Verso Gola dell’Incisa e le Peonie selvatiche

Oggi Topi, grazie al periodo di primavera avanzata nel quale ancora siamo, posso portarvi in un luogo davvero magico. E’ magico perché è bellissimo di suo ma, ora, lo è ancora di più grazie ad un verde vivacissimo e la fioritura di tantissimi fiori che rendono questo ambiente degno di tutta l’invidia di Walt Disney.

E’ infatti come camminare in una fiaba.

La Natura sta dando il meglio di sé in un trionfo di fiori, colori e profumi.

I doni sono tanti, di mille tinte e mille forme, ma uno sguardo particolare lo daremo alle splendide Peonie selvatiche che non crescono ovunque, ma ovviamente qui si, perché siamo in un paradiso.

Non siamo proprio in Valle Argentina ma sul suo confine.

Andremo sui monti che la incorniciano e che si possono vedere da ogni suo punto. Che partecipano a renderla meravigliosa.

Andremo verso montagne aspre, soprannominate addirittura le “Dolomiti Liguri” e visiteremo una Gola che sembra uscita da un film fantascientifico.

Severa, erta, profonda. Dalle pareti rocciose che la circondano, alte e colossali.

Partendo da Colle Melosa e più precisamente dalla Fontana conosciuta come “Fontana della Forestale”, qualche tornante più su della più nota “Fontana Itala”, ci dirigeremo verso il Monte Toraggio (1.973 mt) passando per la Valletta e fermandoci poi alla Gola dell’Incisa. Sarà proprio qui, attorno ad un sentiero scavato nella roccia un’ottantina di anni fa dai militari, che potremo godere di un panorama meraviglioso e una natura incontaminata.

La parte apicale di questa Gola presenta un Eden infinito che lascia a bocca aperta, delineato da questo percorso sul quale siamo, a picco sull’abisso. Si tratta del famoso “Sentiero degli Alpini”, oggi malridotto in certi punti, pericoloso a causa della mancanza di protezioni a valle e il suo essere molto stretto e persino inaccessibile dal lato, appunto, del Toraggio.

Per arrivare qui, infatti, siamo passati dal lato del Monte Pietravecchia (2.038 mt) che ci permette di camminare su un sentiero meraviglioso, prettamente pianeggiante e che sembra in molti tratti un lungo prati circondato da alberi lussureggianti.

Soltanto verso l’arrivo diventa più selvaggio ma resta adatto a tutti.

Oltre il bivio della Gola l’accesso invece resta adatto agli impavidi, i quali, dirigendosi poi verso l’immenso potranno godere dei fiori rari che vi ho citato prima: le grandi, rosa e magnifiche Peonie, simbolo di affetto, amore, generosità e abbondanza.

Qui siamo al Passo dell’Incisa, a 1.684 mt e siamo in un luogo che ha vissuto molta vita militare in passato. Quei costoni impervi che la formano sono stati palcoscenico di difese, osservazioni e battaglie.

Le rocce sono stratificate e, in alcuni punti, formano i famosi flysch dei quali spesso vi ho parlato e che troviamo in diverse zone della mia Valle, i quali donano alle pareti rocciose un’apparenza ancora più rude.

Stare qui è bellissimo. Viene in mente il titolo “Dove osano le Aquile”. In realtà, pur essendoci i nobili rapaci, a regnare sono i Gracchi Alpini e Corallini. Sì, qui ci sono entrambe le specie ma i Corallini vivono solo qui mentre gli Alpini si possono trovare anche in altri luoghi lungo la Catena Montuosa del Saccarello.

Anche gli insetti che svolazzano sembrano più coraggiosi di altri. Adattati a un luogo che può apparire ostile ma che ha davvero tanto da offrire.

Pensare ad un ritorno in tana fa quasi male, si vorrebbe restare a godere di questa pace e di tanta magnificenza ancora per molto tempo. La parola – tempo – mi porta con la mente al clima. Qui è davvero bizzarro e imprevedibile.

Si parte con il sole e un cielo terso, poi arriva la nebbia, piove ma spunta il forte vento e ritorna il sole a splendere con i suoi raggi che abbronzano. Se vi avventurate da queste parti vi consiglio di portarvi tutto l’occorrente dal k-way alla crema solare.

