Generosa Flora sopra Il Pin

Beh, che i fiori, in Valle Argentina, in questo periodo, siano i protagonisti assoluti non ci piove. Ed è giusto che sia così. Siamo in primavera, ormai alla fine, stiamo sfiorando l’estate ed è bellissimo vedere le loro forme davvero uniche e i loro colori.

Oggi però vorrei portarvi a vederne di particolari in un luogo altrettanto particolare. Si tratta di fiori che nascono nei prati, a bordo strada, ma anche su alberi e, insomma, creano un ambiente incredibile.

Andiamo dopo Realdo, dopo Borniga, oltre Il Pin, località così chiamata vista la grande presenza di Pini, salendo per andare verso l’inizio del sentiero che conduce ai Parvaglioni e possiamo godere di un luogo meraviglioso, pezzo di un paradiso unico.

Meraviglioso perché la natura qui dona il meglio di sé. C’è tanta vita soprattutto regalata dalla flora.

Ad accogliermi, dall’angolo di un grande prato, c’è una piccola comunità di alberi. Sono dei Larici. E’ curioso vedere come i più piccoli e giovani siano difesi da quelli più adulti e saggi che li circondano proteggendoli dal perimetro del boschetto. Sotto di loro è come essere dentro ad una capanna, un tepee indiano e l’ombra è così scura e fresca che sembra di aver oltrepassato un portale che porta in un’altra dimensione. Le loro fronde cadenti sono come tende vive e ci si sente accolti.

Esco da quella biocenosi dopo aver respirato il loro profumo balsamico e aver accarezzato i licheni che ricoprono quelle ruvide cortecce perché molto altro mi aspetta.

Sulla soglia un innocuo Orbettino (Anguis Veronensis) mi saluta e meno male perché quasi non l’avevo visto anche se è più lungo di me. Tranquilli, non è un serpente ma una Lucertola un po’ particolare che ha perso le zampe durante la sua evoluzione.

Riprendo a zampettare in su fino ad arrivare in un pezzo di strada che sembra dorata. Questo bellissimo colore è dato dalle cascate dei Maggiociondoli in fiore che, con i loro gialli grappoli, creano un portico suggestivo lungo la via. Si tratta di un albero tossico ma meraviglioso. E persino utile. Il suo legno, che si confonde facilmente con l’Ebano, soprattutto nei soggetti più anziani, era venduto un tempo al posto di quest’ultimo e ancora oggi infatti è conosciuto come “Falso Ebano”.

Passo sotto a quei numerosi e piccolissimi soli, in un mondo tutto giallo, e mi sembra di sognare. Non avevo mai visto tanti Maggiociondoli così assieme anche se, in Valle Argentina, ce ne sono davvero parecchi.

Mi viene in mente il Monte Pellegrino che, in questo periodo, è praticamente giallo!

Dopo aver percorso questo viale ritorno al grande prato e questa volta vengo rapita da un insieme di fiori di campo uno più bello dell’altro.

Persino i fiori, abbastanza classici, di Trifoglio qui sembrano ancora più belli, sono come grandi e morbidi pon pon che dal bianco arrivano alla tonalità fucsia e sono stupendi. Anche altri sembrano palline e assomigliano al Trifoglio anche se non lo sono. Quasi quasi me ne prendo due da mettere come cuscini nel mio guscio di noce.

Ma ci sono anche i Non ti scordar di me e la Veronica, conosciuta anche con il nome di Occhi della Madonna per via del colore blu intenso dei suoi minuscoli petali.

I campi sono completamente in fiore e tutta quella manna è una delizia per molti insetti.

Mi inoltro in un bosco che scorgo oltre il prato. I fiori non mi abbandonano. Ripensando agli insetti mi viene in mente che qui possono sfamarsi davvero quanto vogliono.

L’erba è alta eppure questi fiori sono così colorati e variopinti che spiccano in quel verde vivace. La parola “verde” deriva dal Latino “viridis” e significa “vivere”. Che bellissimo significato vero? Lo sapevate?

E infatti qui, chiunque ritroverebbe la vita. Si respira nuova vita. Perché tutto è vivo e palpitante.

Anche questa volta spero di avervi fatto cosa gradita portandovi con me a vedere tanta bellezza ma ora dobbiamo lasciarci perché un nuovo articolo mi aspetta tutto da scrivere.

Vi mando quindi un bacio floreale e vi aspetto per il prossimo tour.

L’eterna bellezza dei fiori selvatici

Ho deciso di intitolare questo articolo “l’eterna bellezza dei fiori selvatici” perché è davvero eterna la bellezza che mostrano e a loro appartiene. Nonostante il loro durare, al di là del tempo.

Naturalmente mi rivolgo ai fiori della Valle Argentina che sono quelli, i quali, posso ammirare durante le mie passeggiate e, soprattutto, nascono spontanei come tanti principini della Flora.

Alcuni vivono per una stagione, altri un solo giorno ma è proprio vero che, a volte, in un solo attimo, si nasconde l’eternità. Perché il loro splendore permane. Resta negli occhi e nel cuore per sempre. Se lo si guarda attentamente, un fiore selvatico, ha tanto da dare. Si offre incondizionatamente in tutta la sua meraviglia ed è stupore.

Durante le mie passeggiate per monti, prati e boschi, ho la possibilità di osservare e toccare e annusare queste piccole divinità costantemente.

Le stagioni della Primavera e dell’Estate ne offrono molti di più ma anche in Autunno e in Inverno, se si fa più attenzione, si può godere della loro bellezza.

Essa muta, di volta in volta, proponendo sempre forme, colori e profumi diversi. Nuovi.

Non è possibile, secondo me, affermare che quel fiore può essere più bello di un altro. Sono tutti belli, ognuno a modo suo e non voglio essere banale con questo. Provate a trasformarvi in piccoli microscopi e osservare da vicino. Vedrete che ho ragione.

I loro colori più accesi si contraddistinguono parecchio con tutto il resto della natura e gli occhi non possono che incantarsi su quei petali così vivi.

Alcuni di loro sono persino edibili, cioè commestibili, anche se bisogna essere bravi a riconoscerli, la natura non è mai da sottovalutare.

