Tutto ha inizio da qui, dalla minuscola chiesetta di San Giovanni Battista che si trova sopra a Molini di Triora andando verso Langan.
Ha inizio una scoperta, un fascino antico, un luogo disabitato senza più vita che fermo, immobile si lascia baciare dal sole.
Siamo due curve dopo Perallo e ci inoltriamo dentro al bosco che inizia formato da Castagni per poi trasformarsi in una specie di cunicolo che curiosa in mezzo alla fitta macchia.
Qui, in un tempo che oggi non esiste più, abitavano persone, tante persone.
Stiamo infatti andando in un’antica frazione della Valle Argentina chiamata Merli, che assieme ai piccoli borghi di Perallo e Moneghetti contava ben 600 abitanti circa fino alla prima metà nel ‘900. Un importante e noto “triangolo” appartenente al Comune di Molini.
Merli fu la prima località, seguita poi dalle altre, a spopolarsi.
Da qui partivano i muli carichi di raccolto da portare nei paesi più grandi e vendere. Legna, castagne, olive. Alcuni muli conoscevano la strada a memoria e, nella loro risalita, incrociavano spesso la corriera che effettuava il suo ultimo tragitto.
I bimbi di Merli andavano a scuola a Perallo e i contadini coltivavano su fasce piane delle quali oggi se ne nota solo l’ombra. Prima della guerra, il nucleo abitativo era di circa un centinaio di persone.
Si dice anche però che in questa frazione, anticamente, vivevano le persone malate di lebbra per restare isolate dal resto della comunità.
Oggi a regnare assoluti sono i rovi; mi auguro vi siate vestiti adeguatamente per seguirmi perché se vogliamo inoltrarci tra questi casoni, da noi chiamati “bareghi”, dobbiamo considerare il fatto di rimanere appesi a queste grosse spine… “ma chi me l’ha fatto fare…!”… Ovviamente sto scherzando. Sono molto felice di essere qui e scoprire questo luogo che appartiene alla mia Valle.
Un luogo abbandonato, quasi dimenticato.
Non tutti conoscono Merli. Ma di sicuro vive ancora nel cuore di chi è cresciuto da queste parti o aveva i nonni provenienti proprio da questa località.
I ruderi che ci attendono sono circondati da Roveti, qualche Tasso, Roverelle, Ulivi e Ginestra sfiorita. Presumo che qui, in tarda primavera, sia tutto giallo.
In questo momento dell’autunno si possono vedere dei colori sul Poggio dell’Agrifoglio di fronte a noi, un Poggio silenzioso che osserva, ciò che resta di questo borgo, giorno e notte.
In mezzo a queste mura invece riecheggia il crocidare delle Ghiandaie e ti obbligano a voltare lo sguardo al cielo.
Il panorama è spettacolare sia da una parte che dall’altra. Da dietro un Ciliegio si scorge Andagna sui monti di fronte.
Sopra di lei svetta il Carmo dei Brocchi e si vede il Passo della Mezzaluna. In questo momento un po’ coperti da nuvole bianche.
Vicino a noi invece svetta il campanile della Chiesa dedicata alla Madonna di Laghet di Perallo.
Provo a immaginare la vita di chi tra queste pietre ha vissuto. Guardo il sentiero sul quale poggiano le mie zampe. E’ semidistrutto, in certi punti anche pericoloso perché stretto e buchi posti a tranello sono ricoperti dall’erba.
Immagino uomini e donne aggirarsi per quelle case, salutarsi, darsi il – Buon appetito –, alla sera, prima di rincasare dove ora non si può nemmeno passare.
Alcune rocce sulle quali bisogna passare sono grandi, scivolose, taglienti, un tempo ricoperte sicuramente da terra battuta.
La pioggia dei giorni scorsi ha reso tutto ancora più umido ma anche più luccicante come i fiori e i funghi.
Altri ruderi si mostrano poco più avanti. Sono sparsi e alcuni si fa fatica a individuarli. Ad accoglierci non ci sono più le persone ma un albero di mele.
Tocco quelle che un tempo erano dimore di vita, di famiglie, di focolari domestici. Sono fredde, piccole. Alcune erano solo stalle e ripostigli.
E’ bello camminare qui, scoprire un nuovo rudere dietro qualche pianta. E’ scoprire il passato.
Sono soddisfatta anche se graffiata e con le braghe bagnate dalla rugiada. Sono contenta di essere venuta a visitare questo posto.
Contenta di aver scovato qualcosa che la natura ha giustamente ricoperto.
Ora vi saluto perché i luoghi della mia Valle non sono finiti e vi porterò con me a scoprirne altri ma prima lasciatemi riposare un po’.