L’Oratorio di San Giovanni Battista a Triora, i flagellanti e la pinacoteca

Oggi vi faccio fare un viaggio nel tempo, topi! Un viaggio che vede come protagonista la Confraternita dei Flagellanti di Triora. Siamo nella metà del Seicento, ma questa volta non vi parlo di streghe…

I Flagellanti erano un’associazione religiosa e si chiamavano così proprio perché, lo capirete dal nome, si infliggevano punizioni corporali in pubblico, durante le processioni. Camminavano a piedi nudi sul selciato e vestivano con un abito bianco fermato in vita da un cordone e munito di un ampio cappuccio, che veniva tenuto calato sul capo.

scala confraternita flagellanti triora

Scala antica, appartenuta alla confraternita dei flagellanti di Triora.

A questa Confraternita appartenevano membri di famiglie nobili e pare che essi avessero ambizioni personali piuttosto alte che li portavano a essere in conflitto gli uni con gli altri.

L’antico oratorio che si ergeva dove oggi sorge quello nuovo, non soddisfaceva più le esigenze dei soci, ragion per cui fu deciso di erigerne uno più ampio e luminoso del primo. Quello antico, infatti, aveva delle pareti massicce e poche aperture verso l’esterno che non consentivano alla luce di entrare. Tutti voi saprete che la luce è un elemento fondamentale nei templi e nei luoghi religiosi di gran parte dei culti e le nuove conoscenze in ambito architettonico consentivano agli edifici di ricevere i raggi del sole, che avrebbero simboleggiato quelli divini e dell’illuminazione spirituale, così come accade in ogni chiesa, fin dall’alba dei tempi.

Accadde dunque che l’allora priore della confraternita, Giovanni Battista Ausenda, richiese l’autorizzazione al vescovo di Albenga per erigere il nuovo oratorio e tale autorizzazione gli fu concessa nel 1669.

oratorio san giovanni battista triora

L’opera di costruzione si presentava assai ardua, perché i soci della confraternita, pur provenendo da famiglie agiate, non disponevano di risorse economiche tali a sostenere un progetto così ambizioso. Inoltre non sarebbe stato semplice, a livello strutturale e architettonico, dare vita a un edificio che potesse raggiungere l’altezza della piazza della collegiata. I soci, tuttavia, con grande senso economico, riuscirono a racimolare le risorse necessarie alla costruzione, vendendo case e terreni che i soci possedevano, ma anche grazie a donazioni.

triora scultura

Negli anni ottanta del Seicento il vescovo di Albenga in persona giunse a Triora per prendere visione del nuovo oratorio, e pare sia rimasto soddisfatto dai suoi ornamenti, che ancora oggi possiamo ammirare.

Per il tetto si usarono alberi di larice tagliati nel bosco di Gerbonte, e nel 1676 già si celebravano i primi matrimoni nel nuovo edificio, nonostante non fosse ancora ultimato.

volta oratorio battista triora

La volta è stata dipinta da un artista Sanremese, restaurata e consolidata in seguito al terribile terremoto che colpì in particolar modo Bussana, sul finire dell’Ottocento.

E’ un edificio unico nel suo genere, pensate che poggia su ben 12 pilastri di oltre 15 metri di altezza che giungono in profondità, fin nelle abitazioni sottostanti.

altare buscaglia triora

Gli altari furono eseguiti dal Buscaglia (Giovanni Battista Borgogno), artista di Molini, e pare che anche i due banconi in legno di noce posti ai lati del presbiterio siano attribuibili alla stessa mano. Questi due sedili erano riservati ai cantori e agli ufficiali della confraternita.

oratorio battista triora

Riguardo il portale di marmo bianco c’è una leggenda che non è mai stata confermata né smentita. Pare, infatti, che esso sia stato donato al borgo dalla famiglia del marchese Borea d’Olmo di Sanremo in seguito ai lavori di rifacimento dell’ingresso del palazzo.

oratorio san giovanni battista triora pinacoteca

Quanti i dipinti raccolti tra le sue mura! Trasudano antichità, alcuni sono molto rovinati, tanto che l’immagine che dovevano raffigurare risulta molto compromessa.

Ci sono anche statue, come quella del Battista collocata in una nicchia coperta da un vetro. Risale al Settecento ed è stata eseguita dalle mani di un famoso artista, il Maragliano, genovese e definito “principe” dell’arte scultoria ligure. Pensate che vanto, quale privilegio per la mia Valle! I trioresi sono molto affezionati a quest’opera.

Di fronte a questa nicchia è collocata un’altra statua del santo che dà il nome all’oratorio, ed è definito U Petitu (Il Piccolo).

san zane u petitu triora

Fu eseguita probabilmente dal Buscaglia e un tempo veniva portata in processione ogni anno il 24 giugno alla chiesetta di San Giovanni dei Prati. I trioresi che facevano parte di confraternite, si incontravano il giorno di San Giovanni vicino alla Madonna del Buon viaggio. Qui ricevevano dal priore del pane per il pellegrinaggio e partivano in processione con in spalla San Zane U Petitu, dirigendosi a monte Ceppo e percorrendo una mulattiera. A San Giovanni dei Prati si incontravano con altri fedeli provenienti dalle vicine Molini, Andagna e Corte.

san zane u petitu ricirdi triora

Su quel bel prato che vi ho descritto nei miei articoli in passato, eseguivano la novena e poi, una volta terminata la funzione religiosa, si beveva vino e si consumava il pasto, per poi fare ritorno a Triora, dove venivano offerte torta verde e cipolle ripiene.

A chi non aveva partecipato alla processione, invece, veniva donato un omino di zucchero.

Insomma, topi, la mia Valle è un ripostiglio traboccante di storie, aneddoti, tesori che mi diverto sempre a ricercare per voi.

Adesso zampetto via, vado a frugare tra gli scatoloni della Valle per tirare fuori altre cose interessanti da farvi conoscere. Un bacio dipinto a tutti.

E “messe in mustra” de Baäucu

Sono tante, tantissime topi e vi avviso subito che non le ho nemmeno fotografate tutte. Sono numerosissime e poi comunque non posso farvele vedere tutte io, dovete andarvele a godere dal vivo perché meritano tantissimo!

Ce n’è di tutti i tipi possibili e immaginabili e… Oh! Ma che sbadata! Non vi ho detto di cosa sto parlando! Scusate, mi sono fatta prendere da tanto fascino, tanta bellezza e soprattutto tanta bravura.

Ebbene, sto parlando delle stupende opere d’arte che si trovano in bella mostra per le vie e i carruggi di Baäucu (Badalucco). E sono una più bella dell’altra.

Dopo avervi presentato Piazza Etra, un intimo luogo di questo paese dove l’arte pura trionfa (se ve lo siete perso, potete cliccare qui) non posso non farvi osservare altre carinerie artistiche. Venite insieme a me, che ne vediamo qualcuna.

Badalucco è uno degli abitati più grandi della Valle Argentina e ha un centro storico ampio e ricco. Oggi, o meglio, da qualche anno, ricco anche di queste bellezze che si possono trovare appese, in quanto creazioni di argilla, o vetro, o porcellana, oppure dipinte direttamente sui muri.

Vogliono essere soltanto ammirate, ma a volte svolgono anche un ruolo importante, come quello di indicare la Bottega Artigiana che le realizza. E da qui si capisce bene come, in questo borgo, si possano anche visitare laboratori o centri nei quali si lavorano i materiali come una volta.

Tutte insieme, rendono questo dedalo di vie intricate davvero suggestivo e incantevole. E variopinto, anche! Dove neanche il sole osa entrare e i carruggi appaiono bui e sinistri, ci pensano loro a mettere allegria con i loro colori e le loro forme.

Guardate, guardate: non sono splendide? In vari stili e per tutti i gusti. Dall’astrattismo al realismo. Certe sono firmate riportando il nome dell’autore.