Ma in fondo… è anche questo il bello di questi luoghi e si potrebbe leggere come una generosità particolare da parte della natura che vuole offrirci tutto.

Spero che questo luogo vi sia piaciuto e che non vi siate stancati troppo perchè dovete prepararvi per la prossima escursione. Vi aspetto!

Un bacio massiccio, la vostra Topy!

Il Toraggio – l’uomo addormentato e il suo nome

Come molti sanno, il Monte Toraggio, è uno dei miei monti preferiti.

In questi due link qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/07/19/saliamo-sulla-vetta-del-toraggio/ e qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/08/08/scendiamo-dal-toraggio-e-arriviamo-a-fontana-itala/ ho parlato molto di lui, spiegando come raggiungere la sua parte più vicina al cielo e come discendere, da un altro sentiero, ammirando luoghi nuovi e meravigliosi.

Pur non essendo in Valle Argentina, lo si considera comunque un monte “nostro”, in quanto, con la sua solenne presenza, lo si può ammirare da ogni punto della Valle ed è, col passare degli anni, divenuto un caro amico. Come un simbolo. Uno dei tanti che abbiamo e amiamo. Inoltre, appartiene alla Catena Montuosa del Saccarello e alle Alpi Liguri quindi è come se appartenesse anche un po’ a noi.

La cosa principale poi è che, da come lo vediamo noi, o per lo meno dalla maggior parte delle zone della Valle Argentina, appare come la sagoma del viso di un uomo addormentato, con un naso un po’ aquilino e una fronte importante. Ma non è finita qui.

Assieme al Monte Pietravecchia e al Monte Grai, che si trovano accanto a lui verso Nord, quel viso appare congiunto anche a un corpo, tanto da aver assunto nel tempo il nome di “Uomo che dorme” o persino “Il Napoleone addormentato”.

Questo perché, a volte, attraverso varie atmosfere climatiche che si formano attorno a lui, delle nubi spesse e candide alle sue pendici, pare formino i capelli bianchi del noto Imperatore.

Il Monte Toraggio, alto 1.972 mt, ha l’aspetto severo e rude. Le sue pareti non sono morbide e tondeggianti anzi… alcune guglie di pietra gli recano proprio quel fascino brusco che ammalia.

Il suo nome deriva probabilmente da “Torevaius” un termine che, un tempo, soprattutto in ambito pagano, era dedicato a importanti luoghi di culto. Torevaius, infatti, sarebbe il nome antico di un Dio preromano custode delle vette.

Non solo, lo stesso nome “Torevaius”, deriverebbe da un’antica lingua romanica che indica “In Terrabulis” e cioè “Su luogo terribile” perché – terribili – erano considerate le sue cime frastagliate.

Forse è proprio questa sua autorevolezza che mi rapisce. Quella sua bellezza data da certe rocce sporgenti e alte falesie.

Il Toraggio esige molto rispetto e non è conveniente salire su di lui quando Madre Natura non lo permette forse proprio perché, in certi momenti dell’anno, quella natura vuole starsene in totale solitudine.

Sempre da parte di alcune antiche popolazioni preromane, si è ottenuto però anche il vocabolo “Tauraricum” ad indicare un diritto di pascolo che si è poi trasformato, come termine, a causa della lingua provenzale entrata a vivere quelle Alpi. Ovviamente si parla degli ampi prati attorno alla sua base che, in estate, offrono fiori di ogni genere e il verde smeraldino di quell’erba tenera.

Si tratta di luoghi incontaminati, che invitano Cicale e Farfalle.

Il Toraggio offre ovviamente una vista spettacolare. Si vede persino il mare dalle sue vette e una distesa di monti a perdita d’occhio.

Si è quasi a 2.000 mt di altezza e sono poche, nelle sue vicinanze,  le montagne alte quanto lui o più, perciò si gode di una vista aperta da ogni lato. Una vista che non la si dimenticherà più.

E’ sicuramente una meta da raggiungere almeno una volta nella vita, perchè regala emozioni uniche.

Anche lui è magnifico sempre. Visto da ogni dove. Imponente e aspro.

