Un gigante in città: il Ficus macrophylla

Topi, oggi vi faccio sentire piccoli. Anzi, no: minuscoli! Venite con me, vi porto a vedere dei giganti, dei colossi che si trovano sulla costa.

foglia ficus macrophylla

Lasciamo la mia Valle per inoltrarci in un ambiente cittadino, a Sanremo, per la precisione. Qui c’è un giardino importante, rinomato e conosciuto soprattutto nel secolo scorso, che oggi ospita specie di piante diversissime tra loro e provenienti da ogni parte del mondo: dal Giappone all’Australia, dalle zone temperate a quelle tropicali.

Sto parlando dei giardini di Villa Ormond che, tra le altre specie, ospitano i Ficus macrophylla, conosciuti anche come Ficus magnolioides, appartenenti alla famiglia delle Moraceae e originario della Baia di Moreton nell’Australia subtropicale.

Ficus Macrophylla

Nella Liguria di ponente ce ne sono diversi esemplari monumentali e centenari, piantati sul finire dell’Ottocento da studiosi, botanici e nobili provenienti dalle lontane Inghilterra e Russia che in questa lingua di terra bagnata dal mare avevano trovato il loro paradiso, apprezzandone in particolar modo la mitezza del clima e l’adattabilità del terreno.

ficus macrophylla sanremo

Questi benefattori e filantropi, perché di questo si è trattato in molto casi, hanno dato il loro tocco sofisticato e raffinato a certe zone della Liguria, come è accaduto a Ventimiglia nei Giardini Hanbury, a Bordighera nei giardini del Museo Bicknell e a Sanremo in quelli di Villa Ormond, ma potrei citarvene altri.

Ebbene, è proprio in questi ultimi che vi voglio portare.

ficus macrophylla sanremo2

Questi Ficus, come dicevo poco fa, hanno dimensioni degne dei dinosauri, un essere umano a loro confronto sembra uno gnomo, figurarsi una topina come me!

Belli da togliere il fiato, con le loro radici possenti, le chiome protese al cielo a formare un ombrello gigantesco sulle teste di chi vi si ritrova sotto.

villa ormond sanremo ficus macrophylla

E quelle chiome dai toni verde scuro sono un vero micro(mica tanto!)cosmo. Ospitano intere famiglie di uccelli, città di formiche, ragni e insetti d’ogni tipo, forse addirittura colonie di piccoli rettili, roditori e piccoli mammiferi. In questa stagione, i rami di questo “condominio vegetale” diventano il luogo di ritrovo di colombi e tortore, che tubano e si scambiano effusioni per dare vita a un nuovo ciclo e mettere al mondo i loro piccolini.

ficus macrophylla sanremo4

Alzando il muso all’insù, pare quasi di dover vedere una scimmia, un’iguana o un pappagallo da un momento all’altro, talmente esotico è l’aspetto di questa pianta meravigliosa.

Le radici sono lunghe, profonde, disegnano sul terreno il moto strisciante di serpenti, quando sono ancora piccole.

radici

Le più grandi, invece, appaiono come gigantesche anaconde che raggiungono quasi il metro di altezza da terra. Mi ricordano, per certi aspetti, la figura mitologica del basilisco.

ficus macrophylla radici3

La corteccia pare pelle d’elefante. E poi quel tronco, rugoso e di un marrone tendente al grigio, è quasi liscio al tatto e forma cunei, anse, colonne… un tempio di legno che non saprei con quali altre parole definire.

Dai rami pendono grovigli intricati di liane, tutte abbracciate le une alle altre, e sono proprio quelle a rappresentare una caratteristica assai curiosa del Ficus.

ficus macrophylla rami e radici

La pianta, infatti, per poter sostenere le proprie dimensioni non indifferenti, ha bisogno di reggere il peso dei propri rami con delle vere e proprie colonne lignee. Ed ecco che allora lascia spuntare queste liane e le fa tuffare giù, fino a che tocchino il suolo. Col tempo, queste appendici si ispessiranno a tal punto da costituire a loro volta dei tronchi di supporto, come colonne e contrafforti di una vera cattedrale.

