Metti una sera di mezza estate ad Arma

Nel periodo estivo Arma si trasforma, e lo fa soprattutto nelle sere di questi mesi caldi. A colorarla, ora, sono le tinte del crepuscolo: le regalano tinte tenui, paiono di velluto quando si adagiano sull’orizzonte, sul mare, e accarezzano con sfumature  morbide i profili della città.

Contrastano le sue case, le sue piante, i suoi numerosi panorami che si stagliano contro il cielo che in questa stagione è di un blu intenso.

Arma offre allo sguardo diverse vedute: il mare, le colline, i monti, l’infinito…

Oltre i colori tipici della Liguria sulle case costiere, il verde e l’azzurro sono i colori predominanti e, alla sera, diventano ancora più nitidi.

Non si possono non citare le nuances dei fiori: il Plumbago, l’Oleandro, la Bouganvillea, il Carpobrotus…

Tutto sembra una festa dai toni leggeri.

Ci sono orari in cui Arma si fa più silenziosa, abbracciata dall’afa di agosto che pare rendere tutto ovattato.

Solo dalle finestre aperte si ode il vociare delle televisioni accese o il ticchettio metallico delle posate che scontrano i piatti durante la cena. In queste particolari ore di quiete nemmeno i gabbiani osano garrire. Le spiagge sono deserte, dopo avere finito da poco di accontentare tutti con la loro sabbia dorata e le loro onde a infrangersi sulla battigia.

Sono ore che trascorrono veloci, lasciando il posto alla prima parte della notte. In questo momento prendono vita luci, suoni e abbagli.

Durante il tramonto, nonostante il sole prenda congedo con lentezza, Arma rimane splendente.

Continua, nel suo insolito chiarore notturno, a esistere tranquilla e pacifica, e in quel mentre sono tanti i ricordi che riemergono con nostalgia. È il momento del giorno in cui i suoi abitanti la osservano quasi in silenzio, ormai fermi e rilassati dopo le calde e frenetiche giornate. Poltrendo sui balconi, sfiniti per il gran caldo, osservano per ore panorami che ogni giorno hanno davanti, ma raramente contemplano. Lo dico in senso buono, pensando a chi mi dice divertito: “Ma sai che non mi ero mai accorto che lì c’era… “.

Le sere di Arma si riempiono persino di lustrini e paillettes; vengono sfoggiati sulla sua passeggiata in un andirivieni continuo, acceso e pacato al tempo stesso, uno sgambettio di godimento della brezza che ogni tanto, come un balsamo, passa ad accarezzare la pelle. Arma non è un paese spumeggiante, è per lo più tranquillo, quasi scostante, per questo certi eventi fanno furore, curati a puntino e fulgidi come bagliori.

Per apprezzare Arma occorre entrare nella sua anima, nell’anima di chi la nutre, di chi a essa tiene particolarmente e ne fa sbocciare tutte le bellezze. Se si riesce a notare questo, non si può non amarla. E’ così ostica a volte, così indisposta… ma tutto fa parte della sua natura ligure. Essere ligure, in alcune zone di questa striscia di terra che forma un sorriso all’incontrario, significa essere coriacei, saper affrontare le difficoltà, non lasciarsi sorprendere dalle bazzecole. Per stupire un ligure ci vuole molto, non si accontenta di poco, perché quel poco lo porta già nell’animo da tempo ed è il suo Tutto. I suoi occhi han già visto, la sua bocca ha già parlato, le sue orecchie hanno già udito. “Ora, o porti qui la meraviglia equivalente al tuo cuore, o di entusiasmo ho già il mio… grazie.”

Arma dice questo. E se vi può sembrare snob, sappiate che è l’esatto opposto: è saper trasformare il nulla in Bellezza pura. È saper creare dove nessuno regala niente. È saper andar avanti. Sempre.

Arma è una curva da attraversare. Offre ciò che ha a chi vuol vedere e, soprattutto in estate, viene messa alla prova. Alla fine della stagione appare quasi stanca o, forse, torna solo alla sua quiete. In alcune occasioni si riempie delle grida dei bambini, in altre del passo stanco degli anziani che respirano salsedine.

