Alberi e panorami di Carmo del Corvo

Topi, quella che vi faccio fare oggi non è una vera e propria scarpinata. L’aria si è fatta fredda e io per una volta ho preferito salire sulla mia Passepartout per avvicinarmi di più ai luoghi che voglio mostrarvi.

Il naso gelato e i baffi ghiacciati, ci mettiamo sulla topomobile e saliamo su, sopra Triora, sulla strada che porta al Passo della Guardia. Ci fermiamo più o meno in località Gorda Soprana, perché voglio godere insieme a voi della vista dei monti e assaporare i colori del bosco.

Lasciamo l’auto in uno spiazzo che pare dividere a metà la Valle Argentina, perché da qui c’è davvero un panorama spettacolare e mozzafiato. Si vedono il Gerbonte, Cima Marta, il Toraggio e il Pietravecchia, e poi anche il Saccarello.

gorda soprana - carmo del corvo

Dalla parte opposta, invece, abbiamo gli abitati di Corte e Andagna, Passo della Guardia, il Passo della Mezzaluna e poi giù, fino al Faudo. Si vede tutto, si abbraccia l’immensità delle creste velate d’azzurro e sui monti più alti si scorge già una piccola spruzzata di neve.

valle argentina

Tira vento, lo sentite? Ma non lasciamoci intimorire.

Mi piace guardare i raggi del sole che filtrano dall’alto, disegnando scie luminose sulle pendici delle montagne.

valle argentina carmo del corvo

Abbandoniamo la topomobile a bordo strada e ci inoltriamo nel bosco, sulla sinistra, in direzione di Carmo del Corvo. In questi luoghi pascola il bestiame, si sente anche ora il tintinnio dei campanacci. Pecore e vacche sono ancora qui a cibarsi delle ultime erbe rimaste, prima che arrivi la neve a ricoprirle. Ed è proprio questo loro cibo a insaporire i formaggi della mia Valle, dal gusto unico e inconfondibile.

Il bosco di cui vi parlavo non è fitto, ma a tratti si apre in scorci ampi sul baratro che è la Valle Argentina, vista da quassù. Si respira l’atmosfera selvaggia di questi luoghi, è tangibile, e già entrando nel bosco di Pini viene spontaneo abbassare il tono di voce.

 

E quei Pini sono inframezzati da chiazze brulle di macchia mediterranea, dove a farla da padroni sono il Ginepro, il Timo e la Lavanda, i cui cespugli sono ancora ben visibili, nonostante la sua stagione sia trascorsa da un po’.

timo

Qui, nella bella stagione, si trova facilmente anche l’Iperico. L’Estate, da queste parti, fa ronzare le api e gli impollinatori all’impazzata, così affaccendati nel suggere il nettare dai fiori profumati. E non mancano neppure i tafani, quando nelle vicinanze c’è il bestiame.

Eppure ora tutto pare come addormentato, anzi no, sembra tutto in attesa. La Natura riposa e sospira, attende il momento del sonno profondo che le spetterà a breve, quando giungerà l’Inverno col suo abbraccio di candido gelo.

funghi

Sul terreno, adesso, è tutto uno spuntare di funghi, piccoli, grandi, dalle forme più disparate. Sono state le ultime piogge a farli spuntare così generosi.

E alzando il muso all’insù non si può non meravigliarsi di fronte allo spettacolo offerto dalle foglie baciate dal sole!

autunno valle argentina

Raggiungiamo un punto panoramico, Triora è là sotto quella sporgenza, ma da qui non si vede. Ci sono Querce giovani a farci compagnia, insieme ai Lecci e alle Felci ormai ramate.

valle argentina2

E allora me ne resto seduta qui per un po’, su una roccia scaldata dal sole e col naso gocciolante per il freddo. Si sentono i versi dei Caprioli, qui ce ne sono tanti, e alla fine uno mi passa addirittura alle spalle, balzando via come un fulmine.

quercia valle argentina

Infine, dopo essere rimasta per un po’ ad ammirare il dipinto autunnale che si è spiegato per me e per voi, me ne torno indietro, alla topomobile, che il sole sta calando e so che a breve tingerà di rosa certi scorci che voglio mostrarvi prima di lasciarvi andare.

