Il panorama dal Passo della Nocciola

Oggi non vi parlo del Passo della Nocciola in sé, al di là che è un piccolo luogo bellissimo e ha un nome stupendo (Slurp! Adoro le Nocciole!) ma vorrei condividere con voi la meravigliosa vista che questo luogo offre.

Ci dirigiamo verso Colle Melosa passando da Molini di Triora e, dopo il Passo dei Fascisti, un altro Passo attira l’attenzione.

Guardate, potete vederlo anche da qui, dal sentiero che dal Passo della Guardia si dirige verso Collardente.

Ovviamente ci sono Noccioli ovunque e, in questo periodo, le loro foglie sono ancora tenere gemme di un verde brillante.

Lasciamo la topo-mobile a bordo strada e io e due miei cari topo-amici ci dirigiamo verso il bordo di un dirupo altissimo, non adatto a chi soffre di vertigini.

Qui la vista è davvero mozzafiato. Ancora una volta la mia Valle mi stupisce in tutto il suo splendore. Un’altra prospettiva che non avevo mai visto e per questo ringrazio i miei gentili ed esperti Cavalieri.

Davanti a me si staglia, contro un cielo terso, Carmo Gerbontina e osservandola attentamente con il binocolo posso vedere passeggiare e brucare su di lei splendidi Camosci Alpini.

Carmo Gerbontina se ne sta lì, quieta, e osserva. Guarda alcuni borghi splendidi della mia Valle dando la schiena al mare.

Ecco infatti laggiù Realdo! E sopra di lui Verdeggia! Ma ci sono anche Borniga e Abenin. Appena l’occhio compone pochi metri con lo sguardo, una nuova meraviglia è pronta ad affacciarsi per lui.

Come sono piccoli visti da qui. Le loro tinte pastello un po’ li confondono al resto del Creato e a una natura che sprigiona una bellezza indescrivibile.

Se mi giro posso vedere anche il Toraggio con il suo riverbero azzurro e, presso di lui, alcuni impavidi esseri umani viaggiano con il parapendio sopra ad un pezzo di mondo che non ha eguali.

Sono su una roccia e sono estasiata. Alcuni punti mostrano un aspetto selvaggio e aspro dato da arbusti legnosi, pietra pulita e rami quasi taglienti. Altri invece sono più floridi, verdeggianti e morbidi. Quest’ultimi celano, oggi, sentieri un tempo molto praticati e assai frequentati. Percorrendoli si andava infatti a raccogliere legna o, se si era passeurs, ci si nascondeva.

Il burrone che vedo è una distesa di Valle che non può essere paragonata a nient’altro. Nonostante sia chiusa tra le montagne che conosco bene, mi da’ l’idea dell’infinito e mi si apre il cuore.

Gli occhi brillano ma non posso certo fare la figura di quella che diventa patetica. Mi comporto quasi come se fossi abituata a tanto splendore, in realtà, dentro di me, l’animo scalpita per l’entusiasmo.

I miei due amici fotografano bellezze a tutto andare e, con il loro sguardo acuto, riconoscono creature che si mimetizzano tra alberi e custi (nel mio dialetto piante arbustive). A occhio nudo individuano varie specie di uccelli o ungulati mentre io, neanche con un telescopio riesco a vederli.

《 Guarda Topina! Sono là! Ce ne sono due! 》mi dicono sperando di farmi vedere quelle creature.

Io, tra l’emozione, la mancanza di esperienza e di abitudine, non vedo un fico secco ma loro sono così pazienti che, alla fine, anche io ho potuto godere della vista di quei fantastici quadrupedi che mi camminavano di fronte. Che regalo immenso mi hanno fatto loro e Madre Natura.

Tra di loro la facevano facile 《 Eccone uno! A destra di quella pianta in basso 》 diceva il primo. E l’altro rispondeva 《 Ah si! Lo vedo! 》. Io pensavo “Ma quale pianta? Ce ne sono duemila di piante!!!” e, per consolarmi, fotografavo Lucertole immobili a godere del primo sole.

Non ridete… anche loro meritano qualche scatto. Mi è sembrato giusto renderle importanti.

Il Passo della Nocciola è un luogo di pace e di un panorama fantastico. Ora non mi rimane che attendere la fine dell’estate per andare a far rifornimento di quei frutti prelibati prima del letargo. Quegli alberi sono molto generosi.

