Fatine e sorprese verso Lago Degno

So che uno di voi, un umano, un giorno disse “Non è importante la meta ma il viaggio”. Mi sembra si chiamasse Paulo Coelho e, a mio avviso, aveva proprio ragione. Per affermare ciò che ha detto dev’essere, per forza di cose, passato nella mia Valle perché molte volte, io per prima, nel mio girovagare di bosco in bosco per la Valle Argentina, sono rimasta affascinata da luoghi meravigliosi e incredibili quando la mia destinazione era completamente un’altra.

Oggi, topi, voglio portarvi con me proprio in una di queste zone magiche che ho vissuto pienamente mentre mi stavo recando verso il Lago Degno, un lago rinomato e amato dai miei convallesi e da molti turisti.

Inizio a percorrere il sentiero, sopra Molini, che mi porta tra alberi e arbusti di un bel verde acceso. L’atmosfera si fa immediatamente surreale; ci sono abituata, vivendo la natura come un animaletto, ma in quel momento mi sembrava di percepire davvero energie particolari attorno a me.

Saranno stati quel morbido muschio sulle rocce, quelle fronde che si muovevano leggere, quell’ombra fresca, quei tronchi nodosi e scavati e, quelle percezioni, avevano tutta l’aria di essere belle e serene.

Era proprio come se ci fossero delle fate che, nonostante la loro vivacità e le loro tante cose da fare, stavano ad aspettare l’arrivo di qualche anima sensibile che con esse poteva connettersi. Insomma, si percepiva la loro presenza!

In quel momento, mi sono resa conto che null’altro mi sarebbe servito. L’appagamento era totale. Avevo tutto ciò di cui avevo bisogno pur non avendo neppure una ghianda! Avevo Madre Terra, pulsante, vicina a me, avevo la meraviglia delle piccole cose, la pienezza del creato e niente poteva essere più grande.

Molte persone giungono in questo punto volendo a tutti i costi raggiungere la meta prefissata, ma, qui accanto a questo torrente – il Rio Grognardo – a quest’acqua limpida e fresca, a questi massi, a questi rami incorniciati di bellezza, non si può chiedere di più.

Il verde di questo posto è abbagliante, soprattutto in determinate stagioni. Riempie la vista e l’acqua che scorre sotto di esso riflette sagome luminescenti sulle rocce, accompagnando i pensieri con il suo scrosciare. Tutto è pieno di vita, una vita che trabocca da ogni dove.

Ogni tanto il canto di un uccello, persino assai strano, si alterna al ronzio di qualche insetto, ma a prevalere sono i silenziosissimi battiti d’ali delle farfalle. A milioni. Di ogni colore, di ogni forma e grandezza. Riempiono gli occhi e la pace del cuore è assoluta.

Anche i raggi del sole giocano a un andirivieni che incuriosisce e mi chiedo come possa essere tutto così perfetto, come in una splendida orchestra, proprio dove la perfezione non serve e non è richiesta.

Il mio pelo vibra come i fili d’erba accanto. Tutto vibra: il cuore, il respiro, le ciglia. Anche lo strato più superficiale del torrente vibra, creando delle mezzelune tremolanti che incorniciano gli scogli.

E’ la meraviglia. E’ la voglia di vita. Un ponte leggero porta con l’immaginazione a luoghi lontani e sperduti. Alberi fiabeschi sono ricoperti da un muschio che parla di Celti, di gnomi e folletti, che li nasconde e gli fa da moquette. Quei minuscoli fiori rosa sono in realtà così grandi, per me e per loro, da sembrare delle grandi e secolari sequoie colorate.

Il sottobosco è da ammirare, cela una vita tutta sua, un mondo in miniatura dove piccoli esseri tinti annusano, zampettano, si rotolano. Non si è soli. Quell’essenza abbraccia, culla, mi fa sua.

Si diventa parte di lei, una parte così fondamentale dalla quale si percepisce quanto si possa essere un tutt’uno con il pianeta, quanto bisogno si abbia di tutto questo e quanto lui abbia bisogno di te. Qualsiasi essere tu sia.

La miglior medicina per tutti i mali, una panacea, qualora se ne avesse bisogno. E se ne ha sempre bisogno.

E allora, volevo dirvelo. Volevo dirvi che quel giorno non ho raggiunto il Lago Degno – anche perché al momento è ancora vietato l’accesso nell’area – ma ho raggiunto tutt’altro. La bellezza del mio mondo. La natura più vera. La pienezza totale. Consiglio anche a voi di passare qualche minuto del vostro tempo, seduti su una di queste pietre, ad assaporare quello che vi circonda. Il suo potere vi accompagnerà per molti giorni dopo.