Salgo su Passepartout, la metto in moto e inizio la discesa, finché non trovo la luce giusta al momento giusto, lo scatto perfetto.

Clic!

passo della mezzaluna

Il Passo della Mezzaluna incorniciato dall’ombra scura delle foglie… e un’altra mezzaluna che s’affaccia nel cielo.

Poi non dite che non vi voglio bene.

Vi saluto topi, torno in tana a zampettare sulla tastiera per voi. Un abbraccio panoramico dalla vostra Prunocciola.

Un formaggio da K2!

Topi! Sono venuta a conoscenza di una cosa che mi ha fatto vibrare i baffi di orgoglio!

La mia Valle non smette mai di stupire, è proprio vero.

Nel mio girovagare ho scoperto, infatti, che il formaggio d’alpeggio delle mucche del Saccarello nel 2004 è stato selezionato come alimento fondamentale per ben due spedizioni italiane di alpinisti sul K2. Ma ci pensate?  Il latte munto sulle mie montagne è arrivato fino in Nepal. Roba da non credere!

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Il K2, tra l’altro, è la seconda vetta più alta del mondo dopo l’Everest, ma è considerata la più difficile da scalare. All’evento era stato dedicato persino un articolo su La Stampa, in cui si sottolineava che, quello di portare nello zaino il tipico formaggio triorese, non fosse un capriccio o una questione di gola, visto che per chi si appresta ad affrontare percorsi così estremi l’alimentazione è studiata, programmata, calcolata da esperti.

Il formaggio di mucca d’alpeggio è lavorato a crudo, è stagionato e avvolto in teli di lino e viene affinato in cantine su assi di legno. Dopo due mesi di stagionatura, assume un sapore caratteristico, con retrogusto mandorlato e ha un inconfondibile profumo di funghi porcini e fieno. Questo suo sapore delicato unito alla particolare fragranza è dato dall’alimentazione delle mucche, costituita da foraggi freschi arricchiti dalle erbe aromatiche montane. Io mi lecco già i baffi. Ha proprietà organolettiche per le quali è unico in tutta la Liguria.

toma Triora 2

Ci sareste dovuti essere, il giorno in cui mi è giunta notizia di questo primato culinario che non sapevo la mia Valle avesse.

Ero con topoamica, stava sorseggiando una tisana al lampone nella mia tana, quando mi è tornata in mente la sensazionale scoperta di quel giorno.

«Per tutti i topi, devo dirti una cosa! Ho una notiziona!»

«Avanti, dimmi. Hai fatto la scoperta del secolo, finalmente?» mi ha chiesto lei.

Non appena, però, le ho detto del formaggio, degli alpinisti, del K2 e di tutto il resto, topoamica ha posato la tazza e mi ha guardata come fossi ammattita.

«Che c’è?», le ho domandato confusa.

«Belin, Pruna! Dal tono che avevi, credevo tu avessi trovato il Sacro Graal della Valle Argentina. E invece te ne stai qui, a parlarmi di tome!»

«Ma… guarda che il K2 è una cima importante!»

«Sì, sì. Già ti ci vedo, sul tetto del mondo con la toma nostrana tra le zampe!»

E’ finita tra le risa di entrambe e, dopo un allegro battibecco, ho anche promesso che il Sacro Graal lo troverò, almeno topoamica smetterà di prendermi per una mangia-tome.

E voi? Sapevate di questo primato della Valle Argentina?

Io vi saluto, topi. Vado a scalare… il Monte Trono, così il formaggio me lo compro direttamente a Triora, che mi è venuta l’acquolina in bocca. E poi, ormai, voglio proprio conoscere il gusto di questa prelibatezza!

