I talenti sconosciuti del glorioso Scarabeo Stercorario

Eh. I talenti sconosciuti, e affascinanti aggiungerei, dello Scarabeo Stercorario non sono certo rivolti solo a quello al quale tutti state pensando. Chi conosce questo simpatico insetto ha già capito che sto parlando di uno Scarabeo che ha l’abitudine di creare palline di… cacca… con la quale si costruisce la tana.

Va in giro, in lungo e in largo per tutta la Valle, facendo rotolare questi escrementi tondi al fine di assicurarsi cibo e proteggere le proprie uova. Non per niente, da noi, viene chiamato Rebattabuse cioè rotola cacche.

Ma, come vi dicevo, non è di questa sua bizzarra abitudine che intendo parlare.

Andiamo con ordine, una cosa per volta. Innanzi tutto dobbiamo sapere che, il suo vero nome è Jacopus Sampietrus che sa un po’ di paradiso. In realtà con il paradiso c’entra poco ma ha a che fare con il cielo sicuramente.

Ebbene sì amici Topi, infatti, dovete sapere che questo simpatico e tondo animaletto, nero dai riflessi blu, si orienta attraverso la luce della Via Lattea per tornare alla sua tana. Ci pensate? E’ la nostra galassia! E’ così fissato e concentrato a seguire questa direzione che se per caso si trova un ostacolo davanti cerca qualsiasi sistema per scavalcarlo senza dover cambiare strada.

Tutto questo, e molto di più, ve lo avevo già spiegato qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2018/08/27/la-via-lattea-nella-valle-argentina/ quando vi feci conoscere uno dei miei migliori amici del bosco. Il mio caro e pessimista Metuccu [diminutivo di Metuccuecuje (Mitoccoleballe) nel senso figurativo del “speriamo vada tutto bene”] visto il suo essere molto disfattista.

Di Scarabei come lui la Valle Argentina ne è piena, vivono ovunque sulle mie montagne, ma Metuccu è sicuramente quello al quale voglio più bene. E poi è simpaticissimo! E’ anche un po’ orbo, ma solo lui perché i suoi simili ci vedono benissimo, e spesso confonde tutto quello che vede di rotondo per una pallottola di escrementi come gli succede con le castagne!

Sembra un esserino qualunque ma invece vanta un noto significato simbolico fin dal suo passato più remoto. Già in antichità, infatti, lo Scarabeo Stercorario era conosciuto come protettore dal male ed emblema della luce divina nonché portatore di denaro, oro. Un oro che brilla come il sole.

Senza tener conto dello Scarabeo sacer, anche lui Stercorario, venerato persino da tutto il popolo egizio.

Il nostro Rebattabuse sembra una piccola creatura innocua e quasi insignificante, invece dovete sapere che quando ci si mette sfodera un carattere e una personalità invidiabili e gloriosi.

Esopo racconta una leggenda che vede come protagonista un’Aquila, Regina degli animali, e uno Stercorario. Ebbene, in questa leggenda, lo Scarabeo prega l’Aquila di non uccidere una Lepre ma il rapace, senza neanche ascoltarlo, cattura e divora il povero animale. Per vendetta, lo Scarabeo, sale sul nido dell’Aquila e le rompe sei uova. A quel punto, il grosso uccello disperato, vola piangendo da Zeus con le ultime due uova che le erano rimaste intatte e chiede al Dio di proteggerle. Ma lo Stercorario, senza farsi intimidire nemmeno dal Capo dell’Olimpo, scagliò negli occhi di Zeus una grossa palla di sterco che accecò momentaneamente il Sovrano degli Dei. Quest’ultimo, colto di sorpresa, aprì le mani per pulirsi e fece cadere le due uova dell’Aquila che si frantumarono in mille pezzi. Sentendosi in parte responsabile, il Dio provò qualsiasi strategia per creare di nuovo la pace tra l’insetto e l’uccello ma, non riuscendoci, dovette per forza trovare una nuova soluzione e cioè quella di far deporre le uova all’Aquila in un periodo dell’anno in cui di Scarabei, in giro, non ce ne sono.