Allora topi, cosa ne dite? Vi è piaciuto questo punto panoramico speciale? I baffi tremano ancora? Tranquilli, ora scendiamo, ma vi aspetto impavidi per il prossimo tour.

Squit!

Un sentiero speciale

Topi, oggi vi faccio fare un tour breve, ma molto carino. Vi porto a passeggiare sul sentiero che – udite, udite! – ha visto crescere la vostra topina e ha fatto nascere in lei la passione e l’amore per la meravigliosa Valle Argentina.

Andagna sentiero

Partiamo, allora, venite con me. Andiamo ad Andagna. Qui, dalla parte dell’abitato che si affaccia direttamente sui monti che fanno da cornice al Passo della Mezzaluna, inizia un percorso che da piccina mi piaceva chiamare “sentiero delle farfalle”. Non so se questo tratto di bosco abbia un nome particolare, io l’ho sempre soprannominato così con tenerezza. Ed è un sentiero molto conosciuto da tutti gli andagnìn (gli abitanti di Andagna, nel mio dialetto), pulito e sempre ben tenuto.

E’ un viottolo che attraversa i bellissimi boschi di conifere e latifoglie della zona, all’inizio ampio e pianeggiante, adatto a topi adulti e topi piccini.

ortica

Il sentiero esordisce così, all’ombra delle fronde che sembrano già accogliere i visitatori con un abbraccio fatto di rami. E all’ombra, ben custoditi, ci sono ciuffi di Ortica e altre piante che non amano esporsi ai raggi solari diretti.

Già si nota la presenza massiccia dei Pini, anche il naso ne capta l’odore balsamico, un profumo di resina al quale non si può proprio restare indifferenti.

sentiero Andagna pini

E ora, in questa Primavera ancora agli esordi, i fiori sono piccoli, delicati, stropicciano i petali come le farfalle appena uscite dal bozzolo dispiegano le ali per la prima volta.

fiore primavera

Tra le foglie secche di una stagione ormai morente e i rami vecchi caduti, frantumati al suolo, ecco spuntare questi occhietti colorati di Madre Terra, che sembrano guardarci e chiederci di essere notati.

fiori

Come si fa a non dare loro la giusta attenzione? Dopo tanto Inverno, la Primavera fiorisce e si rimane estasiati dai suoi profumi e dalla freschezza della vita che sboccia di nuovo, in un ciclo ancora bambino.

fioriture primaverili

I rami pullulano di gemme, anch’esse tenere. Tutto parla di rinascita, in questo momento dell’anno.

Il sentiero, vi dicevo, inizia in piano. Da qui si nota anche l’abitato di Corte con il suo Santuario dedicato alla Madonna del Ciastreo e, se si urla verso le montagne, un’eco pulita e vivace ci risponde. Fenomeno che non si trova ovunque. Più avanti, invece, si alternano salite poco impegnative al falso piano, ma di sicuro non è ostico. E’ un giretto che si fa con piacere e in breve tempo, poco più di un’oretta andata e ritorno, se come me amate soffermarvi di tanto in tanto a rimirare il creato.

andagna sentier2

Ed è anche un sentiero che sa offrire scenari diversi, topi, altroché!

A tratti ci ritroviamo all’ombra, il cielo sembra lontano sotto la cupola arborea. In altri tratti, invece, l’azzurro della volta celeste, con i suoi affreschi cangianti di nuvole, lascia senza fiato.

macchia mediterranea

E poi ci sono i monti del Passo della Mezzaluna, onnipresenti con la loro imponenza. I suoi morbidi prati sembrano davvero a due passi da noi. In alcuni punti soleggiati ci si imbatte senza difficoltà alcuna nella macchia mediterranea tipicamente arbustiva e aromatica. Qui Timo e Ginepro la fan da padroni, abbarbicati sulla nuda roccia come sovrani timorosi di assedio.

E in questo bosco, ora fitto ora rado, c’è una gran varietà di piante. I Castagni impressionano per la loro stazza, spiccano letteralmente nella vegetazione costituita in prevalenza di esili Noccioli. Qualche grosso Faggio ricorda per la mole i cugini del vicino Bosco di Rezzo. Persino le Querce trovano spazio in questo variegato groviglio arboreo.