A presto.

Prunocciola

Trombette, zucche e polpettoni

Topi, quello di oggi è un post da leccarsi i baffi. La sentite l’acquolina che già vi riempie la bocca?

Nella mia Valle, ma anche in altre della Liguria, cresce una zucchina speciale, alla quale tutti noi liguri siamo affezionati e che coltiviamo con un certo orgoglio. Ve l’ho già presentata altre volte, è la zucchina trombetta! La sua forma particolare la rende davvero artistica e noi la usiamo in mille modi, perché è un alimento versatile e buonissimo. La preferiamo alle zucchine scure che vendono nei supermercati, anche perché ha un sapore che non è paragonabile con altre specie di cucurbitacee.

Comunque, fatto sta che nel mio orticello le trombette vengono su che è una meraviglia. Si attorcigliano su se stesse, alle canne di bamboo che fanno loro da sostegno e alle staccionate, ecco perché ho deciso di creare con questo ingrediente protagonista una ricetta un po’ diversa dal solito. Topini e topi anziani si son leccati tutti i baffi, per cui ve la propongo. Badate: è una di quelle ricette da realizzare in grandi quantità per fare scorta durante i mesi invernali, si presta proprio bene a essere congelata. Tra l’altro è anche semplice e veloce! Bene, cominciamo.

Raccogliete o procuratevi circa 600 grammi di zucchine trombette e mezza cipolla e tritatele finemente in un mixer. Devono essere quasi una purea. Se volete, potete ripassare poi questo composto verdino in una casseruola con un filo d’olio per cinque minuti, facendolo appassire, ma non è obbligatorio, solitamente salto questo passaggio. Aggiungete alla purea di zucchine le spezie che preferite, io uso il pepe, l’aglio in polvere e la noce moscata, ma potete mettere anche del timo o della maggiorana, se li gradite. A questo punto mettete tutto in una ciotola ampia insieme a 250 grammi della ricotta che preferite e 200 grammi di pan grattato, aggiustate bene di sale e mescolate il tutto.

polpettone zucchine 2

Il composto rimane compatto, quasi difficile da impastare col cucchiaio. Aggiungete un cucchiaio circa di olio extravergine di oliva e date un’ultima rimestata. Ecco, ora l’impasto del nostro polpettone è pronto.

“Ma come, topina? Niente uova?” starete già dicendo. Vi sento! No, per questa ricetta non sono previste né uova né carne, il polpettone si tiene insieme da sé, provare per credere.

Sapete, ero un po’ scettica anche io la prima volta, ma il risultato ha sorpreso me e tutti i miei commensali. Credetemi se vi dico che è diventato il piatto forte di molte feste e ricorrenze!

Torniamo a noi, quindi. Prendete uno stampo per plum-cake e cospargetelo di olio, poi versatevi dentro il composto e livellatelo bene. Non vi resta che infornarlo a 200°C, lo cuocerete per una mezz’oretta.

Mentre il polpettone se ne sta tranquillo nel forno, voi non statevene con le mani in mano, mi raccomando! Preparate un buon sugo di pomodoro, perché servirà ad arricchire questo piatto già squisito di per sé. Qualche volta, anziché fare un sugo semplice, aggiungo dei funghi e vi assicuro che ci stanno proprio benissimo.

Una volta pronto, fatelo raffreddare un po’ prima di girarlo su un piatto da portata. Guardate che figurone che fa!

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Tagliatelo a fette larghe e servitelo su un letto di salsa di pomodoro, oppure lasciate che siano i vostri ospiti ad attingere al sugo a proprio piacimento. Si sposano proprio bene insieme! L’ho provato anche con un sugo ai funghi ed era molto buono anche così. Con questa ricetta potete davvero sbizzarrirvi e dare spazio alla fantasia. Abbinatelo con i gusti che più vi piacciono, credo possiate addirittura utilizzare la ricotta di pecora, anziché quella di mucca, darebbe a questo piatto un sapore più deciso.