Adoro le sue forme, la personalità che emana. E’, per me, anche un punto di riferimento.

Sono nata guardandolo e continuo a farlo. Così come continuerò a parlarvi di lui.

Vi mando un bacio spettacolare quanto il suo splendore e vi aspetto per la presentazione del prossimo monte. A presto!

Magie e misteri di Bajardo, il paese dei druidi

Topi, non vi ci ho mai portato, ma ne vale davvero la pena. Questo bellissimo paesino non si trova nella mia Valle, ma in una zona immediatamente limitrofa ed è un piccolo gioiello delle Alpi Liguri.

Bajardo

Bajardo (910 metri sul livello del mare), con i suoi carruggi tortuosi e a tratti ripidi conta poco più di 300 abitanti e una gran quantità di gatti, come capita in quasi tutti i borghi del mio entroterra. E’ un piccolo scrigno e, come tale, nasconde in sé antichi tesori, o almeno così si dice.

impronta gatto neve

La leggenda vuole che il borgo debba il suo nome al celebre Rinaldo, uno dei dodici Paladini di Francia del ciclo carolingio. Di questa figura hanno parlato Ludovico Ariosto nel suo Orlando furioso, Matteo Maria Boiardo nell’Orlando innamorato e Luigi Pulci nel Morgante, ma potrei elencarvene anche altri. Be’, fatto sta che questo Rinaldo, rivale in amore dell’eroe Orlando, avesse un cavallo molto particolare. E quel cavallo portava il nome di… Bajardo!

Parlando invece di notizie più storiche, il centro storico del paese esiste dal I millennio a.C. e pare che in quel periodo fosse un importante luogo di culto per i Druidi, pensate un po’ che roba!

Questi sacerdoti della natura hanno lasciato un segno profondo nella storia di Bajardo, tanto che ancora oggi alcuni eventi e festività si ricollegano ad attività druidiche.

Alcuni sostengono che a testimoniare l’esistenza dei Druidi siano gli obelischi di pietra che si possono osservare in giro per il borgo.

Chi sostiene la presenza dei Druidi, afferma che a Bajardo convivessero un tempo i Celti, i Liguri, i Greci, gli Iberici e i Romani. Questi popoli costruirono a Bajardo i loro luoghi di culto, tra i quali spiccava un antico tempio dedicato al dio Sole, di cui oggi ci rimangono alcuni resti.

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Sopra quello stesso tempio è sorta in epoca medievale la chiesa dedicata a San Nicolò, patrono del borgo e festeggiato il 6 dicembre, ma nel 1887 il violento terremoto che rase al suolo anche Bussana scosse l’intero paese, scoperchiando la chiesa e riportandola pressoché all’antico aspetto e mostrando quello che un tempo era il luogo di culto principale nella sua più totale e disarmante naturalezza.

chiesa san nicolò bajardo

Il monte su cui sorge Bajardo pare fosse consacrato ad Abellio, divinità solare degli antichi Liguri. Curioso, non trovate? Ma la cosa più curiosa sono i capitelli dei contrafforti della chiesa crollata, che raffigurano volti con tratti somatici orientali, qualcuno li definisce addirittura mongoli.

Sacro e profano a parte, la costruzione scoperchiata sembra quasi essere un nuovo inno al Sole e alla Natura, con la sua volta tutta celeste e cangiante a seconda del tempo meteorologico. Sotto quella volta si svolgono ancora matrimoni scenografici, conferenze, e gli eventi più disparati, perché è di una bellezza sconfinata, topi, credetemi. Quel che resta dell’edificio è visitabile senza alcuna difficoltà, io stessa ci sono stata più di una volta.  Si prova una grande serenità a camminare sul morbido prato circondato dai muri alti, spogli e dorati, con il sole sempre lì, alto nel cielo come un guardiano.

chiesa san nicolò bajardo2

E poi c’è la terrazza naturale a strapiombo sulla Valle, con un panorama mozzafiato e comode panchine dal quale osservarlo.