Parola di Topina! Squit!

Il Ponte di Mauta

Che meraviglia, topi miei!

Qui nella mia Valle ci sono tantissimi ponti, sono antichi, veri e propri monumenti storici che resistono con tenacia allo scorrere del tempo, e spesso ve ne ho parlato.

Oggi voglio farvi conoscere meglio il Ponte di Mauta, proprio sotto quello gigantesco e colossale di Loreto.

ponte di mauta triora loreto

E’ romanico e il suo arco è lungo ben sedici metri. Sopra di esso svetta il capolavoro di architettura moderna che dal 1960 è divenuto uno dei simboli della Valle Argentina. Prima del ponte di Loreto, a essere usato era quello di Mauta, immerso nel bosco e invaso da rampicanti che lo incorniciano tutto, come fosse un quadretto. Sotto di lui scorre in gole profonde il torrente Argentina. Non si può descrivere la bellezza di questo luogo, il cuore palpita dall’emozione guardando in giù, affacciandosi dal basso parapetto per raggiungere con lo sguardo l’acqua scura che scende impetuosa a valle, con innumerevoli giochi d’acqua, curve e sfumature. L’Argentina pare contorcersi, è facile rassomigliarlo a un serpente che striscia via, lontano. La natura rigogliosa pare voler proteggere il ponte e il corso d’acqua, li abbraccia, impedendo di godere appieno della loro vista.

torrente argentina forra grognardo ponte mauta

Un tempo era temuto, questo luogo. Il bosco era ritenuto la dimora di creature malvagie, demoni e streghe. Qui la vegetazione si faceva – e si fa – più fitta e quel torrente scuro per via della luce del sole che fatica a sfiorarlo divenne con facilità il luogo prediletto per le congreghe delle bàzue. Più in basso del ponte di Mauta, dove l’Argentina si incontra con il Rio Grognardo, si forma una conca d’acqua celebre e conosciuta come Lago Degno. Ve ne ho già parlato altre volte, per cui non mi soffermerò a farlo ancora.

E’ un luogo suggestivo, uno dei più belli della mia Valle, non esagero! In questa stagione, poi, credo dia il meglio di sé in quanto a colori.

Qui convergono le mulattiere del Langan, in un antico sentiero che permette di raggiungere addirittura le Cime di Marta e il Monte Gerbonte. Fino agli anni Sessanta del Novecento – non molto tempo fa, quindi – il Ponte di Mauta rappresentava l’unico collegamento con Cetta e passaggio per raggiungere la vicina Val Nervia e la Francia. Sono percorsi ancora oggi praticabili, di cui il ponte è un crocevia. Risalendo il sentiero poco prima di esso, si può giungere a Loreto, tornare a Triora, oppure andare avanti per Creppo, Bregalla, Realdo e Verdeggia. Proseguendo, invece, si giunge a Cetta oppure a Molini di Triora.

Un ponte importante, insomma, anche se oggi è stato quasi dimenticato per il suo cugino più moderno. Eccolo qua, il contrasto tra i due: il parapetto di pietra del vecchio confrontato col cemento in lontananza del nuovo. Che strano effetto fa, non trovate?

ponte di mauta e ponte di loreto

Il Ponte di Mauta è conosciuto, invece, da chi pratica canyoning nei torrenti della Riviera dei Fiori, uno sport che consiste nella discesa a piedi di corsi d’acqua che scorrono in gole strette e modellate nella roccia, formando cascate. Da Loreto, infatti, un cartello  esplicativo sulla Forra Grognardo riporta tutte le regole e le caratteristiche del percorso torrentistico, segno della grande frequentazione del luogo da parte di appassionati.

Nei pressi del ponte è stata posta una lapide a ricordo di un giovane che qui perse la vita per via di una caduta accidentale che gli fu fatale. Per la precisione, su di essa si legge:

A Roberto Moraldo di anni 17 da caduta mortale decedeva il 14.09.1927. I genitori e parenti inconsolabili posero.

lapide ponte di mauta

Eh, topi, bisogna fare attenzione alle pendenze di questa zona, purtroppo. Lo strapiombo è notevole, non lo si può negare, intimorisce per la sua profondità. Un tempo non era sicuramente difficile che questi incidenti accadessero, ma oggi, per fortuna, sono facilmente evitabili e, con la giusta prudenza, possiamo godere del panorama mozzafiato che questo angolo di Valle Argentina offre ai nostri occhi.

Vi mando un vertiginoso saluto!

La vostra Pigmy.

