Dalla Crocetta del Monte Grai

Ci siete mai saliti sulla vetta del Monte Grai Topi?

Noooo?! Come no?! Non ci credo… ma comunque vi ci porto lo stesso e vi ci porto attraverso un magico viaggio che tocca tutte le stagioni dell’anno perché, anche questo luogo, è sempre splendido.

Per arrivare in cima a questo monte alto 2.012 mt e godere di un panorama fantastico ammirando gran parte della Val Nervia, della Francia, il mare e tutta la Valle Argentina, si può passare da diverse strade sia a piedi che con la Topomobile… ma dev’essere una Topomobile adatta. Lo sterrato è molto sterrato!

Andiamo su questa enorme cupola, ricca di natura, che sorge sulla cresta del confine italo-francese.

In questa immagine invernale potete vederlo bene. E’ quello più a destra. Gli altri due sono i suoi vecchi amici con i quali forma un famosissimo trio: Il Monte Toraggio (1973 mt) quello più a sinistra e il Monte Pietravecchia (2038 mt) quello al centro.

Si può passare dal Passo di Collardente, arrivando a lui dalla zona di Marta, oppure da Colle Melosa e, da qui, sono due i cammini da poter intraprendere.

Il più grande e forse anche più comodo è la ex strada militare, carrozzabile, che si può percorrere anche in auto, mentre l’altro è un sentiero che sale un po’ più ripido (ma è molto panoramico) il quale si può vivere solo zampettando poiché molto stretto e in salita.

Entrambi i percorsi vi porteranno al noto Rifugio del CAI situato sotto la vetta del monte, a circa 1920 mt d’altitudine.

Si tratta di un Rifugio incustodito. Sembra un grande casermone. E’ un edificio grigio e rettangolare con tante finestre.

Una parte è totalmente abbandonata, l’altra parte invece, dovrebbe essere attrezzata per ospitare gli escursionisti.

La larga mulattiera non asfaltata ci passa proprio davanti zigzagando come un sinuoso serpente tra i monti più affascinanti della Liguria.

Qui vive un’allegra famigliola di Gracchi Corallini e ho detto Corallini non Alpini!

C’è differenza? Certo!

Gli Alpini sono molto più soliti e, infatti anch’essi abitano queste zone… ma i Corallini, invece, sono un po’ più rari… e più presuntuosi! Oh si! Hanno un caratterino con il quale potrebbero tranquillamente andare d’accordo con la mia nemica-amica Serpilla la Ghiandaia.

Ma la vera differenza tra i due è che i Gracchi Alpini hanno il becco giallo, come quello che vedete in foto, mentre i Corallini lo hanno di un bell’arancio vivace.

Ma torniamo alla nostra meta.

Oltre ai Gracchi sono davvero tantissimi gli esemplari di Fauna e Avifauna che possiamo incontrare in questa zona: Camosci che si arrampicano ovunque, simpaticissime Donnole, Grifoni durante l’estate e i Corvi Imperiali che, anche loro, come i cugini Gracchi, sorvolano questi cieli ogni giorno.

Questo territorio è splendido. Il panorama si mostra entusiasmante già dopo aver percorso i primi metri e, una volta arrivati in cima, è davvero tutto indescrivibile.

E’ come essere sopra al mondo intero.

Sarà una piccola e anche un po’ instabile crocetta in legno ad accogliervi.

Una crocetta trattenuta da un ammasso di pietre.

Su di lei sono state incise le seguenti lettere “M. GRAI – 2012”, nome e altezza di questa montagna che è una delle più alte di tutta la Valle Argentina.

Sono entusiasta, ho conquistato un’altra preziosa meta.

Ma qui non c’è solo la vista che può sconfinare fino all’infinito, come caratteristica spettacolare.

Anche la Flora regala il meglio di sé nonostante un terreno severo.

L’Astro Alpino, lo Sparviere Lanoso, il Semprevivo, il Timo… sono tanti e presenti con i loro colori sgargianti: lilla, fucsia, giallo, viola!
E quante Farfalle attirano!

Sembra davvero di essere in una fiaba! Le Farfalle sono tantissime e anche i Grilli e le Cicale, le quali iniziano a cantare in tarda mattinata.

I boschi di Conifere appaiono qua e là regalando un po’ di ombre e un profumo salubre e balsamico.

Si tratta prevalentemente di Larici. Ma qui sappiamo esserci anche l’Abete Bianco, il Rosso e il Pino Nero.

Nonostante tutta questa bellezza di vita, non si può però non dare uno sguardo più significativo al suggestivo panorama che si apre generoso davanti ai nostri occhi.

La prima cosa che colpisce è sicuramente la Diga di Tenarda.

Questo lago artificiale degli anni ’60, in questo periodo afoso, appare in secca a causa della siccità. Lo avevate mai visto così asciutto?

Tutta la Catena Montuosa del Saccarello si staglia di fronte a me limitando la parte opposta della Valle Argentina rispetto a quella nella quale mi trovo io. Vedere i miei monti tutti assieme mi apre il cuore.

L’antico e caro Gerbonte con le sue foreste che lo ricoprono e, in autunno, lo colorano di un foliage pazzesco…

Colle Ciaberta che presenta Carmo Gerbontina più avanti.

Sembra una cresta tagliente.

E naturalmente non posso non ammirare la bellezza di Triora che, vista da qui, sembra una pietra preziosa incastonata nei monti.

Adagiata come in una culla.

Tutto è meraviglioso e, come vi ho detto a inizio articolo, lo è sempre, durante tutto l’anno. Per questo ci tengo a sottolineare una cosa molto importante: siamo in uno dei punti più belli della Valle sì… ma è anche uno dei più pericolosi.

In questa zona, a causa di un matrimonio tra le correnti e il gelo, in inverno si forma uno strato di ghiaccio molto spesso e ingannevole.

E’ un ghiaccio che, talvolta, perdura persino fino a giugno e questo avviene prevalentemente nel curvone dietro al Monte Grai, nel Vallone del Negré.

Il fatto che questo strato ghiacciato perduri così tanto, viste le belle giornate primaverili, fa credere di non essere poi così pericoloso dato il tepore del sole; ma, in questo punto, il sole non riesce a scaldare.

Spesso l’ultima neve sembra soffice e percorribile ma non fatevi ingannare poichè sotto di essa resiste una patina ghiacciata da non sottovalutare assolutamente. E… se si cade da lì… si hanno davvero poche speranze.

Bene, penso di avervi detto tutto riguardo questo paradiso.

Non mi resta che andare a preparare il prossimo articolo.

Vi mando uno squit-bacio e vi aspetto per il prossimo tour.

L’eterna bellezza dei fiori selvatici

Ho deciso di intitolare questo articolo “l’eterna bellezza dei fiori selvatici” perché è davvero eterna la bellezza che mostrano e a loro appartiene. Nonostante il loro durare, al di là del tempo.