Noi della Valle siamo molto fortunati. Non solo viviamo in un pezzo del pianeta splendido e incontaminato ma questo gode anche di una biodiversità raramente equiparabile ad altre zone del mondo! Pensate! Sono tantissime le specie di piante (e anche di animali) che lo popolano. E con il loro nettare squisito, le Api possono creare tanto buon miele.

Le essenze floreali trasmesse da queste meraviglie che ci circondano e che, per la maggior parte, proprio in questo periodo si stanno risvegliando, possono influenzare parecchio la nostra vita.

Un fiore racchiude in sé tantissime forze come quelle della Terra Madre e quelle della luminosità del Sole Padre. Sono le energie con le quali egli stesso si è nutrito e, dando ciò che ha, non potrà che elargire energie pure.

E avete mai notato la loro espressione Topi? Henry Ward Beecher diceva: << I fiori hanno un’ espressione del volto, come gli uomini o gli animali. Alcuni sembrano sorridere; altri hanno un’espressione triste; alcuni sono pensierosi e diffidenti; altri ancora sono semplici, onesti e retti, come il Girasole dalla faccia larga e la Malvarosa >>. Sono assolutamente d’accordo con lui.

I loro colori e le loro forme, inoltre, senza che nemmeno ce ne rendiamo conto, educheranno alla creatività che, credetemi, è il sale della vita. Solo colui che sogna e crea non sarà mai schiavo perchè, per realizzare il suo desiderio, automaticamente diventerà un Creatore. Non posso parlare di floriterapia perché non ne ho le competenze ma ho potuto appurare nella mia vita quanto beneficio i fiori possono regalarci.

Come noi e come il pianeta, sono costituiti dall’80% circa di acqua, un’acqua racchiusa dentro a trasparenze sottili, a venature marcate ma tenui. Ci aiutano a scoprire noi stessi e ad avere molta più autostima e fiducia nelle nostre capacità. Ci insegnano la forza.

Molti fiori emettono profumi per favorire la riproduzione e attirare gli insetti impollinatori. La creazione di profumo è un esercizio di equilibrio: le piante devono generare abbastanza odore per indurre gli insetti per fecondare i fiori, ma non così tanto da sprecare energia. Infatti, per molte specie, l’emissione del profumo non è costante ma diminuisce dopo l’impollinazione” (cit. chimicamo.org). I fiori ci insegnano l’equilibrio. L’equilibrio vitale.

E basterà osservarli attentamente e perdersi nella loro bellezza per arrivare a questo. Il loro sbocciare infatti è un inno alla vita e avviene, sempre, anche contro ogni avversità. Nonostante per loro sia una gran fatica.

I fiori ci parlano e hanno la grande dote di eliminare da noi le energie negative. Riescono ad assorbirle, come fanno con l’Anidride Carbonica, e le trasformano in sensazioni salutari.

Sarà la dolcezza che possiedono nel conquistarci, noi non dobbiamo fare altro che aprir loro la porta del nostro cuore. Osserviamoli attentamente, lo ripeto. Ognuno è un’opera d’arte.

Hanno nuances che nemmeno con i più sofisticati mezzi tecnologici riusciamo ad imitare e profumi che regalano essenze atte al benessere. Al di là delle cure attraverso i fiori di Bach, filosofia curiosa e piacevole ma che non tocca questo tema, stare a contatto con i fiori è sinceramente salutare. La loro bellezza, la loro perfezione, ci aiuteranno ad apprezzare di più il mondo, sentirci confortati e gradire le piccole cose.

Come può un esserino così minuscolo essere anche così perfetto? Eccolo, possiede tutto. E in quel – tutto -, che scopriamo se miriamo ancor di più con i nostri occhi, c’è un altro mondo da svelare… a noi.

I pistilli e gli stami ci appaiono come il suo centro, come il suo arrivo ma no, c’è ancora qualcosa oltre: lanugine, colori, solchi, palline, polvere sgargiante. C’è la meraviglia. Addentrarsi in loro, toccarli, percepirne la leggerezza. Lasciarsi sollevare l’animo. Perdersi in loro, evadere dal mondo. Così va guardato un fiore. Così saremmo appagati dalla sua energia. I fiori permettono la vita. Sono un anello fondamentale della catena.

Anche noi possiamo riprodurre grazie a loro. Possiamo riprodurre la nostra gioia, la nostra serenità, il nostro benessere. Amalgamiamoci ad essi. Avviciniamoci a loro in un corroborante abbraccio. I fiori non vanno solo guardati o messi a dimora in uno splendido vaso. I fiori vanno vissuti.

Che ne dite Topi? Vi sono piaciuti i miei fiori selvatici?

Bene, un bacio floreale a voi allora.

Un Natale incantato a Villa Boselli

Cari topi, topine, ratti e castagnole di tutta la Valle… io sono davvero fiera e molto contenta di far parte di una comunità così affiatata e volenterosa come quella che sto per descrivervi in questo mio nuovo articolo.

Magari non tutti lo sapranno (io, però, mi auguro di sì!), ma nei giorni scorsi si è svolto un evento davvero meraviglioso ad Arma, un evento di cui voglio proprio parlarvi perché è degno di nota e sta entrando ufficialmente a far parte delle nostre tradizioni.

Sto parlando di “Natale a Villa Boselli”, un’occasione d’oro tra le più grandi e belle della Valle Argentina, non esagero.

Dico che sta entrando a far parte delle manifestazioni caratteristiche di questo nostro bel territorio perché proprio quest’anno è giunto alla sua sesta edizione e, se è riuscito a tagliare questo bel traguardo, è grazie alle mamme e ai papà che hanno ideato tutto questo ormai sei anni fa.

Noi liguri siamo diventati famosi altrove perché siamo bravi a mugugnare. E mugugniamo che in Valle non ci sia niente. E mugugniamo che manchino opportunità. E mugugniamo perché ci si annoia…

Ma oggi io vi riporto una storia diversa, la storia di gente volenterosa che, con lo spirito laborioso tipico di questa terra, si è rimboccata le maniche per creare qualcosa di unico e diverso e per un fine davvero bello, a mio avviso: divertire e divertirsi in atmosfere familiari e giocose, proprio come una volta!