E poi c’è lui, il Pino Silvestre, la cui personalità apre letteralmente i polmoni. La sua presenza qui è massiccia.

andagna pini silvestri

Tutto il sentiero è costellato di panchine e sedili naturali improvvisati. E’ bello, infatti, restarsene qui ad ascoltare il canto degli uccelli, la pace che permea questi luoghi è paragonabile a quella che gli umani attribuiscono a certi santuari. Qui ci si sente in armonia con tutto quello che ci circonda, e allora viene il desiderio di fermarsi per assaporare quel momento, prima di proseguire nella camminata.

sentiero andagna panchina

Intanto Ghiandaie, Cince e Falchi si fanno sentire con i loro versi, e il silenzio del bosco è interrotto dal frusciare delle lucertole e dei ramarri, che scappano via spaventati al nostro passaggio. Se ne stanno al sole, anche se è ancora timido, a riscaldarsi come Natura comanda loro. La Ghiandaia, poi, è sempre così egocentrica (ovviamente parlo della mia amica/nemica Serpilla, non me ne vogliano tutte le altre Ghiandaie della Valle Argentina) da voler sempre lasciare una traccia di sé in bella vista, come a ricordarci che esiste anche lei e che, insomma, bisogna proprio notarla.

piuma ghiandaia

Oggi, per fortuna, sembra avere qualcun altro da tormentare con il suo insistente tciààà tciààà, per cui proseguiamo tranquilli in questo tripudio di fiori dai toni del giallo, del bianco e del rosa.

fiori bianchi

 

Nel bosco si intravedono anche diversi muretti a secco e qualche abbozzo di costruzione in pietra, un tempo queste zone erano frequentate e abitate, anche quelle che appaiono più impervie. C’è anche una vecchia fontana ormai in disuso.

vecchia fontana andagna

Ricordo la paura delle vipere di topo-zia. Qualcuna c’è. In fondo, stiamo parlando di natura incontaminata, ma come saprete fuggono via velocissime appena sentono muovere qualcosa. Passeggiavo sempre battendo un bastone al suolo e cantando canzoni a squarciagola.

Come ho detto, da qui, con un po’ di attenzione, si vede anche Corte, ma spingendo lo sguardo un po’ oltre, potremmo vedere anche il viso pallido di Rocca Barbone e il Saccarello.

Ma ora veniamo al motivo del soprannome che davo a questo luogo incantato quando ero topina e la mia cara topo-zia mi ci portava spesso…

farfalla

In questo momento dell’anno sono riuscita a vederne ben poche, ma a breve questo sentiero si riempirà di farfalle. Grandi, piccole, dai mille colori… tutte pronte a dar spettacolo con il loro sfarfallio! Una grande meraviglia, ve lo assicuro.

roccia sentiero andana

E che belle quelle pareti di roccia che di tanto in tanto strappano la tela del bosco! Alcune aguzze, altre più affilate, ci fanno sentire piccini.

Infine, ecco la meta di questo sentiero. Lo sterrato si conclude là, in quel varco magico creato apposta dalla vegetazione. E, una volta attraversato… vi assicuro resterete incantati.

sentiero Andagna3

Sì, perché si sbuca un po’ prima di Drego, e lì è facile che tiri una bella e piacevole arietta. Un vento che porta, ancora una volta, il profumo dei Pini che si fanno di nuovo assai presenti, e che a ogni istante ridisegna le nuvole. Col naso all’insù guardiamo i pascoli alti di Drego, Carmo dei Brocchi e Cima Donzella. Sono belli anche in questa stagione, con le gote ingiallite e bruciate dal freddo invernale.

drego andagna

Il sentiero, allora, si ricollega alla strada, la stessa che porta a Rezzo, ma prima ci lascia ancora rimirare un’altra fontana e quella perla di pietra che è la chiesetta di Santa Brigida alla quale gli andagnìn sono molto affezionati e della quale vi ho già parlato in un altro mio articolo.

chiesa santa brigida andagna

Restiamo un po’ qui a goderci la pace tra la Lavanda che deve sbocciare e il Biancospino ancora assonato e poi torniamo indietro, verso nuovi sentieri e altre avventure.

Uno squittio svolazzante per tutti voi, topi! A presto!

Larice, il principe dei miei monti

Ah, il Larice! Che albero meraviglioso!

Questa conifera (Larix decidua) appartiene alla famiglia delle Pinacee ed è un albero molto alto e a crescita veloce. Vive molto bene in alta montagna, sapete? Mette radici fino a 2000 metri di altitudine, con la sua chioma a cono. A differenza delle altre conifere, non è sempreverde, infatti in Inverno perde il fogliame… ma in Autunno tinge i miei boschi di colori mozzafiato, le tinte dell’oro più brillante che possiate immaginare.