Arma alla sera asciuga i teli per l’indomani, per tornare in spiaggia a giocare, a nuotare, a correre… perché, forse, fino all’anno dopo non si potrà più.

I suoi punti di riferimento sono gli stessi, che sia giorno o notte non importa: la Fortezza, la chiesetta di San Giuseppe, la fontana, la Darsena, Piazza Chierotti…

I punti in cui ci si ritrova, sgattaiolando veloci dopo cena, con i capelli ancora umidi e la pelle che sa di bagnoschiuma.

E, infatti, ci sono odori nuovi, in queste sere. Profumi di pelli, aromi di cucine che lavorano di più, il sale del mare, la freschezza del crepuscolo… Mi piace Arma, alla sera, d’estate. Mi piace viverla in questi momenti, prima di tornare nel mio bosco.

Un affettuoso bacio a voi.

 

Sulla Rocca di Monaco

Questo luogo lo conoscerete sicuramente in molti ma è una gita che non può mancare nel mio blog. E’ come un punto d’arrivo; chiunque, di noi, è andato almeno una volta nella sua vita a vedere il Palazzo Grimaldi, il Palazzo dei Principi di Monaco ma, oggi, ci andremo insieme. SONY DSCIl castello è posizionato sulla Rocca ossia in un punto altissimo, sopra Monte Carlo, dal quale si può godere di un panorama meraviglioso. Da qui possiamo ammirare la distesa azzurra del mare, le colline retrostanti liguri e francesi e il riparato e intimo porto di Fontvieille, ubicato ai piedi della Rocca verso la parte orientale.SONY DSC Un porto giovane, nato nel 1966 e arricchito dallo Zoo dei Principi, dal Museo della Filatelia e della Numismatica e dal Museo dell’Automobile, nel quale risiede anche l’auto di Grace Kelly.

Grace Kelly in Grimaldi, una donna che mi è sempre piaciuta tantissimo, nonchè Principessa, appunto, di Monaco. Chissà quante volte si è affacciata da questo muretto di pietra, incorniciato da vecchi cannoni, per godere di queste visioni mozzafiato. Qui, infatti, proprio al centro della piazza della Rocca, risiede il bellissimo Palazzo.SONY DSC Un edificio dalle tonalità chiare e difeso da mura, torri e guardie che tutto il giorno camminano avanti e indietro per garantire la protezione totale alla Famiglia Reale. SONY DSCGuardate, potete vedere il sentiero consumato del su e giù di questi ragazzi che, impeccabili, sia nel modo che nella divisa, percorrono tutto il giorno. SONY DSCAlcune guardie invece, stanno ferme davanti ai portoni e non permettono a nessuno di oltrepassare le grandi catene di confine. Davanti al portone principale, enorme, le due guardiole sono l’unica sede di questi guardiani e, dietro a quella porta, si sviluppa tutto l’abitato con tanto di Cappella e piscina. A viverci ora, regnando, è il figlio maschio di Grace, Alberto II, anche Marchese di Baux, salito al trono, dopo la morte del padre, Principe Ranieri III, adorato da tutti i monegaschi. SONY DSCQuest’ultimo rimase vedovo prematuramente dopo la scomparsa della sua amata e bellissima moglie Grace che morì in un incidente stradale il 14 settembre del 1982. Una famiglia abbastanza sfortunata che vive e ha vissuto in un posto da favola. Guardate topi, guardate queste immagini, sembra di essere in un altro mondo. Qui tutto è meraviglioso. SONY DSCSi cammina su mattoncini rossi che si intersecano a piastrelle d’ardesia e, insieme, salgono e scendono percorrendo la piccola città. Siamo nella parte vecchia, la parte che accoglie importanti monumenti, Cattedrali antiche, il Museo Oceanografico e palazzi dalle importanti sculture. SONY DSCSculture maestose e che meritano lunghe osservazioni. SONY DSCSiamo nella parte di città impreziosita da statue, fontane, magnifici negozietti pieni di souvenirs e profumi speziati che ricordano Nizza Vecchia.SONY DSC Anche le lastre indicanti le vie la ricordano. Il dialetto nizzardo, molto simile al nostro, è sparso ovunque in questo luogo. Leggete, anche qui, i vicoli coperti sono chiamati carrugi e questo è il carrugio della chiesa, “carrugiu d’à geija”. SONY DSCI proprietari dei ristorantini tipici e accoglienti aspettano i clienti addobbando dehors colorati e graziosi dall’aria provenzale, mentre, i trompe l’oeil sulle facciate delle case, fanno credere quel che non è.SONY DSC La parte di questa città, qui sulla Rocca, è tremendamente affascinante. Le viuzze si snodano con una poetica aria vintage e, in alcuni punti, sembra di essere in un borgo ancora medievale che ha mantenuto tutte le caratteristiche di quel tempo.SONY DSC Ci vengo sempre volentieri. E’ a pochi minuti dalla mia Valle e ne approfitto.

