E’ piccolo, grazioso. Circondato da lecci secolari e altissimi cipressi, riposa all’ombra, nel centro di una piccola piazzetta.
E’ qui che ci sono alcuni dei topi che mi hanno preceduto, come i miei bisnonni. E’ qui che la pace ti fa osservare i fiori, i visi e le croci messe a distinguere ognuno di loro. Croci semplici, in un prato.
Alcune senza foto, altre senza data, solo a ricordare. Così vecchie che nessuno sa chi ci sia lì. Croci che per essere rese più importanti sono state ornate da sassolini e piccoli stemmi. Particolari, per far bella figura.
E lui, così minuto, così taciturno. Ricco di ordinate casette bianche come il latte, disposte in filari che permettono la visione di ognuna.
Il tic toc dei pinoli lanciati a terra dai passerotti, è spesso l’unico rumore che si sente ed è pulito, ben tenuto.
Qui, c’è anche un mio zio, andato via forse troppo presto, forse troppo giovane e, da qui, la sua immagine ci sorride.
Coloro che han potuto permettersi il granito si distinguono da coloro che invece vengono identificati da un’impronta di solo cemento, ma tanto che importa… Accanto alle siepi ben limate e tutte uguali, non ci sono più distinzioni. Gli angeli guardan tutti, tengon d’occhio attentamente con il loro impercettibile sorriso. Ed è bello rivolgere uno sguardo a chiunque, senza differenze.
Per giungere nel centro di questo luogo, cioè alla cappelletta bianca arricchita da quadretti, occorre salire diversi gradini ricoperti da aghi di pino, pignette e minuscole ghiande. E poi la vista può tranquillamente perdersi in prati, monti, alberi.
Le comari oggi ridono e, con grande maestria, tagliano di netto i gambi dei fiori per formare splendidi mazzi colorati. E quelle pareti diventano rigogliose. E loro soddisfatte. I loro mariti, i loro padri, i loro figli. Agli uomini che le hanno accompagnate dedicano ancora il loro saper fare.
Le fontane si ravvivano, gli annaffiatoi vengono dimenticati tra i loculi e i lumini si accendono; cambia tutta l’atmosfera. E le sterlizie, i ranuncoli, le camelie, i lilium, abbelliscono quest’angolo di quiete.
Angolo di quiete, di avi, di riposo che si affaccia sulle coltivazioni della vallata. Di letti perenni che se stanno lì, a farsi baciare dal sole come culle antiche. E anche gli angeli ci osservano e sono perfetti guardiani.
E’ in questo camposanto che sono stata portata quando hanno voluto farmi vedere anche un’altra parte della famiglia. Alcune radici che ho ammirato, conosciuto volentieri. Le diapositive in casa non bastavano più, era meglio ch’io venissi qui. Forse, c’era la voglia di dimostrare la cura, una cura meticolosa, nonostante la distanza dal paese che oggi gli eredi abitano. Ed è come tornare a luoghi che occupano una storia. Un pezzo di storia. La mia. Un pezzo di albero genealogico.
E anche gli angeli sembran liberi. Liberi e leggeri. Con grandi ali e capelli lunghi. Grigi, ma sicuramente biondi, così dicono. Tengon stretto a sè un tesoro.
Questo, è il piccolo cimitero di Erli, un paesino anch’esso piccolo vicino ad Albenga. Qui finisce il mio giro dopo essere andata a vedere dov’è nato il nonno. Novantaquattro anni fa. Una casa con la corte. Da un lato, un bellissimo glicine non ancora in fiore. Un’unica, grande stanza e tutti si stava assieme.
Di fronte, la pietra sulla quale sicuramente si voltava per contare mentre gli altri sparivano a nascondersi.
Qui, ci sono i suoi genitori, i suoi fratelli. Qui, le sue memorie ora anche un po’ mie. E anche gli angeli sembran ricordare, sembrano capire.
La vostra nostalgica Pigmy.
M.