Naturalmente mi rivolgo ai fiori della Valle Argentina che sono quelli, i quali, posso ammirare durante le mie passeggiate e, soprattutto, nascono spontanei come tanti principini della Flora.

Alcuni vivono per una stagione, altri un solo giorno ma è proprio vero che, a volte, in un solo attimo, si nasconde l’eternità. Perché il loro splendore permane. Resta negli occhi e nel cuore per sempre. Se lo si guarda attentamente, un fiore selvatico, ha tanto da dare. Si offre incondizionatamente in tutta la sua meraviglia ed è stupore.

Durante le mie passeggiate per monti, prati e boschi, ho la possibilità di osservare e toccare e annusare queste piccole divinità costantemente.

Le stagioni della Primavera e dell’Estate ne offrono molti di più ma anche in Autunno e in Inverno, se si fa più attenzione, si può godere della loro bellezza.

Essa muta, di volta in volta, proponendo sempre forme, colori e profumi diversi. Nuovi.

Non è possibile, secondo me, affermare che quel fiore può essere più bello di un altro. Sono tutti belli, ognuno a modo suo e non voglio essere banale con questo. Provate a trasformarvi in piccoli microscopi e osservare da vicino. Vedrete che ho ragione.

I loro colori più accesi si contraddistinguono parecchio con tutto il resto della natura e gli occhi non possono che incantarsi su quei petali così vivi.

Alcuni di loro sono persino edibili, cioè commestibili, anche se bisogna essere bravi a riconoscerli, la natura non è mai da sottovalutare.

Noi della Valle siamo molto fortunati. Non solo viviamo in un pezzo del pianeta splendido e incontaminato ma questo gode anche di una biodiversità raramente equiparabile ad altre zone del mondo! Pensate! Sono tantissime le specie di piante (e anche di animali) che lo popolano. E con il loro nettare squisito, le Api possono creare tanto buon miele.

Le essenze floreali trasmesse da queste meraviglie che ci circondano e che, per la maggior parte, proprio in questo periodo si stanno risvegliando, possono influenzare parecchio la nostra vita.

Un fiore racchiude in sé tantissime forze come quelle della Terra Madre e quelle della luminosità del Sole Padre. Sono le energie con le quali egli stesso si è nutrito e, dando ciò che ha, non potrà che elargire energie pure.

E avete mai notato la loro espressione Topi? Henry Ward Beecher diceva: << I fiori hanno un’ espressione del volto, come gli uomini o gli animali. Alcuni sembrano sorridere; altri hanno un’espressione triste; alcuni sono pensierosi e diffidenti; altri ancora sono semplici, onesti e retti, come il Girasole dalla faccia larga e la Malvarosa >>. Sono assolutamente d’accordo con lui.

I loro colori e le loro forme, inoltre, senza che nemmeno ce ne rendiamo conto, educheranno alla creatività che, credetemi, è il sale della vita. Solo colui che sogna e crea non sarà mai schiavo perchè, per realizzare il suo desiderio, automaticamente diventerà un Creatore. Non posso parlare di floriterapia perché non ne ho le competenze ma ho potuto appurare nella mia vita quanto beneficio i fiori possono regalarci.

Come noi e come il pianeta, sono costituiti dall’80% circa di acqua, un’acqua racchiusa dentro a trasparenze sottili, a venature marcate ma tenui. Ci aiutano a scoprire noi stessi e ad avere molta più autostima e fiducia nelle nostre capacità. Ci insegnano la forza.

Molti fiori emettono profumi per favorire la riproduzione e attirare gli insetti impollinatori. La creazione di profumo è un esercizio di equilibrio: le piante devono generare abbastanza odore per indurre gli insetti per fecondare i fiori, ma non così tanto da sprecare energia. Infatti, per molte specie, l’emissione del profumo non è costante ma diminuisce dopo l’impollinazione” (cit. chimicamo.org). I fiori ci insegnano l’equilibrio. L’equilibrio vitale.

E basterà osservarli attentamente e perdersi nella loro bellezza per arrivare a questo. Il loro sbocciare infatti è un inno alla vita e avviene, sempre, anche contro ogni avversità. Nonostante per loro sia una gran fatica.

I fiori ci parlano e hanno la grande dote di eliminare da noi le energie negative. Riescono ad assorbirle, come fanno con l’Anidride Carbonica, e le trasformano in sensazioni salutari.

Sarà la dolcezza che possiedono nel conquistarci, noi non dobbiamo fare altro che aprir loro la porta del nostro cuore. Osserviamoli attentamente, lo ripeto. Ognuno è un’opera d’arte.

Hanno nuances che nemmeno con i più sofisticati mezzi tecnologici riusciamo ad imitare e profumi che regalano essenze atte al benessere. Al di là delle cure attraverso i fiori di Bach, filosofia curiosa e piacevole ma che non tocca questo tema, stare a contatto con i fiori è sinceramente salutare. La loro bellezza, la loro perfezione, ci aiuteranno ad apprezzare di più il mondo, sentirci confortati e gradire le piccole cose.

Come può un esserino così minuscolo essere anche così perfetto? Eccolo, possiede tutto. E in quel – tutto -, che scopriamo se miriamo ancor di più con i nostri occhi, c’è un altro mondo da svelare… a noi.

I pistilli e gli stami ci appaiono come il suo centro, come il suo arrivo ma no, c’è ancora qualcosa oltre: lanugine, colori, solchi, palline, polvere sgargiante. C’è la meraviglia. Addentrarsi in loro, toccarli, percepirne la leggerezza. Lasciarsi sollevare l’animo. Perdersi in loro, evadere dal mondo. Così va guardato un fiore. Così saremmo appagati dalla sua energia. I fiori permettono la vita. Sono un anello fondamentale della catena.

Anche noi possiamo riprodurre grazie a loro. Possiamo riprodurre la nostra gioia, la nostra serenità, il nostro benessere. Amalgamiamoci ad essi. Avviciniamoci a loro in un corroborante abbraccio. I fiori non vanno solo guardati o messi a dimora in uno splendido vaso. I fiori vanno vissuti.

Che ne dite Topi? Vi sono piaciuti i miei fiori selvatici?

Bene, un bacio floreale a voi allora.

Al Ciotto: osservando tinte e arabeschi

Da più di tre anni, di tanto in tanto, mi dirigo al Ciotto di San Lorenzo.

Si tratta di un luogo a me molto caro, situato alle pendici del Carmo dei Brocchi e oltre ad essere un posto bellissimo se lo si sa ascoltare, parla con un’energia davvero profonda e unica.

Per arrivarci passo solitamente da Drego e da Passo Teglia, anch’esse zone della mia Valle senza eguali per il loro fascino remoto.