Entrare in continuazione in tutte queste botteghe che rapiscono letteralmente.SONY DSC Mi guardo intorno, ci sono oggetti preziosi e semplici soprammobili, ci sono monete e opere d’arte, ci sono gadgets della Ferrari e di Monaco. E ci sono i ricami, la Lavanda, gli utensili. E i lampioni. SONY DSCI lampioni che con la loro luce fioca, donano un’atmosfera surreale. E ci sono le campane, attaccate alle chiese che suonano a festa. SONY DSCLa Rocca, è sempre piena di gente che fotografa queste meraviglie. Gente che si sofferma a guardare i particolari, gente che spera di veder passare qualche nobile personaggio, gente che attende lo spettacolo del cambio della guardia, una cerimonia che si può ammirare tutte le mattine poco prima di mezzogiorno. SONY DSCPer questo evento, un’intera folla si apposta intorno al palazzo, vicina ai vecchi cannoni e ai mortai che, con a fianco montagne di vecchie palle di ferro, offrono postazioni per foto molto suggestive.SONY DSC In quel momento, la Rocca, diventa deserta. Tutti sono davanti al Palais du Prince, un Palazzo, una vecchia fortezza conquistata nel 1215 da Francesco Grimaldi che, travestito da monaco, entrò nell’edificio costruito dai genovesi. SONY DSCMa il vero fascino su questo paese, Monaco, chiamato anticamente dai fenici Monoike, scende alla sera, quando le persone iniziano a ritirarsi, le strade diventano più solitarie e di lui s’impradonisce il rosa. SONY DSCTutto assume un colore pastello, un colore fiabesco e, dal lato Est, si può ammirare ulteriore bellezza. Che emoziona.SONY DSC Uno spettacolo per gli occhi. Un altro porto, quello più grande, più conosciuto.SONY DSC Laggiù, il Luna-Park, dove il Natale si sente già. Di fronte a noi i palazzi, la collina, le luci, i colori. Ancora rosa che bacia il mare e il cielo circondando i monti. SONY DSCE, al calar della sera, anche il Palazzo si accende di tutto il suo splendore e si prepara al riposo. SONY DSCSpero che questo giro vi sia piaciuto topi e, per chi non ci fosse ancora stato, potrebbe essere una buona occasione per farci un pensierino. Un bacione grande.

M.

Il piccolo borgo di Fontanili

Cari topi, guardate laggiù, lo vedete quel piccolo pugno di case? Sembra il modellino di un villaggio tanto sono piccole e poche. Ebbene quello è Fontanili, penso uno dei villaggi più minuti della mia Valle.

Esso appartiene al paese di Glori, è una sua frazione, una frazione a quello che un tempo era più precisamente il paese di Glori Superiore che oggi non esiste più. Esiste solo quello Inferiore e, tempo fa, se vi ricordate, ve l’avevo fatto conoscere.