Alcune costruzioni sono completamente dipinte, o lo è una gran parte di esse, e su diverse pareti si possono leggere anche scritte che sanno di bello, di pace e di speranza.

Gli occhi si spalancano dietro ogni angolo e, dopo un po’ che si cammina, viene spontaneo aspettarsi la sorpresa… che non manca. Non ci sono zone prive di queste bellezze – messe in mustra – (messe in mostra).

Insomma, girovagando di qua e di là per questo bel borgo, non ci si annoia di certo, che siate patiti di arte o meno. Pure i piccoli topini, noto, rimangono estasiati e sorpresi e giocano a chi trova la prossima per primo.

Il centro storico, così antico e scuro, appare più allegro e certamente curato in modo migliore. Dove la luce, come ho già detto, non scalda e non illumina, ci pensano i colori e la dedizione che traspare da queste realizzazioni ad abbracciare affettuosamente il passante.

Splendidi trampolini per lanciarsi e tuffarsi appieno nella fantasia. Sì, perché da una soltanto di queste opere si può iniziare a viaggiare con l’immaginazione verso mondi sconosciuti che sanno di arcobaleno.

Ecco come rendere una semplice passeggiata tra carruggi in una camminata indimenticabile per le vie di un borgo. E già li sento i fuestei (turisti) una volta tornati a casa – Come si chiamava quel paese che abbiamo visitato pieno di opere d’arte per le vie?

Si chiamava Badalucco. Si chiama Badalucco!

Un bacio artistico a voi, topi!

A Badalucco nella piccola Piazza Etra

È una minuscola piazza, quella in cui vi porto oggi. Minuscola perché, più che come piazza, questo spazio nasce come punto panoramico. Una specie di terrazza di circa dieci metri quadrati, che si affaccia sui tetti di Badalucco e mostra le cime di alcuni monti, compresa la parte alta della facciata di una delle chiese più grandi del paese.

Questo luogo si chiama Piazza Etra e lo si può definire “giovane”, nel senso che è nato non molti anni fa, durante il periodo delle realizzazioni delle opere d’arte che abbelliscono il centro storico dell’abitato di Badalucco. Sono tutte opere bellissime ed è una meraviglia passeggiare per i carruggi e vedere certe creazioni. Case dipinte, muri disegnati, oggetti appesi alle pareti, alcuni disegnati, altri fatti in argilla o porcellana. Anche Piazza Etra manifesta molta beltà artistica.

Guardate i muri che la circondano. Guardate che splendore questi disegni che rappresentano grandi figure. Affascinanti, le donne nude, con quei capelli lunghi che sanno di grazia.

Guardate la loro altezza e il bianco, nonostante l’aggressività del tempo trascorso e le intemperie.

Per arrivare in Piazza Etra bisogna inoltrarsi nel centro antico e nel dedalo delle sue viuzze fino a giungere in Via Marco Aurelio. Da questa strada la si può già scorgere, laggiù in fondo. Un ampio dipinto attira l’attenzione.

Pochi gradini e ci si ritrova sospesi sopra case e altre vie.

Due grossi cespugli l’abbelliscono con il loro verde, che si staglia contro quel bianco intenso della facciata e una piccola fontanella, bianca anch’essa, mostra uno stile dolce e gentile con i suoi bordi arrotondati e le sue curve armoniose.

Sotto di noi una breve volta in pietra permette di vedere quel piccolo e buio carruggio che… chissà dove va a finire…

La ringhiera attorno a questo spazio sa di balconata. Il panorama non è quello che ci si può aspettare parlando di “punto panoramico”. Non si vede la vallata, né si scorge tutto il paese, ma si percepisce di essere in alto e le case attorno donano un senso di intimità raccolta. Io l’ho trovata una zona molto accogliente, dove si sta bene e ci si può anche riposare dopo aver salito scalini, percorso ciottolati e faticato per l’ascesa. Si sta bene, nel silenzio.

Cercando di informarmi per darvi più nozioni possibili, come di consueto, ho scoperto che i dipinti di questa piazza rappresentano scenari mitologici e questo era facilmente comprensibile, ma quello che mi fa piacere aver appreso è che sono stati realizzati da Massimo Paterna e Stefano Orlandini.

Ecco, ora quindi, se non ci sono errori nei risultati di questo mio investigare, posso indirizzare i miei complimenti ad artisti che meritano davvero un applauso.

Non vi resta, topi cari, che venir a visitare di persona questo luogo e ammirare con i vostri occhi tanta arte in tanta quiete.

Ah! E ovviamente, come già avrete capito, nessuna topo-mobile: qui si può solo zampettare, le meraviglie bisogna sudarsele!

Su! Su! Pigroni! Mettetevi in marcia che io intanto vado a prepararvi un altro articolo!

Squit!

La tomba di Chagall – il pittore dei colori del mondo

Vi ricorderete che un po’ di tempo fa vi portai a visitare una tomba? Era di un personaggio molto famoso che tutti conoscete ossia Charles Baudelaire, scrittore, critico e aforista francese (l’articolo in questione è questo, per la precisione: “Charles Baudelaire protagonista di diversi incontri”). Un personaggio davvero curioso. In quel tempo, girovagavo per Parigi, parecchio lontano dalla mia Valle, divenendo Topina di città per qualche tempo e anche oggi lo sono diventata per portarvi a vedere un’altra famosissima lapide e sicuramente più vicina ai miei luoghi.

Oggi, infatti, vi porto vicino alle mie zone, a Saint-Paul de Vence, dove già mi recai ma mai vi feci vedere dove venne seppellito il grande pittore Marc Chagall.

Marc Chagall, che gode ancora oggi di fama internazionale, fu fino al 1985, anno della sua morte, uno dei pittori più bravi a catturare la luce e a riportarla nei suoi dipinti insieme all’amatissima moglie che ritraeva in molte opere.

Nei suoi quadri infatti si scorge molta bellezza, colore e tanta voglia di vivere nonostante le oppressioni che subì, essendo di discendenza ebrea e precisamente di Vitebsk, allora sotto il dominio dell’Impero Russo.

Nacque e visse tra bombardamenti e razzie, ma nonostante tutto trasportava gioia sulle sue tele, anche se ammirandole e conoscendone la vita è facile osservarle con un senso di malinconia.

Naturalizzato francese, cambiò il suo cognome da Segal (il suo vero nome era Moishe Segal) a Chagall, ma prima di questa trasformazione divenne, per la Russia, Mark Zacharovič Šagal.

Visse fino all’età di 97 anni, morendo appunto a Saint-Paul de Vence dove si era trasferito e dove oggi, accanto alla sua tomba, regna un’atmosfera assai particolare, pregna di affetto da parte dei suoi ammiratori (soprattutto giovani) che lo ricordano come “il pittore dei colori del mondo”.

E’ un bellissimo cespuglio di rose rosa ad attrarre verso l’entrata del piccolo e ordinato cimitero. Chagall riposa eternamente proprio subito dopo aver varcato l’uscio, all’interno di una grossa tomba in cemento assieme alla seconda moglie Valentina detta “Vava” Brodsky Chagall e il fratello di lei Michel Brodsky.

Vava è stata meno amata rispetto alla prima consorte Bella, morta durante la Seconda Guerra Mondiale a causa di un’infezione virale, e fu proprio per sconfiggere la depressione che lo afflisse che per la vedovanza che Chagall si trasferì in Provenza, dove riuscì a ritrovare un po’ di serenità riportandola attraverso le tinte decise delle sue opere.

In Provenza ebbe anche un figlio prima di risposarsi con Virginia Edith Haggard, ma la storia tra i due durò per un tempo molto breve.