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Nella metà del 1200 il borgo passò sotto il dominio dei Clavesana e infine sotto la Repubblica di Genova. Bajardo, dunque, dovette rispondere alla podesteria di Triora e, come in altri borghi della Valle Argentina e zone limitrofe, anche Bajardo subì le accuse di stregoneria da parte dell’Inquisizione.

panorama Bajardo

I dintorni di Bajardo sono tutti da esplorare. Numerose sono le escursioni che si possono fare, come quelle che conducono a Perinaldo, Apricale, Monte Bignone o ancora il Sentiero degli Innamorati. Poi c’è la fontana, poco sotto il borgo, un luogo molto suggestivo che vi consiglio di visitare, se non lo avete ancora fatto.

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Insomma, dalle mie parti non manca davvero nulla! Tra streghe, druidi e spiritelli si può dire che ci sia materiale a sufficienza per decine di romanzi. Le mie Alpi sono magiche, e questi luoghi ne sono la dimostrazione.

Un abbraccio, topi, alla prossima!

 

 

Drego, il paesaggio fantasma

Cari topi, oggi vi porto in uno dei posti per me più belli della mia valle. Be’, a dir la verità sono tanti i luoghi che mi colpiscono, ma questo è proprio tra i miei preferiti. È uno di quei posti in cui vale il “M’illumino d’immenso”. La bellezza, qui, è nell’atmosfera, nel paesaggio e in tutti i pensieri che ti balzano in mente. Cari topi, oggi andiamo a Drego, un insediamento preromano nel comune di Molini di Triora.

Si tratta di un antico villagio di pastori ormai abbandonato, ne sono rimasti solo i ruderi contornati da malghe, prati, monti e fiori. Siamo a 1.100 metri sul livello del mare completamente immersi nel verde. È un verde vivo, che riempie gli occhi.

Abbiamo sorpassato Andagna; oggi questa strada si presenta asfaltata e la si può percorrere comodamente in auto godendo di un panorama fantastico. Tanti, infatti, sono i punti in cui le rupi permettono di sporgersi e ammirare l’intera la valle. Non sarò mai abbastanza brava per farvi capire la bellezza di questo posto, è incredibile davvero, toglie il fiato. Guardando i casolari rimasti, e adagiati su questi immensi tappeti d’erba, pare di scorgere ancora qualche pastore, sono così ordinati e così puliti intorno! Vari terrazzamenti e muraglioni costruiti con pietre a secco dividono i campi, e alcuni ammassi di pietre più chiare formano delle costruzioni chiamate castellari. Fu proprio vicino a uno di essi che vennero ritrovate delle monete appartenenti all’era dell’Imperatore Giuliano e queste antichità hanno permesso di capire qualcosa di più di questo luogo. Fu costruito prevalentemente durante l’Età del Ferro tutt’intorno a una rocca, chiamata appunto la Rocca di Drego. Essa, situata in posizione strategica, permetteva di avvistare il nemico e prepararsi alla difesa. Anche attraverso i castellari si poteva avere un ampio controllo del territorio. La vista è aperto, libera da intralci e permette di ammirare parecchia porzione di valle.

Sono ancora pochi i fiori che ricoprono i prati, per ora dobbiamo accontentarci di Semprevivi e Tarassaco. Il verde è infatti spesso chiazzato di giallo. Qui fa più freddo, siamo in alto, poco prima di Passo Teglia che è situato a 1.380 metri e ci troviamo sulle pendici del Carmo dei Brocchi, un monte ricco di flora che raggiunge i 1.600 metri di altezza. La maggior parte di piante che nasce qui è ricoperta da una peluria volta a proteggerle dal freddo. Vicino a noi inizia il Parco Naturale delle Alpi Marittime e tanti sono i camosci, le marmotte, le poiane, le aquile e i tassi che possiamo incontrare in certi periodi dell’anno. Dentro questo parco si trova la Foresta di Rezzo, che è una tale meraviglia da essere un luogo protetto. Per poter vivere giornate in completa pace e serenità, ho scoperto da poco anche l’esistenza di un agriturismo “La Fontana dell’Olmo“, che saprà ospitarvi al meglio sia nella calda che nella fredda stagione e i proprietari vi forniranno la guida alpina per visite ambientali ed escursionistiche. Siamo vicini alla Via Marenca, la famosa strada che vi ho descritto parecchi post fa, una delle strade più importanti per il commercio e il passaggio della mia valle. Ci sono tante cose da scoprire, oltre all’appagamento della vista!

