Forni e fornai dell’antica Valle Argentina

Con il freddo dell’Inverno ormai sopraggiunto ho pensato di raccontarvi qualcosa di caldo.

Siamo ormai abituati ad avere il forno nelle nostre tane, ma non è sempre stato così, ovviamente. Nei borghi della mia Valle esistevano uno o più forni e lì ci si recava per cuocere il pane e tutte le altre squisitezze. Il forno rappresentava uno dei fulcri della vita di un borgo, perché fungeva da collante tra gli abitanti, che qui vivevano momenti di condivisione.

forno in pietra

Eh sì, topi, si cucinava in compagnia in questo spazio comune, in alcuni borghi è utilizzato ancora oggi il forno di paese in occasioni particolari, come accade a Realdo.

Perché il forno, in fondo, nelle giornate fredde invernali pareva una madre accogliente, con l’abbraccio delle sue mura calde.

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Le donne erano solite recarsi al forno nella tarda mattinata e portavano con loro i  caratteristici pani rotondi, che venivano contrassegnati da una lettera, da una sigla oppure da un timbro.

I pani venivano stesi sulla pan-oia, una tavola di legno, e venivano poi infornati servendosi dell’infornavuia, una pala sempre di legno. Ma non credete che il fornaio facesse questo lavoro gratuitamente, nossignori! Com’è giusto che fosse,  egli tratteneva per sé un pane come compenso.

forno fornaio

I panettieri e le panettiere, ossia i fornai e le fornaie, avevano il compito di cuocere bene le astrochee, ossia le torte e le focacce che venivano portate ai loro forni. Dovevano contare prima i pani portati dalle singole persone e poi dovevano restituirli ben cotti e seguendo il numero consegnato. Se ciò non avveniva, il fornaio doveva pagare ben trenta soldi di ammenda!

E dopo i pani, si cucinavano le torte di verdure, chiamate paste, e quelle dolci, fino ad arrivare a cuocere persino le verdure ripiene. Riuscite a immaginarvi i profumi che si spandevano nell’aria, topi? A me sale già l’acquolina!

L’atmosfera, poi, era davvero gioiosa. Ci si scambiavano racconti e battute spiritose mentre i bambini schiamazzavano lì attorno.

La ricetta del pane rotondo è sconosciuta, pare che si sia provato a riprodurlo anche in altri luoghi, ma senza ottimi risultati.

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A Triora c’erano quattro forni pubblici e tre sono stati chiusi circa un secolo e mezzo fa. C’era quello chiamato “di Davide”, nel quartiere della Sambughea, un altro dove ora sorge la grotta di Lourdes e il terzo nell’omonima strada, tra la Cava e la Carrèia, oggi intitolata via Roma. Infine, quello che più resistette e chiuse per ultimo fu quello di via Dietro la Colla, funzionante dal 1930, in epoca recente sostituito dal moderno panificio.

forno antico

A procurare la legna per il forno era l’affogavue, incaricato di accatastare  le scuve, fascine di ginestra dei carbonai, e legna di diverse dimensioni. Per questo lavoro riceveva un pane ogni quindici cotti, oppure quattro soldi.

E con questo, spero che il mio articolo vi abbia scaldato le zampe e i cuori, io vado a infornare un po’ di pane e a sfornare nuovi articoli per voi.

A presto!

Prunocciola

Domenico Giordano – le Pipe di Badalucco

Buongiorno Topi!

Oggi sono entusiasta perché vi porto a conoscere una persona davvero speciale che svolge una professione speciale anch’essa. E’ antica, molto, ma soprattutto è originale e ormai quasi introvabile in Italia. Mi piace raccontare di cose belle e quando queste  prendono vita nei miei luoghi, nella mia Valle, mi fa ancora più piacere parlarne. E’ proprio qui, infatti, nella splendida Valle Argentina e precisamente ai margini del paese di Badalucco, che possiamo incontrare Domenico Giordano, un artigiano d’eccezione che ha fatto della sua più grande passione il proprio mestiere.

Un uomo ospitale, affabile e disponibile che ama parlare del suo lavoro e al quale s’illuminano gli occhi mentre mostra le sue splendide creazioni.

Il signor Domenico, dalla gentilezza disarmante, mi ha accolta nel suo laboratorio dove crea con la radica delle pipe meravigliose.

Lo definiscono l’ultimo maestro dell’arte della creazione della pipa; realizza pezzi unici, completamente fatti a mano e di incredibile bellezza. In tutta Italia sono rimasti in pochi a eseguire quest’arte, pare si possano contare sulle dita di una mano.

Nel suo laboratorio, illuminato da una luce al neon e adiacente a un grande magazzino, l’odore di legno persiste e penetra nelle narici, soprattutto dove un grande mucchio di pezzi di radica viene bollito per eliminare i tannini e rimane bagnato fino al momento della lavorazione.

