora vi lascio riposare, per oggi, avete scarpinato abbastanza. Ripulitevi le zampette e preparatevi, tra non molto si riparte per una nuova avventura.

La vostra instancabile Pigmy.

M.

Che tempo fa?

Se e nivure i ven da a muntagna,

pia e crave e va in campagna.

Se e nivure i ven da u ma,

pia e crave e vatene a ca”.

Meteorologia d’altri tempi.

Come facevano una volta i contadini, i pastori, a regolarsi su come passare la giornata? Potevano quella mattina svolgere al meglio il loro lavoro, portando al pascolo il bestiame, o andandosene a coltivare l’orto?

Ebbene gli bastava guardare il cielo.

La Liguria è una regione particolare. Attaccate al mare, ecco sorgere subito maestose le montagne. Dall’infinita distesa azzurra si passa, in men che non si dica, a cime e boschi montani dalla particolare bellezza. Questo territorio fa si che anche il clima, le intemperie, si comportino in un certo modo. E i nostri vecchi hanno saputo calcolarlo. Riconoscere i suoi segreti.

Traduzione del proverbio scritto a inizio articolo:

– Se le nuvole arrivavano dai monti, non c’era pericolo. Si poteva tranquillamente portare a termine la giornata, come meglio si desiderava ma, se le nuvole invece arrivavano dal mare, portate dal vento che spesso ci taglia il viso, allora bisognava fare parecchia attenzione. Il temporale non avrebbe avuto pietà e sarebbe sicuramente stato assai violento -.

Meglio starsene a casa quindi e aspettare fosse lui a bagnare la verdura nei campi; a quel punto, si pensava solo a come proteggere al meglio gli erbivori che, quel giorno, avrebbero dovuto rinunciare ad un lauto pasto.

Ecco da dove nasce questo simpatico proverbio sul quale, non nascondo, ancora oggi ci basiamo prima di iniziare qualche tour alpino alla scoperta di luoghi fantastici. Onde evitare d’infradiciarci in modo eccessivo, ripetiamo questa filastrocca ed eventualmente partiamo. Un metodo simpatico direi.

Non solo i pescatori quindi sapevano leggere il cielo e l’atmosfera, ognuno, a suo modo, sfruttava i propri metodi e le proprie conoscenze, ovviamente nella propria terra.

Topobaci!

M.