Questo, topi, è un posto selvaggio e ancora incontaminato, puro. I suoi colori, i suoi profumi e la sua aria sono di una purezza che apre i polmoni.

Allora, vi è piaciuto questo posticino? Fantastico, vero? Come vi dicevo, io lo adoro: quando sono qui, mi sento libera come non mai.

Mentre continuo a sognare di avere ali di farfalla per poter volteggiare sul prato, vi lascio un caro saluto. A presto!

M.

Il Parco del Ciapà

Cari topi, vi avviso che questo post sarà pieno di foto. Purtroppo non sapevo quali scegliere. Le ho volute condividere con voi quasi tutte, le altre potete trovarle come sempre sul mio album.

In questi giorni sono andata al parco comunale Ciapà, dietro il borgo antico di Cervo Ligure. Ci troviamo in un parco di 30.000 mq di terreno, splendido esempio della macchia mediterranea. La vegetazione è quella tipicamente spontanea delle colline liguri, mutevole a seconda delle zone. In quelle più aride primeggiano le piante e gli arbusti come il corbezzolo, l’alloro, la ginestra, l’oleandro, il ginepro, il mirto, l’erica, i fichi d’india, mentre tra le piante aromatiche troviamo la ruta, la salvia, l’origano, il timo, il finocchio selvatico e addirittura gli asparagi selvatici. Spiccano, inoltre, alberi d’alto fusto che s’innalzano sopra gli altri, quali leccio, roverella, carrubo, pino d’Aleppo e oleastro.

Lungo il parco si incontrano cartelli sotto le piante che ne spiegano in poche righe il nome, lo scopo e l’eventuale utilizzo. Il tutto è incorniciato da un manto di ulivi aggrappati alle fasce affacciate sul mare, visitabili attraverso le creuze, (che si legge quasi crose con la o chiusa), piccoli sentieri che dai monti scendono a picco sul mare, tipici della Liguria. È proprio uno di questi sentieri che prende il nome di Strada delle Orchidee, così chiamata perchè proprio lì, in questo punto panoramico, nascono spontaneamente delle orchidee selvatiche di diverse specie. È severamente vietato raccogliere fiori o parti di piantine: questo luogo è protetto e, come dice il cartello che vi ho fotografato, il fiore che vedete in questo posto rischia più di tanti altri, quindi è meglio lasciarlo in pace.

A prendersi l’impegno di posizionare questi cartelli esplicativi, con tanto di foto e descrizioni, è sempre quel signore di cui vi avevo parlato nel post de “Il Castello dei Clavesana”. Sì, Franco Ferrero è un uomo che per Cervo, il suo paese, ha fatto tanto. Il signor Ferrero è stato sostenuto dai bambini delle scuole elementari che, venendo qui a studiare le piante, si prestano a fare bellissimi disegni per descrivere la flora e gli animaletti che vivono in questo stupendo habitat. Gli alunni, soprattutto quelli della terza elementare, nel marzo del 2000 hanno inoltre realizzato un grosso poster metallico che ci informa che: “Il parco è il grande giardino di tutti. Qui c’è lo spazio, l’aria pura, il silenzio. La luce del sole penetra tra i rami degli alberi. Ascoltiamo la musica del vento, respiriamo il profumo del verde. Camminando in un bosco possiamo sentire nascere la vita! Raccogliamo ricordi, non fiori! Se sradichiamo un alberello, spunteranno le pietre. Non distruggiamo i nidi, renderemmo vuoto il cielo! Proteggiamo il piccolo popolo di pelo e di piuma che abita il bosco. Gli animali e le piante hanno bisogno della nostra amicizia per sopravvivere. Proteggiamo i nostri fratelli verdi e la loro casa, non lasciamo tracce del nostro passaggio, rifiuti, distruzioni. E soprattutto, proteggiamo gli alberi dal loro nemico più terribile: il fuoco, che distrugge ogni cosa. Ci vogliono anni perchè un piccolo seme si trasformi in un grande albero, come ci vogliono anni perchè un bambino diventi un uomo. Noi vogliamo che gli alberi possano crescere insieme a noi e che i bambini che domani nasceranno, possano anche loro conoscere la gioia di camminare in un bosco”.