Paesi che un tempo regnavano enormi, oggi, sono solo piccoli borghi. Eh, stiamo parlando di tempi antichi. Dei tempi in cui qui si divideva il territorio della Repubblica di Genova in Triora, da quello dei Savoia in Carpasio e la tradizione vuole che qui, si sia costruita una fortezza sabauda della quale però non esiste alcuna documentazione. Le uniche tracce rimaste sono delle finestrelle, delle feritoie, nei casolari semidistrutti che vedete nelle immagini. E’ facile a questo punto immaginare qualche severa guardia controllare da lassù che tutto andasse bene. Chissà…

Oggi infatti di Glori Superiore, sono rimaste solo poche costruzioni, ormai ruderi, ma Fontanili, lui c’è ancora e dopo essere appartenuto a queste due grandi forze di un tempo, andò a finire sotto la Giurisdizione degli Ulivi stipulata nell’aprile del 1798.

E pensate, due borghi, così vicini, così un tutt’uno, appartenenti a due Comuni diversi. Si, il Glori rimasto, del quale ne possiamo godere il panorama, appartiene al Comune di Molini, mentre Fontanili, appartiene al Comune di Carpasio.

In questo punto, la splendida parte di Valle sulla quale si affaccia, è come se fosse divisa in due. Andiamo però a conoscere meglio il piccolo paesello di Fontanili, più da vicino.

Innanzi tutto, dato il nome, mi aspetto di vedere tantissime fontane. Voi no? La mia immaginazione, viene premiata. Proprio all’inizio delle prime case, due belle fontanelle di pietra a semicerchio, ci danno il benvenuto. Sopra di esse, incisa su una piatta lastra di ardesia, c’è una dedica a chi forse le ha costruite: “Vittorino Pozzatello. Generoso lavoratore”.

Le fontane però nel paese non sono tantissime, o sono nascoste, o il mistero è tutto qui, già risolto. C’è però da dire che, accanto a questo villaggio, una fonte rigogliosa d’acqua, scorre perpetua e forse ha a che fare con il nome.

Vicino a lei, una panchina di legno ospita le persone che camminano per quella strada tortuosa e difficile da percorrere in auto. Raggiungere Fontanili non è semplice infatti e d’inverno, quasi impossibile. Ci vuole una macchina agile e corta. I suoi tornanti sono molto brevi, a gomito e la strada, in certi punti, è davvero stretta.

La cosa che maggiormente mi ha colpito di questo posto, oltre che alla sua bellezza, è stato il tavolo della festa del paese. Era lungo non so nemmeno quanto. Lunghissimo. Seduti a quel tavolo, fatto di assi di legno, ci stanno comodi tutti gli abitanti della Valle Argentina e non solo di Fontanili!

Questo mi fa pensare che i pochi abitanti di qui sono comunque ospitali per invitare così tante persone alla loro sagra estiva. Questo tavolo rimane sotto il capannone delle feste, all’aperto, e si trova prima ancora delle case. Circondato da piante e fiori, è un capanno rallegrato da bandierine festose gialle e verdi.

Tantissime sono le piante intorno che non solo circondano questo luogo di gioia ma fanno ombra anche alla Chiesa.

Una Chiesa piccola ma importante. Le Chiese sono però ben due.

Stiamo parlando del Santuario del Sacro Cuore di Gesù, costruito nel 1908 al quale una famiglia di Fontanili, residente in Francia, ha donato una preziosa statua del Sacro Cuore e una di San Rocco. Prezioso, all’interno, è anche il suo lampadario in legno lavorato artigianalmente in modo esemplare.

Ad affiancare questa Chiesa ce n’è un’altra, quella di Sant’Anna, del 1906, di due anni più vecchia.

Come vi dicevo prima, le piante non mancano. Pensate che il nome Glori infatti, deriva dal nome Clori, Dea della foresta e dei fiori. Nome che a sua volta deriva da Kloris che vuole proprio dire “verdeggiante”. Non poteva quindi che esserci tanto verde qui, intorno a Fontanili. Il verde si arrampica anche sulle case, guardate!

