Taggia di notte e la sua atmosfera

È un’atmosfera a tratti surreale quella che si vive e si percepisce nel paese storico di Taggia, quando il sole lascia il posto alla luna e alle stelle e il cielo si scurisce fino a diventare quasi nero.

I lampioni diffondono una luce soffusa, in alcuni luoghi più bianca e chiara, in altri ha le sfumature dell’oro e del giallo paglierino. Un giallo che permea le case, le vecchie costruzioni, i monumenti, rendendo il paesaggio ancora più misterioso e antico.

Anche se la Valle Argentina inizia già dal mare e dal paese di Arma, è subito dopo Taggia che spalanca visibilmente le sue porte e, in questo paese, se ne sente già l’aria e la magia.

La brezza rende nitida la visione e, grazie ai colori mono-tono che si stagliano contro l’oscurità, tutto assume il magico sentore di fiaba.

Camminiamo su ciottoli di fiume usati anni fa per realizzare le stradine che ci portano tra una casa e l’altra. Pavimentazioni tipiche dei miei luoghi.

Su alcuni portoni, in legno massiccio, le lastre di ardesia mostrano bassorilievi davvero ammirevoli. Per la maggior parte di essi il tema è a sfondo religioso o nobile appartenenti a vecchi casati.

Percorriamo Vico Gallione, attraversiamo Piazza della Santissima Trinità, osserviamo la Chiesa di Santa Lucia, saliamo da U Pantan e visitiamo vari Rioni.

Gli scorrimano, dove esistono, sono in ferro e sono anche ghiacciati. Si sale e si scende passando sotto a portici che sembrano delle grotte dove anche i soffitti sono stati costruiti con pietre tondeggianti.

Si possono immaginare più facilmente, senza il vivo viavai giornaliero della gente indaffarata, personaggi medievali che camminano, lavorano, si appostano o fanno la guardia davanti ai bastioni.

Si possono immaginare cavalli bardati scendere le gradinate in pietra, guidati da aitanti cavalieri, oppure intravedere donzelle che corrono via veloci, a rincasare, data l’ora ormai tarda.

C’è anche qualche gatto. Nero naturalmente! E di quale colore poteva essere, altrimenti?

Sì, Taggia di notte riporta a un tempo che fu. Un tempo che lei ha vissuto davvero e che oggi possiamo solo immaginare fantasticando. Ma l’ambiente ci aiuta molto.

Il torrente Argentina è meno silenzioso senza i rumori di auto e voci.

Qualche pipistrello volteggia veloce attorno ai bagliori e tiene compagnia alle falene.

Tutto muta. Tutto è diverso rispetto a qualche ora prima. C’è anche più freschezza e forse più malinconia passeggiando in quella tranquillità e osservando tutta quella storia e quelle stelle attorno a noi. Le persiane sono ormai chiuse da un pezzo; a ciondolare fuori rimangono piante e panni stesi.

Mancano i fuochi, sparsi per strada, una volta più presenti e, come molti di voi sapranno, grande salvezza per il paese. Ogni tanto però, in qualche via, si sente l’odore di legna bruciata, pronta a scaldare, o a cucinare succulenti pranzetti per l’indomani.

Qualche carruggio così stretto, buio e angusto mette quasi paura. Sale stretto nello scuro più assoluto e, anche questo dedalo di viuzze, aiutò spesso i tabiesi contro i saccheggiamenti dei Saraceni che, ovviamente, il luogo non lo conoscevano, mentre gli abitanti di Taggia ne sapevano ogni angolo a memoria.

In effetti, se guardate le immagini, a prima vista questi angoli sembrano tutti uguali ma, se osservate con attenzione, sono ognuno diverso da un altro. Belli vero?

Sono molto contenta di aver lasciato il bosco questa sera per recarmi qui. E’ tutto così suggestivo! Mi piace, c’è pace, mi sento a mio agio anche se, devo dire, a volte mi intimorisco a vedere certe ombre. A causa delle luci fioche, alcune figure, diventano enormi e sembrano orchi giganteschi.