Chagall ora è qui. Ed è come se il suo manifestare un connubio tra il reale e il surreale esistesse ancora. Pare di percepirlo. I caratteri fiabeschi lo circondano anche adesso rendendo questo luogo quasi onirico. Tante le pietroline e i sassi disegnati e scritti, su questa lapide. Tante le frasi di chi lo ama e lo ha amato. Tanti i ricordi.

Una siepe, un grande angelo scolpito e lui: Marc Chagall, il pittore dei colori del mondo.

Un bacio, al prossimo tour topi! La vostra Pigmy.

Al Santuario della Madonna della Montà tra dragoni e pipistrelli

Vi ho già parlato dei numerosi santuari sparsi nella mia Valle, ma ancora non vi ho fatto vedere lei, la Madonna della Montà, di una bellezza antica e austera, con le sue pietre poste l’una sull’altra ancora a vista. Al suo interno nasconde veri e propri tesori, entriamoci insieme, vi va?

 

Ci troviamo a Molini di Triora e con noi c’è Gianluca Ozenda a svelarci tutte – o quasi – le bellezze di questa chiesa.

La Madonna della Montà ha due entrate, rispettivamente l’una a destra, l’altra a sinistra, e ha tre navate. Le due porte di accesso rappresentano le due comunità religiose di Molini e Triora. Questo edificio religioso, infatti, rappresentava un tempo un punto di incontro per i fedeli dei due paesi, le feste si celebravano insieme, e la Madonna della Montà era la chiesa più importante del territorio molinese. Le due porte, ci spiega Gianluca, sono diverse tra loro. In effetti non è difficile notarne le differenze, a uno sguardo più attento. La porta rappresentante la comunità di Molini di Triora è spoglia di decorazioni, più semplice e dimessa, mentre quella dedicata a Triora è ornata, ha curve più armoniche e sinuose… questo perché si doveva sottolineare l’importanza che la città rivestiva in tutto il territorio e fino a Genova.

 

Le due comunità, a ogni modo, si riunivano alla Madonna della Montà per diverse celebrazioni religiose, tra le quali Gianluca cita quella delle Vergini, fissata intorno al 2 di novembre. In questa occasione, le giovani giravano intorno al santuario recitando preghiere.

Dicevamo che questa rappresentò la prima parrocchia di Molini, era un centro spirituale molto importante, ed è risalente al XIII secolo. Anche riguardo le sue navate laterali esiste una curiosità. Infatti, tra le due, esiste uno scarto di qualche centimetro: la navata di sinistra appare così leggermente più piccola di quella di destra. E’ un fatto strano, se si pensa a quanto ci tenessero, un tempo, alle proporzioni armoniche delle costruzioni religiose.

Veniamo, ora, alla vera perla di questo Santuario: il ciclo di affreschi rappresentato nel presbiterio.

Furono dipinti nel 1435 da Antonio da Monregale (Mondovì), conosciuto come “Il Dragone”. Topi, se ne legge anche la firma! Fu proprio tale sigillo apposto sull’opera a svelare agli storici dell’arte il mistero del Dragone. Il pittore, infatti, fu molto attivo nel basso Piemonte, tuttavia non firmava mai con il proprio nome, bensì con la piccola effige di un drago nero, caratteristica che gli valse l’appellativo di Dragone. Qui a Molini, invece, compare per la prima volta il suo vero nome per esteso, seguito dal simbolo con il quale l’artista era stato conosciuto. Questo permise agli studiosi di identificare, finalmente, il pittore.

firma Antonio da Monregale il Dragone

L’affresco fu scoperto nel 1918, pensate un po’! Prima di allora, infatti, restò segretamente celato dall’altare ligneo in stile barocco di cui vi parlerò tra poco, realizzato nel 1707. Per tutti questi anni, dunque, il dipinto è rimasto occultato, riemergendo definitivamente solo tre anni fa.

santuario madonna della montà molini di triora affresco

Ma eccovi svelato come accadde il ritrovamento di questo maestoso affresco. Un giorno l’Abate Allaria si trovava da solo nel santuario, intento a pregare. A un certo punto, un pipistrello entrò in chiesa e andò a infilarsi tra le volute dell’altare di legno che faceva da parete alla zona presbiteriale. L’Abate, allora, incuriosito dal comportamento della bestiolina, prese una scala e si arrampicò per vedere dove fosse andata a cacciarsi, poteva avere bisogno di aiuto… Una volta arrampicatosi fino in cima alla scala, con somma meraviglia, vide che dietro l’altare si trovava un dipinto meraviglioso. Di fatto, dunque, l’affresco del Dragone fu scoperto da un pipistrello! Ve lo dico sempre di non sottovalutare mai i poteri di noi animaletti, e questa ne è una prova. Dentro il campanile e il presbiterio del santuario vive ancora oggi una colonia di pipistrelli che sono diventati caratteristici di questo luogo, discendenti – così si dice – dello scopritore del dipinto e, per questo motivo, nessuno li scaccia. Se ne restano lì, a svolazzare tranquilli sopra il piccolo cimitero e nei dintorni in quello che è diventato il loro artistico regno.

campanile Santuario Madonna della Montà Molini di Triora pipistrelli

Torniamo, ora, agli affreschi. Nella parte alta si riconoscono i momenti della Crocefissione. Gianluca ci fa notare che i personaggi che prendono parte alla scena non sono stati rappresentati con gli abiti tipici dell’epoca in cui visse Gesù, ma con i costumi del tempo in cui fu realizzato il dipinto. Questo fa pensare che i volti fossero ritratti di persone realmente esistenti in quel periodo storico, tra le quali soprattutto nobili e personaggi influenti. I nomi dei mecenati del ciclo di affreschi, inoltre,  sono riportati insieme alla firma del pittore.

La parte bassa dell’affresco riporta i santi più importanti per la Valle Argentina, tra i quali Sant’Antonio Abate e San Giovanni Battista.

affresco Antonio da Monregale il Dragone - Santuario Madonna della Montà

Durante i restauri del tetto, fu abbattuta la volta di mattoni non originaria del santuario e ne è emerso un altro affresco, quello dell’Annunciazione.

E’ una chiesa ricca di tesori, ve lo dicevo!

L’altare di un tempo, che oggi è stato posizionato di fronte al presbiterio e al quale il fedele dà le spalle durante le celebrazioni, è stato intagliato nel legno di castagno, un albero importante per tutti gli abitanti della Valle.

altare ligneo Buscaglia Santuario Madonna della Montà

Fu progettato da Giobatta Borgogno, detto il Buscaglia. Era conosciuto con questo soprannome perché in dialetto ligure fare buscaglia significa “fare trucioli”, nomignolo che lo identificava con il suo mestiere, quindi! Giobatta, tuttavia, non vide mai montata la sua opera, poiché morì poco prima che l’altare venisse assemblato. Al centro, troviamo oggi una tela d’altare che è una copia dell’originale, dipinta da Giobatta il Gastaldi di Triora.

Il nostro tour del Santuario è quasi concluso, topi, ma prima devo farvi vedere altre due curiosità: l’Abelan Catainin (letteralmente, Zia Caterina), che altro non è che l’antica bara che veniva usata per i defunti, e l’accesso alla cripta situato dietro l’altare del Buscaglia.

 

Che dite, ve ne ho raccontate abbastanza, per oggi?

Dipingo un saluto per voi e vi do appuntamento alla prossima pipistrello-avventura!

Caccia ai dipinti

Il paese di Castellaro, nel quale vi portai tempo fa.

