Una gita a Moneghetti

Quando vi parlai del paese di Perallo in questo post “Perallo, il borgo che ama raccontare” vi dissi che costituiva centro abitato insieme ad altre minuscole frazioni nei suoi dintorni. Una di queste si chiama Moneghetti e oggi vi ci porto, perché merita anch’essa d’essere visitata.

Questo piccolo gioiellino della mia Valle, meno conosciuto, si trova vicino a Molini di Triora. Giunti al campo sportivo di Molini, anziché entrare nel paese, si continua verso sinistra per la strada che porta a San Giovanni dei Prati e a Colle Melosa. Dopo aver percorso qualche metro, circondati dal verde più verde che c’è, per una strada asfaltata e ombrosa che propone anche un incontro con qualche asino, ecco sulla sinistra la deviazione, ben indicata, che porta a Moneghetti.

Si tratta di una strada breve, bella da percorrere a piedi, anche se in leggera salita, godendo del fresco che offre e ascoltando i rumori del torrente sotto strada e della vispa natura.

Le case che compongono questo posto si possono contare sulle dita di una mano e la pace è totale e indiscussa. Alcune dimore sono ruderi in pietra che riportano indietro nel tempo, altre, ristrutturate e più abitabili.

Appena giunta in questa località, mi hanno colpito le cataste di legna e quelle dei grandi tronchi pronti per essere tagliati.

Siamo solo a mezzora dal mare, ma qui fa più freddo che sulla costa e la stufa si accende sempre volentieri… anche per cucinare.

Sì, perché qui si vive ancora come una volta e nell’aria si respirano sovente profumi di corteccia o di pane che escono dai comignoli.

A confidarlo sono le case stesse, dall’impronta assai graziosa, fiabesca e antica. Balconi, fiori, panni stesi, colori, pietra, legno… tutto ci regala un’atmosfera senz’altro particolare.

Moneghetti è un’apertura nel bosco dove acacie, castagni e noccioli fanno festa tutto intorno.

La fitta vegetazione permette agli animali che popolano la macchia di sentirsi protetti e al sicuro pertanto non sarà difficile vederli o sentirne i versi e i fruscii.

I monti che ci circondano aprono il cuore con la loro verde bellezza che si staglia contro il cielo azzurro e su alcuni si possono riconoscere paesi più conosciuti e grandi come Triora.

Lo stupore si accende ulteriormente quando sopra una porta, una vecchia insegna  indica che qui c’era addirittura un’osteria. “Osteria Faraldi”. È proprio vero. Osteria, Tabaccaio, Albergo, Scuola… un tempo in queste frazioni non mancava nulla. Sfido io! Erano ben 600 gli abitanti che le vivevano! Oggi non è più così ed è bellissimo arrivare qui e percepire la vita. Come un ritorno.

Gli occhi che incontri ti scrutano. Risulti uno straniero. Non posso fotografare molto le loro abitazioni. Sono restii. Tra di essi sono come un’unica famiglia, un meraviglioso concetto da difendere, ma basterà far capire loro che si è alla buona e si ammira quel luogo con sguardi interessati per essere accolti e apprezzati con gioia e interesse.

Senza approfittare mai della loro ospitalità.

Moneghetti appartiene al Comune di Molini di Triora e, come lui, si trova a circa 460 mt s.l.m. Un tempo qui si coltivava e la merce si portava a vendere fin giù a Taggia. Oggi è un piccolo paradiso per chi cerca relax e natura.

Mi auguro vi sia piaciuto topini. Squit!