Una volta giunta all’arrivo mi piace soffermarmi a guardare ogni cosa, lentamente. Lo sguardo si appoggia piano, su tutto quello che addobba questo angolo della mia Valle per me dal sapore mistico e affascinante.

Mi piace contemplare, pensare, riflettere e guardare intorno a me tutta quella bellezza che mi circonda sentendomi davvero una Topina fortunata. Si tratta di una dolina tutta fiorita in estate e circondata da austere rocce, una faggeta fatata e abeti antichi che proteggono. Una radura a forma di conca nella quale talvolta si forma un piccolo lago o è prato in base al periodo dell’anno.

E’ proprio durante queste attente osservazioni che ho potuto notare come questo luogo si modifica di stagione in stagione.

I suoi cambiamenti sono in realtà molto evidenti e dati principalmente dai colori che lo abbelliscono ma se quando parliamo di colori pensiamo soprattutto all’autunno… beh… al Ciotto di San Lorenzo (chiamato anche il “Sotto”) le tinte regalano emozioni ogni mese.

E’ vero che, prima di aprire le porte all’inverno, i Carpini si vestono d’oro e i Larici delle nuances del tramonto. Com’è anche vero che i Faggi diventano color della terra bruciata e le capsule di semi delle Graminacee creano puntini neri sparsi qua e là ma quando la fredda stagione giunge del tutto è la Bianca Signora, la neve, a regnare rendendo tutto candido e brillante.

Il foliage, in questo luogo, è davvero attraente.

D’estate, invece, è il viola della Lavanda e del Cardo Selvatico a prevaricare su tutto. Il colore della magia, ed è quasi più presente addirittura del verde vivace, il vero padrone.

Lo stesso Cardo, terminato il periodo estivo, appare di un avorio lattiginoso e sfavillante.

Tra il profumo del Timo anche gli insetti contribuiscono a colorare il tutto ma ovviamente, il gradino più alto del podio spetta alle farfalle e le loro ali dipinte.

Per non parlare delle bacche. Tante tantissime e tutte diverse tra loro. Quelle color rosso fuoco si notano già da lontano.

Molte tonalità di grigio e di marrone vengono date anche dalla corteccia degli alberi che circondano l’antico Ciotto ricco di storia e leggende.

Osservando certi tronchi, dal basso verso l’alto non si possono non notare le diverse sfumature di queste alte piante e, una volta che ci si trova con il naso all’insù, un ulteriore spettacolo si apre davanti agli occhi agitati.

Un intreccio infinito di rami, sia spogli che ricchi di fogliame, si annodano, si avvicinano e si incrociano fino a formare strane forme di linee, degli arabeschi stupendi che sembrano disegnare il cielo.

Come dei centrini, posizionati all’incontrario, abbelliscono anche l’aria sicuri nel risultato di una meraviglia totale.

Via via che i giorni passano, andando verso il periodo del gelo, dopo il trionfo di vita e tinte forti, tutto si spegne divenendo sempre più pallido e mostrando il riposo.

Nonostante questo sonno color pastello, pare d’esser in un incanto, nella tela di un pittore malinconico e che ama i colori tenui. L’inverso della vivacità verde incontrata in passato.

Insomma, il Ciotto di San Lorenzo regala sorprese sempre. Non può non lasciar stupiti e grazie alla natura variegata che lo forma resta un punto assolutamente unico della Valle Argentina.

Io, sognante, vi mando un bacio colorato e vi lascio immaginare questa tavolozza. Vado a prepararvi un altro articolo!

Ciò che racconta l’Autunno

Topi cari, tutti voi sapete quanto io ami l’estate, eppure l’autunno – come ogni altra stagione di Madre Natura, del resto – ha una luce particolare che voglio far conoscere anche a voi.

Rocca Barbone - Valle Argentina

È appena cominciato e quest’anno pare essere anche più caldo del consueto, ma irrimediabilmente si percepisce nell’aria qualcosa di diverso rispetto alla stagione passata.

 

 

Non c’è più quel brulichio di energia tutto estivo, ogni cosa, adesso, sembra quiete, calma, armonia. L’autunno è così, topi miei. Dà nostalgia a chi ama la bella stagione, a chi agogna già i prossimi tuffi al mare o ai laghetti, ma dona anche una pacatezza che si sente dentro, dal cuore e fino alle viscere.

castagni autunno

I ritmi della Natura influenzano tutte le creature che ne fanno parte, e in questo periodo l’energia inizia ad abbassarsi, pian piano si ritira nel suolo, anziché sui rami e sulle parti alte delle piante. La stessa cosa capita agli altri esseri viventi: gli animali abbandonano pian piano il “mondo di sopra” per iniziare il loro periodo di letargo, mentre gli esseri umani si concentrano di più sulla loro interiorità. Si ricerca la compagnia, ma in modo meno mondano rispetto all’estate.

castagne

E’ considerato il tempo del seme, quello in cui tutta la forza risiede in qualcosa di piccolo, talvolta minuscolo, ma che ha in sé potenzialità di grandezza e bellezza infinite. Il seme ha bisogno di buio e silenzio, due cose che si associano alla morte e alla vita intrauterina, elementi necessari alla crescita e alla nascita di nuova vita. La terra, con la sua umidità e i suoi sali minerali, si prende amorevolmente cura di quei semi, cullandoli e proteggendoli dal freddo esterno che avanza e incalza. Lo farà finché il semino non sarà pronto per aprire il suo involucro esterno e far germogliare la piccola, grande vita che contiene.

 

corbezzolo

Questo accade non solo al regno vegetale, topi! Tutta la Natura è coinvolta da questi cambiamenti, ecco perché l’autunno è la stagione in cui si resta più facilmente da soli con se stessi, si è più portati a riflettere, a permanere in uno stato ovattato di chiusura e protezione.

foglie

 Adesso le ombre si fanno più lunghe per via del sole più basso all’orizzonte, e allo stesso modo ci sono giorni in cui anche i lati più in ombra di noi stessi appaiono più cupi.

Ma l’autunno è anche luce riflessa sulle foglie tinte d’oro e vermiglio, nei cieli dai colori caldi e avvolgenti di albe e tramonti strabilianti.

passo della mezzaluna

I larici danno spettacolo tingendosi con tavolozze niente male, lo stesso fanno anche i castagni, i faggi, le querce, i noccioli e tutti gli altri alberi della Valle, eccezion fatta per le conifere.

autunno valle argentina

 

 

Tutto si tinge d’incanto, quasi come se Mamma Natura volesse farci vedere che tanto più le ombre si fanno lunghe, tanto più sarà sgargiante il tripudio di colori del Creato.

torrente argentina autunno

L’autunno è equilibrio, proprio come l’Equinozio attraversato da poco: luce e ombra si bilanciano perfettamente e noi possiamo godere di tali cambiamenti anche dentro di noi.

larici autunno3

Trascorsa la fase delle foglie cadenti, la Natura resterà spoglia per qualche mese, prima di indossare di nuovo i suoi abiti lussureggianti. Sarà allora il momento del riposo, quello obbligato, per rimettersi in forze e prepararsi alla nuova, bella stagione che verrà. Ma di questo parleremo in Inverno, topi, per ora (per fortuna) è ancora troppo presto.