E chi ha la casa, anche se solo per l’estate, non manca di abbellirla con vasi e piante di ogni genere. Vi ho fotografato ad esempio questa, una pianta molto particolare che noi chiamiamo “Ostie o Monete del Papa”. Si, lo so, la flora da noi ha spesso nomi religiosi. Il nome scientifico però è Lunaria. E’ una pianta stranissima perchè quei suoi fiori tondi, che contengono i semi che potete vedere in trasparenza, sembrano di carta. Appena li tocchi si rompono con un deciso “crack” soprattutto quando secchi. Vengono usati solitamente per composizioni, hanno un aspetto elegante e pulito ma sembrano appunto già deperiti!

Saliamo in cima al paese alla ricerca di altri fiori stupendi ed è bellissimo poter notare da quassù tutta la vallata!

E guardate! “L’uomo che dorme”! Da che sono una piccola topina, quel monte particolare, l’ho sempre chiamato così. Non sembra il viso di un uomo sdraiato con un bel naso alla Dante Alighieri? Lo si può vedere da parecchi posti, troneggia nella mia Valle e, sotto di lui, la cava di San Faustino.

Sembra di essere in una favola: monti dalle mille forme e fiori particolari, un solo gatto che gironzola randagio e ruderi segnati da un tempo.

Qui siamo a 700 metri circa sul livello del mare e, a chi vive qui, lo scorso inverno, è capitato di rimanere bloccato a causa della neve scesa e del ghiaccio venutosi a creare. Ma penso che se ne siano stati a casa volentieri, al calduccio con le loro stufe.

Le case sanno di antico, sono tutte di pietra. Blocchi di pietra ordinatamente messi uno sull’altro a formare non solo dimore ma anche scorci da immortalare.

Ognuna, davanti, ha un lastricato di ciappe a far da patio, curato nei minimi particolari. Alcune case sono in vendita ma, a comprare, è sempre la solita storia, ci pensano solo gli appassionati di quella che sarebbe una vita particolare con i suoi pro e i suoi contro.

Fontanili è piccolo ma è un labirinto, un labirinto nel quale non ti puoi perdere, dove i suoi sentieri sono tutti di ciottoli e gradini. Bisogna avere le gambe buone per vivere qui!

Pant, pant! Non ci sono in lui vere e proprie stradine, sembra sempre di entrare in casa di qualcuno, nella sua proprietà. Spesso sono proprio dei piccoli cancelletti in legno a definire questa divisione e, tutti uguali, sono ovunque.

Giriamo un pò per il paese, mi guardo intorno. Che strano posto. Antico. Si respira un’aria medievale eppure nulla c’è che possa far pensare al Medioevo. Forse è solo suggestione. Forse mi aspetto di veder uscire qualche guardia minacciosa a difendere il suo territorio con le unghie e con i denti com’era solito fare da parte loro. Invece non c’è nessuno. Solo da un’unica casa provengono vociare e risa. Tutte le altre sono spente. Che effetto. E l’unico uomo che abbiamo incontrato, appena arrivati, è stato con noi gentilissimo. Ci ha spiegato di spostare la macchina, parcheggiata dalle fontane, perchè dalla roccia sovrastante potevano cadere massi che ci avrebbero rovinato la carrozzeria. Lui lo sapeva, conosceva bene il suo paese.

Un paese che mi ha davvero fatto piacere visitare meglio. Che qualcuno chiama Fontanili e qualcun’altro Funtanili. Ma è sempre lui! Affascinante.

Alla prossima.

M.

Tre Monumenti e un Bastione

Girovagando per il paese di Taggia e dirigendoci verso Piazza della Santissima Trinità, arriveremo, discendendo dalla Valle Argentina, in uno slargo… “dove gira l’autobus”… direbbero i taggesi.

Una grande aiuola, davanti alle Scuole Elementari e Medie, è ulteriormente arricchita da tre splendidi monumenti che, questo borgo, ha voluto dedicare ai suoi caduti.

E’ davanti a loro che un tempo, si radunava il Coro “Le voci della Valle Argentina” a intonare canzoni e inni in ricordo di guerra e libertà.