Questo post, topi, è come se lo avessero scritto loro, non io! Come avete letto, in questo cartello si parla anche di animali. Sono tanti, infatti, quelli che popolano il Ciapà, soprattutto gli insetti : api, coccinelle, formiche, calabroni… e tutti si danno un gran da fare. Bisogna porre attenzione quando si cammina all’interno di questo bosco, perchè non si deve calpestare nulla e, inoltre, è importante non mettere i piedi dentro le pericolose doline, vere e proprie crepe di roccia nel terreno che rimangono spesso nascoste.

Eppure ne vale la pena. Cammina, cammina, su un tappeto di aghi di pino caduti a terra, dopo piante, cespugli e alberi, eccolo, il mare. Sbuca fuori dalla vegetazione all’improvviso, ci fa fermare il cuore per un momento dall’emozione. È di un azzurro intenso e non si distingue il confine con il cielo. Davanti a noi si apre un orizzonte infinito. Anche lo sguardo e il respiro si fanno più ampi. Quello in cui ci troviamo è proprio un bosco a picco sul mare!

Girandoci a destra, al di là delle piante d’ulivo e tra le foglie argentate, possiamo scorgere la città di Cervo e la Chiesa dei Corallini. È un panorama mozzafiato, ve lo assicuro. Da qui, il paese appare ancora più suggestivo. Pensate che, come vi ho già detto, è considerato uno dei borghi più belli di tutta Italia.

Vengo spesso qui, anche questa vallata mi piace molto e ogni bosco è per me una tana. Un po’ roccioso, un po’ morbido, un po’ in discesa, il terreno è arricchito di tanto in tanto da splendide fontanelle di mattoni rossi e, nella parte più bassa, su una grande pietra rotonda che fa da tavolino, è disegnata la Rosa dei Venti con i quattro punti cardinali. Questo itinerario, di interesse anche storico e archeologico, è ricco di ruderi, antiche fortificazioni, ci sono persino un vecchio abitato rurale e i ripari dei pastori. chiamati “caselle“.

Sono numerosi i percorsi. Oltre quello ginnico, ci sono sentieri per gli appassionati di mountain bike e, non ci crederete, ma da qui sono passati anche i pellegrini di Santiago di Compostela, lasciando delle mattonelle attaccate agli alberi a testimonianza del loro passaggio.

Camminando si arriva fino al confine con la città di Andora e, in questo esatto punto, il panorama è ancora più bello.

Siamo ancora più in alto, il mare è laggiù in fondo e tutto intorno a noi è un tripudio di splendidi fiorellini viola e spighe color dell’oro.

Ma come si fa a raggiungere questo luogo meraviglioso? É semplicissimo: basta arrivare fino in cima al paese, sorpassare anche il Castello dei Clavesana e, poco più su, a destra, una stradina poco asfaltata conduce in questo parco. Ovviamente potete raggiungerlo in auto, c’è anche uno spazio sotto ai pini dove parcheggiare e, poco lontano, potete trovare panche, tavoli in legno e una zona per fare la brace. Rimane a est del centro storico e ci sono addirittura pullmann pieni di gente che arrivano qui.

Dal 1999 questo luogo magico è sede dell’incontro che si tiene annualmente, a fine maggio, in occasione della Festa di Primavera del Golfo per la manifestazione “Piccoli Fiori Crescono”. Questo appuntamento fa incontrare circa 700 persone tra cui moltissimi alunni delle Scuole Elemetari Primarie del Golfo Dianese, di Andora e di Imperia accompagnati dai docenti. Ci sono rappresentanti del Corpo Forestale dello Stato, dei Vigili del Fuoco e delle Pubbliche Assistenze locali.

