Un Ponte per la Pace – in Terra Brigasca

Cari Topi,

forse non tutti sapete che, in Valle Argentina, due paesi, quelli più in alto, verso il confine con la Francia e il Piemonte, sono considerati – brigaschi -. In realtà sono tre perché bisogna tener conto anche di Borniga ma quelli più grandi e più abitati (seppur abbastanza solitari) sono Realdo e Verdeggia, belli e amati.

Alcuni storici dichiarano, però, che Verdeggia non appartenne mai alla cultura brigasca ma essendoci un po’ di disordine in questo mi sento di citare entrambe le versioni. Non dimentichiamoci che, a quanto pare, le radici sono comuni per entrambi i paesi ma, come ben sapete, io non sono uno storico bensì un’allieva sempre vogliosa di imparare.

Da quello che ho capito, la confusione nasce per il fatto che Realdo apparteneva a Briga, prima di passare a Triora nel 1947, mentre Verdeggia è sempre appartenuta a Triora.

Con diversi villaggi, non liguri, come Carnino, Piaggia, Briga e altri, formano l’ultima comunità di terre brigasche esistente. Una comunità assai unita un tempo, unita soprattutto da un linguaggio, il noto dialetto brigasco, diverso da altre parlate e che oggi, purtroppo, si va perdendo.

Si tratta di un dialetto definito “occitano” ma, anche qui, ci sono contrasti in quanto parecchi linguisti affermano che non ha nulla di occitano ma si tratta di un antico linguaggio ligure alpino.

Nonostante questa unione e le loro usanze, nonostante la loro cultura, apprezzata e portata avanti negli anni con orgoglio, si narra che, tra storie reali e qualche leggenda, Realdo e Verdeggia abbiano vissuto un tempo di litigi che li ha visti separarsi al punto da detestarsi come si conviene.

Pare che il tutto sia nato per una questione di terre e confini, in un tempo dove la terra era l’unica fonte di nutrimento e reddito, sia per quel che riguardava la coltivazione sia per i pascoli.

E allora potete ben immaginare cosa accadeva quando, ad esempio, una fanciulla di Realdo si innamorava, corrisposta, di un baldo giovane di Verdeggia. I due poverini potevano vedersi soltanto di nascosto, magari di notte, e magari tra quei boschi meravigliosi che circondano questi due borghi. Sono diversi, infatti, i sentieri che uniscono queste due frazioni passando tra la macchia più fitta.

Un astio che è andato avanti negli anni e, ancora oggi, tra lo scherzo e la realtà, pur avendo mentalità decisamente più aperte, c’è chi fa notare che se si elargisce qualcosa a Realdo, occorre darlo anche a Verdeggia, fosse anche solo un complimento. Me ne guardo bene, infatti, io, a scrivere apprezzamenti soltanto a uno dei due! (Sorrido…).

Stiamo parlando di due villaggi davvero particolari, simili tra loro ma anche assai differenti.

Mentre uno è arroccato e incastonato tra le falesie più severe dell’Alta Valle Argentina, mostrando un carattere rude e sprezzante del pericolo, l’altro si lascia abbracciare dal verde più intenso che c’è, attraverso i profili morbidi della sua personalità. Mentre uno appare impavido e solenne, sull’orlo di un dirupo profondo e brullo, l’altro mostra dolcezza e sensibilità adagiato su un letto smeraldino.

Non è assolutamente così. Le doti descritte le hanno entrambi ma, all’apparenza, sembra proprio di poter godere di tantissime qualità differenti accoppiandoli assieme. Non per niente, uno si chiama Realdo che deriva da “Re Alto” e il nome dice tutto, l’altro invece si chiama Verdeggia che deriva da “Verdeggiante” e, anche in questo caso, il nome è totalmente esplicito.

Per favore, state zitti e non dite assolutamente quale preferite dei due altrimenti succede un quarantotto!

E insomma che questi luoghi magici e storici han litigato dispensandosi screzi a vicenda per molto tempo e restando divisi anche nel loro essere più antico e tradizionale.

Restarono divisi fino al momento in cui decisero, per la gioia di tutta la Valle, di fare la pace. Questo momento fu talmente importante che si decise di far qualcosa per renderlo significativo e ricordato nei tempi a venire.

E cosa poteva esserci di meglio di un Ponte per rimarcare questo giorno solenne?

Ebbene sì, Topi, un vero Ponte venne realizzato proprio prima del bivio che conduce sia a Realdo che a Verdeggia continuando la strada principale in modo da attraversare il Torrente Argentina. A questa struttura venne ovviamente conferito il nome di “Ponte della Pace”. Mai nessun termine fu più adatto.

Come se non bastasse, proprio dal bivio, venne persino posizionato un grosso masso a reggere una targa in memoria del lieto evento. Una targa che recita così (vi traduco quello che è scritto in lingua originale):

Realdo e Verdeggia uniti da tradizioni, modi di fare e parlata a Briga, Morignole, Piaggia, Upega, Carnino e Viozene (sarebbero gli altri paesi brigaschi, non liguri, che vi citavo prima) in ricordo, al segno di Pace, nell’antica origine Occitana

Pensate quindi, questo momento, quanto fu significativo.

E che luogo stupendo è questo. Il Ponte, breve e diritto, vive tra una vegetazione florida.

Il grande masso è sempre circondato da tante Farfalline.

Se si alzano gli occhi al cielo si può vedere il Monte Saccarello che sovrasta Verdeggia e si nota anche la bellezza austera di Rocca Barbone.

E’ piacevole ritrovare con lo sguardo i monti dai quali siamo abituati a lasciarci abbracciare.