Il primo è una grossa pietra in onore degli Alpini con tanto di cappello, stemma e picozza. Sul davanti, una lastra di marmo bianco riporta la scritta “a ricordo di tutti gli Alpini” mentre, sul lato destro, un’altra scritta dice così: “a memoria di padre generoso, fratello tra fratelli, Alpino con Alpini, fu appoggio e sostegno a chiunque a lui si rivolse. il gruppo. 26 maggio 1968“.

Pochi passi più avanti invece, un’austera aquila su una rocca, simbolo di forza, spiega le ali orgogliosa al di sopra dell’elenco dei Martiri della Libertà, anch’essi deceduti in guerra e, un mucchio di fiori di pietra, fanno da cornice. Tra i suoi artigli, la pergamena con la data di questa creazione. Ancora 1968.

La fierezza dei taggesi però va oltre. Non è finita.

Accanto a quest’ultima memoria, ecco la più grande di queste tre opere d’arte. Il monumento dedicato a coloro che vengono considerati eroi, morti o dispersi, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il bianco prigioniero che appoggia i suoi piedi sulle scritte in stampatello “vittorioso – libero – grande” Tre aggettivi che, da soli, bastano a rendere l’idea. Ma, il giovane scolpito e con le mani incatenate, è situato sopra a tutti i nomi di quelle persone che hanno dato la vita per la propria patria e, davanti ad ogni individuo, l’abbreviazione di ciò che era a livello di gradi militare.

Ai figli caduti per la Nazione, Taggia, ne consacra l’immortalità.

Tanti i fiori che lo circondano e, dietro, alcune Palme e un Pino Marittimo, gli fanno da sfondo.

Il viso della statua è rivolto verso l’alto, quasi a cercare aiuto dal cielo, unico appiglio rimastogli e, con il corpo quasi nudo, è coperto solo da un cencio sui fianchi.

Tutte e tre queste sculture circondano un’antica Fortezza che oggi sta nel bel mezzo di questo praticello. Sto parlando del Bastione del Ponte.

Questo Bastione che difendeva la ormai scomparsa Porta di Castellaro è rimasto isolato dopo la demolizione delle mura lungo il torrente Argentina.

Si chiudeva qui la cerchia di mura disposta durante la seconda fase di costruzione delle difese cittadine che inglobava una parte della città non ancora densamente abitata.

Una grata ci proibisce di entrare al suo interno ma si può notare, come fosse un tempo, un antro scuro dal quale si controllava per difendere il paese.

Delle scale ormai completamente rovinate salgono e sembra quasi di vedere come delle piccole stanze dove, forse, riposavano le guardie.

In autunno questo Bastione è ricoperto di foglioline rosse appese agli alberi attorno e che spariscono poi, durante l’inverno, lasciando una ragnatela di rametti morti ad avvolgerlo che sembrano arabeschi.

Al di fuori, un’altra stretta scalinata, permetteva di giungere sulla sua cima.

Non è altissimo ma, un tempo, quando le case non erano palazzi, questa altezza bastava per tenere tutto sotto controllo.

In Taggia non è l’unico. Ogni angolo era protetto e controllato da una di queste Torri.

Ci sono infatti anche il Bastione del Gombo, il Bastione Grosso o dei Berruti e quello della Biscia. Sono tutti punti fortificati per difendere la città. Delle vere fortezze.

Sono storici, affascinanti e non si toccano. Sono anch’essi l’emblema di questo antico posto.

Da qui, si può giungere facilmente al Ponte Romano, il ponte che da il nome a questo Bastione e a Villa Curlo, il Palazzo di cui vi ho parlato qualche articolo fa, quindi, corro.

Non perdo tempo, mi aspetta un nuovo fantastico post da scrivere su uno dei ponti più antichi della storia (beh… quasi!).

Voi nel mentre, godetevi questo.

Un arrivederci a presto, vostra Pigmy.

M.

E questa volta entriamo!