 

Stregati dal sentiero

Questa Primavera è davvero pazzerella con il suo tempo instabile, ma niente può fermare la vostra Pigmy dal percorrere sentieri in lungo e in largo per la Valle.

E allora un sabato di questi decido di inoltrarmi su un percorso intitolato da molti alle streghe, proprio perché attraversa alcuni dei luoghi che si credevano frequentati dalle nostre ormai celebri bàzue.

Con lo zaino in spalla e topoamico a fianco a me, mi addentro nell’abitato di Molini di Triora, passando accanto alla bottega stregata di Angela Maria e salendo su per i carruggi. Il pavimento lastricato si fa sterrato nei pressi del camposanto, e si continua a salire la stradina tortuosa, una mulattiera che conduce fino a Triora.

sentiero molini di triora

Durante la salita non possiamo impedirci di fermarci a godere della vista. L’abitato di Molini è sempre più piccolo, sembra un presepe sotto le nostre zampe. Sopra di esso, svettano i monti che fanno da cornice al Passo della Mezzaluna, antico luogo di culto delle popolazioni liguri nonché importante per i pascoli alti in cui i pastori trascorrevano – e trascorrono ancora – i mesi più caldi con il bestiame. Si distinguono molto bene anche i borghi di Andagna e Corte, che formano un triangolo con il più basso Molini.

Molini - Corte - Andagna

Intorno a noi è un tripudio colorato e profumato di fiori, la natura è rinata, finalmente! Fiori candidi spandono per l’aria la loro dolce fragranza, mescolandosi a quella dei meli selvatici, dei ciliegi e dei rovi. L’erba è alta e di un verde brillante, le timide lucertole fuggono via veloci al nostro passaggio. E poi le farfalle! Ce ne sono tantissime e dalle ali variopinte, accarezzano i fiori con la loro tipica eleganza e poi volteggiano via, alla ricerca di nuovo oro da poter gustare. Le api sono così operose e impegnate da non badare alla nostra presenza, ronzano allegre, affaccendate, tuffandosi in tutto quel ben di Dio fiorito fatto di tarassaci, pratoline, trifogli e nontiscordardimé.

Continuiamo a salire col profumo nelle narici, godendo della vista dei borghi vicini di Corte e Andagna. Ogni tanto qualche gocciolina di pioggia ci cade sul muso, come rugiada, ma noi non ci lasciamo intimorire dalla sua bugiarda minaccia e, di buona lena, raggiungiamo la parte bassa di Triora. C’è una panchina qui, con vista sulla Valle. E’ uno spettacolo per gli occhi restare seduti a guardare la vita umana che scorre sotto di noi, si intravedono le automobili, piccole, piccole come quelle dei modellini. Proprio alle spalle di quel sedile panoramico c’è la chiesetta della Madonna delle Grazie, risalente al XVII secolo, come reca il cartello posto sull’ingresso. La sua facciata colorata si intona bene col prato rigoglioso, pare un fiore anch’essa.

Proseguendo, ci troviamo a poggiare le zampe sul nero asfalto della strada provinciale e continuiamo a camminare in salita fino a raggiungere il tratto di mulattiera che conduce alla chiesa campestre di San Bernardino, ben segnalato.

chiesa san bernardino triora

Questo piccolo edificio è un vero gioiello della mia Valle, così antico che, se fosse un essere vivente, avrebbe il volto scavato da rughe profonde. Raggiungiamo la chiesa e anche qui troviamo delle panchine; possiamo fermarci, se lo desideriamo, per mangiare un boccone prima di ripartire.

chiesa san bernardino triora2

Fiancheggiamo a questo punto l’edificio, passando sotto le arcate dei contrafforti, e proseguiamo in discesa. Ci sono piccole case ai margini di questo sentiero, alcune davvero suggestive, con sculture moderne poste a ogni angolo e curate nei minimi dettagli, seppure lasciate alla loro spartana semplicità. Poco dopo esserci lasciati alle spalle l’agglomerato di costruzioni in pietra, ci troviamo a un bivio. Dobbiamo salire, dirigendoci verso Loreto.