Avete capito Topi che tipetto? Non si lascia certo mettere i piedi in testa.

E’ piccolo, non supera i 25 mm ma è un genitore adorabile.

Sotto terra, papà Scarabeo costruisce un tunnel che può essere lungo anche mezzo metro dal quale mamma Scarabeo fa partire diverse ramificazioni, di venti centimetri circa, che ultimano tutte in camere aperte totalmente dentro agli escrementi. In questo modo, al dischiudersi delle uova, i figli avranno cibo a sufficienza per nutrirsi e saranno protetti da tutto.

Dovranno stare lì dentro per parecchio tempo perché, un Rebattabuse, prima di uscire sulla superficie terrestre impiega ben due anni per formarsi del tutto ed essere pronto alla nuova avventura chiamata “vita”.

Non è scaltro, non ha il senso della risoluzione del problema e pare essere anche poco intelligente (secondo la scienza) ma la sua natura resta un mistero affascinante per qualsiasi studioso.

Cosa ne dite Topi? Vi piace ora che lo avete conosciuto meglio? E non è tutto! Ho da dire ancora molte cose su di lui ma lo farò in altri post, ogni volta che vi presenterò Metuccu.

Per il momento quindi vi saluto e vi lascio qui a fare amicizia con lui.

Un bacio galattico e glorioso a voi!

Il Corvo Imperiale – sentinella intelligente

Un giorno mi trovavo in zone impervie della Valle Argentina. Passeggiavo quasi in mezzo alla nebbia che di tanto in tanto lasciava spazio a un sole tiepido che carezzava col suol calore il mio pelo. Me ne stavo lì a rimirare lo spettacolo di Madre Natura quando all’improvviso vidi un gran numero di Corvi Imperiali attraversare il cielo sopra la mia testa.

Di Corvi ne ho visti, nella mia vita di topina, ma così tanti e tutti assieme, per giunta, era una gran novità! Assieme a loro c’erano persino diversi Gracchi Alpini!

Mentre quei corvi gracchiavano dall’alto, io producevo una raffica di clic con la mia macchina fotografica per immortalare il momento imperdibile, quando da lontano mi giunse una voce a me conosciuta: «Plotoneeee aaaaalt!»

Odoben Malcisento urlava come un ossesso, il suo ululato riecheggiava da un monte all’altro e io attesi che il suo muso comparisse da dietro la collina sulla quale ero appostata, poi lo salutai: «Odoben! Odoben!» lo chiamai, sbracciandomi.

«Maiben? Maiben, dici?! Con tutto il fracasso che stanno facendo, non resterà manco un camoscio da mettere sotto i denti!» mi rispose irritato, fraintendendo le mie parole (“maiben” dalle mie parti ha un significato simile a “che bellezza”, “quanto bene!”).

«Ma no! Stavo solo chiamando il suo nome, Odoben. Ha visto quanti?»

Avvicinatosi a me, aveva finalmente compreso di aver udito male, ma non si scompose a chiedere scusa: Odoben è un generale, e come tale esige sempre rispetto. Non tardò a ricordarmelo: «Dimentichiamo sempre le buone maniere, vedo!» mi redarguì con sguardo tagliente.

Mi tirai una zampata in fronte, urlando: «Mi perdoni, Generale!».

«Così va meglio» disse, poi si rivolse al branco di giovani lupi suoi sottoposti: «Che fate lì con la lingua penzolante? Non siete mica dei cani! Voglio fierezza nel portamento, razza di smidollati! E non statevene lì a bocca asciutta, andate a cercare quei cornuti scala-rocce, non vorrete mica tornare alla tana coi crampi allo stomaco, dico bene? Non perdete tempo! Serrate i ranghi! Tornate vittoriosi, altrimenti ve la vedrete col vostro Generale!» ringhiò.

