Il neonato e la mano misteriosa

Un mio topo zio, nato negli anni ’50 ad Arma di Taggia, stando a quanto si è sempre detto nel mio mulino soprattutto da parte dei topo nonni, è rimasto vittima quasi sicuramente del malocchio, ma vi racconto bene come andò.

Era una mattina di primavera e mio zio, piccolo e ancora in fasce, dormiva nella camera dei nonni dentro la sua culla. Quest’ultima era posizionata vicino alla finestra, aperta per far arieggiare la stanza e permettere ai tiepidi raggi del sole di entrare e scaldare con la loro luce.

La tana dei bisnonni era una semplice dimora, sviluppata su due piani, con un piccolo giardino attorno. La casa aveva le camere al piano di sopra e a piano terra le sale da giorno, fatta eccezione per la temporanea camera dei nonni che vivevano ancora con i genitori intanto che aspettavano di trovare un nido più adatto a loro. La bisnonna, tra l’altro, avrebbe aiutato volentieri la nuora nell’accudire il suo primo figlio. Il primogenito. Un bel maschio. Sano, pasciuto e rosa come una pesca.

Un tempo, inoltre, si aveva di più l’abitudine di vivere tutti assieme.

Quella mattina, nonna e bisnonna, rimaste sole a casa, si stavano dedicando alle faccende domestiche e preparavano da mangiare per gli uomini che erano andati al lavoro mentre il piccoletto, nel suo giaciglio, ronfava della grossa.

Non so dirvi il perché e non sa dirlo neanche lei, ma a un certo punto, la nonna volle andare a controllare il suo piccolo, cosa che ogni tanto faceva naturalmente (istinto materno).

Fu così che entrò nella stanza spalancando la porta socchiusa e… proprio in quel momento, vide una mano ritirarsi velocemente dal bambino e sparire dalla finestra. Rimase per qualche secondo esterrefatta e si tuffò su suo figlio spaventata, poi si affacciò dalla finestra, ma non vide nessuno. Presa dall’agitazione, iniziò a urlare richiamando la bisnonna che lei, affettuosamente, chiamava – Mamma -. Si usava molto, in tempi passati, chiamare i suoceri come i genitori.

La bisnonna accorse e, molto più calma della nonna, dopo aver capito che il malintenzionato ormai era fuggito, iniziò a studiare la situazione. Prese nonna e bambino e li portò in cucina, fece calmare la giovane mamma e iniziò poi con le domande come un investigatore della serie televisiva C.S.I. 

Nel giro di poco tempo, la metà delle comari della via erano a casa di nonna, radunate come i vecchi Indiani d’America. Ognuna diceva la sua e ognuna si metteva a disposizione.

Ora, dovete sapere che… la bisnonna mia, proprio del tutto normale non era. No, non era pazza, ma molto, molto saggia e ne sapeva una più del diavolo. Rimedi, consigli, guarigioni, etc… nulla aveva la meglio contro il potere di questa superdonna che tutti chiamavano quando avevano bisogno di una soluzione.

Dopo una buona ora di parlantina, si decise di mettersi in attesa e così, le comari amiche della bisnonna, tornarono tutte a casa loro per continuare i mestieri.

Ma si misero in attesa di cosa? Quello che colpì la bisnonna fu che nonna le disse che quella mano sembrava femminile, ma non ne era convinta perché la vide solo di sfuggita.

Bisnonna, certa di aver già capito, scrutò ancora bene il bambino e la culla e poi disse che si doveva aspettare qualche giorno.

Quella stessa sera mio zio iniziò a piangere senza la minima intenzione di smettere e senza nessun motivo apparente. Non mangiò nulla e, durante la notte, dormì poco e niente. Nonna era preoccupata, ma bisnonna le disse di andare a riposare e che avrebbe vegliato lei il bimbo.

Mio zio pianse per tre giorni e tre notti in continuazione, senza mangiare e senza dormire. Nonna era terrorizzata, ormai, ma la grande fiducia che poneva in quella specie di mamma non le fece chiamare nessun medico.

Al terzo giorno, la bisnonna, entrò in azione.

Nessuno sa cosa fece o cosa disse perché si chiuse con il nipote in una stanza disponendo che doveva rimanere da sola con lui.

Dopo parecchi minuti, attraverso la porta chiusa, la nonna e alcune comari che ogni giorno tenevano d’occhio la situazione, sentirono il neonato quietarsi e bisnonna cantare una nenia per farlo dormire.

Quando l’anziana uscì dalla stanza con il piccolo in braccio, caduto finalmente in un sonno profondo, tutte le donne sorrisero.

Bisnonna aveva l’aria stanca e, una volta adagiato il piccolo su una poltrona del salotto, si sedette anch’essa quasi stremata con tutte le amiche attorno a farle aria e a darle acqua fresca da bere.

Da quel momento mio zio tornò ad essere il bimbo calmo e sereno che era stato fino a tre giorni prima e tutti sono sempre stati convinti che si è trattato di un malocchio. Ricominciò a mangiare e a dormire per la gioia dei familiari che continuavano a ringraziare bisnonna per quello che aveva fatto.

Spesso lo faceva per gli altri, ma quella volta accadde a un membro della sua famiglia.

Realtà? Superstizione? Coincidenze? Quello che vi ho raccontato è accaduto realmente, ma ciò che davvero è successo non potrà saperlo mai nessuno.

Questa è solo una delle tantissime storie che appartengono alla cultura e alle tradizioni della mia valle e dei tempi che mi hanno preceduta. E questa vicenda è particolarmente “mia”.

Vi è piaciuta? Credo di sì e sono sicura che anche voi ne conoscete delle belle.

Un bacio misterioso a voi!

Una mia amica che porta fortuna

E’ un’amica preziosa, topini!