Ficus macrophylla radici

Per le sue dimensioni e la sua incredibile forza, il Ficus può creare danni considerevoli all’edilizia e alle tubature dell’ambiente urbano. Ha bisogno di molta acqua, poiché ha memoria dei suoi luoghi d’origine, le foreste pluviali, e talvolta finisce per spaccare le tubature. Tuttavia la sua bellezza senza eguali orna giardini, incanta gli adulti e offre divertimento ai bambini, che possono arrampicarsi e nascondersi quasi in completa sicurezza.

ficus

Insomma, topi, se capitate dalle parti della costa, non  fateveli scappare e correte a visitare questi giganti antichi dall’energia prorompente, sono lì da tanto tempo e sicuramente sapranno raccontare qualcosa alla vostra anima, storie di linfa e corteccia, di terra e di cielo.

Un gigantesco bacio a tutti!

Monsieur Papavero

E quest’estate dobbiamo in un modo o nell’altro rappresentarla. Dite che posso usare l’aggettivo affascinante per lui? Io direi proprio di sì.b_papaveri

Quel rosso che rapisce lo sguardo, quel suo volteggiare leggero alla minima brezza. Così esile, sottile, delicato eppure così forte, spesso spocchioso, spesso vanitoso. I suoi petali, se non fosse per la tinta che hanno parrebbero SONY DSCcarta velina nata solo per potersi lacerare con estrema facilità.

Ed è così in effetti ma non sono i petali. Quei quattro leggeri petali a definire lui, il Papavero. Papaver rhoeas, per la precisione. Papavero selvatico.

Sono tante le sue specie ma questa è senz’altro la più comune e la più conosciuta. Quella dei campi in cui balla con le spighe avete presente? Quella dei dipinti protagonista in quadri di Monet, Andreassen, Van Gogh, avete presente? Quella che appare quando giunge l’estate e dopo i freddi mesi dell’inverno ci fa sorridere, ciSONY DSC annuncia il bel tempo, avete presente? Lei. Anzi lui. Monsieur Papavero amici, colui che sa di potersi dare un po’ di arie. Colui che è convinto d’esser il più bello del prato.

Che convive con le Margherite, la Piantaggine, i Girasoli SONY DSCcampestri. E come loro ama il caldo, il sole e si fa baciare da esso. E per farlo, cresce, cerca di spiccare sopra tutti gli altri; pensate, può superare tranquillamente i 50 cm d’altezza con quel suo fustarello sottile quanto un capello e ricoperto da peletti dritti e irsuti pronti a proteggerlo. Loro sono la sua forza, la sua salvezza. Un fustarello che tiene su con maestria un’intera corolla ricca, al suo interno, di semini piccolissimi e neri racchiusi in una sacchetta, chiamata capsula. Sopra di essa vi è, come disegnato, un asterisco, e da bambina giocavo a farmi con lui i timbrini sulle mani.

Il Papavero è originario dell’Europa, dell’Africa del Nord e delle zone asiatiche a clima temperato. Nel nostro Paese è una pianta molto comune ed è praticamente presente in tutte le regioni e ovunque, nei campi, dando spesso anche molto fastidio ai contadini, nei terreni incolti, intorno alle case.

Anche lui, come tutti i suoi simili, SONY DSCgode di nomine, proprietà e significati. In Italia ad esempio, il Papavero, ha il significato della pigrizia, dell’ozio, del non aver voglia di fare nulla (non a caso, in questo periodo me ne è nato uno in un vaso…. bah, chissà come mai!) ma, nel resto del mondo, assume significati anche diversi. Nel mondo anglosassone, ad esempio, esso è il fiore che tradizionalmente viene utilizzato per ricordare le vittime della Seconda Guerra Mondiale mentre, precisamente in Inghilterra, la tradizione vuole che l’11 novembre, l’Armistice Day o appunto Poppy Day – giorno del Papavero -, gli uomini portino all’occhiello un Papavero rosso. Rosso, come il sangue delle vittime, come la passione che hanno trasmesso nella loro volontà. In Oriente invece, è sinonimo di stravaganza, del saper osare. L’essere artisti.