Come si fa bello il sentiero, topi miei! L’erba è alta, succulenta, e gli alberi sono più fitti. Ciliegi, meli selvatici, noccioli, querce e carpini ci fanno da tetto con le loro fronde rigogliose e in aria volano fiocchi di polline come fossero neve. Si continua a scendere, e ogni tanto il sentiero è attraversato da giocosi ruscelli, che scendono giù da chissà dove, non ne vediamo l’inizio né la fine. Creano polle d’acqua limpida, lo scroscio è piacevole, lento. Li attraversiamo con estrema facilità, accompagnati dal cinguettio degli uccelli, eterni presenti soprattutto in questo periodo dell’anno, mentre gridano al mondo le loro canzoni d’amore. Nonostante le numerose deviazioni, continuiamo a seguire il sentiero maestro, senza mai abbandonarlo, e seguiamo il segno rosso e bianco, sicuri di non rischiare di sbagliare strada. Ci imbattiamo persino in un tavolo da pic-nic.

sentiero triora

A un certo punto arriviamo in un posto bello, meraviglioso, incredibile! Giungiamo sul ponte di Mauta, sotto quello più moderno e vertiginoso di Loreto. E’ una costruzione antica, in pietra e, salendoci sopra, si può godere di uno spettacolo che ci toglie il fiato: sotto di noi scorre il torrente Argentina, scavando gole profonde e scure.

Qui l’acqua sembra quasi d’inchiostro, perché la luce solare fatica ad accarezzarla e rischiararla con i suoi raggi dorati. Poco più in giù delle gole di Mauta si trova la località di Lago Degno, luogo un tempo rinomato come raduno delle bàzue, che vi si incontravano in compagnia del demonio (così dice la leggenda). Oggi, invece, Lago Degno è frequentato da esploratori, turisti ed esperti di canyoning, nonostante il divieto di accesso che dal 2010 interessa tutta la zona per via di un enorme masso che rischia di franare. Restiamo ad ammirare le curve del torrente, affascinati da questo ennesimo spettacolo naturale della mia bella Valle, poi proseguiamo. Oltre il ponte si tiene la sinistra e riprende la salita in mezzo al bosco.

E che bosco! Ogni tanto, dal fitto della vegetazione, spiccano rocce di dimensioni enormi, pareti grige sulle quali sono addossati i ruderi di antiche costruzioni.

Qui la salita si fa importante, ma è breve, non preoccupatevi. Si giunge a un bivio non segnalato, ma a giudicare dalla traccia GPS che vediamo dal topo-smartphone (sono una topina tecnologica, ormai!), da qui si prosegue verso Cetta, mentre noi dobbiamo rientrare a Molini. Imbocchiamo allora il sentiero più stretto che svolta alla nostra sinistra e, procedendo tra gli alberi, giungiamo su un percorso a me conosciuto e molto caro, quello che costeggia il Rio Grognardo.

Attraversiamo l’affluente dell’Argentina grazie al ponte di legno. Sì, lo so che sembra traballante e pericolante, ma non lo è! Certo, non bisogna ballarci sopra, ma è bello mettere le zampe su quella passerella, dà un brivido lungo la spina dorsale che non è niente male.

ponte rio grognardo2

Avanti, dov’è finito il vostro spirito d’avventura? Non fate quella facce e continuate a seguirmi. Questo è un luogo magico, per me, dove lo Spirito della Valle fa sentire più forte la sua eco. Se ancora non avete conosciuto lo Spirito della Valle, leggete il mio articolo “In nessun luogo, eppure dappertutto”.

Questo tratto del sentiero è di grande facilità, prosegue per gran parte in piano. A un certo punto lo troviamo sbarrato da un tronco poggiato sul terreno: è il segno che, anziché proseguire dritti e in piano, dobbiamo imboccare la deviazione a destra, in salita in mezzo ai castagni, che ci permette di aggirare la frana di cui vi avevo parlato nell’articolo “Frana per andare a Lago Degno”. Terminata la salita, il percorso si snoda nuovamente in piano e in discesa e poi, finalmente, raggiungiamo la provinciale.

lago degno molini di triora strada colle langan

Proseguendo in su arriveremmo a Monte Ceppo, San Giovanni dei Prati o Colle Melosa, mentre oggi imbocchiamo la discesa per Molini di Triora.

Lungo la strada possiamo rifarci gli occhi con le case che gli esseri umani si sono costruiti in questa zona tranquilla. Ce n’è per tutti i gusti, davvero! Ci sono abitazioni spartane, con pietre a vista, altre dai colori sgargianti e con giardini popolati da nanetti e e altre fiabesche creature. E’ bello fantasticare sulla vita in un luogo del genere, immerso nel bosco e con tanto giardino intorno. E pensare che, una sera, su questa stessa strada, saltavano una moltitudine mai vista di grossi rospi! Passavo da qui con la mia topo-mobile e dovevo fare una grande attenzione nel guidare, perché saltavano da ogni dove e c’era anche una nebbia così fitta che quasi si tagliava col coltello. Era proprio una notte da streghe, quella! Vedete, nella mia Valle non ci si annoia mai, davvero!