Invece sono solo persone. Persone silenziose come il loro paese.

Direi che anche per me è giunto il momento di andare a fare silenzio, in tana, e di fare molti sogni nei quali i protagonisti saranno sicuramente damigelle, cavalieri, Re e cocchieri.

Un bacio in notturna topi, a presto!

Famiglie di Topi e Storie d’Amore

C’erano una volta due baldi giovani, tutti e due biondi e riccioluti. Vivevano vicino ad Albenga, in provincia di Savona, in due paesini sperduti nell’alta Val Neva. Uno a Erli e uno a Nasino.

Ebbene, si sa com’era una volta. Quando c’erano le feste di paese. Si ballava con le ragazze, si alzava un pò il gomito e automaticamente si finiva a fare a cazzotti l’un contro l’altro.

Dalle mie parti si usava così. Quelli del paesino più in basso si appostavano ad aspettare quelli del paesino di sopra che scendevano per caricarli di pugni. Perchè? Perchè la bella tipa, quella con la gonna rossa, aveva preferito uno piuttosto che un altro, o perchè uno aveva guardato un pò di più la fanciulla già impegnata. Ed era un continuo scazzottarsi.

Al mattino si lavorava alacremente nei campi ma, alla sera, soprattutto d’estate, dopo la sagra e i balli in piazza, alè… giù, colpi da far paura.

E i due ragazzi riccioluti erano un pò come i capobanda delle due gang principali di questi due paesi, tra i quali, non scorreva buon sangue.

E quelle due belle ragazze bionde invece? Quelle due belle ragazze bionde raccoglievano pesche a tutto andare. Con il vestito a fiori, il grembiulone, gli stivaloni di gomma e i capelli scompigliati ma… erano comunque bellissime. Le notavano tutti a Ortovero e la voce, presto, si sparse. Erano due forestiere, arrivavano dalla Valle Argentina, ed erano venute fin lì per racimolare due spiccioli. La voce della loro presenza giunse presto sia ad Erli sia al paesino di fronte, Nasino, e i due ragazzotti boss vollero vederle subito.

Erano splendide. Tutti e due iniziarono, con i loro scagnozzi intorno, a spiarle durante il raccolto, ma ci rimasero molto male quando si accorsero di essere assieme ad aver messo gli occhi su quel miele tanto desiderato.

Motivo in più per accapigliarsi con maggior soddisfazione.

Quasi ad averlo capito, le due giovani donne, non ballarono mai con quei due quell’estate alle feste.

Il periodo del lavoro nei campi finì e, le ragazze, dovettero far ritorno a casa ma, ahimè, quando un cuore batte, fa fare anche dei chilometri e allora, i due biondini, si ritrovarono legati da un qualcosa che li univa.

E quanta benzina con la macchina o con la motoretta su e giù da una valle all’altra!

Ogni volta che potevano eccoli venire dalle mie parti a corteggiare le loro belle. Ma l’odio che provavano l’un per l’altro non riusciva a trasformarsi in complicità.

Nessun problema, ci pensarono le due donzelle. O si cambiava musica, o nulla. Loro si che… erano d’accordo! Erano due sorelle!

Cari topi, vi sto parlando della mia topononna e della mia topozia e si, i due baldi giovani, ricci e biondi, divennero il mitico topononno, che ormai conoscete, e suo cognato, il mio topozio.

E, che ci crediate o no, hanno iniziato a volersi un gran bene. Dapprima con una sonora risata.

Si sono trasferiti nella mia Valle infine dove hanno messo su casa e famiglia e sono sempre stati indivisibili, aiutandosi a vicenda, nel lavoro, e facendo da padre anche ai figli l’uno per l’altro. Ci riuscirono proprio bene le due signorine a metterli d’accordo!

Ah, quante strade l’amore! E’ inutile, noi topini, siamo unici e anche un pò romantici.

M.