E così, per offrire ai propri figli uno svago e un’occasione di ritrovo, di gioco e di crescita durante le feste, è nato un comitato genitoriale che ha dato vita, sei anni fa, al primo evento a Villa Boselli a ridosso del Natale. Col tempo, la manifestazione è cresciuta e ha richiesto sempre più energie, e così mamme e papà si sono uniti mettendo ognuno a disposizione il proprio talento e le proprie capacità: chi costruiva giochi di legno, chi si occupava di contattare i professionisti (truccabimbi, animatori, ecc.), chi si premurava di procurare tutta la documentazione necessaria (assicurazioni, permessi e scartoffie d’ogni sorta)… insomma, tutti a darsi un gran daffare per far contenti i topini più piccoli e veder brillare i loro occhietti per la meraviglia… ma nessuno si aspettava, forse, che anche gli occhi dei più grandi si sarebbero accesi!

Io ho avuto l’opportunità di sbirciare dietro le quinte di questo evento meraviglioso, e ho visto tanta buona volontà, ho letto l’entusiasmo nelle parole di chi lo organizza con dedizione, credendo fermamente in ciò che fa.

E ora che questa sesta edizione è passata, resta il ricordo di due giornate trascorse all’insegna dell’allegria più pura. Quanti i palloncini gonfiati a colorare le atmosfere… quante le risate che hanno arricchito l’aria! E che bella festa!

Villa Boselli si è trasformata per due giorni in un villaggio natalizio e tutto è iniziato venerdì scorso, con la presenza ufficiale di tutte le autorità locali e i rappresentanti delle associazioni territoriali e la tradizionale accensione dell’albero. Potete immaginare l’emozione e la bellezza nel vedere le luci che si accendono sui rami, all’improvviso?

Le caldarroste e i dolciumi hanno riscosso il loro solito successo, dovreste sapere meglio di me come funziona… si passeggia spensierati e poi, all’improvviso… ZAC! Le narici vengono raggiunte da quel profumino invitante e… via… è fatta: ci ritroviamo col sacchettino colmo di leccornie senza neppure sapere bene come. La cioccolata calda è stata versata a fiumi, anche quella una tradizione irrinunciabile.

Per i bimbi è stato un gran piacere saltare su e giù dai gonfiabili, e che divertimento ascoltare la banda e i cori natalizi!

Un grande successo sono stati, come sempre, anche i laboratori creativi organizzati dalle mamme e poi gli spettacoli di magia, teatrali e quelli delle bolle. Ce n’era proprio per tutti i gusti!

Ma niente, e dico, niente, ha potuto superare in meraviglia l’arrivo di Babbo Natale e lo scambio dei doni. Una bellezza senza eguali, topi!

Per non parlare, poi, degli elfi aiutanti, che hanno raccolto con amore tutte le letterine dei topini indirizzate al Polo Nord. Io sono davvero incantata da tanta bellezza e da tutto l’entusiasmo scaturito da questo evento.

E ora, finito questo, si pensa già al prossimo, con l’augurio che sia più bello e scintillante che mai.

Queste sì che sono storie di topi che mi piace condividere. In alto i calici e… hip hip hurrà per il Comitato Natale di Villa Boselli!

E adesso vi saluto, vado a festeggiare scrivendo altri articoli per voi.

A presto!

Accanto al Zimun per il Sentiero dei Piumisti

Il sentiero che facciamo oggi, chiamato “Sentiero dei Piumisti” è un anello che tocca la zona oltre il Bosco del Pellegrino, chiamata “I Cubi”, attraversa il Passo della Guardia, arriva al Ciotto de e Giaie per il Colle del Garezzo e poi scende, permettendoci di toccare U Zimun, Cà Botexina, Cà Gianca e tornare ai Cubi.

Naturalmente lo si può percorrere anche all’inverso, essendo appunto un anello, ma ora cerchiamo di vedere bene, tappa per tappa, questi luoghi magnifici che regala la mia Valle e che forse non avete ancora visto.

Oltrepasseremo ruscelli, saremo circondati da monti importanti, passeremo sotto a conifere di varie specie e noteremo come, questo bel percorso, non è assolutamente difficile o impervio e quindi adatto a tutti nel suo dolce saliscendi.

Innanzi tutto serve sapere che, in Valle, si chiama “I Cubi” quel luogo che, poco prima Passo della Guardia, è dotato di tavoli, panchine e barbecue per una sosta rilassante in mezzo alle montagne. Naturalmente quando non sono ricoperti di neve.

Da qui si parte verso il bivio Guardia/Collardente e, dalla Guardia, si prosegue per il Colle del Garezzo non senza prima lasciarci incantare dalla bellezza di Rocca Barbone, vestita di bianca bambagia, e che offre uno spettacolo meraviglioso.

All’incirca al di sotto del Monte Frontè, in un’apertura tra i monti chiamata Ciotto de e Giaie (Conca dei fiumi), si intravede un sentiero che scende lato mare e conduce a una montagnola tonda dal cocuzzolo fatto a fungo.

Si tratta di U Zimun (il Cimone) un piccolo monte che sovrasta il Poggio di Goina sotto di noi.

Prima di intraprendere questo cammino, che si srotola tra pascoli incontaminati, ora ricoperti di neve, è assolutamente doveroso fermarsi e osservare il panorama.

Dal Tunnel del Garezzo, che lo si distingue come un buco nero tra i monti, si possono riconoscere Cima dell’Ortica, Monte Bussana, Cima Donzella, il Passo della Mezzaluna e dietro di lui Pizzo Penna, Monte Arborea e Carmo dei Brocchi fino ad arrivare con lo sguardo al Monte Faudo che resta esattamente davanti al mare.

Spostandoci con gli occhi ancora un poco verso destra possiamo vedere anche Monte Bignone e il Monte Pellegrino del quale abbiamo toccato le pendici salendo.

Del secondo, possiamo distinguere chiaramente i molti alberi che lo ricoprono.