A un certo punto, giungiamo nei pressi di una casetta intonacata di un rosa molto pallido, al di sotto della quale possiamo scorgere un ponte di pietra. Scendiamo, dunque, e lo attraversiamo. E’ un ponte a schiena d’asino, la sua è una gobba notevole! Ci fermiamo ancora una volta a rimirare il torrente Argentina, il bosco sembra volerlo celare, proteggere da sguardi indiscreti.

Che vegetazione fitta, e che verde intenso! Scendiamo dal ponte e ci dirigiamo verso il borgo di Molini di Triora, ammirando anche il punto in cui il Rio Capriolo si getta tra le braccia dell’Argentina e si mescola con lui.

torrente capriolo torrente argentina molini triora

Siamo stanchi, estasiati e stregati dalla passeggiata di oggi, ne abbiamo viste proprio delle belle, non trovate anche voi?

Un abbraccio incantato dalla vostra Pigmy.

Frana per andare al Lago Degno

L’ordinanza del Comune, all’inizio del sentiero, non ci ha fermati. Si avvertiva la popolazione di fare attenzione, si avvertiva che il terreno era franabile (forse a causa delle intense piogge dello scorso autunno), si avvertiva di badare bene a dove si mettevano i piedi ma di certo, nonostante tutto, non si credeva una cosa così. Iniziamo a passeggiare.WP_20150614_004 La piccola strada è meravigliosa. Si accede ad essa dal primo tornante per la via ombrosa che da Molini di Triora porta a Perallo e a Carmo Langan. Le fronde degli alberi sono piene di foglie. Pesanti. Grandi. Ricoprono il cielo sopra di noi. Sembra di essere in un bosco magico. Sembra veder sbucare uno gnomo, una fata o un folletto da li a poco. Possiamo raccogliere le fragoline selvatiche. Ce n’è una marea. Rosse, piccole, dolcissime. Tutto è umido e ci bagnamo le mani. Il sottobosco brilla di microscopiche stille lucenti di una rugiada che ancora non si è prosciugata. Il sole c’è, se ne percepisce la luce però fa fatica a penetrare tra questi alti Noccioli. La terra sotto ai nostri piedi è soffice, non si riesce a stabilizzare bene il piede ma, grazie ad alcune pietre, si va avanti lo stesso in perfetta armonia. Qualche uccellino cinguetta e qualcun altro gli risponde. Il bosco invece è muto. Non c’è vento, non c’è rumore, solo un lieve andar del torrente sotto di noi. E’ proprio li che dobbiamo arrivare. Al torrente. Si perchè in un punto ben preciso, in un’insenatura da fiaba, l’acqua si sofferma e forma un bellissimo piccolo lago. E’ il Lago Degno. E’ uno dei luoghi più suggestivi della mia valle ma…. Cosa succede? WP_20150614_005Il sentiero, letteralmente finisce qui. Guardate. Tagliato di netto! Sembra la scenografia di un film di fantascienza! Oh Mamma Santa! E adesso? E’ impressionante. Una frana. WP_20150614_006Una frana….. impressionate! Mi ripeto, scusate, non ho altre parole! Una liscia distesa di terra marrone immobile, arriva fino al fiume. Non c’è più bosco, sembra deserto. Non c’è più armonia, non c’è più il rigoglioso colore della natura anche se natura è anch’essa. Non oso guardare. Credetemi che si rimane senza parole. E laggiù, di fronte a me, l’altro pezzo si sentiero che continua ma come si fa? Non si può proprio. Forse la foto non rende l’idea ma questa frana è davvero grande! Che dispiacere, che amarezza! Che altro dirvi amici? E ora come si fa ad arrivare al Lago Degno? Rimanete in linea! Vi terrò aggiornati! Nella speranza che tutto possa tornare come un tempo. Che venga ripristinato un sentiero. Ma sarà poi la cosa giusta se Madre Natura ha deciso di eliminarlo? Che domande difficili…WP_20150614_009E allora… allora si fa retromarcia. Si torna da dove siam partiti. Poi si gira a destra e si scende giù, di nuovo verso Molini. Dispiaciuti, a cercar consolazione dai simpatici asinelli all’inizio della strada. Sono simpaticissimi e molto affettuosi. Adorabili! WP_20150614_012Ma quanto mangiano! Son sempre alla ricerca di qualche buona foglia tra le dita delle nostre mani… Che carini! E niente, rimaniamo con i ciuchini, per oggi, non possiamo fare altro. Un bacio amici. E uno squit un pò malinconico.