Quante volte vi è capitato d’incontrare una di queste bestioline? Questo bellissimo insetto rosso con dei puntini neri disegnati sopra si chiama Coccinella, come ben sapete, e fa parte della famiglia dei coleotteri. Quando ero piccola ne vedevo molte di più. Oggi, in certi luoghi, sono diventate una rarità.

La Coccinella è un insetto utile e formidabile. Essa, infatti, si nutre dei funghi e dei miceti che colpiscono e possono provocare la morte della pianta. Al mondo esistono più di 5.000 varietà di questi esserini colorati.

La varietà presente nelle immagini di questo post è di un rosso vermiglio più chiaro del solito. Si trova nella campagna della mia nuova socia, che è molto fortunata, e la ringrazio per le foto.

Le Coccinelle hanno dato il nome, che io trovo molto carino, anche a una categoria di famosissimi Boy Scouts. Chi non conosce i lupetti, i maschietti, e le coccinelle le femminucce?

Il loro corpo è buffo, tutto tondo e mette allegria solo a guardarlo. Per non parlare, poi, delle antenne, sempre pronte a rintracciare ogni cosa! E’ il simbolo indiscusso della buona fortuna, lo sapete anche voi, dai! Se si appoggia su una delle vostre mani la buona sorte è con voi. Incontrare una Coccinella permette di esprimere un desiderio e pensare che siamo stati baciati dalla Dea bendata. Una leggenda medievale racconta che, per contrastare gli insetti responsabili della distruzione dei raccolti e in particolar modo delle rose, i contadini invocarono l’ aiuto della Vergine Maria; ben presto comparvero le Coccinelle, che si nutrirono dei parassiti e salvarono le piante. Apparvero nel mese di maggio, il mese mariano, e salvarono i fiori della Madonna. In alcune regioni italiane, per questo motivo sono chiamate “Mariole” o “Marioline”. In altre regioni d’Italia, invece, vengono definite gli uccelli o le colombe di Dio. Il color rosso è quello del sangue di Gesù, mentre i punti neri sono le sofferenze che il Signore ha dovuto superare per salvare l’umanità. Per i Nativi Americani è un simbolo di gioia e fiducia, e tanti sono gli stati che considerano la Coccinella il loro emblema,  come il Tennessee e il Massachusetts. In Asia, soprattutto quella meridionale, si pensava e si credeancora che, se una persona avesse fatto volare in cielo una Coccinella, questa sarebbe volata dal suo vero amore e avrebbe sussurrato al suo orecchio il nome dell’amato per far nascere una sincera e duratura storia d’amore.

Le leggende che la riguardano non finiscono qui: la Coccinella porta via le malattie e promette il lieto evento della nascita di un bimbo. Porta gioia per tanti anni quanti sono i cerchietti neri sul suo dorso e d è araldo di ricchezza, se si appoggia su una spalla. Eh già, dicono proprio così! Potete crederci?

Nella mia Valle, invece, quando si vedono le Coccinelle, si sta tranquilli, perché sono indice della salubrità dell’aria.

Non potrei proprio fare a meno di queste amiche. E’ così famosa che le sono state dedicate rime e filastrocche. Leggete, ad esempio, quanto è bella questa di Mallanta-La gallina canta:

“Filastrocca della coccinella
che sembra finta da tanto è bella,
che a primavera, dovunque va,
indossa solo vestiti a pois,
che se sul braccio ne trovi una
puoi stare sicuro che avrai fortuna”.

Visto? Tutti conoscono la prodezza della Coccinella nel portar lieti eventi e buone nuove. E allora, che porti tanta, tanta fortuna anche a voi, topamici!

La vostra Pigmy.

P.S.= Questo post e il suo significato sono dedicati a Dear Miss Fletcher ( http://dearmissfletcher.wordpress.com/ ) che merita da parte mia un enorme grazie.

M.

I Canestrelli di Taggia

Poi mi dicono che se continuo così va a finire che ingrasso e non riesco più a girare nella ruota…. ma come si fa a dire basta ai Canestrelli?! Non ce la faccio, non ci riesco. Sono una delizia, buonissimi!

Non potete, se passate da Taggia, andarvene senza aver fatto scorta di questi buonissimi cerchietti di pane. Potete comprarne quanti ne volete. Durano tantissimo nella dispensa della cucina e non li troverete da nessun’altra parte se non qua, nella mia Valle! Eh sì, perchè vedete, in tanti altri posti li fanno ma non sono così delicati. L’olio che viene prodotto dalle famose olive taggiasche è un fantastico alleato. Tanto semplici, ma quanto squisiti. Pensate che i loro ingredienti sono soltanto farina di tipo “00”, olio di oliva, acqua, sale e lievito di birra. Nient’altro, ma credetemi: se iniziate a mangiarne uno non finite più.

Sono croccanti, fraganti, buoni nel latte, accompagnati da salumi, sporcati di Nutella… insomma, la vostra fantasia può sbizzarrirsi. Io ne mangio così tanti da anestetizzarmi le fauci a furia di rosicchiare.

Questo tipico prodotto, dal diametro di circa dieci centimetri, non può mancare nelle feste e nelle sagre dei paesi della mia Valle. Durante i festeggiamenti di San Benedetto, ad esempio, si finisce degustando questi canestrelli e bevendo buon vino. E c’è chi nel vino li puccia! I mega taralli hanno origini antichissime e il loro nome, Canestrello, deriva presumibilmente dal cesto o canestro, nel quale venivano deposti e conservati dopo la cottura (nel forno, per mezz’ora, a 250°). E sono tutti rigorosamente fatti a mano! Be’, penso di avervi detto tutto, ora scusatemi ma mi è venuto un certo languorino…

M.