«Signorsìssignore!» risposero in coro, e si apprestarono a eseguire gli ordini mentre Odoben intonava: «Un-due! Un-due! Un-due!».

Quando i giovani lupi scomparvero alla vista, si rivolse infine a me: «Che hai da guardare, ricotta munita d’orecchie?»

Soffocai una risata per il suo artistico appellativo e dissi: «Mi chiedevo… Generale Malcisento… mi chiedevo se potesse darmi qualche notizia sul Corvo Imperiale, lei che sa tutto degli animali del cielo e della terra che popolano queste zone, signore.»

«Sul Corvo Imperiale? Ah, quello è proprio un gran vecchio volpone! Non s’è mai visto animale più furbo di lui… a parte il lupo, beninteso!»

«Ah, davvero?» dissi per spronarlo a proseguire nel suo racconto.

«Puoi esserne certa, mezza cartuccia vestita da topo! Se il lupo è uno stratega, il corvo è un grandissimo osservatore e studioso… e la sua intelligenza, unita allo studio meticoloso di quello che lo circonda, lo rende un anticipatore delle mosse del nemico, ma non solo! A volte sembra che conosca il futuro, talmente bravo è diventato a studiare la realtà.»

«Generale, vuole dirmi che sa prevedere anche le vostre mosse?»

L’anziano lupo sogghignò: «Ah, quel vecchio furbacchione… sa tutto, vede tutto! Manco fosse il demonio fatto uccello! Tante volte dall’alto del suo volo vede una carcassa… l’animale può essere morto per un incidente, per vecchiaia o per altri motivi, ma quando il corvo lo trova, viene a cercare noi lupi. Qualche volta, se non trova noi, si rivolge alle volpi… e coi suoi forti richiami ci attira fino al luogo in cui giace inerme il corpo dell’animale. Allora il corvo attende.»

Il Generale fece una pausa a effetto: gli piaceva raccontare storie come quella e saggiare l’attenzione dei suoi ascoltatori, e io l’accontentai: «Cosa attende, Generale?»

«Attende che noi lupi diamo inizio alle danze, sventrando la bestiola, cosicché anche lui possa cenare attingendo alle parti molli e nutrienti dell’animale… ma lascia fare il lavoro sporco a noi, mica scemo!»

«E voi glielo lasciate fare? Gli lasciate mangiare quella carcassa?»

«Certo che sì, razza di stracchino coi baffi! E’ la legge del bosco, ci si aiuta a vicenda! Il corvo fa un favore a noi, e noi lo ricambiamo.»

«Davvero interessante, Generale Odoben Malcisento, molto interessante!»

«Ma non ti ho ancora detto tutto. Tutti credono che il corvo sia in grado di emettere solo suoni striduli e gracchianti… in verità qualcuno nel bosco dice di averlo sentito cantare con voce melodiosa. Pare lo faccia solo quando sa di non essere osservato.»

«Veramente? Chi è stato a raccontarglielo?»

«Quel ficcanaso, beccolungo e trapana-timpani del picchio, chi altri, sennò? Ma sai, non penso abbia detto una bugia: in fondo il corvo è in grado di imitare il canto e i richiami di molti uccelli, spesso impara anche parole del linguaggio umano. Lo fa per allontanare e ingannare possibili rivali, oppure per attirarli in una trappola e affrontarli impreparati. Astuto, lui!»

«Generale Odoben, lei è sempre una garanzia!»

«Arriva la fanteria?!»

«No! Ho detto lei-è-sempre-una-garanzia!»