L’amore per le piccole grandi cose

Questo post nasce per una promessa che ho fatto. Ritornando ancora al mio momento di pausa e alle infinite mail che mi sono giunte e continuano ad arrivare con mio grande piacere, devo dirvi che tra tutte, una mi ha particolarmente colpito. Veramente sono state molte quelle che mi hanno stupito e addirittura commosso ma questa era intitolata esattamente così: “Mi pubblichi nel tuo web (o blog o altro che sia) questo raccontino?”. Esattamente così. Sono in tanti a chiedermi di scrivere su questo mio blog delle storie da loro inventate o mi chiedono di fare appelli e quant’altro. Mi incitano a parlare di quello piuttosto che di quell’altro e fanno altre richieste ma, solitamente, la mia risposta è un educato “no”. Un conto sono gli spunti gentili o le nozioni che interessa io sappia, quelle le apprezzo, diversi sono messaggi che nulla hanno a che vedere con questo mio Mulino. – La Topina della Valle Argentina – non è una piattaforma pubblicitaria ne’ tanto meno il diario di chiunque. E’ nato per parlare di certe cose e ha determinate categorie. Pensavo che questa mail fosse una delle tante e devo essere sincera che l’ho aperta con ben poca fiducia. Si trattava invece di un nonno, un nonno come tanti che nella sua disarmante semplicità delle parole mi raccontava di un fatto accadutogli realmente in famiglia e mi chiedeva di postarlo perché potesse regalare gioia a molti. Perché potesse insegnare l’importanza delle piccole cose. Perché potesse, nella sua umiltà, far capire quanto invece siamo ricchi. La mail è una “normalissima” mail scritta da un uomo che prima mi racconta di se e della sua vita (e anche per questo la ringrazio Signor V.) e poi mi scrive l’accaduto chiedendo appunto di renderlo pubblico nel mio diario virtuale. Aggiunge che il titolo del racconto è:

PICCOLI MIRACOLI

e inizia descrivendo ancora un po’ la sua esistenza tra due grandi città che gli offrono una la famiglia e l’altra le cure mediche che gli necessitano. E il racconto inizia quindi così:

 

Nella casa a Copenaghen, la’ dove spesso torno, con voli low cost, in genere (vuol dire che costano di meno), anziano e invalido (altro che: falsi invalidi, falsi invalidi un corno!) per la gioia di trovarmi in famiglia. Implica fatica fisica ed emozionale, mentale. Essere anziani e malati non e’ facile. Sono un romano di Roma popolana, poetica, dall’ esistenza resa drammatica dai cattivi politici italiani ed altra cattiva gente… Sono un poeta (sono un poeta?) e fui un vagabondo. Ho pure lavorato, ho fatto molti mestieri per vivere ed ora per amore della famiglia, torno spesso, dopo le cure a Roma, a Copenaghen dove ho famiglia, sono tutti e tutte molto bravi e tolleranti con me.

…in un appartamento al terzo piano, c’e’ in questo ricordo bello, tutto il mio amore per la mia famiglia adesso riunita. Essa non e’ composta solo da noi persone ma pure dal nostro caro cagnolino S. e dai colorati simpatici uccellini liberi di volare nella casa. Non ho mai amato le gabbie e chi le costruisce o ci tiene recluse creature. Amo la pace, la vera amicizia, il vero amore, pure se qualche volta si litiga, succede, puo’ accadere, abbiamo talvolta ragione e talvolta invece no, abbiamo torto. Non bisogna portare il broncio in famiglia ma fare al piu’ presto la pace. Avevo portato un vestito da fatina alla mia cara, dolce nipotina G., un vestitino di carta, semplice, lei lo ha molto gradito, lo ha indossato, era stupenda. Mi ha chiesto

– Nonno, sono una principessina?-

– Certo, una bellissima principessina –

– Ma nonno, le principesse hanno vicino un principe –

– Beh, non sempre. Ci sono le principesse che vogliono vivere senza un principe. Oppure ancora non lo hanno un principe…-

– Nonno, vuoi essere il mio principe? –

– Grazie ,G., certamente, sei meravigliosa a chiedermi ciò, mi rendi molto felice –

Tutto e’ grazia, mio Dio, ci mandi tanti doni ma ci vuole l’animo dolce, semplice per esserne degni, per riconoscerli ed apprezzarli. Tutti e tutte possiamo compiere piccoli miracoli. Grazie, mio Signore, e grazie pure a te, vita. E grazie soprattutto a te mia dolcissima, stupenda nipotina. Nonni e nipoti sono la coppia più bella del mondo. E cosi’ pure lo sono i genitori e figli. O chiunque altro al loro posto.