Qui, è molto bello scoprire, angolo dopo angolo, alcuni vecchi dipinti ancora visibili che arricchiscono il borgo e le case. Essi non avvisano, compaiono all’improvviso: sopra un muro, tra due finestre, sotto ad una balaustra, obbligandoci spesso ad alzare lo sguardo.SONY DSC Altri invece, si nascondono nei vicoli bui e bisogna fare attenzione per poterli scovare. I temi che ricalcano sono svariati. Ci sono quelli dedicati alla caccia, gli affreschi religiosi, che ritraggono spesso la Sacra Famiglia, alcuni inerenti alla natura e uno, che ovviamente non poteva mancare, riprende lo stemma del Comune che, suddiviso in quattro settori, è descritto come un araldo: SONY DSCnel primo, di rosso, all’olivo sradicato, d’oro, con dodici frutti, d’argento; nel secondo, d’argento, alla croce a bracci rossi; nel terzo, d’azzurro, al castello in argento, merlato alla ghibellina, murato di nero, con due torri riunite a cortina di muro, poggiante su una pianura verde; nel quarto, d’oro, al tralcio di vite verde, posto in banda, con due grappoli d’uva, pampini e due foglie“. Se andate su Wikipedia, potete vederlo anche voi.SONY DSCE’ proprio una specie di caccia al tesoro.

Tra i carrugi di questo soleggiato paese, circondato dagli ulivi e baciato dal sole e dal vento, si possono ammirare queste opere risalenti, alcune, a tantissimi anni fa. I castellaresi li hanno lasciati in bella mostra e, diversi, li abbelliscono ulteriormente mettendoci davanti piante e fiori. Non so da chi sono stati fatti, ho provato a cercare su internet ma non ho trovato nulla, ciò non m’importa, mi spiace semplicemente non rendere omaggio ai vari autori ma sono ugualmente notevoli.SONY DSC Sono molto belli da vedere e, alcuni, da toccare. Quello che mi ha maggiormente colpito è stato quello rappresentante dei cavalli bianchi al galoppo nell’acqua. Un fiume forse. Quel rosa-arancio sullo sfondo è un colore molto caldo e luminoso che da l’idea di poter entrare nel dipinto. E’ un’immagine molto grande, questa, che permette di essere vista molto bene e da vicino. Quasi magica. SONY DSCAlcuni, così consumati dalla pioggia e dal vento. Alcuni, così in alto da farsi riscaldare dai raggi del sole. Qui nella mia Valle l’arte c’è. Ce n’è molta, anche se può non sembrare, bisogna solo avere la voglia di cercarla. Non è soltanto chiusa in un museo, non è solo dentro alle Chiese, è tra noi, vicinissima, potente, ma così discreta da passare spesso inosservata. E io, oltre ad osservarla, la metto in mostra a tutti voi.

Un bacione topini.

M.

Una giornata alla Villa Ephrussi de Rothschild

Cari topi,index oggi vi porto con me in un luogo fantastico e che ci rimanderà indietro nel tempo. Andiamo a trovare una baronessa. La baronessa Beatrice Ephrussi de Rothschild. Lei, una splendida ragazza, malinconica ed esigente, viveva in questa meravigliosa casa che aveva fatto costruire da quaranta architetti ed è una casa enorme, piena di stanze con anche una bellissima sala nella quale riceveva gli ospiti.

Oggi, questa casa, è una delle dimore più belle della Costa Azzurra, si trova nella baia più suggestiva del Sud della Francia, a Cap Ferrat e, in solo un’ora di strada, mi è possibile raggiungerla.