«Ah! Potrei stare qui a raccontarti del corvo all’infinito! Per la sua intelligenza e il saper anticipare gli eventi, viene considerato un profeta con dono della preveggenza. E’ stato grazie all’osservazione del volo dei corvi che gli umani hanno scelto i luoghi in cui far sorgere antiche città, tale era l’importanza di questo uccello. E’ da sempre considerato un messaggero del cielo, il che nel mondo umano è sempre stato interpretato come tramite tra il divino e il terreno. Che dire, poi, delle sue piume nere? Paiono uscite dall’oscurità più cupa della notte, dall’assenza di luce, ma in verità non è un animale così oscuro come sembra. Ho sentito molti cacciatori chiamarlo “uccellaccio del malaugurio” per il fatto che si nutra di carcasse… ma in fondo, dico io, quale animale non si nutre di morte? Lo facciamo tutti, dico bene?»

Trovai quella riflessione assai profonda e non riuscii a proferire parola per qualche interminabile secondo. Non potevo che dare ragione a Odoben.

«E’ un ciclo, sorcina. Un ciclo infinito, dove il confine tra la vita e il suo opposto è assai labile. Qualcuno muore per consentire ad altri la vita, e quella stessa vita verrà restituita a qualcun altro a tempo debito. Non c’è nessun malaugurio in tutto questo, ma solo pura, semplice sopravvivenza.»

«Ha ragione, Generale Odoben. Ha ragione» conclusi.

Restammo ancora lì a guardare insieme lo spettacolo di Corvi Imperiali che volteggiavano sulle nostre teste, mente Odoben riposava le zampe stanche e io scattavo foto a più non posso.

E ora vi saluto, topi miei. Vado a scrivere un altro, gracchiante articolo per voi!

 

 

Il Rovo – l’Intelligenza del Bosco

Questa pianta, che noi crediamo essere infestante e antipatica perchè piena di spine e perchè impenetrabile, è in realtà colei che ridà al terreno un nuovo DNA.

Mi spiego meglio. Vi siete mai chiesti perchè, in un terreno incolto, dopo un po’ nasce o sopraggiunge sempre un roveto? Ci sarà pure una spiegazione! Il rovo, pianta robusta e perenne, difende il terreno su cui mette radici meglio di qualsiasi altra pianta. È forte, ha le spine, e come una madre difende i cuccioli che stanno per crescere. Quel terreno che non ha più la sua intelligenza, il suo giusto bilanciamento per formare un habitat perfetto, viene riorganizzato dal rovo. Ecco perchè si dice che questa pianta ridoni intelligenza al bosco. Anche quando un terreno è ricco di piante, il rovo avrà sempre il suo bel da fare. Tuttavia il suo scopo non è solo quello di proteggere, ma anche difendere. Nascerà, infatti, tutt’intorno alla vegetazione boschiva come le mura di una vecchia città. È difficile trovare un roveto nel centro di una fitta foresta, per esempio, a meno che in quel punto, molto prima, non ci sia stata una rottura della perfezione di quel macromondo. Se poi pensiamo ai bellissimi fiorellini bianchi che il rovo ci regala in primavera e ai frutti, buonissimi, che ci dona d’estate, questa pianta ci risulta ancora più simpatica. E ditemi: avete mai visto un fiore soffocare sotto il roveto? Mai! Il rovo non uccide i suoi simili aggrovigliandosi sopra senza lasciare loro spazio. Il rovo li protegge soltanto. Per noi rappresenta un pericolo e un impiccio, ma non per le altre piantine che, anzi, proprio grazie a lui, possono tornare a rinascere indisturbate.

Impariamo quindi ad apprezzare anche lui, perché sta svolgendo un ruolo molto importante e faticoso. Spesso deve innalzarsi tantissimo, a dismisura, pur di riuscire ad arginare tutto ciò che lui reputa in pericolo o ritiene  vergine, da doversi ancora formare. Sì, vi sembrerà strano, ma è proprio grazie al rovo che esistono le piante che ci circondano, che ci aiutano, che ci danno ossigeno.

Un abbraccio pungente,

la vostra Pigmy.

M.