Dopodiché c’erano tutti i saluti alla sottoscritta, tutti gli indirizzi mail per rintracciarlo e numeri di telefono. E questo è quanto. Ho provato a contattare il Signor V. nel senso che ho risposto a questa sua lettera ma non ho più ricevuto nessuna parola. Nella mia risposta però c’era la promessa. La promessa che gliel’avrei pubblicato e così ho fatto. Non so cosa potete pensarne voi ma a me è piaciuto. Purtroppo i nomi sono solo delle maiuscole puntate e mi rendo conto che spezzano un po’ l’armonia ma questo nonno si è dimenticato di dirmi se potevo mantenerli per cui ho preferito non rischiare di invadere troppo la sua privacy. Qui non c’entra la mia valle, ne’ la Liguria di Ponente, è vero. Qui c’entra l’amore. E dev’essere in ogni luogo. Quindi un grazie al Signor V. (spero di aver esaudito il suo desiderio e spero anche di aver capito e trascritto bene solo quello che lei aveva piacere si leggesse) e un grazie a voi che avete letto. Un abbraccio alla prossima.

La bella Miss

Lei non la conoscete ancora. Oggi ve la presento e vi parlerò un pò della sua particolare esistenza.

Innanzi tutto, il suo nome è Miss (omonima della mia cara amica Miss Fletcher!) ed è un’altra appartenente alla famiglia della mia amica Niky. L’avevate già capito immagino.

Miss è una tigratina normalissima, con un bel manto bianco e marrone striato di grigio.

I suoi occhi sono gialli, con sfumature verde chiaro, e come tutte le micie, sa di essere molto bella e affascinante.

La sua storia è una storia particolare, quasi una favola:
Tutto inizia quando Niky, non aveva più gatti in casa. Le mancava tantissimo il suo Biso, un micio stupendo che purtroppo oggi non c’è più. Il topomarito di Niky non voleva più felini nella tana, aveva visto la mia amica soffrire troppo per il gatto scomparso e non voleva più vederla in quello stato. Ma, ogni sera, prima di addormentarsi si accorgeva che lei era triste, molto triste… Una sera poi, tornando a casa, una splendida sorpresa però stava per rendere felice Niky come mai avrebbe creduto. Il suo topomarito, proprio lui, aveva trovato due piccolissime gattine abbandonate vicino alla campagna di suo papà e le aveva portate da lei! Sapeva di portarle nel posto giusto. Una gioia infinita! Le lacrime di commozione impedivano alla mia amica di vedere quelle due meraviglie. Non poteva crederci! Immediatamente le riempì di coccole, baci e carezze e decise di chiamarle Miss e Lady. Erano due sorelline stupende pronte a ricevere la gioia di Niky. Durante la notte però Miss iniziò a dare segni di difficoltà motorie. Lady sembrava star bene ma la piccola Miss aveva qualche problema. Il veterinario venne contattato immediatamente e con entrambe in braccio, Niky, lo raggiunse di corsa. Il dottore le spiegò che erano state tolte troppo presto alle cure materne e ormai da tanto, troppo tempo! Chissà da quant’erano in quella campagna a soffrire. Flebo e cure urgentemente. Miss si riprese velocemente ma, al contrario della sorella, nel frattempo Lady, inizia a star male e purtroppo li abbandona. Nemmeno il dottore riuscì a salvarla. Il suo star bene era solo un’apparenza in realtà. Miss passa alcuni giorni attaccata alla flebo ed al caldo di una lampada speciale senza potersi muovere ma, dopo una settimana, è potuta tornare a casa con i suoi nuovi padroncini, perfettamente guarita! Il veterinario dice che è fuori pericolo. Ce l’hanno fatta. Pochi giorni dopo il marito di Niky subisce un piccolo intervento chirurgico e trascorre le sue giornate a casa. Che periodo sfortunato tra lui e la micia! Con Miss si instaura però un rapporto speciale, entrambi convalescenti si facevano compagnia a vicenda e guardavano la tv dal letto aspettando il ritorno della mia amica dal lavoro e, ancora oggi, quel rapporto è solido e amorevole“. Fine della storia. Vi è piaciuta?