 

E in primavera, invece, i suoi abiti sono color verde smeraldo nelle foglie fresche e tenere, e fucsia intenso e giallo nei suoi bellissimi fiori. In Estate, poi, sapete che fa? Dà da mangiare alle api trasudando quella che viene chiamata la “manna di Biançon”, grazie alla quale gli impollinatori producono un ottimo miele.

gemme di larice

Si trova in climi freddi e rigidi e ha bisogno di molta luce, come la sua amica Betulla, ma in molte zone della mia Valle cresce rigoglioso. Infatti, sebbene ci troviamo in Liguria e non di certo tra le foreste del Piemonte, della Val D’Aosta o del Trentino, Larice qui si trova a proprio agio. Per il suo timore nei confronti dell’umidità, cresce sulle cime delle mie amate Alpi Liguri, dove può essere sempre baciato dal suo amato sole.

larici primavera

Guardatelo e abbiate il coraggio di dirmi che non vi trasmette vigore, vitalità e rigenerazione! Eh sì, topi, Larice è proprio così, una forza della natura. Larice è così saggio che i suoi rami hanno dei punti di rottura ben precisi: in questo modo riesce a resistere alla tempeste più furiose, perché i rami si spezzano prima che l’albero venga danneggiato. Che meraviglia, che perfezione! Ma non è mica finita così, no no! Laddove i rami si sono spezzati, Larice fa spuntare nuove gemme a colmare il vuoto lasciato dai caduti nella battaglia contro gli elementi.

larici

Plinio il Vecchio già nel I secolo a.C. preparava l’unguento di Larice, che ricavava dalla resina ed è un rimedio per i reumatismi, la gotta e le infezioni della cute, ma anche per tutti quei disturbi legati all’apparato respiratorio di voi esseri umani. Pensate che la sua resina, senza abusi, può essere ingerita per stimolare i reni, o masticata per calmare la tosse e il mal di gola.

Se queste sue proprietà non vi bastassero, le terapie offerte dai suoi fiori aiutano chi soffre di sensi di inferiorità, di malinconia e a chi si scoraggia facilmente, stimolando la fiducia in se stessi. Con la sua forza, Larice insegna a superare i propri limiti, così come lui supera i suoi, crescendo anche nelle zone più impervie. E dovete sapere che era anticamente considerato l’albero in grado di unire la terra al cielo, in grado di decifrare anche il messaggio cosmico del “Così in alto e così in basso“.

Nel nord Europa e in tutte le zone alpine si credeva che Larice fosse abitato da creaturine benedette, spiritelli benevoli e di bell’aspetto amici degli esseri umani quanto degli animali. Questa credenza portò a realizzare incensi e talismani con il  legno del suo tronco, più resinoso e duro di quello dei cugini Abete e Pino. Noi del bosco, nelle tane, abbiamo tutti un rametto di Larice perchè sprigiona energia positiva e protettiva!

Da me si trova soprattutto in Alta Valle, ce ne sono di monumentali nella Foresta di Gerbonte, ma anche i dintorni di Realdo, Verdeggia, Triora, Colle d’Oggia e Colle Melosa lo ospitano volentieri.

foresta di gerbonte bosco di larici primavera

I boschi di Larice sono radi e luminosi e ospitano varie specie di uccelli tipiche dell’ambiente alpino, come la Cincia, il Picchio, il Crociere e il Gufo Reale. Sul Gerbonte sono stati impiantati dall’uomo per avere sempre a disposizione legname utile  e, pensate: un tronco di Larice della Foresta di Gerbonte regge ancora oggi il soffitto della Chiesa di San Giovanni Battista a Triora!

Larice è delicato nell’aspetto, raffinato ed elegante, e sembra più vicino alle latifoglie che alle conifere, complice il rinnovamento annuale delle foglie. Larice può anche cambiare la geometria della sua chioma, sapete? Di anno in anno può assumere forme differenti.

Per la gente di montagna è sempre stato un albero robusto, tanto che il suo legno veniva usato per le palificazioni e per la costruzione delle case, ma anche per le navi e le fondamenta di chiese e palazzi.

Insomma, topi, ne sapete un po’ di più su questo albero meraviglioso, abitante dei miei luoghi?

Io vi saluto e vi do appuntamento al mio prossimo squittio.

Un bacio balsamico dalla vostra Prunocciola.