Dopo aver ammirato per bene quel panorama e aver goduto della presenza di Aquile, Camosci, Gracchi Alpini e Corvi Imperiali attorno a noi possiamo inoltrarci per il sentiero protagonista di questo articolo.

Intanto quei volatili e gli ungulati non si spostano.

Continuano a rimanerci attorno. E’ bellissimo.

Iniziamo a scendere quindi e giungiamo subito ad una piccola minuscola baita in pietra e legno, un rifugio privato con tanto di recinto in legno davvero caratteristico.

Lo sorpassiamo e continuiamo a scendere fino ad arrivare al Zimun che sembra un muffin ricoperto di zucchero a velo.

Svoltiamo a destra e proseguiamo per quella stradina ben delineata che, a tratti, taglia prati e radure per poi inserirsi tra rocce e radi boschetti di conifere.

Si toccano due Poggi ben conosciuti, prima Cà Botexina e poi Cà Gianca.

Durante il tragitto si passa nell’acqua fredda dei ruscelli e sotto ai grandi Abeti scuri che, di tanto in tanto, scrollano la neve dai loro rami aiutati dal vento.

Le loro fronde sono come affaticate.

Qui è tutto surreale. Verso i monti siamo protetti dalle pareti di terra e di roccia.

Par di essere dentro a un contenitore trasparente dall’atmosfera inimmaginabile.

La foschia tenta di abbassarsi con forza creando banchi spessi e, appoggiandosi alle creste che stiamo scavalcando, riesce bene nel suo intento.

Attorno, quindi, l’ambiente si fa bigio e affascinante, quasi mistico. Il silenzio è così assoluto da sembrare pesante.

Gli arbusti spogli sembrano scheletri che si stagliano tra le nubi basse, intenti in un’ascesa contemplativa verso il cielo.

In questo periodo dell’anno non ci sono fiori e nemmeno farfalle. Non ci sono colori e neanche rumori ma… quel mondo continua ad essere il mio mondo preferito. È assolutamente perfetto. È come deve essere. Sono in totale connessione con lui e mi sento io stessa natura.

Diverso gocce di neve sciolta si tuffano in picchiata verso il suolo.

Qualche secca spiga, colta di sorpresa da quei fiocchi di ghiaccio, è rimasta immobile come se per lei il tempo si fosse fermato e alcuni ciuffi d’erba sono gli unici a tingere, di un arancione bruciato, tutto quel perlato monotono.

Da qui si può vedere il sentiero del Garezzo sopra di noi.

Continuiamo accompagnati dal battito di quel cuore attutito da nebbia e ovatta. Tante le curve ma poche salite. Un sentiero semplice ma stupendo.

L’unico pezzo più a “rampa” è la fine, quando si giunge nuovamente ai Cubi e l’animo e pieno di gioia colta strada facendo.

Una passeggiata da fare e ricordare e che mi auguro vi sia piaciuta.

Vi mando un bacio tra la bruma ma vi giungerà.

Alla prossima Topi!

I tramonti che non ti aspetti

Sapete che amo zampettare nei boschi e sulle creste rocciose della mia Valle, sono la mia passione principale, ma… ci sono giorni in cui mi piace passeggiare anche in riva al mare e godere dei suoi ritmi, dell’andare e venire di quelle onde salate che plasmano costantemente la costa ligure.

tramonto gabbiani

Un pomeriggio di questi mi trovavo proprio a zampettare in prossimità della spiaggia, col ritmico fragore del mare ad accompagnare i miei passi. Gli amici cormorani pescavano indisturbati tuffandosi in acqua, qua e là qualche gabbiano solcava il cielo e sulla sabbia i cani inseguivano i bastoni lanciati dai loro padroni.

In quel quadretto già felice e armonioso poi, nel giro di pochissime ore, il cielo s’è acceso di tinte così vivide da far spalancare gli occhi di meraviglia.

tramonto spiaggia sole

Sì, perché in Liguria, soprattutto nelle stagioni più fredde, le albe e i tramonti sanno regalare emozioni difficili da dimenticare.

Ti entrano dentro, urlano la loro bellezza a ogni tua cellula, e tu non puoi fare a meno di ammirarla e desiderare di portarla con te.

tramonto silouette

E allora, con la macchina fotografica tra le zampe, scatti un clic dopo l’altro, per cogliere ogni attimo, ogni istante di quello spettacolo naturale che incanta tutti. Ogni topo si ferma a rimirare tanta beltà e tutti cercano di immortalarla, i più con il topo-smartphone nella zampa.

Ma, ditemi, come si fa a restare indifferenti davanti a questi colori accesi, infuocati?

mare tramonto

Le onde del mare paiono diventare d’oro fuso, quando il sole le bacia più da vicino mentre si abbassa sempre di più verso l’orizzonte.

Laddove i raggi non giungono più, ecco che invece l’acqua si fa plumbea, ma al contempo si tinge di lievi tocchi violetti, come se invisibili dita macchiate di colore avessero indugiato sulla tela del mare sporcandola appena.

onde tramonto

E i viola! Ah, topi, le sue sfumature tolgono il fiato a chiunque! Lilla, rosa, violetto, indaco… sono tutti colori di cui la tavolozza dei miei cieli è assai ricca.  Vengono sfoggiati quasi con spudorato orgoglio, affinché noi che abbiamo le zampe ben piantate a terra possiamo goderne appieno.

porto tramonto

Tutto si trasforma, ogni cosa assume tinte diverse e va a creare scenari fantastici; le barche cambiano colore, i profili scuri dei pescatori sui moli fanno contrasto con le onde dalle tinte cangianti, le banderuole si stagliano su spicchi di cielo surreali e inverosimili,  ma… ma tutto non dura che pochi minuti.

tramonto1

La notte incalza, reclama il suo regno fatto di ombre e di buio. Il sole tenta un po’ di ritardare il suo tuffo simbolico nel mare, pare fermarsi un secondo, indugiare. E, in quel suo apparente tentennamento, tira fuori tutta la luce e tutti i colori di cui ancora dispone, in un ultimo guizzo d’energia prima di abbandonare queste latitudini e andare a colorarne altre.

banderuola tramonto

Un miracolo, topi. Un incanto. E io sono grata e fortunata perché posso godere di tanta meraviglia, ma voi lo siete con me, perché ci sono io a mostrarvela, anche quando non potete goderne di presenza.