Era il novembre del 2005 quando è entrata a far parte di questa speciale famiglia e oggi è ancora lì, con loro, felice più che mai. E che rapporto stupendo è nato poi con Trudy! Il Re della famiglia, ve lo ricordate? Sono sempre insieme come fratello e sorella.

Miss è una gatta molto buona e molto affettuosa, sa tenere compagnia e con la sua dolcezza regala un mondo d’amore a chi, quando ne ha avuto bisogno, le ha donato tutto il suo tempo e le sue cure.

Sempre attenta a ciò che accade intorno a lei, si sente come in dovere di proteggere il suo luogo e le persone che vivono con lei. E seppur non è coraggiosissima, questo lato del suo carattere è ammirevole.

Un grande bacione Miss, te lo meriti proprio, sei bellissima.

M.

Buon Compleanno al blog della topina Pigmy!

Aspettavo questo giorno da tempo. Lo aspettavo, perchè è una data importante: il mio blog, questa bellissima avventura, compie il suo primo anno di vita e io posso cogliere quest’occasione per dire a tutti voi quanto mi sia divertita e quanto abbia apprezzato il vostro appoggio e la vostra compagnia.

Spero di avervelo sempre trasmesso, ogni giorno, ma in questa importante data vi voglio ringraziare in modo particolare. Tutti, dal primo all’ultimo. Grazie per i vostri commenti, le vostre mail, i vostri complimenti, i vostri consigli e grazie anche a chi non è stato sempre d’accordo con me e mi ha mostrato altre prospettive delle cose.

Ci sono amici passati solo una volta, che han lasciato il loro pensiero.

Ci sono amici che non scrivono nulla, ma so che ogni giorno mi leggono.

Ci sono amici che invece si son sempre fatti sentire, dai primi giorni.

Ci sono amici che mettono un like e basta e lo fanno quando davvero quell’articolo gli è piaciuto.

Ci sono amici nuovi, appena conosciuti con i quali nascono confronti e altri, che come me, parlano di questa magnifica Valle.

Ci sono amici che mi ringraziano perchè ho ricordato un avvenimento, ma sono io che devo ringraziare voi.

A tutti va un grandissimo grazie con il cuore.

Ogni volta che scatto una foto o scrivo parole, vi penso. Immagino cosa penserete quando leggerete i miei post, e mi vien voglia di fotografare e scrivere ancora. Per me questo blog è divenuto una vera passione che svolgo con amore e dedizione. Lo faccio perchè mi piace, per far conoscere a tutti il magnifico luogo in cui vivo e sapere che questa emozione colpisce anche voi è impagabile. In fondo, se questo blog è così, è anche grazie a voi che mi seguite, che mi invitate a importanti eventi o alla conoscienza di cose nuove.

E’ grazie a chi mi ha consigliato categorie nuove, che queste ultime han preso piede sempre di più!

E’ grazie a chi c’è sempre, senza mancare mai, ora anche per telefono, se continuo a essere la vostra topina!

Grazie a chi ogni giorno, già dalle prime ore del pomeriggio, non fa mai mancare un suo commento; a chi ha sempre una battuta e mi fa sorridere appena vedo il suo avatar; a chi mi racconta aneddoti e mi dà tanto materiale su cui scrivere; a chi ha sempre qualcosa da ridire e io non vedo l’ora di farlo brontolare; a chi cucina e viene a curiosare i miei piatti tipici; a chi ama l’arte e dorme con un libro di topolini sul comodino; a chi ha imparato a usare il computer per postare i miei articoli su facebook; a chi mi porta in luoghi sconosciuti raccontandomi segreti della mia Valle; a chi mi manda mail perchè io possa promuovere quel dato evento; a chi mi ha fatto bellissime sorprese; a chi segnala un mio post.