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Prima di concludere, voglio regalarvi un’ultima chicca. Se lascerete maturare le trombette nell’orto fino all’autunno, quando diventeranno panciute e di un giallo-arancio bellissimo, potrete usare quelle zucche per sfornare decine di polpettoni come quello che vi ho insegnato a fare. E con le zucche gialle della mia Liguria vengono davvero squisiti!

In questo caso, ricordatevi di aggiungere qualche spezia in più per contrastare il gusto dolce della zucca. A me piace usare l’erba cipollina insieme al pepe e all’aglio e, qualche volta, aggiungo un po’ di parmigiano e sostituisco la cipolla con il porro.

Buon divertimento, topi! Che bontà!

 

La Cucina Bianca della mia Valle

Parlo spesso della Valle, dei suoi panorami mozzafiato, della sua rigogliosa vegetazione e degli animali che la abitano, ma mi soffermo troppo poco sull’aspetto culinario, sull’importanza di questa arte antica e apprezzata ancora oggi.

Quella delle Alpi Liguri e Marittime è definita “Cucina Bianca”. Infatti, a prevalere sono i colori chiari, ma la povertà delle tinte non si rispecchia nel gusto, che invece è ricco e reso unico dai prodotti che la terra offre.

Porri, aglio, cipolle, patate, cavoli, funghi, lumache, fagioli, formaggi, uova, castagne, farina… c’è tutto in abbondanza e le ricette sono antiche, testimoniano lo scandire del tempo di uno stile di vita ormai quasi perduto del tutto. È una cucina talmente preziosa che a essa è stato dedicato un percorso di 70 chilometri quadrati che coinvolge le valli Argentina e Arroscia, sconfinando persino in Francia e Piemonte.

strada della cucina bianca - alpi marittime

La Strada della Cucina Bianca – Civiltà delle Malghe, così è stata soprannominato il percorso, collega i comuni di Cosio di Arroscia, Mendatica, Montegrosso Pian Latte, Pornassio, Triora, La Brigue (in territorio francese) e Briga Alta (Cuneo).

Come dicevo, i prodotti di questo tipo di cucina sono antichi, ma si possono gustare ancora oggi. Ricette della tradizione popolare sono sopravvissute allo scorrere del tempo grazie a pastori e contadini che hanno a cuore le loro radici, non le dimenticano, e resistono con tenacia alla modernità. Un tempo ci si doveva arrangiare: si trascorrevano molte ore sui pascoli alti, il lavoro era duro e c’era bisogno di piatti semplici e nutrienti da poter preparare velocemente.

Il formaggio della mia Valle ha i sapori e i profumi della montagna, grazie all’erba brucata dalle capre, dalle pecore e dalle mucche.

toma di mucca - formaggio ligure - cucina bianca - triora

E, a proposito di questo, nella zona si allevano ancora gli ovini di razza brigasca. È nato persino un presidio Slow Food per il sostentamento della produzione di tome a latte crudo di questa pecora. Insomma, non è una cucina da poco!

pecora brigasca presidio slow food

Continuando a parlare di formaggi, in Valle è da sempre molto usato il brüssu – o bruzzo – ottenuto dalla fermentazione della ricotta. È cremoso, spalmabile e ha un gusto molto forte, per questo non piace a tutti.

Si accompagna con fette fragranti di pane di Triora, prodotto ancora oggi con la ricetta di un tempo. Parlando di questo pane meraviglioso, mi vengono in mente tanti ricordi della mia infanzia, quando ero una topina e vivevo a casa dei miei topononni. Facevo colazione con latte e biscotti, poi mi preparavo per andare a scuola e topononno, non soddisfatto dal mio primo pasto mattutino, mi metteva in una zampina una fetta di “Pane del Nonno”, come lo chiamavo allora, e nell’altra un tocco di formaggio. E così affrontavamo insieme la strada verso la scuola, mentre io davo un morso ora all’uno, ora all’altro.