Il Papavero è una pianta commestibile; i germogli più giovani infatti possono essere serviti sia crudi, come insalata, oppure essere utilizzati come ingredienti di frittate, minestre e risotti. Al Papavero non vengono generalmente attribuite grandi proprietà fototerapiche ma è nota la sua capacità sedativa data prevalentemente dall’oppio che è proprio di una particolare specie di Papavero, il Papaver somniferum. Esso, è uno stupefacente contenuto nelle capsule del fiore e lo si raccoglie dalla trasudazione di queste. Ha un odore dolciastro ma un gusto amaro, con proprietà analgesiche, antidolorifiche e sedative usato tanto in Occidente come in Oriente anche per riti e tradizioni. Più tipici sono invece gli usi del nostro Papavero, comuni, mirati al sedare tosse, insonnia e dolori inerenti ai denti. Riesce però a calmare anche le infezioni e le infiammazioni: quelle della gotta, del fuoco di Sant’Antonio, dell’herpès, e molte altre, con il suo uso, si decongestionano. Mi raccomando però, se non siete esperti, chiedete sempre a chi ne sa più di voi.

Un fiore spettacolare, un rubino nei campi. E’ sempre bello parlare di lui. La sua bellezza è abbagliante, associata a tutto ciò che lo circonda. Vi mando un bacio e vi lascio alle immagini di questo bellissimo fiore.

Buon week end topini.

M.

Le Sterlizie di Arma

Questa meraviglia è la Strelizia o Sterlizia (in SONY DSCrealtà il suo vero nome è Strelitzia Aiton) ma ognuno la chiama un po’ come vuole e va sempre bene.

E’ originaria dell’Africa e dei paesi tropicali ma, ad oggi, ha la capacità di nascere e crescere veramente ovunque. SONY DSCNe ho visto tante in giro nella mia Valle e quelle che vi propongo in questo articolo appartengono al paese di Arma di Taggia. Ce ne sono molte nelle aiuole e nei giardini della città, questo perchè si adatta bene a diverse situazioni e spesso viene poco considerata reputata quasi banale.

In realtà Strelizia, come piace chiamarla a me, è un fiore bellissimo. Guardatela… mi ricorda un’Upupa, o un meraviglioso e presuntuoso Galletto. Con la sua cresta arancione e il becco blu. Come fa, quel petalo, a saper di dover nascere blu e non come gli altri secondo voi?SONY DSC E di un bel blu acceso per giunta! E, a contenerlo, il calice verde dai bordi rossi, un calice allungato.

Qui da noi, in Liguria, è reputato così gradevole da essere un fiore venduto in parecchie occasioni. Ne abbiamo una grande esportazione soprattutto reciso e decorativo per grossi mazzi. Ma questo fiore non è utile solo alSONY DSC commercio, la sua bellezza, l’ha portato sino a noi, e precisamente nei Giardini Hembury, di Ventimiglia, la prima volta in Italia, e fu subito amato e apprezzato da stilisti e pittori che iniziarono a rendergli omaggio su tele colorate.

Famoso, ad esempio, è il quadro di Man Ray intitolato “L’incompreso”.

Questo fiore, simile alla cresta di un uccello, in Inghilterra viene appunto chiamato “Uccello del Paradiso” o “Lingua di Uccello”. Si dice che abbiastre questa forma (non originale come la Strelizia nata in Africa) grazie ai coltivatori che la trasformarono un po’ geneticamente in onore della Regina Carlotta Sofia Mecklemburgh-Strelitz, consorte proprio di Re Giorgio III d’Inghilterra.

Ancora oggi, questa meraviglia, grazie al suo splendore e il suo carattere decorativo e imponente, è il simbolo di nobiltà e di maestosità. E a decorare ci pensa davvero. Ne basta un solo esemplare per vivacizzare e rendere importante un vaso.

Le chiese, le cerimonie, le stanze…. Elegante, fascinosa, superba. Questo capolavoro della natura, è considerata così pregiata tanto che, presso alcune tribù del Sud Africa, viene usata solo per adornare la capanna del Capo Tribù o dello Stregone. Le sue foglie, coriacee e resistenti, possono prestarsi anche per la realizzazione di incredibili strutture e decorazioni proprio in onore della persona più importante del villaggio.

Essa non ha un vero e proprio uso in campo cosmetico o officinale come le altre piante che vi ho descritto ma, con la tinta arancio dei suoi petali si possono disegnare bellissime immagini che sembrano acquerelli. Un fiore spesso sottovalutato, non apprezzato come si dovrebbe. Ed è per questo che ho voluto regalargli un post, perchè mi piace tantissimo. Per fortuna Arma ne presenta parecchi.

Un bacio topini alla prossima!

M.