Grazie. Grazie tantissimo. Spero vi siate riconosciuti. E un grazie particolare va alla mia famiglia che cerca di far arricchire il blog ogni giorno sempre di più. E’ una cosa inventata da me, ed è come se loro sentissero di farne parte, ed è così. Sono amorevoli. Topononno e i suoi racconti, topozio e le sue ricette, topopapà che mi fa pubblicità in giro, a voce, come fosse il padre di una grande giornalista, topoGiò che mi fa pubblicità tecnologica e si commuove per ogni cosa che scrivo, mamma topa che è sempre molto interessata e le si illuminano gli occhi, topoNiky che l’ho già detto, ma è il mio braccio destro, topoDario che accorre a tutti i miei “help!”, topoMarco che mi permette di scrivere splendidi post… e poi, topoamico che sacrifica i suoi week-end per portarmi in giro a fare reportage e i topini che mi sostengono e partecipano con il sorriso. Grazie.

Io continuerò a percorrere i sentieri della Valle e spero che per voi i miei post possano essere un tranquillo passatempo.

Un po’ di serenità, d’altronde, ci vuole!

Un grande bacio a tutti quanti.

La vostra Pigmy.

foto presa da germain.com

M.

Il Pepe “speperizzato”

Quando ho chiesto a Niky, tanto tempo fa, dove aveva trovato il suo tesoro, Pepe, il bellissimo gattone tutto nero che vedete nelle immagini, queste furono esattamente le sue parole:

 Allora, l’ho trovato casualmente, una sera d’estate. Dopo il lavoro ho raggiunto i miei e topomarito in campagna come ogni sera, in quel periodo. Ero impegnata nella ‘raccolta delle uova’ ed ho sentito, lontana ma fortissima, una vocina stridula. Sono corsa verso l’uliveto incolto dei vicini, da cui provenivano le grida, e ho visto un ‘ratin’ (che nella nostra lingua è un topolino, anche se stava parlando di un micetto), nero e magro che però non si è lasciato avvicinare. Gli ho subito portato del cibo, mi sono allontanata e l’ho guardato da lontano mangiare con ingordigia. Per quattro sere consecutive si è ripetuta la stessa cosa. La quinta sera, il colpo di scena, mentre stava mangiando, l’ho visto accasciarsi sulla ciotola, senza forze. Sono corsa da lui ed ho trovato di fronte a me una cosa terribile. La sua coda era completamente distrutta. Pelo e carne viva mescolati su quello che rimaneva di un codino spezzato, e dalla carne, fuoriuscivano larve e vermi… era in cancrena! L’ho portato d’urgenza dal veterinario… radiografia, ed infine, l’unica cosa da fare… l’amputazione“.

E infatti, topi cari, anche Pepe, come Blue, ma per diversi motivi, è senza coda.

Noi, di animali normali, non ne vogliamo.

Ma vi sembra che per il bel Pepe questo sia un problema? Oh no! A parte il fatto che è bellissimo ugualmente con quel manto nero e quegli occhi che cambiano colore fino a diventare come l’oro, è anche un gran giocherellone. Ha un pò paura delle persone che non conosce ma con i suoi tanti “fratelli” va molto d’accordo. In ultimo Miele, è quello che lo tiene più vivo di tutti! Insieme fanno la lotta, senza unghie, senza farsi male.

E’ in questi momenti che usiamo dire “viene speperizzato”, perchè ovviamente, ad avere sempre la meglio, è il cucciolotto, ultimo arrivato. Pepe è troppo buono. E’ un gattone molto, molto affettuoso e anche paziente. Accetta di buon grado ogni nuovo arrivo nella grande famiglia e passa le sue giornate, quando può, a sonnecchiare all’ombra nella splendida campagna. Una campagna che lui adora e vive più che può.

Accetta il calduccio casalingo infatti, solo nelle più fredde sere invernali, per tutto il resto dell’anno, non ci pensa minimamente a stare rintanato in casina. Lui deve scorrazzare, rincorrere le lucertole, i topolini (vacci piano Pepe per favore!), le farfalline. Deve prendere il sole, mangiare l’erba, rotolarsi per le fascie. E si, ha sempre un gran da fare. Guardate che aria furba che ha! Sembra quasi che se la tira, invece, potete credermi, è buono e semplice come il pane! E’ solo che non ama molto essere intervistato! Ma a me a fatto piacere presentarvelo.