Io intanto vi mando un bacio colorato, con la speranza di avervi donato uno sguardo differente su questa stagione che divide sempre gli animi.

Con affetto,

vostra Prunocciola.

Due Valli e una Topina: una gita nel basso Piemonte

Ogni tanto mi piace zampettare anche in altre Valli (Ssst! Non ditelo alla mia, che poi s’ingelosisce, già lo so!) e così questa estate mi sono concessa una gita fuori porta mica male, topi!

Me ne sono andata nientepopodimenoché nel basso Piemonte, nelle valli Pesio e Gesso, ed è di queste due che voglio parlarvi oggi.

Ci troviamo come sempre in un paradiso naturale, ancora una volta tra le Alpi Marittime. Si supera Entracque e si lasciata la topo-mobile nei pressi del Lago della Rovina.

Lago della Rovina

Già da qui si gode di un panorama fantastico, tipico dell’alta montagna. In Valle Argentina siamo poco abituati a questo genere di ambienti, assai diversi dai nostrani. Le cime spiccano dal lago, il cielo è terso e si rispecchia nell’acqua, concedendo scatti degni di uno spot pubblicitario o di un documentario. Siamo in Valle Gesso e la nostra meta è il Lago di Chiotas, sotto il Rifugio Genova-Figari, a ben 2015 metri sul livello del mare.

E’ il luogo preferito di Stambecchi e Camosci, si nota subito fin dal primo sguardo, e anche i rapaci, qui, la fanno da padroni. Da anni ormai è anche appurata la presenza del Lupo, di cui si parla tanto anche nel Centro Faunistico Uomini e Lupi di Entracque.

sentiero lago rovina

La salita verso il Lago di Chiotas si fa sentire, topi. Si avanza un po’ come sui nostri sentieri ripidi e scoscesi, con poca ombra a rinfrescare dal caldo estivo. Miriadi di farfalle accompagnano il cammino, sono colorate e audaci, svolazzano vicine e si fanno fotografare.

farfalla valle gesso

Il terreno è sterrato, a tratti costeggiato dalle ortiche (Ahi!) e si attraversano diverse zone pietrose assolate.

sentiero montagna lago rovina

Ma più si sale e più il paesaggio si fa bello, anche se non sembrerebbe possibile, visto il luogo ameno dal quale siamo partiti. Il laghetto da quassù sembra una piccola pozzanghera ora, e le topo-mobili paiono come giocattoli adagiati su un tappeto d’erba finta.

lago della rovina2

Quando ci si ferma a ristorarsi bevendo un po’, prima di riprendere la marcia, ci si guarda intorno, si scrutano le montagne vicine e con un po’ di attenzione si distinguono diversi Stambecchi in lontananza. Li vedete anche voi?

stambecchi lago della rovina

Brucano tranquilli l’erbetta tenera, la testa china, tanto che a un primo sguardo parrebbero semplici rocce marroncino-grigiastre.

Stuole di Lamponi, More e Fragoline si lasciano vedere ovunque su tutto il sentiero, invitandoci a cogliere questi frutti prelibati di cui vado davvero ghiotta.

lampone

E poi Carline, Felci e fiori di campo d’ogni sorta colorano i nostri passi fino al Lago di Chiotas, sulle cui sponde si trova anche il Rifugio Genova-Figari. E qui si gode davvero di una tranquillità incredibile, col cielo come tetto e una corona di cime montuose ad avvolgerci.

Ci si ferma per una pausa lunga, questa volta, per farsi accarezzare da un sole che scotta e scrutare sotto il pelo dell’acqua i pesci che nuotano giocondi in santa pace. Fare il bagno qui è sconsigliato, il pericolo è segnalato dai cartelli, ma qualche topo audace un tuffo non distante dalla riva se lo fa eccome, per lavare via tutto il sudore accumulato con la precedente salita.

lago chiotas

C’è pace qui, tra questi monti, e non si vorrebbe davvero andare via, non dopo aver zampettato qualche oretta. Ma la discesa riserva tante sorprese! Eh sì, topi, perché le famigliole di Stambecchi scendono fino al sentiero e si lasciano guardare e fotografare senza pudore alcuno.

stambecco valle gesso

Sono vicini, anzi, vicinissimi, e di una bellezza selvaggia davvero estrema. Ci sono anche i cucciolotti, piccoli e ancora inesperti guidati dalle loro mamme. E’ bene non disturbarli troppo nei loro affari, sebbene siano tolleranti. I piccoletti, in particolare, suscitano una tenerezza infinita con quelle loro cornine non ancora cresciute come quelle delle mamme.

cucciolo stambecco

Più si scende di quota e più se ne vedono. Brucano con tranquillità e pacatezza, poi si sdraiano sulle rocce o si arrampicano con le loro zampe resistenti ed equilibriste.

stambecchi valle gesso2

E’ bello ammirare il modo in cui questi mammiferi si siano adattati perfettamente all’ambiente in cui vivono e siano con esso un tutt’uno. A volte hanno qualche scaramuccia, presto risolta per fortuna, poi la vita torna a scorrere placida e selvaggia.

stambecchi valle gesso4

Conclusa questa gita strabiliante, ne inizia un’altra, questa volta in luoghi a me più familiari. La Valle Pesio era una delle mete predilette dalla mia topofamiglia per le vacanze estive, quando ero una topina piccola piccola, ma qualche ricordo lo conservo ancora con tanto affetto.

valle pesio

Come scordare i pranzi da re sul prato del Rifugio di Pian delle Gorre, le capriole con i topo-cugini, le domande con le quali prontamente tempestavo topomamma, topopapà e i topononni? Che dire, poi, di tutte le passeggiate zampettando per i boschi con quegli alberi alti, alti, ALTI (e io son piccolina, e io son piccolina) e le zampette nel fango per acciuffare le rane per qualche secondo, lasciandole poi libere di saltellare altrove?

Insomma, volevo a tutti i costi tornare in quei luoghi e così eccomi qui a raccontarvi anche questa.

Devo dire che anche in Valle Pesio, come nella mia Valle, si possono incontrare strane creature… ma non mi aspettavo assolutamente niente di tutto ciò! Guardate un po’ in chi mi sono imbattuta!

serpente bosco valle pesio

Un serpente gigante se ne sta acquattato nel bosco, vi assicuro che è davvero di dimensioni notevoli… ed è interamente realizzato con materiali naturali offerti dal bosco.