Un saluto colorato a tutti!

In quel di Vignago “Superiore” tra mele e rape

Le pagine fiabesche che la mia Valle può raccontare sono molte ma oggi il segnalibro è puntato sull’antico borgo di Vignago che vi ho fatto conoscere poco tempo fa perché c’è un punto di lui che ancora non vi ho mostrato.

Si potrebbe definire “Vignago Superiore” ma le case che lo compongono si possono contare sulle dita di una zampa e quindi si sorride pensando a quel “Superiore”.

Fatto sta che siamo sempre nei pressi di Corte ma non siamo nella località sotto la Rocca e chiamata – La Rocchetta -, dove un tempo il nucleo abitativo era maggiore, siamo più in su, dove la vita che scorre lo fa ancora come una volta, dove ad accoglierci ci sono alberi di Mele succose e zuccherine e Margheritine candide.

La natura attorno è di una bellezza disarmante e spalanca a noi le sue porte.

Si scavalca un piccolo rigagnolo d’acqua e se non si fa attenzione si entra nella proprietà privata di qualcuno. Un qualcuno che qui ha case bellissime, dal fascino davvero particolare.

I piccoli pergolati di Vite nascondono Zucche e panchine realizzate con i bancali e sembra quasi di essere in una di quelle riviste che parlano di case singolari.

Ci sono anche Viti che si arrampicano sulla ringhiera al fine sempre di dare quel tocco in più di magia.

Mi guardo attorno, ogni cosa che vedo mi stupisce: l’antica conigliera, i fiori, le corde, i tegami, i secchi usati come vasi per le piante.

Un tempo forse era l’unica soluzione, ora invece sarebbero considerati complementi d’arredo pregiati.

Ad attirare maggiormente la mia attenzione è però, senza dubbio, il grande casone realizzato interamente in paglia con il tetto di lamiera. Un capanno meraviglioso.

Forse un ricovero per attrezzi ma è bellissimo. Sembra proprio una casa delle favole con tanto di porta rigorosamente in legno.

Le pietre che formano le altre abitazioni invece è come se parlassero del loro passato e della loro storia. Devono aver visto molto da queste parti soprattutto per quanto riguarda la coltivazione.

Ancora oggi, anche se sono diventate dei prati, è possibile notare le terrazze nettamente addolcite dallo scorrere del tempo.

Ciò che adesso qui va più “di moda” sono le Rape. Ce ne sono ben tre orticelli dal simpatico aspetto.

I particolari che abbelliscono questo luogo sono tanti e, naturalmente, tutti molto antichi. Alcuni persino originali dell’epoca.

Anche i colori sono parecchi e non hanno nessuna intenzione di spegnersi.

Ci sono addirittura diversi fiori appena sbocciati nonostante le temperature si siano abbassate di molto rispetto a quest’estate. Evidentemente qui si sta davvero bene e lo si percepisce immediatamente.

In effetti la quiete è assoluta e il luogo aperto perciò il sole non ha che da riscaldare tutto il giorno.

Solo le Ghiandaie si permettono di rompere il silenzio con il loro crocidare. Che pettegole!

Qui si gode di un bellissimo panorama che mostra Triora adagiata sul monte di fronte. Dietro di noi invece si innalza il bosco e ci si sente protetti.

Accanto alle case alcuni fasci di legna sono già pronti per aiutare ad affrontare l’inverno.

Questa parte di Vignago è più luminosa rispetto a quella in basso. E’ anche più vuota e gode maggiormente del verde che la circonda.

La natura è variegata e si riconoscono diversi alberi da frutta. Tutto il necessario per evitare di recarsi in paese, ogni giorno, a fare compere.

Ora Topi non vi resta che dirmi se vi piace di più Vignago Inferiore o Vignago Superiore. Due località totalmente differenti ma entrambe splendide.

Immagino non sia facile decidere per cui vi lascio pensare. Io, nel mentre, vado a preparare un altro articolo interessante per voi! Alla prossima!

Squit!

Al Ciotto: osservando tinte e arabeschi

Da più di tre anni, di tanto in tanto, mi dirigo al Ciotto di San Lorenzo.

Si tratta di un luogo a me molto caro, situato alle pendici del Carmo dei Brocchi e oltre ad essere un posto bellissimo se lo si sa ascoltare, parla con un’energia davvero profonda e unica.

Per arrivarci passo solitamente da Drego e da Passo Teglia, anch’esse zone della mia Valle senza eguali per il loro fascino remoto.

Una volta giunta all’arrivo mi piace soffermarmi a guardare ogni cosa, lentamente. Lo sguardo si appoggia piano, su tutto quello che addobba questo angolo della mia Valle per me dal sapore mistico e affascinante.

Mi piace contemplare, pensare, riflettere e guardare intorno a me tutta quella bellezza che mi circonda sentendomi davvero una Topina fortunata. Si tratta di una dolina tutta fiorita in estate e circondata da austere rocce, una faggeta fatata e abeti antichi che proteggono. Una radura a forma di conca nella quale talvolta si forma un piccolo lago o è prato in base al periodo dell’anno.

E’ proprio durante queste attente osservazioni che ho potuto notare come questo luogo si modifica di stagione in stagione.

I suoi cambiamenti sono in realtà molto evidenti e dati principalmente dai colori che lo abbelliscono ma se quando parliamo di colori pensiamo soprattutto all’autunno… beh… al Ciotto di San Lorenzo (chiamato anche il “Sotto”) le tinte regalano emozioni ogni mese.

E’ vero che, prima di aprire le porte all’inverno, i Carpini si vestono d’oro e i Larici delle nuances del tramonto. Com’è anche vero che i Faggi diventano color della terra bruciata e le capsule di semi delle Graminacee creano puntini neri sparsi qua e là ma quando la fredda stagione giunge del tutto è la Bianca Signora, la neve, a regnare rendendo tutto candido e brillante.

Il foliage, in questo luogo, è davvero attraente.