Un altro amico che deve ringraziare il buon cuore di Niky, e Niky ringrazierà sicuramente lui per le bellissime giornate che le fa sempre trascorrere.

Miao Pepe, anzi Squit!

M.

Blue

La prima volta che l’ho preso in braccio aveva 40 giorni. Era grande come un melone non di più. L’abbiamo preso perchè ci siamo innamorati di lui e non poteva essere altrimenti. Dico “l’abbiamo”perchè per me è sempre stato anche un po’ mio (sono la sua zia), ma in realtà fa parte della grandissima famiglia della mia amica Niky che, da sola, mi fornisce materiale per il blog per una vita intera.

Blue, quel giorno, era in una gabbia assieme ai suoi fratellini e alle sue sorelline, rubati fortunatamente a una famiglia che, dei cani, aveva davvero poco rispetto. Tant’è che a Blue è stata tagliata la coda e non voglio sapere come. Probabilmente l’hanno scambiato per un rottweiler, fatto sta che questo bellissimo cane lupo, che del rottweiler non ha mai avuto nulla, quando “scondinzola” fa una tenerezza infinita.

Era bello da cucciolo e bello è anche adesso. Ha il pelo morbido e la muscolatura possente. E’ un cagnone bravo come il pane, ma non fatelo arrabbiare, non entrate nella sua proprietà: difende tutto e tutti, anche i gatti che vivono serenamente con lui in casa e nella campagna circostante.

Della Valle, Blue conosce tutto: i laghetti di Molini, i boschetti di Triora, le piazzette di Montalto e i dintorni di casa sua, dalla quale ogni tanto si allontana per mezza giornata facendo preoccupare e arrabbiare la mia amica.

La sua intelligenza è sempre stata incredibile.

Deve il suo nome al colore degli occhi che aveva quando era cucciolo: un blu scuro, un color notte, ma che con il riverbero del sole diventavano luminosi.

La giornata più bella trascorsa con lui è stata durante un pic nic che abbiamo fatto; ha passato quasi tutta la giornata a giocare con me. Quei suoi dentini mi hanno graffiato e pizzicato ovunque, soprattutto sulle mie zampe, ma era troppo bello, non potevo smettere.

Ora Blue ha persino una compagna: Viola.

Ve la presento con lui nella foto, ma un giorno vi parlerò anche di lei. Un tempo la tenevo io assieme ad altri cagnetti ai quali bisognava trovare assolutamente una cuccia-famiglia nuova e accogliente, poi, a furia di vederla, Niky non ha saputo resistere e allora via, a casa anche lei.

E oggi guai chi si avvicina a Viola! Blue la difende da chiunque, soprattutto e ovviamente dagli altri cani maschi.

Blue è sempre nel mio cuore, non posso dimenticarlo nemmeno volendo. Tra le mie foto cartacee è onnipresente.

Per descrivervi il carattere di Blue potrei usare diverse metafore: è come uno scoglio nel mare, un faro nella nebbia, un qualcosa di certo che ti dà sicurezza, che sai che c’è e ci sarà sempre. Questo è quello che sento, se penso a Blue.

Blue è un colore, è un’emozione, è un sentimento, è un cane: un essere fantastico.

Un abbraccio Blue e una grattatina dietro la testa!

M.

Mitico Topononno – il “rapimento” della nipote

Quale miglior post, per iniziare l’anno nuovo, se non con un’altra delle mie tante avventure? Questa topi, non ve l’ho ancora raccontata. Un’altra che riguarda me ma anche il mio topononno. Nonno paterno, lo sottolineo, perchè è importante per la storia che sto per raccontarvi.

Siamo nel 1980, io ero davvero uno scricciolo. Una coppia di amici di mia nonna, ma in questo caso parlo di nonna materna, scendono da Milano per passare qualche giorno in nostra compagnia.

Sono amici di questa mia nonna e di mia mamma. Conoscono anche mio padre, ma il padre di mio padre non l’hanno mai visto e, allo stesso tempo, nemmeno quest’ultimo sa della loro esistenza. Ho dovuto farvi questa premessa perchè questi due, marito e moglie, due persone tra l’altro molto educate e per bene, decidono di portarmi a fare un giro  a Bussana per stare un po’ con me essendo, all’epoca, l’unica cucciola di casa.