E, a proposito di quest’ultimo, lascia proprio senza fiato.

valle pesio albero

Le conifere, per lo più Abete Bianco, odorano di resina e aghi, un profumo forte, che già da solo basta a fare aprire i polmoni. Lo scroscio del torrente Pesio dona pace e serenità, soprattutto quando grazie alle cascatelle scende più sinuoso tra i ciottoli del sottobosco.

cascata pesio

E’ un percorso bello, pulito, quasi tutto pianeggiante, pieno di topi che qui vengono a godere del fresco offerto con generosità dalle alte fronde arboree. Fa quasi fresco in questi luoghi, se ci si ferma per lungo tempo è bene mettere un golfino sulle spalle. E qui camminano tutti, ma proprio tutti! Topi anziani, topini piccoli, topi con problemi motori… persino i topi di città ci si avventurano con piacere, perché qui si gode di scorci che fanno respirare, si esce dal bosco rinfrancati, alleggeriti, sereni.

parco valle pesio

La rete sentieristica è davvero fitta, i percorsi da fare sono così tanti che non basterebbe una settimana per scoprirli tutti, ma io ho voglia semplicemente di zampettare in luoghi familiari che non vedo da diverso tempo e così finisco dritta dritta all’Osservatorio Faunistico.

cervi osservatorio faunistico valle pesio

Fu costruito nel 1990 per permettere ai Cervi di abituarsi all’ambiente nel quale furono reintrodotti e conta una superficie di quattro ettari. Ci sono diverse femmine coi loro piccoli, è bello osservarle per un po’, prima di zampettare di ritorno. Preferisco le bestiole libere di correre, piuttosto che chiuse in un recinto, ma la loro bellezza è comunque innegabile. Senza contare che la loro permanenza qui è comunque temporanea, per fortuna.

cervi osservatorio faunistico valle pesio2

Tra gli alberi del sentiero si respira un’aria magica e insolita e io me ne torno a casa ancora più desiderosa di scrivere nuovi articoli per voi, topi! Perché se è vero che è bello mettere il naso fuori dalla tana e vedere luoghi nuovi, è altrettanto vero che la mia tana è bellissima e sempre unica nel suo genere. La amo e voglio farla scoprire per benino anche a voi. Un bacio silvano a tutti.

Gli Scarponi: l’accessorio principale

Siete in tantissimi a seguirmi durante le mie escursioni e, molti di voi, mi chiedono spesso 《 Ma come fai? 》. Beh, innanzi tutto, devo ammettere che ci sono topi persin più in zampa di me ma è anche vero che, nel mio genere, io sono l’unica e la sola che riesce a trasformare una semplice passeggiata in un’avventura magica (eddai… fatemi vantare un pochetto!).

Naturalmente ciò mi riesce bene perché ho molta fantasia, amo la natura smisuratamente, sono curiosa e interessata ma… c’è anche un altro motivo che mi permette di portare a termine i miei percorsi. Un motivo un po’ più “concreto”. E, più che un motivo, direi un accessorio (doppio) indispensabile, ahimè, troppo sottovalutato.

Vi sto parlando dei miei amatissimi scarponi. Non potete non tener conto di questi copri zampa! Sono loro ad aiutarvi al massimo. Se non avete quelli giusti per voi è un bel problema.

Di scarponi infatti ce ne sono di vari tipi e modelli. Molto spesso le persone comprano il più carino o quello che appare più comodo alla vista o, addirittura, quello che costa meno. Ohi! Ohi! No! Non bisogna ragionare a questo modo con le calzature. Alcuni, ignari, invece, si fanno condizionare dal venditore ed escono poi dalla bottega con in mano un articolo sbagliato, adatto forse per alcuni trekking ma per altri no. Insomma, parlando con la gente che chiacchiera volentieri con me anche di scarpe e mi chiede consigli, o mi racconta le proprie disavventure, ho compreso esserci un po’ di confusione per quel che riguarda le calzature e trovo sia giusto dare qualche ragguaglio. Siamo pure nella stagione adatta alle scampagnate e dobbiamo quindi prepararci al meglio.
Per comprare un buon paio di scarponi non bisogna per forza spendere un intero stipendio ma non bisogna neanche andare a risparmio. È una spesa che si fa una volta e che durerà per molto tempo se valida. Inoltre, i vantaggi saranno così significativi che ringrazierete, ad ogni passo, quei soldi ben spesi. Con scarpe non adatte, o di materiale scadente, si può andare incontro a problemi anche seri.
Le vesciche o le abrasioni ad esempio. E credetemi che sono assai dolorose. Vi voglio vedere poi, a 1.800 metri d’altezza, in cima a un monte, dove non c’è nulla e con un dolore ai piedi impressionante che non vi permette neanche un passo.
Ok, gli scarponi non sono miracoli, occorre sempre portare con sé anche del materiale per proteggere i piedi, come cuscinetti o cerotti, soprattutto per escursioni molto lunghe. Fasciare i punti di maggior contatto evitando lo sfregamento e curare i propri piedi, anche tra un’escursione e l’altra, con una crema idratante e nutriente per la pelle, ma è vero che, gli scarponi, se poco validi, sono un vero danno.
Non  dimentichiamo inoltre che devono essere anche idrorepellenti. Soprattutto per quel che riguarda la tomaia ma anche la suola. Idrorepellenti e caldi.
La neve, l’umidità, l’erba bagnata, l’attraversamento di qualche rio… tutto questo non deve impedire il vostro camminare e, anche in questo caso, non è affatto piacevole, in inverno, ritrovarsi con piedi e calze, bagnati e ghiacciati, in ipotermia, nel bel mezzo di un bosco quando ci aspettano ancora parecchi km da affrontare.
Gli scarponi non devono neanche farci scivolare. Devono avere un’ottima tenuta, una tenuta attraverso la suola che, soprattutto nelle discese su roccia, con pietre e ghiaino, ci trattenga. Oppure su scogli scivolosi ricoperti da muschio e mucillagini. Non immaginate quanto sono pericolose le radici delle conifere se bagnate. Peggio del ghiaccio.
La suola migliore, in questo caso, è detta a “carrarmato”.
Badate che, avere calzature adatte, significa poter scoprire ogni cosa del meraviglioso mondo dell’escursionismo senza privarsi di nulla e la natura, si sa, ha tanto da mostrare.
I vostri scarponi dovranno sostenere anche la caviglia e arrivare quindi a ricoprire il malleolo per evitare storte o evitare che, camminando, qualcosa finisca nella scarpa o qualche rettile possa mordervi.
Per sentieri puliti si possono utilizzare anche calzature dal collo più basso ma io consiglio sempre quelle che chiudono anche la caviglia.
Non devono essere troppo rigide. Non si deve confondere la loro robustezza con la rigidità. Inoltre vanno curati. Un calzolaio di fiducia, attraverso prodotti appositi, saprà come mantenere al meglio i vostri scarponi o renderli persino più impermeabili in base al percorso che avete deciso di fare.
Vanno puliti alla fine di ogni tour e sistemati con cura, in inverno, se siete topi che camminano solo durante l’estate.
Per comprare un buon paio di scarponi dovreste prendervi mezza giornata di tempo, andare in un negozio specifico e provare parecchi modelli. Non si possono infatti regalare scarponi ad altri. Ognuno ha il proprio piede e la scarpa deve essere provata e riprovata. Facendo pochi passi ogni calzatura va bene ma quando si inizia a camminare per parecchi km la situazione cambia.
Attenzione anche alle calze. Se sono troppo spesse e formano pieghe si possono causare vesciche sui vostri piedi ma non sarà colpa degli scarponi. Se troppo sottili invece, a meno che non siano di materiale adatto all’escursionismo, non riescono a proteggere la pelle ne’ da ferite, ne’ dalle basse temperature. Anche le calze quindi, in base alla stagione, devono essere quelle più adatte.
Le unghie delle zampe, inoltre, vanno tenute sempre ben corte altrimenti potreste causarvi seri danni alle dita.
Ovviamente, quando si cammina, lo si fa con le gambe, con i piedi soprattutto, quindi è davvero assurdo non preoccuparsi di questa fondamentale parte del corpo.
Anche se meno belli alla vista, gli scarponi, meritano un occhio di riguardo. Anch’io li avrei voluti rosa ma non erano adatti alla forma della mia zampa e quindi ho dovuto prenderne un paio marroni ma molto professionali ai quali oggi sono tanto affezionata.
Come i colori anche i materiali cambiano e, per la loro scelta, potete consultarvi con il venditore spiegando a lui che tipo di camminate effettuate maggiormente. La parola “scarpa” deriva dal latino “scalpere” che significa “incidere o intagliare” in riferimento alle impronte che si lasciano sul terreno. Dovete quindi “incidere” al meglio, ad ogni vostro passo, il suolo che state rosicchiando metro dopo metro.
Io penso di avervi detto tutto ma se avete domande non preoccupatevi a chiedere.
Ora vado a pulire i miei scarponi perché devo prepararli per la prossima gita quindi vi abbraccio e vi aspetto al prossimo post!
Squit!