La baronessa Beatrice era un’amante dell’arte e dei giardini e queste sue passioni, non si possono non notare. Amava molto anche viaggiare e spesso, si soffermava sulle terrazze del suo immenso parco, ad ammirare le navi che passavano su quel mare azzurro e che si confondeva con il cielo, godendo di uno dei panorami più affascinanti che il Mediterraneo può offrirci. Venticinque erano i suoi giardinieri e, ogni giorno, lei controllava che svolgessero il suo lavoro al meglio. La casa invece,SONY DSCvenne costruita in sette anni e, a predominare, come potete vedere, era il colore rosa, il preferito dalla ragazza, un po’ eccentrica e un po’ romantica. Un colore che tinteggia non solo le pareti ma anche diversi oggetti all’interno della casa come: orologi,SONY DSC lampade, drappi. Beatrice nacque a Parigi nel settembre del 1864 e morì in Svizzera nell’aprile 1934. Morì giovane e il cognome Ephrussi lo prese dal marito Maurice. Il suo nome da nubile era infatti Charlotte Beatrice de Rothschild. Era una grandeSONY DSC collezionista di opere d’arte ed essendo figlia di un famoso bancario poteva godere di grandi somme di denaro grazie anche alla sua nobiltà. Nella sua casa si respira ancora il suo animo sognatore, la passione di dipinti e statue, come i putti che adorava e la musicaSONY DSC che amava ascoltare. Oggi, al centro del grande parco, in suo onore, diverse fontane si muovono schizzando fiotti d’acqua a tempo di musica. Vivaldi, viene interpretato dall’acqua fresca che si tuffa nelle vasche e tutto sembra un trionfo di gioia. Intorno, quei giardini bellissimi, SONY DSCpermettono di vivere diversi stili e diverse sensazioni. I giardini sono infatti sette e ognuno è particolare. Si passa da quello spagnolo al giapponese, dal fiorentino al francese, realizzato per assomigliare al ponte di una nave (la baronessa obbligava i suoi SONY DSCventicinque giardinieri a indossare vestiti da marinai), fino al giardino dell’amore, in cui appunto le fontane musicali si attivano ogni 20 minuti. E poi quello delle pietre, più aspro e primitivo e quello provenzale. I roseti e, lassù, a dominare,SONY DSCla statua della Dea Venere, dea dell’amore e della bellezza. Ma dei giardini parleremo meglio un’altra volta, oggi, vi farò entrare in questa splendida villa. Il portone di accesso ci permette di metter piede in un grande salone e, da qui, si smistano i vari locali.SONY DSC Primo fra tutti, il salone per ricevere gli ospiti che, come altre stanze, si affaccia sui giardini di un verde smagliante. Le poltrone, imbottite e lavorate, mostrano l’usura degli anni ed è facile immaginare la giovane donna, seduta a chiacchierareSONY DSC con amiche o artisti. Poco più in là, si può accedere alla sua stanza. E’ una camera da letto che da sul rosa. Un rosa tenue, dolce e, meraviglia delle meraviglie, possiamo vedere su una sedia, il suo abito delicatamente sistemato, le sue piccole SONY DSCscarpette bianche ed eleganti e un vassoio d’argento contenente le tazze per il tè e la teiera. Il letto è grande e sembra comodo. Il copriletto, lavorato minuziosamente. E i suoi guanti, il suo specchio, la sua spazzola. Come una principessa. E che bellezzaSONY DSC gli affreschi sulle pareti, sul soffitto, a volte alternati da arazzi enormi, costruiti a mano, e mosaici originari di Pompei. Anche il pavimento del primo piano, è in realtà un vasto mosaico. Tutto è sontuoso ma senza strafare, c’è un tocco di delicatezzaSONY DSCe buon gusto che regna ovunque. Questa casa è ricca di suo. Ricca di storia, di arte, ma anche di finezza. Un patrimonio per tutta la Riviera della Francia del Sud. E quanti regali da tutto il resto del mondo ha ricevuto la nostra baronessa! Soprattutto dall’Oriente.SONY DSCA parte le statuette in giada e quarzo, guardate queste piccolissime scarpette. Venivano usate dalle donne e più avevano il piede piccolo, più venivano considerate affascinanti. Molto lavorate così come i vestiti. Tutti doni per Beatrice, SONY DSColtre a oggetti preziosi acquistati direttamente da lei. E cosa dire dei suoi set? Ricchi di ogni utile oggetto. Il set da bagno, con tanto di acqua di rose e acqua di colonia, e il set da safari; immagini che fanno sognare. Sognare quella BaronessaSONY DSC di Rothschild nella giungla africana trasportata da elefanti e uomini di colore e con l’ombrellino sulla testa, non pensate anche voi? Una vera nobildonna. Frustino, cannocchiale, zanzariera. E anche tutte le sue collezioni di porcellane sono da nobildonna,SONY DSCper non parlare della sala da pranzo, imbandita da tanto valore e dove, sopra a un caminetto, regna un grosso orologio anch’esso rosa. Tutto quello che vediamo appartiene oggi all’Accademia delle Belle Arti francese ed è di estremo valore. E’ stata la stessa Beatrice a donare tutta la sua dimora all’Istituto attraversoSONY DSC il testamento del 25 febbraio del 1933, un anno prima di morire. E tutto è stato mantenuto come allora, con la stessa cura e la stessa gelosia che aveva lei. Le tappezzerie di queste stanze, e i tendoni, arrivano dal Vaticano e sono preziosissimi e imponenti. Sfavillanti di ogni colore, SONY DSCattorno all’orologio rosa, fanno pensare a un tempo che si è fermato tanti anni fa e tutto, è rimasto come allora. Qui, in questo salone, il pavimento è composto da un elaborato parquet. Lo stile Impero dei mobili è stato prettamente deciso da un tocco femminile, su questo non c’è dubbio. GliSONY DSCarchitetti uomini, hanno probabilmente pensato a tutto il resto. Ora, possiamo andare al piano superiore dove c’è la sala dei Putti. Da quaggiù, la si può intravedere attraverso la balconata sorretta da colonnine di marmo e che splendore, tutto SONY DSCda guardare il soffitto! In legno, intagliato e rivestito da ritratti di personaggi illustri. Sembra quasi che la Baronessa non sapesse più dove mettere le sue opere d’arte alle quali teneva particolarmente. Una scalinata di marmo ci porta al pianoSONY DSC superiore, topina è felicissima di poter far finta di essere una principessa e, salendo, continua a lanciare occhiate a quegli abiti protetti da teche di vetro. Quanto vorrebbe indossarli e uscirci per farli vedere alle sue amiche senza dover per forzaSONY DSC aspettare il carnevale! Degli uccelli di bronzo si affacciano e guardano di sotto accompagnando il nostro cammino che si è nuovamente riempito di curiosità. Molti sono gli specchi, antichi, che allargano e ravvivano il corridoio. Molti i busti e iSONY DSC tappeti, anch’essi, inutile dirlo, cucini completamente a mano. Qui, c’è ancora una camera da letto e una stanza dedicata alla lettura dotata di comodo divanetto. La camera matrimoniale invece, chiamata “stanza blu” è composta da due letti ricopertiSONY DSC da un tessuto blu scuro, profondo, e con testiere importanti e rivestite di velluto. Dagli spiragli delle persiane leggermente aperte s’intravedono i giardini, curati nei minimi particolari, non vedo l’ora di scendere e andare a vederli più da vicino. SONY DSCE la baia di Cap Ferrat, meravigliosa. Laggiù, una villa a ridosso del mare, ha persino un porticciolo privato; possono usare la barca come noi usiamo l’auto, ci pensate? Giro l’angolo. Prima di poter scendere ho ancora molte cose da vedere. SONY DSCMi colpisce il tavolo da backgammon o tavola reale che dir si voglia. Un gioco anticchissimo, si dice sia nato addirittura 5.000 anni fa ma mi fa sorridere pensare a dei nobili intenti a queste attività ludiche. Anzi, ci sono delle SONY DSCricamate sedie tutt’intorno e questo significa che si facevano gare importanti e con tanto di pubblico! Sopra a questo tavolino, che si può aprire e chiudere, due grossi candelabri in argento. E poi, ancora statue, ancora sculture, ancora regali: SONY DSCorientali, fiamminghi, africani. Delle lavorazioni che lasciano di stucco. E poi, tappeti enormi, grandissimi. Non avete idea della loro immensità; riescono a riempire un salone intero. Bene, ora finalmente posso andare a scorrazzare nel parco. SONY DSCNon vedevo l’ora anche se, dettagliatamente, ve lo racconterò in un prossimo post perchè merita un articolo tutto suo e, inoltre, non voglio tediarvi troppo. Passo prima al piccolo chiosco chiccoso della villa, a bere un fresco cocktail e m’inoltro. SONY DSCI barman sono gentilissimi e tutti vestiti con elegante divisa. Ve l’ho detto che Villa Ephrussy è anche location per matrimoni? Sposarsi in questo contesto dev’essere incredibile per le spose che amano fare le cose in grande e sentirsi delle vereSONY DSC principesse quel giorno! E ora perdonatemi ma devo proprio andare, non resisto più, quei meravigliosi giardini mi chiamano e sta per iniziare la musica e quindi le fontane inizieranno a danzare. Che spettacolo divertente. Andrò aSONY DSC sedermi su quelle panchine in cemento per ascoltarla meglio e rilassarmi. Villa Ephrussy non è piccola, ho già camminato tantissimo! Non mi resta altro che augurare anche a voi una felice giornata e ovviamente consigliarvi di venire aSONY DSC visitare questa dimora se vi capita di passare da queste parti. Passerete un pomeriggio fantastico e vi conviene farlo durante la bella stagione per poter godere anche dell’esterno. Questa casa è sempre aperta e, in estate, lo rimane ogni giorno finoSONY DSC alle ore 19:00. Potrete anche sedervi sulle ringhiere bianche in muratura e lasciarvi ammaliare dal panorama vasto e azzurro che vi si presenta davanti e vi fa sognare. Un bacione topini, io vi aspetto per la prossima avventura. La vostra Prunocciola. M.SONY DSC

Le porte di Valloria, tutta un’altra storia -parte 1°-

E allora eccoci, anzi, ri-eccoci, amici rattini (che bellissima accoglienza mi avete fatto ieri!). Finalmente posso di nuovo accompagnarvi un po’ in giro per i miei amatissimi eSONY DSC bellissimi luoghi. E posso evadere, sconfinare… Sono così contenta di essere di nuovo tra voi, che oggi lo farò: me ne andrò a zonzo un po’ più in là, oltre la mia tana, oltre la mia Valle. Vi farò perdere! Ma no, tranquilli… Voi dovrete solo rilassarvi e aprire gli occhi. Aprirli tanto e godervi lo spettacolo. Uno spettacolo certo non da tutti i giorni. Uno spettacolo di porte. SONY DSCGuardatele bene, quelle di questo post, topi cari. Questa è pura arte e anche un’originalissima idea.

Diversi artisti, infatti, si radunano una volta all’anno per pitturare, nel loro stile e come meglio credono, le porte delle dimore di questo bellissimo villaggio sopra Imperia: Valloria. Non vi sembra una fantastica invenzione? Ci vuole davvero poco per trasformasre un paese normalissimo in una meta turistica ricercata! Eh, sì. A vedere Valloria arrivano da ogni dove, e ne vale la pena, perché ha un bel panorama ricco di ulivi e sole, e si può godere della quiete che c’è. E allora, che abbia inizio il nostro tour e, insieme, ammireremo questa meravigliosa sfilza di opere d’arte.