Non hanno potuto avere figli e io ero sono come una nipote, per loro.

Andiamo a Bussana, facciamo una passeggiata, prendiamo un gelato, mi concedo un giro sugli scivoli dei giochi per i bambini e poi, i due, decidono di andare in un bar-trattoria a prendere un caffè e a riscaldarsi un po’. Era inverno.

La proprietaria prepara loro il caffè e il punch richiesti e, proprio mentre stanno consumando la loro ordinazione, un gruppo di cacciatori, finita la battuta, entrano a bersi in compagnia un bicchiere di vino e ritemprarsi al calduccio.

Tra questi, c’era mio nonno. Ha il fucile in spalla e il cappello imbottito. Mi vede in braccio a uno dei due, mi guarda attentamente e con perplessità e poi pensa: “Oh belin! Sta lì a l’è me nessa...” (“Oh c…o” – diciamo “perbacco” va’ – “Oh perbacco! Quella lì è mia nipote…”).

Sì, sono sua nipote, ma… cosa ci faccio insieme a due sconosciuti in quel paese?

Ma puscibile? Me sbaju? Ma a ghe sumeja…” (“Ma possibile? Mi sbaglio? Ma le assomiglia…”) continua a pensare lui incerto e osservandomi ancora più scrupolosamente.

Il resto è avvenuto tutto in un lampo. Io lo vedo e, seppur piccina, lo riconosco, gli sorrido e grido – Nonno! – allungando le braccia verso di lui.

Quel mio grido “Nonno!” che vuole essere di gioia, è per lui come una parola d’ordine, gli ho dato praticamente il “via!”. Non aspettava altro.

In men che non si dica, sfodera la carabina puntandola contro i due poveri “rapitori di bambini” urlando in un italiano ben comprensibile e scandito: – Mollate immediatamente mia nipote o vi lascio secchi qui dove siete! -.

I due, ignari e tapini, se la fanno letteralmente nei pantaloni.

Nel bar scendee un silenzio tombale. La barista smette di asciugare i bicchieri e si mette le mani nei capelli. L’intera squadra di cacciatori si schiera, a ferro di cavallo, dietro  mio nonno. La coppia mi posa delicatamente a terra e, con tutto il bene che posso voler loro, mio nonno è sempre mio nonno, e sgattaiolo tra le sue gambe lasciandogli strada libera verso gli sfortunati.

I poverini iniziano a balbettare e poi a urlare e a pregare mio nonno, cercando di spiegargli l’equivoco, ma al solo udire i nomi dei miei genitori e di mia nonna si acquieta.

La donna dietro al bancone, che conosce molto bene mio nonno, prende un gettone telefonico e si fa dare il numero di telefono di casa mia per accertarsi che siano davvero due amici.

A quel punto, nemmeno lei sa cosa pensare.

Dall’altra parte della cornetta, mia madre, alzando gli occhi al cielo, spiega tutto all’uomo che mi sta difendendo con le unghie e con i denti (e con un fucile) e che, a quel punto, si scusa con i signori e gli offre caffè e punch.

Scusatemi – dice, ordinando alla barista altre due consumazioni per quel marito e quella moglie che si stanno asciugando il sudore freddo dalla fronte.

La storia finisce con una bella risata da parte di tutti e, alla sera, cenano addirittura insieme.

Questa vicenda è passata alla storia, la si racconta ancora oggi che son passati quasi 40 anni, ma tutto è bene quel che finisce bene.

Certo che tu, nonno, mezze misure niente, eh? – gli dico oggi sorridendo.

Ah – mi risponde lui – Ti u sai ca sa ghe fagevu passà a fruntiera da Ventimija a nu te vigevamu ciù?! Eh? – (- Lo sai che se gli facevo passare la frontiera di Ventimiglia non ti vedevamo più?! Eh? -).

Ah! Ah! Ah! Fantastico!

Grazie nonno, ti voglio tanto bene. Hai i tuoi modi, ma sei speciale!

Un bacio grande,

Tua Pigmy.

M.