pane di triora

Il pane di Triora arriva fin sulla costa, dove è venduto anche nei supermercati. È richiesto, rinomato e apprezzato da tutti perché ha un sapore unico, antico e inconfondibile. Acquistato ancora caldo al panificio Asplanato di Triora, però, ha tutto un altro sapore! Camminando per le vie del borgo si può sentire il suo profumo invitante spandersi nell’aria e allora è doveroso entrare nel forno e acquistare una forma per assaporarla ancora fumante, facendo attenzione a non ustionarsi le zampe e la bocca. I segreti di questo pane sono molti e non possiamo conoscerli tutti, ma sappiamo che è realizzato con farina di tipo 1, meno raffinata e più integrale rispetto alla 00. L’impasto viene fatto riposare su un letto di crusca per non farlo attaccare, ma anche per dargli un sapore più rustico. La crosta è sottile, scura come la pelle di chi inizia ad abbronzarsi in estate, trascorrendo tante ore sulla montagna. È un pane nutriente, adatto a offrire la sua genuina energia a chi ne aveva tanto bisogno per il duro lavoro.

Il brüssu, però, non si accompagna solo al pane. Infatti, è protagonista di un altro piatto tipico delle mie montagne: i Sugeli.

Sono gnocchetti realizzati solo con acqua e farina ai quali, tramite le dita, viene data una forma simile a quella dell’orecchietta pugliese. Si “suggella” in questo modo la forma dello gnocco, forse è anche per questo che si chiamano così. Il loro nome, tuttavia, pare avere origine dall’omonima parola ligure “sügélu“, che indica uno strumento che serve per fischiare. Anticamente, infatti, i nonni forgiavano questi strumenti dalle canne o dal bambù e il pezzo che si introduceva in bocca per emettere il suono desiderato aveva proprio la forma che si dà allo gnocco, esattamente come quello della terza foto qui sopra.

I Sugeli, ad ogni modo, vengono conditi con la crema di brüssu e sono un piatto semplice da preparare.

Scendendo un po’ più verso valle troviamo altre squisitezze, come la Frandura (di cui vi ho parlato qui), una squisita torta di patate tradizionale di Montalto Ligure. Roba da leccarsi i baffi, cari topi!

Frandura

Proprio sotto Montalto esiste un’altra esclusiva della mia bella Valle: i Rundin di Badalucco, fagioli bianchi antichi e tipici baiocchi.

In tutto questo mordi e fuggi di antichi piatti e sapori, non vi ho parlato di un ingrediente essenziale della cucina montana: le erbe aromatiche. Sono onnipresenti e, senza di loro, i piatti sarebbero meno profumati. Timo, Maggiorana, Santoreggia, Lavanda, Ginepro, Rosmarino… ci si può davvero sbizzarrire, perché sui monti crescono spontanee e profumatissime, grazie all’aria pura e fresca.

A proposito di fresco, bisogna ricordare che un tempo non esistevano strumenti per la lotta a parassiti e insetti. L’unico modo che permetteva ai cibi di non deteriorarsi era proprio il freddo pungente delle montagne.

Avete notato che non ho parlato di carne? C’è un motivo, e ve lo spiego subito. Un tempo – e si parla soprattutto della popolazione povera di pastori e agricoltori – non era così frequente cibarsi di animali. Il bestiame serviva per la lana, il latte e i formaggi, mentre le galline venivano tenute per le uova. La macellazione di un animale avveniva raramente e in occasioni speciali e di esso si usava tutto, ma proprio tutto. Nulla andava sprecato. L’uomo delle malghe si cibava per lo più di farinacei, legumi, ortaggi e latticini, qualche volta mangiava il coniglio, ma molto raramente sacrificava un capo del proprio bestiame.

E qui possiamo parlare anche di un altro piatto della cucina ponentina ormai diffuso in tutto il territorio nazionale, il coniglio alla ligure. È arricchito dalle olive taggiasche e dall’olio che esse producono, unico e inconfondibile, oltre che dalle preziose erbe aromatiche e dal vino rosso.