Le avventure, topi, non sono ancora finite! Per la quarta volta, quest’estate, si organizzeranno delle passeggiate notturne nelle notti di plenilunio per poter vivere la natura proprio in tutte le sue sfumature. Queste serate, dallo sfondo più tenebroso, vi permetteranno, se siete fortunati, di vedere gli animali che popolano questo parco e che escono solo nelle ore buie. Queste passeggiate, definite “tra mare e luna”, saranno sicuramente un’esperienza formativa molto coinvolgente. Il Ciapà, sfiora con il suo Colle Mea i 300 metri sopra il livello del mare e a rendere più suggestivi questi percorsi è la brezza che sempre lo sfiora facendo smuovere le fronde degli alberi.

Insomma, portatevi una torcia e state tranquilli, perché ad accompagnarvi ci sarà una guida.

Questa riserva naturale è magnifica di giorno, ma capisco che di notte possa incutere un po’ di timore. Pensate che bello poter vedere Cervo illuminato dalla luna che brilla sul mare e dalle luci che s’intravedono dalle case!

Stando qui a osservare l’orizzonte mi sembra di poter toccare l’infinito. Spero che anche voi, da queste immagini, possiate percepire la mia sensazione. Sembra di essere in cima al mondo. Quando topomamma mi ci ha portata, mi ha detto: «Oggi, ti porto in un bel posto!», e aveva proprio ragione, così come ne aveva immaginando che mi avrebbe dato la possibilità di scrivere un articolo bellissimo e lunghissimo…. ma quante cose ho visto! E quante emozioni ho provato! La prossima volta che mi ci porterà, voglio aspettare abbastanza da vedere il tramonto. Già me lo immagino, con isuoi colori rosa e arancio, sopra il mare che diventa sempre più turchese per poi volgere al grigio. E, quando ci tornerò, non  porterò solo la macchina fotografica, ma anche il mio bel manuale di ricette terapeutiche della nonna! Voglio studiare tutte le piante che ci sono, capire a cosa sono utili i loro principi attivi, per quali cose venivano usate e come convivono tra loro. La Natura è la mia passione, mi piace conoscerla il più possibile. E che strano non aver incontrato topolini! Tra i brughi avranno sicuramente tante piccole e sicure tane nelle quali nascondersi.

Un laghetto è situato nel centro del parco e lì si abbeverano gli animali, ma i roditori, si sa, possono stare giorni e giorni senza bere. In compenso ho visto per terra tante briciole di pane. La gente che passava di lì, le lasciava cadere per farne dono a uccellini o miei simili e sulle rocce che fioriscono da terra si possono rompere i pinoli e lasciarli a disposizione dei piccoli amici.

Le rocce che compongono questo terreno sono quasi tutte sedimenti calcareo-marmorei, abbastanza levigate da formare pareti o sentieri percorribili in tutta tranquillità. La Liguria di Ponente ne è ricca. In alcuni punti, trovarsi così in alto su queste rocce e vedere il mare a strapiombo sotto di noi mette i brividi!

Avete visto in un solo pezzo di terra quanti tipi diversi di territorio?

Tra poco è ora di rintanare. Direi che per oggi vi ho fornito abbastanza materiale da leggere e guardare. Siete stanchi? Avete camminato tanto? Avete mangiato poco formaggio? Allora guardate ancora due foto e poi riposatevi. Io, invece, non mi stanco mai e corro zampettando a preparare per voi una nuova avventura. Ritornerò nella mia valle (che s’ingelosisce se sto troppo nelle altre) e vi farò conoscere altre cose per me stupende. Ormai la sera è calata e un uomo anziano, con un cavagno di vimini, sta raccogliendo degli asparagi sul mio sentiero del ritorno. In realtà non si potrebbe, è proibito prendere qualsiasi cosa in questo parco, ma lo capisco: come si può rinunciare a una sana e squisita frittata di asparagi selvatici? E poi questa verdura è ricca di sodio, potassio, fosforo, magnesio, ferro, zinco, rame, iodio, vitamina A e vitamina B! Insomma, è meglio di un pezzo di parmigiano! E questi che crescono spontanei sono di un colore molto scuro, che va dal viola al verdone, sono sottili e alti al massimo una quindicina di centimetri.

Bene, basta, ora vado davvero, mi è anche venuta fame.

Un abbraccio a tutti voi e alla prossima dalla vostra Pigmy e ricordatevi di questa tappa, se passate da queste parti, perché merita!

M.