U Ciottu de e Giaie – l’acqua dell’Alta Valle Argentina

Oggi andiamo in un punto abbastanza conosciuto della Valle Argentina e si tratta di un luogo importante che si trova sopra al paese di Triora.

Un luogo conosciuto sì, ma forse non tutti sanno che si chiama così. Almeno per noi.

Andiamo dove molti ruscelli prendono vita, dove fonti sgorgano, dove i ghiacci si sciolgono, dove gocce iniziano percorsi e cascatelle si tuffano vivaci… insomma, dove l’acqua è la protagonista. Un’acqua che, in mille modi diversi, va poi a formare e incrementare il nostro Torrente Argentina.

U Ciottu de e Giaie, nome dialettale, significa “Conca dei torrenti” (“conca” intesa come depressione) e non è certo difficile sentire gocciolii ovunque che accompagnano il mio cammino.

Questa zona è splendida da conoscere attraverso passeggiate che arricchiscono la mente e il cuore. Come anche altre zone della mia Valle è bella in qualsiasi stagione.

Regala varie tonalità di verde, dal cupo allo smeraldo, in estate, e si ricopre di bianco quando arriva l’inverno che quasi soffoca, con il suo dolce peso, i ciuffi d’erba dei pascoli.

Sono al Passo della Guardia e mi dirigo verso il Colle del Garezzo e il suo tunnel. U Ciottu de e Giaie si trova nei pressi del Monte Frontè (2153 mt) al di sotto della strada che percorro. Il Monte Frontè, con la sua Madonnina, è una delle cime più alte di tutta la Liguria e mi permette di ammirare un panorama bellissimo che amo molto.

Si possono vedere le cime dei monti più verdi, alcuni più dolci, altri più aguzzi, mentre, dietro di me, ci sono quelli più aspri con le loro falesie taglienti, rocce umide e qualche fiore.

Più sotto, la croce di Goina che osserva la gola della Valle e tutto U Zimùn del dente roccioso che la ospita (Zimùn da Zima, cioè “Cima” nel nostro dialetto).

La strada è sterrata, aperta, e si può percorrere anche in auto ma se si viene a piedi, d’estate, è consigliabile l’uso di una crema solare e acqua da bere. I raggi del sole, qui, abbagliano ogni cosa.

E’ naturalmente sconsigliabile percorrerla in auto durante il periodo invernale. Le slavine, il ghiaccio e la mancanza di protezione a valle, la rendono molto pericolosa. In certi tratti, non si possono oltrepassare i cumuli di neve che si formano neanche a piedi. Ci sono punti in cui sembra un falsopiano ma è per lo più una delicata salita.

Sottostrada, poco più avanti, si vedono i ricoveri dei pastori che durante la bella stagione portano il loro gregge a pascolare e sono invidiabilmente circondati da una natura incontaminata.

Questo percorso provinciale, che continuandolo permette di raggiungere anche Monesi e il Monte Saccarello, e quindi la Valle Arroscia di conseguenza, è stato creato dagli Alpini e s’interseca con altre Strade Marenche verso il Piemonte e la Francia. Tale strada viene infatti definita ex rotabile militare a fondo naturale. Allargata, in certi tratti, nel dopoguerra.

È facile vedere rapaci e camosci in questi luoghi tranquilli dove Madre Terra è adatta a loro e, in tarda primavera, qui, iniziano a svegliarsi anche le marmotte.

Possiamo considerarlo anche questo un luogo magico. Mi direte che sono retorica ma così è.

Il silenzio è profondo e pieno e tutto intorno aleggia un’atmosfera fresca, pulita e ricca, che riempie l’anima.

Beh, si sa, in fondo, acqua e sole formano la vita e qui, la vita, si percepisce tantissimo.

Una cascata di baci a voi!

Alberi e panorami di Carmo del Corvo

Topi, quella che vi faccio fare oggi non è una vera e propria scarpinata. L’aria si è fatta fredda e io per una volta ho preferito salire sulla mia Passepartout per avvicinarmi di più ai luoghi che voglio mostrarvi.

Il naso gelato e i baffi ghiacciati, ci mettiamo sulla topomobile e saliamo su, sopra Triora, sulla strada che porta al Passo della Guardia. Ci fermiamo più o meno in località Gorda Soprana, perché voglio godere insieme a voi della vista dei monti e assaporare i colori del bosco.

Lasciamo l’auto in uno spiazzo che pare dividere a metà la Valle Argentina, perché da qui c’è davvero un panorama spettacolare e mozzafiato. Si vedono il Gerbonte, Cima Marta, il Toraggio e il Pietravecchia, e poi anche il Saccarello.

gorda soprana - carmo del corvo

Dalla parte opposta, invece, abbiamo gli abitati di Corte e Andagna, Passo della Guardia, il Passo della Mezzaluna e poi giù, fino al Faudo. Si vede tutto, si abbraccia l’immensità delle creste velate d’azzurro e sui monti più alti si scorge già una piccola spruzzata di neve.

valle argentina

Tira vento, lo sentite? Ma non lasciamoci intimorire.