Insomma, come vedete ce n’è per tutti i gusti, altro che cucina povera!

In Valle Argentina e nelle zone limitrofe che fanno parte della Strada della Cucina Bianca sono numerosi gli eventi legati alla gastronomia in cui si possono assaggiare i prodotti tipici, di seguito ve ne segnalo alcuni della mia Valle, ma ce ne sono un’infinità:

  • Sagra dei Sugeli – Verdeggia (inizio agosto)
  • Sagra della Frandura – Montalto Ligure (seconda metà di agosto)
  • La Sagra della Lumaca – Molini di Triora (inizio settembre)
  • Fungo nel Borgo –  Triora (fine settembre)
  • La Festa della Castagna – Andagna (seconda domenica di ottobre)

Non vi resta, dunque, che segnarvi tutto sull’agenda e venire a gustare da noi queste prelibatezze!

Ora vi saluto, con le zampe sporche di farina ho imbrattato tutto il computer, vado a finire il mio capolavoro culinario.

Un abbraccio farinoso,

la vostra Pigmy.

(Un enorme grazie a Gianna Rebaudo per il suo prezioso aiuto fotografico. Squit!)

Miglio e Semi di Zucca, non ci crederete ma vi rendono felici!

E si perchè si dice che alimentarsi bene sia uno dei primi traguardi per arrivare alla felicità. E allora non aspettiamo! Prepariamo subito un gustoso pranzetto che ci farà sorridere. Immagino già le vostre facce ma…. provare per credere! Un piatto semplicissimo ma molto nutriente e sano. Io lo preparo in questo modo:

in un colino sciacquo il miglio che, se vi è possibile, vi consiglio di acquistare in un negozio di alimenti biologici. E che non sia precotto per cortesia!WP_20150413_002

Nel mentre, in una terrina, metto a soffriggere: cipolla (tagliata alla julienne), curry, un pò d’aglio ed erbe aromatiche a piacere. In questo caso c’era timo, alloro, salvia, prezzemolo, dragoncello, erba cipollina e due foglie di menta (non di più perchè la menta si sente parecchio!).WP_20150413_003

Il tutto inumidito da un pò di buon Olio Extra Vergine d’Oliva Taggiasca. E scusate se sottolineo il nome dell’oliva ma ne vale la pena e chi lo conosce lo sa.WP_20150413_004

Quando la cipolla assume il color dell’oro, aggiungo il miglio e un bel pò d’acqua. Tanta acqua ci vorrà quindi, preparatevene un pò da parte o vi si attacca tutto. Assorbe più del riso. Ovviamente potete anche usare il brodo ma io quel giorno ho usato l’acqua per fare prima ed è venuto buonissimo lo stesso. Salo con del Sale Rosa dell’Himalaya perchè sono fissata col Sale e ne ho di diversi tipi. Il Sale Rosa himalayano non sala molto per cui mettetecene tranquillamente di più e regolatevi a vostro piacimento. WP_20150413_005Quando il miglio è quasi cotto, all’incirca dopo 20/25 minuti, ecco uno degli ingredienti principali. I semi di zucca tostati e non, dipende da quelli che vi piacciono di più. I miei non lo erano. Mescolo per benino e dopo pochi attimi spengo il fuoco. Un altro filo d’olio in uscita, come direbbe un vero cuoco, e una spolveratina di prezzemolo per gli appassionati di questo gusto.

Ecco bella e pronta una delle ricette più salutari al mondo. E credetemi, è davvero buona!

Bregalla, il paese delle fiabe

Guardatele bene le foto che vi posto oggi: non vi sembra di essere in un racconto dei fratelli Grimm?

La legna accatastata, le casette in pietra, i mandorli in fiore, i balconi di travi di castagno, il sentiero in mezzo al prato… Nemmeno il più grande scenografo di Walt Disney potrebbe arrivare a tanto. Sembra un luogo fantastico, invece è tutto vero ed è qui, nella mia valle, sotto un grande spicchio di cielo.