Questo Ponte, oggi asfaltato, passa sopra al torrente rigoglioso, giovane, dalle acque fresche e limpide.

La quiete del luogo è rotta proprio dal rumore delle sue cascatelle che però, naturalmente, non disturbano affatto, anzi… Al di sotto di questa struttura, si possono anche notare diverse pozze d’acqua che, placide, bagnano cespugli e massi chiari.

Il canto degli uccellini più piccoli è vivace mentre il volo delle Poiane che sorvolano questa zona è silenzioso e lento.

Lento come lo scorrere del tempo che qui non ha fretta. Sia Realdo che Verdeggia, infatti, sono due paesi dove è assai facile ritrovare il benessere, la serenità e la gioia per la vita e per la Natura. Siamo appena sopra i 1.000 mt s.l.m. e anche l’aria che si respira diventa complice di uno star bene totale.

E allora, insomma, che Pace fu. Tutti lieti quindi. Un avvenimento che appartiene alla storia della Valle Argentina e che dovevo assolutamente raccontarvi.

Qui, vicino al grande masso, c’è anche una panchina, quindi io mi siedo e mi riposo mandando un bacio pacioso a tutti. Mi sento molto mediatrice.

Non starò molto, ho da scrivere altri articoli sulla mia splendida Valle che, ogni giorno, da come vedete, mi regala sorprese e nuove cose da scoprire, perciò, riposatevi anche voi perché presto si parte per altre avventure.

Squit!

La Preghiera del Marinaio

Ad Arma di Taggia esiste un luogo dove non si dimentica. Un luogo che permette di ammirare, oltre che tornare indietro con la mente. E’ il posto dell’infinito, dove uomini determinati partivano per compiere lunghi viaggi.

Il luogo che non ha fine ai nostri occhi è il mare, gli uomini determinati e coraggiosi i Marinai, i nostri Marinai, liguri e di tutta Italia. Oggi vi porto in un angolo che li ricorda simboleggiato da quella che sembra una Madonnina ma è in realtà Santa Barbara, all’interno di una teca di vetro, posizionata su una colonna nella nuova Piazza – Caporale Tiziano Chierotti -, esattamente di fronte alla piccola chiesetta di San Giuseppe e di fronte all’ampia distesa blu.WP_20150226_004“AI CADUTI IN MARE” si legge chiaramente su una lastra di marmo del 1988. A tutti quegli uomini che, per scoperte ma soprattutto per la guerra, hanno lasciato la loro vita in balia di quelle onde che non le hanno più permesso di tornare a riva. La loro esistenza è rimasta là ma anche nei nostri ricordi.WP_20150226_003Marinai, e ancor prima naviganti. A battersi sull’acqua per proteggere la terra e ciò che essa custodiva.

Il mare splendente, in tutta la sua bellezza, è ciò che in sé trattiene: i corpi dei nostri cari. Uomini giovani, valorosi, che partivano per non fare più ritorno. Grazie a loro abbiamo immagini di tempi non conosciuti. Grazie a loro abbiamo individuato nuovi regni. Grazie a loro possediamo oggi ciò che ci circonda.

Qui, dove sorge questo monumento, uno spicchio di spiaggia è utilizzato come parcheggio per piccole imbarcazioni a vela. Minuscole barchette e catamarani assopiti ad aspettare l’arrivo della bella stagione, ad aspettare anch’essi, di potersi tuffare in quell’acqua cristallina.

I gabbiani e il vociar della gente contornano quel punto di silenzio.

E che bella la statua della Santa, pare in bronzo, e la sua espressione è dolce. Le sue braccia aperte.WP_20150226_009 Una lucetta la illumina anche di notte. E’ su, in alto. E dall’alto guarda tutti i passanti benedicendoli come ha benedetto i nostri Marinai prima dei loro lunghi viaggi. Una preghiera in loro onore è stata posizionata ai suoi piedi, una preghiera toccante, dedicata alla protezione di Dio sui Marinai e su tutti gli Ufficiali della Marina Militare Italiana. WP_20150226_006Incastonata invece tra mattoncini color vermiglio, risalta nel suo blu cobalto, la scritta riportante la testimonianza della Medaglia d’Oro al Valore Militare. Un glorioso sacrificio, a quanto si legge, di queste vittime di sistemi più grandi di noi. WP_20150226_005Le quattro stellette agli angoli e la cornice intorno sono dorate.

Ma in basso, contro questa colonna, non ci sono solo scritte. Un simpatico timone e una pesantissima ancora, verniciati di nero, sono la rappresentazione tipica della navigazione. Se ne stanno appoggiati lì, dietro ad una catena che li protegge. A farsi guardare. Ad aspettare chissà cosa. WP_20150226_007Sotto al sole e sotto la pioggia di fronte alla piccola e antica chiesetta di San Giuseppe anch’essa affacciata sul mare. WP_20150226_008Persino le persone amano starsene sedute sulle panchine in questo luogo pacifico. Rilassandosi, mentre i bambini giocano e i piccioni sono costantemente alla ricerca di qualche bricioletta di pane.

Non sanno mica, spensierati, cosa è successo in quel mondo azzurro che hanno davanti. Ma chi può saperlo? Solo i naviganti potrebbero raccontare ma, quelli ai quali tutto ciò è dedicato, non ci sono più.

Non fa niente, non importa, rimaniamo ugualmente qui a non dimenticare. Rimaniamo a rivolgere uno sguardo e un sorriso a questo luogo dedicato a loro, costruito nel nostro paese.

Un saluto topi, alla prossima!

M.