Cari topini, vi ricordate quando tempo fa vi avevo postato la splendida chiesetta di Arma sul mare? Ebbene, questa volta, vi ci riporto ma, grazie al mio piccolo topino, che sgattaiolando è riuscito ad entrare (con tutta la scuola al seguito), ho la possibilità di mostrarvi com’è dentro, grazie alle foto (tutto sua madre), che ha fatto.

Si, siamo nella grotta della Madonna dell’Arma dove non si riscontra solo, come vi avevo raccontato, la presenza dell’uomo preistorico ma anche tanti tanti reperti inerenti all’epoca Greca e Romana.

In queste prime due foto possiamo ammirare meglio il soffitto e il pavimento: uno completamente di roccia e l’altro, in alcuni punti, di roccia e sabbia.

Questo Santuario si trova nella costa Armedana (che si estende dal torrente Argentina, al torrente Armea) sulla punta della Collina dei Castelletti e, questo toponimo, ricorda proprio la presenza di una serie di castellieri degli antichi Liguri disposti sul crinale delle alture circostanti.

Ci teniamo addosso la giacca perchè l’umidità rende questa grotta abbastanza fredda e ci inoltriamo verso l’altare reso protagonista da una bellissima statua che, insieme ad altre, rifascia il perimetro interno di questo luogo sacro.

Sono opere d’arte bellissime, realizzate interamente in marmo bianco.

Le espressioni dei volti dei personaggi sembrano reali.

Le colonne invece, che le circondano, sono in gesso.

La salsedine riesce a penetrare anche qui, oltre le grate, e le ricopre di un velo sottile.

Il luogo è tremendamente affascinante, mi racconta il mio piccolo, ed era ambita meta di coppie che volevano coronare il loro sogno d’amore, sul mare, in una grotta. I matrimoni però, negli anni ’70, hanno smesso di celebrarli.

Mi fa piacere ricordare che l’ultimo permesso è stato quello dei genitori della mia carissima amica, complice di mille avventure, e colgo l’occasione per salutarli.

Il momento però più emozionante, che ha colpito topino, è stato quando lo hanno messo davanti ad una specie di scalinata che scende un poco in profondità, verso gli scavi che hanno fatto, dove sono stati ritrovati tutti i cimeli e le antichità, documentazioni importantissime.

Mamma! Mi sono sentito un archeologo! – mi ha detto entusiasta, e lo posso capire.

Essendo un foro pericoloso è stato protetto con delle sbarre che lo circondano ma qualche fossile è ancora visibile. Questo scavo si trova proprio di fianco alle panche dove i fedeli pregano il Signore.

Ma i resti di tanta storia non sono solo all’interno di questa struttura, tutt’intorno, dalla Torre Bernice, vecchia torre di un castello distrutto, fino alla Fortezza cinquecentesca, esistono ancora dettagli di quel che esisteva prima della caduta dell’Impero Romano e poi abbandonato.

La Fortezza rimane proprio sopra questa grotta e, anche se oggi non è più visitabile, si sa che esistono ancora le stanze, quella del capitano, della servitù e il salone del focolare.

Una Fortezza che Genova usò per tantissimi anni e per gli scopi più diversi, non solo quelli che vi avevo già citato in passato, in ultimo infatti, desiderava, con appostamenti proprio in questo luogo, controllare il contrabbando del sale su quella che era un tempo la Via Romana.

Una Fortezza che era unico e grande punto di riferimento, di richiamo e di incontro per tutti i pirati.

Ebbene si, ecco quante cose ha da raccontare un piccolo posto come questo.

E ora vi lascio a contemplarlo; lui che, nonostante tutto, è ancora lì e, da anni, continua ad essere il ritrovo della gente di Arma e dei ragazzini che d’estate popolano le spiagge circostanti.

Ecco anche un modellino che riprende la baia, posizionato in un angolo di questo Santuario dedicato alla Madonna, vicino al luogo delle ricerche.

Buon viaggetto sul mare e nella storia quindi.

Alla prossima, la vostra Pigmy.

M.