Siamo a Bregalla e le casette in questa frazione sono tante quante le lettere che ne compongono il nome, non una di più.

Bregalla è considerato un punto panoramico fantastico. Da qui si vede tutta la gola della Valle Argentina, quella delle falesie, delle rocce sporgenti, austere, del suo lato aspro, rude, maestoso. Siamo oltre il ponte di Loreto, passato colle Ventusu. Ci troviamo prima di Realdo e, salendo sulla destra, due curve ci portano in questo angolo di paradiso.

Non c’è nessuno. Come mi aveva consigliato la signora Vilma, cerco Bruno, colui che degli orti fa delle vere opere d’arte. Tuttavia il signor Bruno non c’è e di lui e delle sue capacità, purtroppo, non posterò nulla. Voglio farmi raccontare le sue storie, i suoi consigli e voglio fotografare il suo lavoro in sua presenza.

Gli abitanti di Bregalla sono solo 18. Io ne ho visti solo 3, prendono il sole beati nel loro giardino di margherite. In tutto il resto del paesino regna il silenzio più assoluto. Siamo a circa 840 metri sopra il livello del mare. É una borgata che appartiene al comune di Triora e il suo nome deriva probabilmente dal termine “bregallare” che voleva dire belare, in onore delle pecore e delle capre che un tempo vivevano su questi monti. Sono luoghi di pastori, di contadini. Nella nostra zona, però, c’è un termine che usiamo spesso per indicare il “fare tante cose” che è proprio Bregare, per indicare qualcuno che non sta mai fermo: “È sempre che fa, disfa e brega…” diciamo. Mi chiedo se questo modo di dire abbia qualcosa in comune con il nome di questa località.

A meritare un sopralluogo a Bregalla è anche il lavatoio, ancora funzionante, pulito e ben tenuto, se non erro è stato costruito con la pietra Arenaria. E poi c’è la chiesa, anch’essa molto carina e con la particolarità di avere “tre tetti”.

Esattamente! In un solo Santuario, guardate, ritroviamo due tetti di tegole rettangolari e un tetto di ciappe semi-rotondo disposti tutti a scala rimanendo uno più basso e gli altri più alti.

Sopra al campanile poi, un simbolo che non manca mai, c’è infatti una piccola croce di ferro.

La flora che circonda questo villaggio lascia senza fiato. Si nota addirittura la presenza di altissimi bamboo! Sembrano formare una piccola foresta orientale incastonata nella macchia mediterranea e, tutt’intorno, i nostri occhi possono vedere il verde cupo degli abeti e dei pini che colorano le alte montagne. E guardate dove nasce la salvia! È lì in quel tronco, la vedete?

Tante sono le spezie: salvia, timo, basilico, origano e intere cornici di rosmarino profumato che, fiorito proprio in questo periodo, colora il paesaggio di azzurro e violetto. E che profumi! Tra le pietre dei terrazzamenti troviamo altri colori, altre tinte offerte dai fiorellini di campo: iIl bianco, il giallo, il fucsia, il rosa, il turchese. Io sono convinta che se un pittore venisse a visitare Bregalla, non se ne andrebbe più.

E voi, ditemi, avete mai visto un posto più bello di questo? Guardatele bene queste foto, topi, e sognate: oggi siete in una fiaba. Siete in un luogo fuori dal mondo, dove anche i pochi ruderi rimasti (perchè qui le casette sono state tutte rifatte come gioiellini) hanno un contorno tanto bello da sembrare irreale. Affascinante e suggestivo, il borgo permette di essere visitato tramite piccoli sentieri a scalini, ponticelli e prati in fiore. Non dimenticate di passare di qua se venite nella mia valle, vi perdereste qualcosa che potrebbe davvero appagare i vostri occhi.

Un abbraccio,

la vostra Pigmy.

M.