La radica è la parte basale del fusto di alcune piante e comprende le radici stesse. Grazie alla sua nodosità, alla sua resistenza e alle sue sfumature risulta perfetta per diversi oggetti e, per le pipe in particolare, quella di Erica arborea è l’ideale.

Si tratta, infatti, di un legno duro e pregiato. L’Erica è una pianta, a mio avviso stupenda, considerata in tempi antichi ricca di magiche virtù e dimora delle fate. Con i suoi rami si creavano scope (il suo nome deriva proprio dal termine greco Kalluno che significa “spazzare”) capaci di spazzare via non solo la sporcizia, ma anche tutte le negatività delle case, come vi ho già raccontato altre volte. Una pianta purificatrice che, arsa, allontanava gli spiriti maligni.

Le sue venature creano affascinanti fantasie su ogni pezzo e Domenico ne esalta il disegno e il colore soprattutto attraverso la levigatura, sicuramente la parte più lunga, ma anche quella più spettacolare del suo lavoro, dove non solo l’oggetto si liscia e prende forma, ma mostra tinte naturali che seducono soprattutto gli appassionati e i grandi intenditori.

In realtà, sono pezzi talmente belli che ammaliano anche chi se ne capisce poco come me. Ci sono pipe molto grosse, tozze, pesanti.

Altre, invece, sono più fini, delicate, dalla forma longilinea. Ce ne soo di più scure, di un mogano intenso, mentre le più chiare sono quasi color della sabbia. Tutto dipende dal tipo di lavorazione. Diverse hanno anche forme buffe e particolari rappresentando animali o altri oggetti.

Alcune hanno la zona di combustione molto larga, altre invece piccola e stretta, potrebbe starci un Toscano; ci sono individui che amano fumare il sigaro lì dentro, soprattutto per non sprecarne l’ultimo tratto.

Ci sono pipe curve e dritte, pesanti e leggere, dalla testa tonda o cubica, per tutti i gusti e tutti gli stili, da quello più elegante a quello più rustico.

Domenico mi ha fatto vedere come usa i suoi attrezzi, che sono tanti, ognuno per uno scopo ben preciso e tutti fermi ad attendere la sua abile mano pronta a realizzare qualsiasi cosa.

A me ha fatto questa magnifica seggiolina in soli due minuti. Ma grazie! Da un semplice pezzo di radice, ecco uscire fuori un carinissimo complemento d’arredo. E’ comodissima, nella mia tana mancava proprio! Un piccolo trono degno di una Regina come me.

Con una grande lama circolare ha tagliato e intagliato il tocco di legno rigirandolo da varie parti… et voilà, un mobile tutto mio, per me che non fumo la pipa, ma potrei sempre imparare… me ne farò fare una fashion.

Conosciuto non solo in tutto lo Stivale ma anche in diverse zone del mondo, il signor Giordano ha realizzato pipe davvero per chiunque, persino per noti personaggi che da lui hanno acquistato pezzi di grande valore.

I prezzi di alcuni elementi sembrano stratosferici, ma se si pensa alla lunga lavorazione che c’è dietro a ogni singola pipa, nessuna cifra può equiparare l’attenzione, la fatica e la fantasia che vivono dietro queste realizzazioni. Ovviamente, nel suo studio si possono trovare pipe per qualsiasi tasca e si possono naturalmente ordinare come più si preferiscono, anche se sono comunque già molte quelle in esposizione e tutte belle e caratteristiche.

Sempre col sorriso sulle labbra, Domenico, dalle origini meridionali ma ormai abitante della Valle Argentina da quando era bambino, si presta a raccontare anche diversi aneddoti. Racconta anche di come negli anni, attraverso le varie richieste, il suo lavoro si sia modificato. Ci rivela cosa si richiedeva un tempo e cosa, invece, si preferisca adesso.

Per lui non ci sono né problemi né differenze: da quando era solo un ragazzo gli basta creare ed esegue opere d’arte. Sulle pipe conosce davvero tutto, è piacevole starlo ad ascoltare. E’ buono e generoso, per niente avaro, soprattutto in fatto di consigli.

Riuscire a trasformare quella che può essere una grande passione, o un hobby, in una lunga avventura che dura una vita è il sogno di molti e l’augurio per tutti. Occorre accendere e mantenere attiva quella luce che ognuno di noi ha dentro, ma che sovente si soffoca per timori o ritenendo impossibile realizzarla. L’energia è alla base delle scelte, più della mente e, nel caso particolare di Domenico, anche se può essere sembrata la testa la padrona con il potere decisionale in mano, accompagnata da tanta voglia, a dire l’ultima parola è stato, ed è tuttora, il cuore.

Buon lavoro Domenico e grazie ancora! E un bacione a voi Topini!