D’estate, invece, è il viola della Lavanda e del Cardo Selvatico a prevaricare su tutto. Il colore della magia, ed è quasi più presente addirittura del verde vivace, il vero padrone.

Lo stesso Cardo, terminato il periodo estivo, appare di un avorio lattiginoso e sfavillante.

Tra il profumo del Timo anche gli insetti contribuiscono a colorare il tutto ma ovviamente, il gradino più alto del podio spetta alle farfalle e le loro ali dipinte.

Per non parlare delle bacche. Tante tantissime e tutte diverse tra loro. Quelle color rosso fuoco si notano già da lontano.

Molte tonalità di grigio e di marrone vengono date anche dalla corteccia degli alberi che circondano l’antico Ciotto ricco di storia e leggende.

Osservando certi tronchi, dal basso verso l’alto non si possono non notare le diverse sfumature di queste alte piante e, una volta che ci si trova con il naso all’insù, un ulteriore spettacolo si apre davanti agli occhi agitati.

Un intreccio infinito di rami, sia spogli che ricchi di fogliame, si annodano, si avvicinano e si incrociano fino a formare strane forme di linee, degli arabeschi stupendi che sembrano disegnare il cielo.

Come dei centrini, posizionati all’incontrario, abbelliscono anche l’aria sicuri nel risultato di una meraviglia totale.

Via via che i giorni passano, andando verso il periodo del gelo, dopo il trionfo di vita e tinte forti, tutto si spegne divenendo sempre più pallido e mostrando il riposo.

Nonostante questo sonno color pastello, pare d’esser in un incanto, nella tela di un pittore malinconico e che ama i colori tenui. L’inverso della vivacità verde incontrata in passato.

Insomma, il Ciotto di San Lorenzo regala sorprese sempre. Non può non lasciar stupiti e grazie alla natura variegata che lo forma resta un punto assolutamente unico della Valle Argentina.

Io, sognante, vi mando un bacio colorato e vi lascio immaginare questa tavolozza. Vado a prepararvi un altro articolo!

Fronté, Garlenda, Garezzo… che tour!

Ai confini di valli meravigliose, in mezzo a pascoli e pietraie, tra animali e fiori, respiriamo un’atmosfera magica e la bellezza esagera, quasi incontenibile, davanti ai nostri occhi.

Avete letto il titolo di questo articolo, avete letto nomi, avete letto di un tour… un’escursione che ora faremo insieme e, attraverso la quale, potrete conoscere un mondo che forse solo Heidi ha visto (oltre a me!). Io sono assieme a Topo amici, la compagnia giusta non manca mai e, assieme, ci divertiremo sicuramente.

Cosa sono il Frontè, il Garlenda e il Garezzo?

Il Frontè è un alto monte della mia Valle, come già vi avevo raccontato qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/08/15/ancora-in-alto-sul-monte-fronte/ e oggi sarà per noi il punto di partenza perché, cari Topi camminatori, una volta raggiunta la sua splendida vetta e aver goduto del panorama che regala bisogna preoccuparsi anche di scendere e tornare in tana.

Non occorre dispiacersi perché si potranno vedere ulteriori scenari meravigliosi che la Valle Argentina regala in ogni suo angolo.

Con lo sguardo possiamo abbracciare anche la Valle Arroscia, dirimpettaia dell’Argentina, i suoi paesi come Monesi e Piaggia ma possiamo scorgere anche il noto Monte Saccarello e la maestosa e conosciutissima statua del Redentore.

Persino il Rifugio Sanremo è visibile.

Non solo. È piacevole osservare attentamente ciò che rimane di diverse strutture Napoleoniche. Si capisce anche da qui che sono grandi e servivano da caserme. Ce ne sono su diversi crinali e, oggi, di loro, rimangono soltanto le pareti laterali e divisorie.

Le guardo incuriosita immaginandomi soldati e battaglie su quelle distese infinite che oggi, fortunatamente, parlano solo di quiete e gioia.

Appena si inizia a scendere ci si imbatte felici in un branco di cavalli selvaggi dai colori del manto assai rari. Uno sembra d’argento, luccica quasi. Altri sono biondi ed eleganti, altri ancora sfoggiano delle tonalità di un marrone che poche volte si vede se non in natura.

Alcuni di loro mi si avvicinano, mi annusano le zampe anteriori. Sono grossi, muscolosi, non altissimi ma robusti. Hanno lo sguardo dolce e curioso allo stesso tempo.

Dopo qualche scatto a tanta meraviglia si decide di proseguire e uno di loro ci segue per qualche metro.

Ci avviciniamo al Passo di Garlenda (2015 mt) e i monti di fronte a noi palesano un ambiente stupendo. Pascoli in discesa di un verde vivace, massi bianchi, gruppi di alberi che sembrano posizionati da mano sapiente, quella del creato ovviamente.

Per raggiungere Colle del Garezzo, là dove siamo diretti, dobbiamo prendere un sentiero tra sassi e ciuffi d’erba che scende parecchio.

 Se fatto a salire bisogna essere allenati.

Alcune pietre hanno forme e posizioni buffe;  rare sono le zone d’ombra esistenti grazie a qualche “custo” e piante solitarie.

È sotto una di queste piante che uno dei miei amici decide di fermarsi per scattare qualche foto al panorama. Si allontana da me ammirando le ricchezze del suolo come i colorati fiori e quello che lo circonda.

La sua passione per le foto lo trattiene diversi minuti e mentre lo aspetto decido di osservare attentamente alcuni insetti bizzarri che si nutrono del nettare di quei fiori.

È in quel momento che vengo attaccata anch’io, come i cavalli incontrati prima, da un Tafano sbruffone che decide io sia la sua colazione. Maleducato e indisponente.

Avendo però già raccontato questa mia disavventura qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/08/22/la-topina-e-il-tafano-vanaglorioso/ tralascerei tale nefasto ricordo e andrei avanti sia nel racconto sia fisicamente, a scendere, per raggiungere l’ambito Colle.

Avendo scollinato siamo ora davanti ad un altro spettacolo: quello dei profili dei miei monti e possiamo godere di tanto verde in questa stagione incontrando altri nuovi amici.