Mi piace guardare i raggi del sole che filtrano dall’alto, disegnando scie luminose sulle pendici delle montagne.

valle argentina carmo del corvo

Abbandoniamo la topomobile a bordo strada e ci inoltriamo nel bosco, sulla sinistra, in direzione di Carmo del Corvo. In questi luoghi pascola il bestiame, si sente anche ora il tintinnio dei campanacci. Pecore e vacche sono ancora qui a cibarsi delle ultime erbe rimaste, prima che arrivi la neve a ricoprirle. Ed è proprio questo loro cibo a insaporire i formaggi della mia Valle, dal gusto unico e inconfondibile.

Il bosco di cui vi parlavo non è fitto, ma a tratti si apre in scorci ampi sul baratro che è la Valle Argentina, vista da quassù. Si respira l’atmosfera selvaggia di questi luoghi, è tangibile, e già entrando nel bosco di Pini viene spontaneo abbassare il tono di voce.

 

E quei Pini sono inframezzati da chiazze brulle di macchia mediterranea, dove a farla da padroni sono il Ginepro, il Timo e la Lavanda, i cui cespugli sono ancora ben visibili, nonostante la sua stagione sia trascorsa da un po’.

timo

Qui, nella bella stagione, si trova facilmente anche l’Iperico. L’Estate, da queste parti, fa ronzare le api e gli impollinatori all’impazzata, così affaccendati nel suggere il nettare dai fiori profumati. E non mancano neppure i tafani, quando nelle vicinanze c’è il bestiame.

Eppure ora tutto pare come addormentato, anzi no, sembra tutto in attesa. La Natura riposa e sospira, attende il momento del sonno profondo che le spetterà a breve, quando giungerà l’Inverno col suo abbraccio di candido gelo.

funghi

Sul terreno, adesso, è tutto uno spuntare di funghi, piccoli, grandi, dalle forme più disparate. Sono state le ultime piogge a farli spuntare così generosi.

E alzando il muso all’insù non si può non meravigliarsi di fronte allo spettacolo offerto dalle foglie baciate dal sole!

autunno valle argentina

Raggiungiamo un punto panoramico, Triora è là sotto quella sporgenza, ma da qui non si vede. Ci sono Querce giovani a farci compagnia, insieme ai Lecci e alle Felci ormai ramate.

valle argentina2

E allora me ne resto seduta qui per un po’, su una roccia scaldata dal sole e col naso gocciolante per il freddo. Si sentono i versi dei Caprioli, qui ce ne sono tanti, e alla fine uno mi passa addirittura alle spalle, balzando via come un fulmine.

quercia valle argentina

Infine, dopo essere rimasta per un po’ ad ammirare il dipinto autunnale che si è spiegato per me e per voi, me ne torno indietro, alla topomobile, che il sole sta calando e so che a breve tingerà di rosa certi scorci che voglio mostrarvi prima di lasciarvi andare.

Salgo su Passepartout, la metto in moto e inizio la discesa, finché non trovo la luce giusta al momento giusto, lo scatto perfetto.

Clic!

passo della mezzaluna

Il Passo della Mezzaluna incorniciato dall’ombra scura delle foglie… e un’altra mezzaluna che s’affaccia nel cielo.

Poi non dite che non vi voglio bene.

Vi saluto topi, torno in tana a zampettare sulla tastiera per voi. Un abbraccio panoramico dalla vostra Prunocciola.

Il torrente nel mezzo

Il corso d’acqua che dà il nome alla mia Valle è uno spettacolo della Natura, ve l’ho mostrato più e più volte e da molte angolazioni diverse, eppure non ve l’ho ancora raccontato così.

Oggi vi porto a Badalucco, uno dei primi paesi che si attraversano nella Valle Argentina. Proprio qui, le anse del torrente creano uno scenario particolare e suggestivo.

L’Argentina, infatti, con le sue forme sinuose, passa in mezzo all’abitato, costruito sulle  sue sponde. Ci sono case su ambedue le rive del torrente e numerosi sono i ponti che le collegano, alcuni antichi e rustici, altri ben più moderni.

Ponte romano - Badalucco

Il greto è color alabastro, guardate che candore quei sassi, trascinati e levigati dalla corrente! Abbagliano quasi.

Torrente Argentina - Badalucco2.jpg

La natura sull’Argentina è sempre rigogliosa. Assume un sapore selvaggio con le fronde degli arbusti e dei canneti che ondeggiano al vento. E’ il regno di Rane, Papere, Anatre, Salamandre, Gerridi e Trote. Non è difficile scorgere questi animali mentre si bagnano o si riposano nelle vicinanze, e le sere d’estate è bello starsene qui a godere del fresco e del concerto che Rane, Grilli e Cicale offrono gratuitamente a chi desidera mettersi in ascolto.

Torrente Argentina - Badalucco1.jpeg

Qualche anno fa, persino una specie di Rana proveniente dal Piemonte – o almeno così pare – ha trovato in questi luoghi il proprio habitat ideale per prosperare. Il suo verso era simile a uno stridio, un urlo acuto e molto forte che metteva i brividi a chi abitava nelle vicinanze. Ora queste Rane non abitano più qui, con grande soddisfazione di chi era costretto a udirne le urla durante le ore notturne. Sono rimasti i gracidii delle Raganelle e il frinire di Grilli e Cicale, sicuramente più graditi agli esseri umani.

Qui a Badalucco l’Argentina scorre placido. A tratti crea pozze profonde, ma è raro vederlo impetuoso, anche se in inverno la portata dell’acqua si fa più importante. Qualcuno, tuttavia, ricorda di un anno di molto tempo fa in cui si scendeva ancora al fiume a prendere l’acqua… Ebbene, il torrente si era ingrossato così tanto che si poteva riempire il secchio dal ponte, servendosi di un mestolo!

Ponte romano - Badalucco1

D’estate quelle polle limpide divengono il passatempo preferito di topini e topo-famiglie, che qui si fermano a trascorrere un pomeriggio, un’ora o tutta la giornata tra ombrelloni, asciugamani e tuffi dalle rocce più alte.

Nella mia Valle non ci si annoia mai, anche chi non può arrivare fino al mare può godere del Sole e delle belle occasioni che la stagione estiva può offrire.

Torrente Argentina - Badalucco5

C’è chi, invece, non si cura del trascorrere delle stagioni: che sia Estate oppure Inverno, che l’umidità salga con prepotenza dal fiume o che l’aria sia rovente, va a fare il bucato ancora come si faceva un tempo, al vecchio lavatoio sull’argine sinistro. E lì insapona, strofina, risciacqua e infine stende la propria biancheria con cura, sui fili ancora presenti proprio sotto il lavatoio.