Il Museo Etnografico di Triora

All’inizio del paese di Triora, il primo edificio che incontriamo, sulla nostra destra, è un caseggiato color crema davvero molto importante.

Siamo in Corso Italia n°1 e qui è stato creato e allestito uno dei Musei più significativi della mia Valle.

E’ il Museo Etnografico e della Stregoneria. Se vi va, potete iniziare a farvene una vista andando sul suo sito http://www.museotriora.it e qui potrete anche vedere gli orari e i periodi d’apertura.

Tre piani della vita della Valle Argentina. La vita di un tempo.

Il Museo di Triora non vuole essere soltanto una mera esposizione di oggetti ma soprattutto un invito, uno stimolo a visitare l’antico paese, le sue caratteristiche ed incantevoli borgate e frazioni dove, in qualche caso, si potrà riscontrare l’uso degli attrezzi che si possono notare in queste sale. Si potrà, a contatto con una natura pressochè incontaminata, ritrovare il gusto e il vero piacere della vita.

In questi tre piani infatti, uno a terra, uno interrato e uno addirittura nei sotteranei, sono stati ricreati diversi ambienti che ci permettono di capire come si viveva e come è nata la Valle.

Tutto è al chiuso tranne un piccolo giardinetto all’aperto che invece, è ricco di opere intagliate nel legno.

Stiamo parlando di un Museo così importante da essere riconosciuto come regionale.

Appena si entra e si ha a che fare con la simpatica signora che da’ i biglietti e spiega come proseguire, ci si tuffa subito nel mondo dell’arte, dell’artigianato e del ricamo. Un letto addobbato come un tempo, con un copriletto fatto a mano e degli abitini, anche per i neonati, che veramente si usavano tanti anni fa. Tutto è originale, ci tengo a dirlo.

Da qui si passa alla sala delle macchine da cucire, dalla più vecchia a quella più moderna diciamo, vicino alle quali si possono notare gli strumenti musicali e il vestiario dell’epoca, non solo quello da notte ma tutto quello che serviva per i vari momenti della giornata.

Bellissimo è il reparto dedicato all’archeologia. Tanti sono stati i ritrovamenti preistorici nella mia Valle, tanti e importanti, inerenti anche all’Età del Ferro. Denti, collane, lance e anche qualche graffito ritrovato in qualche grotta sicuramente sotto Verdeggia o Realdo.

A mettere un pò si soggezione invece, ci pensano sicuramente gli animali imbalsamati nelle loro posizioni comuni o nei loro momenti di caccia. Tutta la fauna della mia Valle.

Al piano di sotto la carrellata dei vari mestieri compresa la vita nei campi e tutti i lavori ad essa accompagnati. La lavorazione del latte, quella delle scarpe, quella del vino, delle castagne e poi ancora, dove venivano messi i bambini mentre le loro mamme dovevano lavorare la terra? Tutto è rigorosamente ripreso come ad essere vero. E’ particolare notare come siano riusciti anche ad arredare una casa come lo era al tempo dei nostri nonni. Il focolare, la madia, il grammofono, il macinino e la grattugia per il formaggio. Non so numerarvi tutti gli attrezzi che ci sono. Davvero in abbondanza.

Infine, scendendo ancora più sotto, si entra nell’atmosfera macabra delle streghe, ma non vi posto foto, vi lascio la sorpresa. Sappiate solo che inizierete a sentire delle grida e delle diapositive, riflesse sul muro, vi spiegheranno le usanze di queste particolari donne. Sarete dentro a delle lugubri prigioni e potrete vedere le sale delle torture, leggere i processi fatti e osservare disegni rappresentativi! L’ambientazione è bellissima, da cinema.

Le cose che vi ho detto sono solo una minima parte di questo grande tesoriere. Non posso mica elencarvi tutto! Vi farò solo qualche sorpresa ogni tanto… Dovete assolutamente venirlo a vedere.

Mentre ero dentro ho sentito più di una signora esclamare la frase “Oh mamma mia! Mi vien la pelle d’oca! Guarda che bello!” e Topogiò, la topina che era insieme a me, era entusiasta. Probabilmente erano tutte amanti dell’antiquariato ma credetemi che anch’io ho provato una grande emozione.

Una voce guida vi accompagnerà per tutta la visita. In ogni stanza infatti una voce incisa su un disco parte più volte per poter accontentare tutti i visitatori e svelare i segreti di Triora.

Sarà utile capire anche quel dato oggetto, spesso davvero incomprensibile, a cosa era servito! Il prezzo per entrare è davvero minimo a mio parere. Pensate… solo 2 euro e ne vale davvero la pena.

Ora topi, godetevi queste immagini ma, datemi retta, venite a vedere tutto il resto che c’è, a Triora, in Corso Italia n°1.

La vostra Pigmy.

M.