Continuiamo a scendere facendo attenzione a dove mettiamo le zampe. I lunghi e resistenti fili d’erba, coriacei come spighe, e le pietre nascoste, possono castigare.

Una volta raggiunta la strada sterrata e più grande, ossia siamo arrivati al Garezzo, si va verso Passo della Guardia dove abbiamo lasciato la macchina per poter così raggiungere Triora e tornare al Mulino.

Questo sentiero che abbiamo appena fatto lo si percorre all’incirca in un’ora e un quarto a salire. A scendere, ovviamente, molto meno.

Essendo giunta non mi resta che salutarvi lasciandovi ammirare le immagini che ho scattato per voi e che forse non rendono giustizia al luogo ma posso assicurarvi che è come vivere un sogno.

Un bacio dal Colle Topi! Vi aspetto per la prossima escursione.

Il Corbezzolo – Vivi e colora il tuo mondo

Poi qualcuno osa dire che l’Autunno è una stagione triste e spenta, poco colorata… Ma meno male che c’è qui la vostra Prunocciola, pronta a mostrarvi la Natura come la vedete di rado!

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Cari topi, in questo periodo dell’anno i monti e la Natura tutta si colora di tinte assai calde e accoglienti, complici anche le giornate ancora per lo più terse e molto tiepide. Ed è in questo momento che giungono a maturazione anche dei frutti coloratissimi, che inondano i sentieri offrendo ulteriore bellezza agli occhi, come se non fosse già tanta quella offerta dai generosi Castagni dalle foglie d’oro, dai colori bronzati dei Larici, dalle tinte solari e delicate delle faggete e di tante, tantissime altre piante che fanno i fuochi d’artificio pur di farsi notare.

Sto parlando del Corbezzolo, il cui nome scientifico è Arbutus unedo, pianta appartenente alla famiglia delle Ericaceae. I suoi frutti paiono palline natalizie di colore giallo-arancio quando sono immaturi e rosso quando invece giungono a maturazione.

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La pianta è sempreverde e vanta la presenza in contemporanea di fiori e frutti sui rami. I suoi colori prevalenti (il verde delle foglie, il bianco dei fiori e il rosso dei frutti) la assimilano alla bandiera italiana, e per questo motivo ne è divenuta il simbolo patrio. Fu nell’Ottocento che assunse il significato di unità nazionale.

Plinio il Vecchio, naturalista e filosofo romano, riteneva i corbezzoli talmente insipidi che a suo parere era impossibile mangiarne più di uno, ecco spiegata la derivazione del nome scientifico della specie – “unedo” -, che deriverebbe da “unum” (= uno) e “edo” (= mangiare).

I suoi colori vivaci lo accostano alla Vita, e infatti è una pianta assai longeva, tanto da poter divenire addirittura plurisecolare. Cresce anche rapidamente, e con questo Madre Natura ci vuole lanciare un messaggio importante: chi sa colorare la propria esistenza, chi guarda con gioia ai colori, alla positività, cresce (e vive) con più facilità.

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Il verde è il colore del cuore secondo le discipline orientali, è la tinta che più di ogni altra riguarda l’energia d’Amore Incondizionato che permea ogni cosa nel Creato. E, in effetti, è il colore di Madre Natura… chi sa amare più e meglio di lei? Qualcuno lo attribuisce anche alla speranza, ma una creaturina del bosco come me non conosce questa emozione: noi bestioline, insieme alle piante e a tutti gli elementi naturali, non siamo soliti sperare, semplicemente siamo, esistiamo e agiamo, senza aspettative. Ecco perché per me il verde del Corbezzolo – e di tutte le altre piante meravigliose della Valle e del pianeta – rappresenta la Vita, la gioventù delle tenere foglie appena spuntate sui rami e dalla terra.

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Che dire, poi, del bianco? E’ la Purezza per antonomasia, la pagina ancora bianca prima di essere scritta, il principio di ogni cosa, l’insieme di tutti i colori esistenti e la tinta attraverso la quale si esprime la Luce… e, ancora una volta, la Luce è… Vita!

Giallo, arancio e rosso sono invece colori legati al Sole, al fuoco, quello della creazione e del calore fisico, avvolgente e prorompente. Anche in questo caso sono tinte strettamente legate alla Vita. Ed ecco che allora il Corbezzolo, racchiudendo in sé tutti questi colori, non fa che rimarcare, evidenziare e sottolineare con allegra e sfacciata enfasi il suo essere così profondamente legato alla Vita gioiosa, all’esistenza terrena.

corbezzolo

 

A proposito di fuoco… è una pianta originaria del Mediterraneo, e la terra lambita da questo meraviglioso mare è battuta dal Sole e spesso viene investita da incendi. Ma tutto in Natura è perfetto, topi, per cui questa mamma amorevole su cui poggiamo tutti le zampe ha escogitato un modo efficace e geniale per far sopravvivere le proprie creature durante manifestazioni apparentemente così estreme e violente. Come il Cisto, infatti, il Corbezzolo possiede una “memoria” di fuoco. Cosa significa? Vuol dire che si infiamma molto facilmente e questo gli permette di far passare velocemente le lingue infuocate sopra le proprie radici, in modo tale da preservarle intatte. In pratica la parte alta della pianta si incendia e si incenerisce molto in fretta, e dunque le fiamme, non avendo altro da “mangiare”, passano oltre. Le radici restano integre e da lì a breve il Corbezzolo rigetterà, concimato dalle sue stesse ceneri come l’Araba Fenice, crescendo velocemente come solo lui sa fare! Una meraviglia, insomma! Se non è Vita questa…

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Il Corbezzolo ha dimensioni arbustive, arrivando a raggiungere però fino ai 10 metri di altezza. I suoi fiori a grappolo sono ricchissimi di nettare, particolarmente apprezzato dalle mie amiche api, soprattutto se quando la pianta fiorisce – ovvero tra ottobre e novembre – non sono ancora giunti i primi freddi a farle rintanare. Il miele di Corbezzolo, molto pregiato, aromatico e amarognolo, è l’ultimo a essere prodotto prima del riposo invernale.