Cascata e lavatoio - Badalucco

Una bella passeggiata costeggia il torrente, passa in mezzo alle tane di molti topi, ma è bello percorrerla in ogni momento dell’anno per osservare il fiume che scorre in basso e godere della vista del paese, delle casette, dei cancelli delle abitazioni e delle campagne che le circondano.

Sono nati lungo gli argini anche locali e ristoranti rinomati, tra i più gettonati della Valle. Le Macine del Confluente, per esempio, ricavato da un vecchio mulino, è stato interamente ristrutturato mantenendone la rusticità originale. Di impronta più moderna è l’agriturismo L’Adagio, affiancato al ristorante Il Ponte. Poco prima dell’abitato di Badalucco si trova sempre sul fiume il frantoio più famoso della zona, appartenente alla famiglia Roi. C’è anche il ristorante Ca’ Mea, rinomato per i piatti a base di funghi. E poi, lungo la strada che attraversa il borgo, è tutto un fiorire di bar, botteghe e negozi.

Torrente Argentina - Badalucco4.jpeg

Il tratto dell’Argentina sul quale è sorta Badalucco assume un carattere proprio: giocoso e accogliente, pare abbracciare tutti con le sue curve generose che disegnano una “S” intorno al paese. Accoglie chi, sulle sue sponde, ci è nato, ma anche il forestiero. La sua breve e larga cascata di cui si può godere entrando nell’abitato affascina tutti e, passandoci davanti con la topo-mobile, è impossibile non rallentare per rivolgerle uno sguardo ammirato.

Che dite, topi, ho affascinato un po’ anche voi?

Ci leggiamo al prossimo Squit!

Ringrazio Gianna Rebaudo per le bellissime foto di cui mi ha fatto dono.

Metti una sera di mezza estate ad Arma

Nel periodo estivo Arma si trasforma, e lo fa soprattutto nelle sere di questi mesi caldi. A colorarla, ora, sono le tinte del crepuscolo: le regalano tinte tenui, paiono di velluto quando si adagiano sull’orizzonte, sul mare, e accarezzano con sfumature  morbide i profili della città.

Contrastano le sue case, le sue piante, i suoi numerosi panorami che si stagliano contro il cielo che in questa stagione è di un blu intenso.

Arma offre allo sguardo diverse vedute: il mare, le colline, i monti, l’infinito…

Oltre i colori tipici della Liguria sulle case costiere, il verde e l’azzurro sono i colori predominanti e, alla sera, diventano ancora più nitidi.

Non si possono non citare le nuances dei fiori: il Plumbago, l’Oleandro, la Bouganvillea, il Carpobrotus…

Tutto sembra una festa dai toni leggeri.

Ci sono orari in cui Arma si fa più silenziosa, abbracciata dall’afa di agosto che pare rendere tutto ovattato.

Solo dalle finestre aperte si ode il vociare delle televisioni accese o il ticchettio metallico delle posate che scontrano i piatti durante la cena. In queste particolari ore di quiete nemmeno i gabbiani osano garrire. Le spiagge sono deserte, dopo avere finito da poco di accontentare tutti con la loro sabbia dorata e le loro onde a infrangersi sulla battigia.

Sono ore che trascorrono veloci, lasciando il posto alla prima parte della notte. In questo momento prendono vita luci, suoni e abbagli.

Durante il tramonto, nonostante il sole prenda congedo con lentezza, Arma rimane splendente.

Continua, nel suo insolito chiarore notturno, a esistere tranquilla e pacifica, e in quel mentre sono tanti i ricordi che riemergono con nostalgia. È il momento del giorno in cui i suoi abitanti la osservano quasi in silenzio, ormai fermi e rilassati dopo le calde e frenetiche giornate. Poltrendo sui balconi, sfiniti per il gran caldo, osservano per ore panorami che ogni giorno hanno davanti, ma raramente contemplano. Lo dico in senso buono, pensando a chi mi dice divertito: “Ma sai che non mi ero mai accorto che lì c’era… “.

Le sere di Arma si riempiono persino di lustrini e paillettes; vengono sfoggiati sulla sua passeggiata in un andirivieni continuo, acceso e pacato al tempo stesso, uno sgambettio di godimento della brezza che ogni tanto, come un balsamo, passa ad accarezzare la pelle. Arma non è un paese spumeggiante, è per lo più tranquillo, quasi scostante, per questo certi eventi fanno furore, curati a puntino e fulgidi come bagliori.

Per apprezzare Arma occorre entrare nella sua anima, nell’anima di chi la nutre, di chi a essa tiene particolarmente e ne fa sbocciare tutte le bellezze. Se si riesce a notare questo, non si può non amarla. E’ così ostica a volte, così indisposta… ma tutto fa parte della sua natura ligure. Essere ligure, in alcune zone di questa striscia di terra che forma un sorriso all’incontrario, significa essere coriacei, saper affrontare le difficoltà, non lasciarsi sorprendere dalle bazzecole. Per stupire un ligure ci vuole molto, non si accontenta di poco, perché quel poco lo porta già nell’animo da tempo ed è il suo Tutto. I suoi occhi han già visto, la sua bocca ha già parlato, le sue orecchie hanno già udito. “Ora, o porti qui la meraviglia equivalente al tuo cuore, o di entusiasmo ho già il mio… grazie.”

Arma dice questo. E se vi può sembrare snob, sappiate che è l’esatto opposto: è saper trasformare il nulla in Bellezza pura. È saper creare dove nessuno regala niente. È saper andar avanti. Sempre.

Arma è una curva da attraversare. Offre ciò che ha a chi vuol vedere e, soprattutto in estate, viene messa alla prova. Alla fine della stagione appare quasi stanca o, forse, torna solo alla sua quiete. In alcune occasioni si riempie delle grida dei bambini, in altre del passo stanco degli anziani che respirano salsedine.

Arma alla sera asciuga i teli per l’indomani, per tornare in spiaggia a giocare, a nuotare, a correre… perché, forse, fino all’anno dopo non si potrà più.

I suoi punti di riferimento sono gli stessi, che sia giorno o notte non importa: la Fortezza, la chiesetta di San Giuseppe, la fontana, la Darsena, Piazza Chierotti…

I punti in cui ci si ritrova, sgattaiolando veloci dopo cena, con i capelli ancora umidi e la pelle che sa di bagnoschiuma.

E, infatti, ci sono odori nuovi, in queste sere. Profumi di pelli, aromi di cucine che lavorano di più, il sale del mare, la freschezza del crepuscolo… Mi piace Arma, alla sera, d’estate. Mi piace viverla in questi momenti, prima di tornare nel mio bosco.

Un affettuoso bacio a voi.