Partiamo dall’inizio del paese, più precisamente dalla chiesa, una bellissima chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Gervasio e Protasio SONY DSCe da un simpatico museo: “Il Museo delle cose Dimenticate”, creato all’interno dell’Oratorio di Santa Croce. I nostri occhi vengono subito colpiti dai primi tratti di pittura. E’ un’opera di Maria Assunta Alterio, scultrice e pittrice napoletSONY DSCana e, il titolo della sua creazione è proprio “Omaggio a Valloria”. Qui, possiamo ammirare tutta la sua creatività e la sua sensibilità. Una Dea bianca che ci osserva con l’espressione malinconica sotto un arco di pietre, qui, in Piazza Mario Bottino. Ci voltiamo e un’aquilaSONY DSC, che fuoriesce da un’altra porta, sembra spiccare un volo improvviso. Un altro tratto, un altro artista. La nostra gita ha appena avuto inizio e già capisco che nessuno può fermarci. Sono 139 le porte di case, stalle e magazzini che, d’estate, vengono pitturate e io voglio farvene vedere il più possibile. E allora scendiamo e poi saliamo per questi ripidiSONY DSC vicoli e gradini tipici liguri. Abbassiamo la testa in questi carruggi dove nemmeno al sole è permesso entrare. I tacchi non sono decisamente ammessi. Qualche ciuffo d’erba tra un ciottolo e l’altro e qua, in questi angoli bui, ci sono degli interrutori messi appositamente per permettere d’illuminare le opere, se premuti. E’ l’unico luogo in cui i bimbi non vedono l’ora torni il buio per cliccare di nuovo la luce e permettere a tutti di ammirare con entusiasmo. Ed iniziano i colori, quelli più tenui dalle tinteSONY DSC pastello e quelli più accesi dell’astrattismo e il surrealismo. E iniziano i sospiri e le meraviglie. E le mani di quei bimbi che toccano, quasi con timore… “sarà vero?”, sembran dire. E s’immedesimano in questo bimbo dipinto sull’uscSONY DSCio di una casa. E’ Simone che pesca con la sua canna di bambù, e questa porta s’intitola proprio “I sogni di Simone”. E’ un’opera di Salvatore Giuliana, artista nato nel 1960 a Riesi e sempre voglioso di provare e studiare tecniche nuove.

Alcune porte sembrano così reali da trarci in inganno, ma… come può un fiore stare appeso in aria o un fiume scorrere lì, dietro quella sedia? A Valloria è tutta una magia e non ci si annoia mai. L’idea di dipingere le numerose porte che si affacciano per questi vicoli del piccolo abitato è stata, come dice un trafiletto appeso all’inizio del paese, sicuramente la carta vincente per una notorietà che da tempo ha travalicato i confini locali: circa un centinaio di artisti, con una tecnica e un tema hanno segnato e realizzato con la loro bravura, questo museo all’apertoSONY DSC visitabile sempre e gratuitamente sia di giorno sia in notturna, per assaporarne le bellezze di ambedue i momenti. “La fantasia dei naif, il realismo dei figurativi, i sogniSONY DSC e la magia degli astratisti, l’ironia dei grafici, hanno creato a Valloria un caleidoscopio di colori e di indubbie emozioni che non è affatto difficile recepire. Queste porte, divenute opere d’arte, simbolicamente si aprono e inviano un messaggio di sincera ospitalità”. Ma cosa ci sarà dietro questeSONY DSC porte? Splendide famiglie, splendide persone, semplici, ma liete e orgogliose di vivere dietro tanta beltà. E per giocare non c’è che l’imbarazzo della scelta: a chi piace il blu che sembra risucchiarci al suo interno? SONY DSCO il rosso che pare incandescente? E la pacatezza del tenue rosa o del morbido giallino. Ognuno, qui, ha il suo colore, può fare la sua scelta. Meraviglia per gli occhi e per il cuore. E oggi sono tante, lo so, ma come potevo scegliere? Non ce l’ho fatta e, per questo, ve le propongo quasi tutte, un numero esagerato. Potevo scartarneSONY DSC qualcuna? Decisamente no. Se sono qui, è grazie al consiglio del mio caro amico Bruno e devo fargli vedere che le porte le ho viste tutte! Deve sapere di avermi consigliato un luogo davvero stupendo nel quale passare una giornata meravigliosa. Fatelo anche voi! Grazie Bruno! E mi soffermo a guardare alcune immagini che ritraggono il pittore Franco Mora, proprio mentre dipinge una delle tante porte di quesSONY DSCto paese. Un pittore che, nella sua vita, ha dipinto tantissime tele e più di 250 murales dalla Valle D’Aosta alla Sicilia. La sua opera per Valloria SONY DSCs’intitola: “Una scala per il Paradiso” ed è questa che vedete, tutta azzurra. Una scala che va verso un cielo turchese e ha una luna come dondolo. E qui invece? C’è una porta o è una strada che continua? E quest’uomo… da dove è uscito? Mi fanno impazzire i trompeSONY DSC l’oeil, sembrano veri, così reali. Impressionanti. Fan battere il cuore. Emozionano. Mi sposto per far passare… ma chi? Che cosa? Vedo una fontana e pare addiritturaSONY DSC di sentire lo scrosciare dell’acqua a fare da sottofondo a due amanti che ballano il tango. Quanta passione in questo dipinto… Quasi m’incanto a osservarlo. Per loro è come se il mondo si fosse fermato. Hanno gli occhi socchiusi. non hanno bisogno di nient’altro. Una bellissima targa, sotto un carruggio, riporta questa frase che si adatta benissimo a loro: “Tanta gente è triste perchè non ha il superfluo“. Una frase di Corrado Camandone, riportata su questa lastra dorata nel 2007. Parole vere, che mi faSONY DSCnno sorridere. I miei occhi non hanno punti vuoti. C’è ancora tanto, tantissimo da vedere, ma per oggi, cari topi, vi lascio ad ammirare queste bellissime immagini. La nostra passeggiata non è finita. Domani verrete a vedere le altre sorprese che ci aspettano. Ogni porta è un mondo a sé, una personalità, un racconto… Ora riposate le zampe, vi voglio in forma! Su, su! Poche rugne. Coooosa?! Chi è che ha detto “Pigmy, non potevi stare via ancora un po’?!”? Bacioni!

M.

Conoscere Civezza dirimpettaia della Valle Argentina

Sul montSONY DSCe Faudo convergono i crinali che risalgono le Valli Argentina e Prino, le quali racchiudono al loro interno anche la valle del San Lorenzo, valle governata dall’alto dal bellissimo e soleggiatissimo borgo di Civezza. E’ probabile che da questo luogo si raggiungesse, soprattutto, proprio la valle Argentina, tramite il passo di San Salvatore e la vicina costa presso la foce del San Lorenzo.

E si sa, anch’essa, come i paesi della mia Valle, fu molte volte invasa e saccheggiata da Turchi e Saraceni. E’ a Civezza che si finisce passando per i miei prati, i miei monti, i miei boschi. Un percorso costiero d’altura la collegava direttamente a Pompeiana, Castellaro e Taggia. Nomi che già conoscete.

Leggete cosa si può trovare nel libro di Luciano L. Calzamiglia e del mio amico Giampiero Laiolo intitolato: Civezza – borgo collinare tra le Valli del Prino e del San Lorenzo. “Ci sono pervenuti gli accordi per l’uso dei pascoli del monte Follia e delle “Terre Comuni”, una estesa zona di prati e di boschi, tra i confini di Carpasio, Taggia e SONY DSCl’Argentina concessa nella prima metà del XIII secolo da conte Oberto di Ventimiglia, signore di Badalucco, alla communitas di Porto Maurizio. Civezza non solo faceva parte di questa comunità, ma è il borgo posto sul principale percorso che conduce a quelle terre, che erano i migliori pascoli, boschi, castagneti e il granaio della comunità. Tale concessione comitale fu duramente contestata per secoli dagli uomini di Montalto e di BadaluccoSONY DSC e di questo contenzioso ci è pervenuta una consistente documentazione relativa a quel territorio e al suo utilizzo. La via di crinale che da Civezza porta a  Santa Brigida e al passo di Vena accresce la sua funzione quando, nel 1259, gli eredi del già citato Oberto, «conte» di Badalucco, tramite Ianella Advocatus, cedono il loro feudo alla Repubblica. Genova organizzò le terre della Media e Alta Valle Argentina in poSONY DSCdesteria, sottoponendola al suo vicario generale della Riviera Occidentale residente in Porto Maurizio. Questa via, pertanto, venne ad assumere anche una funzione di collegamento ad uso amministrativo che conservò per i successivi cinque secoli“.