I frutti, come già dicevo, hanno forma sferica tanto da apparire come colorate palline decorative, sono grandi circa due centimetri e sono molto carnosi, possiedono in superficie dei tubercoli che danno alla bacca la sembianza di una pralina ricoperta di granella. Maturano tra ottobre e dicembre e non tutti ne amano il sapore e la consistenza, come ricordava Plinio, eppure in molti lo apprezzano, soprattutto per l’utilizzo in diverse preparazioni, tra cui le confetture.

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Se non lo apprezzano gli esseri umani, altrettanto non si può dire delle bestioline! In particolare esiste una farfalla che adora nutrirsi dello zucchero presente nei frutti, ne fa grandi scorpacciate, e per questo motivo la bellissima Charaxes jasius è meglio conosciuta più semplicemente come farfalla del Corbezzolo.

Se ne ricavano, oltre alle marmellate, anche vini, liquori, acquaviti e dolciumi.

Un tempo le sue foglie, ricche di tannini, erano utilizzate anche per conciare le pelli.

Il Corbezzolo cresce in mezzo alla macchia mediterranea, motivo per cui è più facile trovarlo sui sentieri costieri o che si affacciano quasi sul mare. Personalmente ne ho visti davvero molti sulle alture di Sanremo, tra San Romolo e Monte Caggio, così come anche tra Verezzo e i Prati di San Giovanni. Ama ambienti semiaridi, a un’altitudine che va fino agli 800 metri sul livello del mare, e cresce tra i cespugli, nei boschi in cui domina il Leccio o anche nei sottoboschi di pinete litoranee.

corbezzoli

Un’antica leggenda latina narra del salvataggio di un neonato da parte della ninfa Carna avvenuto grazie a un ramo di Corbezzolo. Per questo motivo la pianta è divenuta una delle piante che si dice respingano le streghe, soprattutto nella notte di San Giovanni (24 giugno).

I toscani l’hanno addirittura adottata nel gergo come esclamazione di meraviglia: “corbezzoli!”, dicono. E in effetti, topi, io non riesco proprio a dare loro torto. E’ una pianta assolutamente meravigliosa!

Un bacio tricolore a tutti voi.

Ciò che racconta l’Autunno

Topi cari, tutti voi sapete quanto io ami l’estate, eppure l’autunno – come ogni altra stagione di Madre Natura, del resto – ha una luce particolare che voglio far conoscere anche a voi.

Rocca Barbone - Valle Argentina

È appena cominciato e quest’anno pare essere anche più caldo del consueto, ma irrimediabilmente si percepisce nell’aria qualcosa di diverso rispetto alla stagione passata.

 

 

Non c’è più quel brulichio di energia tutto estivo, ogni cosa, adesso, sembra quiete, calma, armonia. L’autunno è così, topi miei. Dà nostalgia a chi ama la bella stagione, a chi agogna già i prossimi tuffi al mare o ai laghetti, ma dona anche una pacatezza che si sente dentro, dal cuore e fino alle viscere.

castagni autunno

I ritmi della Natura influenzano tutte le creature che ne fanno parte, e in questo periodo l’energia inizia ad abbassarsi, pian piano si ritira nel suolo, anziché sui rami e sulle parti alte delle piante. La stessa cosa capita agli altri esseri viventi: gli animali abbandonano pian piano il “mondo di sopra” per iniziare il loro periodo di letargo, mentre gli esseri umani si concentrano di più sulla loro interiorità. Si ricerca la compagnia, ma in modo meno mondano rispetto all’estate.

castagne

E’ considerato il tempo del seme, quello in cui tutta la forza risiede in qualcosa di piccolo, talvolta minuscolo, ma che ha in sé potenzialità di grandezza e bellezza infinite. Il seme ha bisogno di buio e silenzio, due cose che si associano alla morte e alla vita intrauterina, elementi necessari alla crescita e alla nascita di nuova vita. La terra, con la sua umidità e i suoi sali minerali, si prende amorevolmente cura di quei semi, cullandoli e proteggendoli dal freddo esterno che avanza e incalza. Lo farà finché il semino non sarà pronto per aprire il suo involucro esterno e far germogliare la piccola, grande vita che contiene.

 

corbezzolo

Questo accade non solo al regno vegetale, topi! Tutta la Natura è coinvolta da questi cambiamenti, ecco perché l’autunno è la stagione in cui si resta più facilmente da soli con se stessi, si è più portati a riflettere, a permanere in uno stato ovattato di chiusura e protezione.

foglie

 Adesso le ombre si fanno più lunghe per via del sole più basso all’orizzonte, e allo stesso modo ci sono giorni in cui anche i lati più in ombra di noi stessi appaiono più cupi.

Ma l’autunno è anche luce riflessa sulle foglie tinte d’oro e vermiglio, nei cieli dai colori caldi e avvolgenti di albe e tramonti strabilianti.

passo della mezzaluna

I larici danno spettacolo tingendosi con tavolozze niente male, lo stesso fanno anche i castagni, i faggi, le querce, i noccioli e tutti gli altri alberi della Valle, eccezion fatta per le conifere.

autunno valle argentina

 

 

Tutto si tinge d’incanto, quasi come se Mamma Natura volesse farci vedere che tanto più le ombre si fanno lunghe, tanto più sarà sgargiante il tripudio di colori del Creato.

torrente argentina autunno

L’autunno è equilibrio, proprio come l’Equinozio attraversato da poco: luce e ombra si bilanciano perfettamente e noi possiamo godere di tali cambiamenti anche dentro di noi.

larici autunno3

Trascorsa la fase delle foglie cadenti, la Natura resterà spoglia per qualche mese, prima di indossare di nuovo i suoi abiti lussureggianti. Sarà allora il momento del riposo, quello obbligato, per rimettersi in forze e prepararsi alla nuova, bella stagione che verrà. Ma di questo parleremo in Inverno, topi, per ora (per fortuna) è ancora troppo presto.

Io intanto vi mando un bacio colorato, con la speranza di avervi donato uno sguardo differente su questa stagione che divide sempre gli animi.

Con affetto,

vostra Prunocciola.