E allora andiamolo a conoscere meglio questo paese. Civezza, paese dipinto, vi accorgerete del perchè appena ci metterete piede. Siamo nello stesso paese in cui, a Natale, vi portai a vedere quel meraviglioso presepe, ricordate?

E’ un paese bellissimo che mantieneSONY DSC le caratteristiche liguri di uno storico passato e quindi merita d’esser presentato. Paese particolarissimo. Guardate bene le immagini che vi posto e noterete che le sue stradine, le sue vie, si distinguono ulteriormente dai borghi vicini. Ancora più chiuse, più dritte, molto ben tenute.

Civezza si sviluppaSONY DSC in alto, a 220 metri sul livello del mare, e si svolge intorno ad una principale via, lunghissima sua spina dorsale.

Baciato dal sole, insistentemente, e circondato dagli Ulivi più folti, esso è stato costruito più nell’entroterra per proteggerlo da chi ne voleva far razzia. Nel 1564, ad esempio, fu saccheggiato dal pirata turco Dragut, celebre nella mia Riviera per le sue razzie e rapimenti in vari borghi marinari e persino montani e, molti civezzini, subirono le più violente angherie di codesto corsaro. Proprio per contrastare il violento fenomeno furono erette le famose cinque torri d’avvistamento del paese, ancora oggi in parte conservate nella loroSONY DSC integralità.

E oltre al pirata, che morì un anno dopo aver deturpato questo villaggio, fu la volta, nel 1796, durante la Campagna d’Italia, di Napoleone Bonaparte.

Oggi Civezza è il paese dei ciottoli, dei carrugi piastrellati da mattonelle rosse e sassi grigi. E’ il paese delle lastre d’Ardesia che indicano sempre simpaticamente la via: “Carugiu de bazue” (carruggio delle streghe).

Domina, colorato,SONY DSC inconfondibile, con delle tinte liguri molto forti, accentuate. Con i suoi vicoli che non lasciano passare un solo filo d’aria e i suoi gradini. Tanti. A passare per queste strade, come ci dimostrano anche i dipinti che man mano andrò presentandovi, ci sono i circensi, i giocolieri e gli acrobati del “Circopaese”, tutti gli anni, il primo di maggio. Una delle feste principali assieme al Plenilunio di agosto. Se volete divertirvi, in questi giorni, non vi annoSONY DSCierete di certo considerando anche i bellissimi mercatini dell’artigianato che vi coinvolgeranno. Queste feste si svolgono per tutto il villaggio; e guardate che meraviglia: la piazzetta del Comune, Piazza Marconi con, al centro, la bellissima fontana di pietra e i ciclamini, il B&B – La Locanda del Gufo -, le case in cerchio, tutt’intorno, i monumenti.

E case importanti anche, come quella di Aurelio Saffi, uomo di Forlì, che è stato un patriota e un politico italiano; un’importante figura del Risorgimento, un politico di spicco dell’ala repubblicana radicale incarnata da Giuseppe Mazzini, diSONY DSC cui è considerato l’erede politico. Nato nel 1819 e morto nel 1890, durante il suo esilio, intorno al 1850, dimorò proprio qui, rifugiato, in questa casa rosa, come testimonia quest’Ardesia appesa alla pareteSONY DSC. Un secolo esatto dopo, invece, Civezza subì un significativo spopolamento. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, parecchi se ne andarono, chi a cercar fortuna, chi a cercar lavoro, chi a rifarsi una vita. Civezza non venne intaccata in modo brutale dalla guerra e dalle sue armi, confronto ad altri borghi della mia provincia, ma ciò bastò a far allontanare da lei, la popolazione. Solo da una ventina d’anni circa, le persone stanno capendo la sua bellezza e vogliono tornare a conoscerla e viverla ogni giorno.

Il monumento dei caduti, davanti all’Oratorio di San Giovanni Battista, all’inizio del paese, riporta comunque una serie di nomi di dispersi e deceduti e, intorno a lui, quattro proiettili di artiglieria pesante, molto particolari, gli fan da cornice.

A Civessa, come si dice in ligure, risiede una centenaria Scuola Elementare Statale. Una scuola particolare. Questa Scuola Elementare è, da decenni, motivo d’orgoglio per l’intera popolazione. Le classi sono uniche e gli alunni di tutte le età stanno assieme. Questo potrà sembrarvi strano ma il sistema funziona bene tanto da diventare una tradizione radicata ormai da decenni. Peccato che, tale istituzione, probabilmente per mancanzaSONY DSC di presenze, stà rischiando la chiusura. Un gran peccato.

Oltre alla scuola, una farmacia; un’unicSONY DSCa farmacia a Civezza. Un paese piccolo, di 650 anime.

Un’Associazione Culturale, la San Marco, ricavata laddove una volta c’era un antico Mulino. In queste ampie sale, sono oggi ospitati oggetti risalenti l’attività contadina e culturale di un passato medioevale ormai scomparso. Un’esposizione visibile durante le feste di cui vi parlavo prima. Questo Forum Polivalente offre anche rappresenSONY DSCtazioni teatrali, esposizioni pittoriche, conferenze e tantissime altre attività solitamente con l’unico scopo di fare della beneficenza.

Un’altra cosa carina da vedere qui a Civezza è il passaggio ipogeo, ripristinato nel 2003, con ancora i due originali tronchi dSONY DSCi colonna a inizio percorso, dell’antica parrocchiale del XV secolo. E’ questo passaggio che ci permette di arrivare in cima alla cresta dove un belllissimo panorama, arricchito da piantagioni di Ulivo, si prospetta innanzi a noi.

Là davanti, proprio di fronte, ecco Costarainera, a destra Torre Paponi e più in su, si sa, Pietrabruna. Ma Civezza è il più vivace di tutti.

Gli sportelloni dei contatori disegnati da mani esperte e fantasiose e sui muri, guardate, leSONY DSC meridiane, allegria per i nostri occhi.

Civezza, circondata da stradine di campagna che ti portano su, in luoghi magici e sconosciuti dai quali, volendo, si può scendere fino a Imperia – Porto Maurizio.

Civezza, circondata da simpatici animali, gli scuri asini e le bianche pecore dal muso nero che brucano tutto il giorno. Civezza che un tempo era sul mare, accanSONY DSCto a San Lorenzo ma poi, come ci informano le prime testimonianze, con la distruzione del villaggio da parte dei pirati di Frassineto, i civezzini decisero di rifare il loro nucleo abitativo molto più in su, in una zona riparata dai colli.

Sotto Civezza passa oggi l’Autostrada dei Fiori e questo dovrebbe farvi capire la sua posizione, simile a quella della nostra Castellaro.

Tutt’intorno a lei le fasce, le tipiche terrazze liguri coltivate, vento e sole, sole e vento, è una pacchia qui lavorare la terra e raccoglierne i frutti. E che frutti. Squisitezze da mettere sulle nostre tavole. E anche l’aria è buona qui: l’aria dei monti e del mare.

Insomma a Civezza potete trovare ogni cosa, vi voglio lasciare infatti con un ultima chicca su questo paese, la descrizione di questo borgo da parte del nostro scrittore e poeta Francesco Biamonti: “Civezza. Che volete di più? Paese in mezzo agli Ulivi e alto sul mare; per arrivarvi si passa in una sinfonia di tronchi di rami; l’orizzonte si apre, oltre che sul mare, su altri paesi dai nomi bellissimi, Pietrabruna, Boscomare, su crinali che se ne vanno lontano, SONY DSCcome melodie su flutti d’argento; le case e le piazzette sono antiche, di un’intimità raggrumata nel vento. C’è un che di sospeso, di dolce, di lieve, una vertigine che viene dalla luce in ascesa. Più su del paese, più su degli ulivi si stende la macchia mediterranea con strade polverose e chiese e sentieri e ovili rosi dai cespugli. La grazia, che sotto era fragile, si fa rude, SONY DSCsi accorda fuori del tempo alla forza del mare. Poiché le prime alture, bisogna pur dirlo, sono le più indifese, di un equilibrio che se si tocca si rompe. Collocata su un costone, arenatavi come una barca, Civezza è fragile e leggera, una nuvola che vi si accosti sembra trascinarla.Basta un palazzo sghembo per offenderla, e una macchina che passi in un vicolo disturba i morti. È un paese che ha bisogno di vivere intatto come un ricordo. Di che sia frutto questa bellezza rimane un mistero: vicoli e cascate di ulivi non bastano a spiegarlo. Che venga dal fatto che ha, sotto, la luce instabile del mare e, sopra, quella più ferma di un paesaggio montano?”.

Che altro aggiungere? Venite a Civezza, sarete i benvenuti. Un bacione, la vostra Pigmy.

M.

L’arte di Santi, le pietre colorate e la storia di Andrea

Andiamo ancora una volta a Castellaro topini. Quando, tempo fa, vi scrissi questo post https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2011/12/28/la-chiesa-di-lampedusa/  sulla bellissima Chiesa castellarese di Nostra Signora di Lampedusa, arrivarci è una bellissimaSONY DSC passeggiata panoramica tra le altre cose, vi accennai alla storia che la fece diventare così importante, ma oggi, quella storia, voglio raccontarvela meglio. Raccontarvela e farvela vedere attraverso dei dipinti. Attraverso gli occhi di un artista.

Si narra, in questa vicenda, di un ragazzo, il suo nome era Andrea Anfossi. Un cittadino di Castellaro che fu catturato dai turchi durante un’invasione nel 1561SONY DSC e venne fatto schiavo. Passarono tanti anni e, durante una delle tante traversate, lottando in mezzo al mare contro le intemperie, giunsero all’isola di Lampedusa.

Lì, fu mandato dai pirati che lo tenevano prigioniero, a rifornirsi di legname e, proprio in quell’occasione, in mezzo ad una luce abbagliante che quasi lo accecò, scorse una tela raffigurante Maria e il Bambino. Quest’apparizione gli diede la forza di mettere in pratica il piano di fuga al quale stava pensando da parecchio tempo: da un tronco ricavò una sorta di imbarcazione e usò quella tela trovata come vela. Fuggì in mare diretto alla terra natia. Come fece non si sa. Potete vedere quello che vi sto raccontando inSONY DSC questa seconda immagine che vi posto.

Quanto navigò! L’affascinante storia continua e racconta che, giunse sulle coste liguri e, nel 1602, nella sua Castellaro, decise di costruire il famoso Santuario in onore della Madonna di Lampedusa che lo aveva protetto nel viaggio e salvato dai malvagi rapitori.

E oggi, cari topi, questa fantastica storia è raccontata anche sotto forma di opere d’arte da un artista di nome Santi, che vive dove ha vissuto il famoso Andrea. Ebbene si, nella stessa casa. Una casa semplice, dalla porta di legno e dalle piccole finestrelle e, sulla facciata principale, un’incisione nell’ardesiaSONY DSC del 2002, dice: “In questa casa visse Andrea Anfosso detto – Il Gagliardo – fuggito ai turchi dall’isola di Lampedusa con il quadro miracoloso della Madonna che poi offrì al culto del paese natio“.

E questa casa si trova in un carrugio del bel paesino, ricco di disegni, scritte e fiori che ricordano momenti importanti e ciò che contraddistingue questo fantastico borgo medioevale. Venite, vi porto a vederne qualcuna di queste belle opere.

Ovviamente, anche il carrugio porta il nome dell’eroe che, vedremo, cambia la vocale finale da O a I “modernizzandosi” col passare del tempo. Eccoci in vicolo A. Anfossi ed ecco le bellissime SONY DSCe colorate opere del Santi.

La prima che incuriosisce e rapisce i nostri occhi è quella dedicata a Tessa, presumo un lupo, o un cane, al quale l’artista era o è, molto affezionato non so… so solo che quei colori accesi, nel grigiore dell’umido cunicolo, ci fanno abbozzare il primo sorriso. Quel pelo è folto e lo sguardo di quella bestiola disegnata ci segue. Alcune minuscole chiazze bianche fan presupporre che sia anziana ma, magari, non è così. E’ comunque una meravigliaSONY DSC.

Poco sopra, altre due pietre sono ricoperte da tinte ancora più sgargianti e più vivaci della prima opera. Questa volta, le protagoniste sono delle meravigliose coccinelle su una foglia, simbolo di fortuna, e un caro pettirosso, simboloSONY DSC invece di bontà. Messaggi buoni, positivi, sempre ben graditi.

Questi dipinti rallegrano sempre di più man mano che avanziamo. Ma non ci sono solo pitture sulle pietre della grotta. Ci sono anche vere e proprie scenografie, paesaggi composti da nuvole, funghi, alberi e sole che, in un angoloSONY DSC, donano la vita. Piccoli paesaggi fuori dal comune. Che originalità.

Il privilegiato che si mette in mostra è un lungo ramo di bacche rosse. Dopo di lui e il suo personale palcoscenico, ricominciano i dipinti carichi e decisi e, quello che mi ha colpito di più, è quello raffigurante il paese di Castellaro e la chiesa di Lampedusa che prende SONY DSCun’intera parete del carrugio. Quanto verde e quanto azzurro in un solo colpo, così, appena girato l’angolo. Bum!

E quella lì disegnata è la mia Valle, la riconoscete? Con tutti i fiorellini… Oh, ma si! I fiori! Che sbadata, ancora non ve li ho mostrati, sapete, non ne sono sicura ma presumo che anche loro, siano una stupenda invenzione dell’artista. E anche loro, guardate che colori abbaglianti! Eccoli.

Rose rosse e bianche calle. Plastica, tulle, colla, elastici e fil di ferro, qualche brillantino e qualche pennellata di colore. Sono grandi, aperti, sembrano morbidi e profumati. Ce ne sonoSONY DSC molti e tutti, arricchiti da farfalle dello stesso colore. A Santi le farfalle piacciono molto sembrerebbe. Ne vediamo ovunque: farfalle, farfalle e ancora farfalle.SONY DSC Di ogni colore, nel cielo azzurro. Le ali spiegate a librarsi in un alto volo. Chissà, magari hanno accompagnato l’Andrea nel suo lungo viaggio! Bellissime.

Ma uno dei quadri che mi è piaciuto di più, e più mi ha colpito, è stato questo, posizionato in alto, sotto il tunnel del vicolo, dedicato alla grande scrittrice Virginia Woolf che recita: ” Cornovaglia Isola Godrevy” – La gitSONY DSCa al faro di Virginia Woolf. A me è piaciuto tanto. Quel mare azzurro, quel faro bianco, laggiù in fondo, su quell’isola. Quegli scogli e le piccole onde. L’acqua sembra brillare. Dona un senso di pace ed è contornato da una stella filante natalizia di SONY DSCun bordeaux acceso.

Siamo a Castellaro amici. Ancora una volta qui. Sembra di essere in un angolo delle meraviglie e invece è tutta la bravura di una persona che qui, ha trovato il suo sfogo e grazie al suo estro ha colorato (prediligento il colore blu) un’ala del paese.

Guardate qui, in questa foto, una parte della serie. Spero di avervi divertito anche questa voltaSONY DSC topini e fatto vedere qualcosa di interessante. Spero che anche questa volta, con la vostra solita sensibilità, abbiate colto l’amore che si cela ma che con attenzione si nota anche, di queste opere. La voglia di un uomo di abbellire SONY DSCcon la sua bravura e la sua fantasia. E allora posso salutarvi.

Lo farò con un forte abbraccio e vi aspetto per la prossima passeggiata perchè ho di nuovo altre sorprese per voi. A presto!

M.