Perallo, il borgo che ama raccontare

È una strada ombrosa, quella che ci porta nel minuscolo borgo di Perallo.

E’ breve, in salita e in mezzo alla macchia, anche se asfaltata.

Passa sotto a castagni e acacie, donando frescura e mostrando campanule e margherite.

Le rocce sono ricoperte da muschio proprio a causa dell’umidità offerta dal fiabesco sottobosco e da un’acqua fresca che scende veloce in un canale, passando anche per la piccola fontana di Riella.

Il borgo di Perallo è poco conosciuto, pur facendo paese assieme a Moneghetti e ad altre frazioni sparse qua e là. Oggi ci vivono solo due abitanti, il signor Augusto e sua moglie Anna, ma un tempo erano ben 600 le persone che popolavano questi luoghi.

C’era la scuola, l’Osteria, il Tabaccaio… tutto quello che poteva servire in un vero paese, insomma.

Ogni weekend, la gentilissima signora Mirella diventa il terzo abitante e, soprattutto nel periodo estivo, parenti e amici salgono in Valle a rilassarsi in queste meravigliose zone e partecipando alle diverse sagre nei dintorni.

Perallo si apre ai margini del bosco, regalando una vista mozzafiato su Andagna, Molini e Triora. Visti da qui hanno il loro fascino, così come ne ha il luogo in cui mi trovo. Perallo è un gioiellino, con le sue viuzze strette e i suoi carruggi nei quali il sole non riesce a penetrare.

In alcuni angoli, infatti, le mucillagini ricoprono come un morbido tappeto scalini, rocce e pareti, ma nelle zone più aperte ad accogliere i raggi della Stella Madre lo sguardo può ricevere i colori di piante e fiori.

Qualche micio assonnato dalla calura estiva apre un occhio e mi guarda come a dire “De chi ti sei a fia tü?” (di chi sei la figlia?), come a valutare se mi conosce o, altrimenti, che caspita ci faccia io lì.

Un piccolo piazzale, davanti alla chiesa dedicata alla Madonna di Laghet, permette di sedersi su ceppi di castagno e ammirare il panorama godendo del riparo degli Ippocastani.

A uno di essi è appesa un’altalena e qui, un tempo, aveva vita la scuola nella quale molti bambini prendevano lezioni dalla maestra e dal parroco che, anni addietro, si prestava a svolgere diverse mansioni.

Ora la scuola è un edificio che, attraverso le targhe e le lapidi inchiodate alle sue pareti, racconta di personaggi che hanno dato vita a Perallo.

Oggi questa borgata vive ancora attraverso le sue ambientazioni e i tanti racconti delle tre persone che ho avuto il piacere di conoscere.

Mi hanno confidato memorie e permesso di visitare l’interno della chiesa che vi mostrerò in un prossimo articolo.

C’è tanto da dire su di essa. La signora Mirella mi accompagna a vedere il camposanto e l’adiacente chiesetta di San Giuseppe, risalente al 1929.

È tutto in miniatura. Molte lapidi sono vecchissime, mentre la chiesetta mostra al suo interno l’altare dedicato al santo e sfoggia un pavimento in ardesia lavorato a mattonelle esagonali nere e grigio perla. E’ ben tenuta ed è stata restaurata recentemente. Pensate: è più piccola di una camera da letto, molto intima e raccolta. Davvero carina!

Il breve sentiero che ci riporta al paese è praticato da gazze che schiamazzano allegre e da qui posso vedere altri scorci di Perallo.

Case e casette tutte attaccate, vicine, a formare un nucleo unito e dall’espressione familiare.

Il forno, pur essendo della signora Mirella, viene utilizzato anche da altri ed è simpatico da vedere. Ha una forma particolare e sulla facciata principale si legge appunto la scritta “forno” in stampatello ricoperta dalla nera fuliggine.

Il silenzio e la quiete regnano sovrani interrotti di tanto in tanto da qualche uccello o insetto per nulla fastidioso. Ci sono le rondini a volare nel cielo, qualcuna ha fatto il nido, proprio sotto il porticato della vecchia scuola, ma oggi, vista la stagione, è rimasto ormai vuoto.

Per giungere a Perallo occorre arrivare a Molini da Taggia, ma anziché proseguire per Triora, all’inizio del paese bisogna svoltare a sinistra in direzione del campo sportivo, imboccando la carrozzabile che conduce a Colle Melosa e a San Giovanni dei Prati. Si segue la strada che sale e, dopo qualche curva, ecco un tornate con l’insegna che riporta il nome del villaggio protagonista di questo articolo. Dalla strada non si scorgono le case, ma il cartello non si può non notare.

La piacevole atmosfera che si respira qui mi obbliga a soffrire leggermente nel momento in cui devo andare via. Ho incontrato tanta disponibilità, cordialità e umanità. Per non parlare della natura, così vicina qui a Perallo da incidere nei cuori la sua linfa vitale. Uno splendore.

Siamo alle appendici del Monte Stornina in un paesino tanto minuto quanto invece grande è la sua storia e la sua gente, che lo vive ancora nei propri ritorni al passato.

Gente che, ancora bambina, mungeva mucche e portava secchi pieni di latte a Molini, a piedi, e che con il mulo scendeva fino a Taggia trasportando materiale adatto alla creazione di orti. Qui a Perallo c’erano stalle molto grandi, un tempo, ed erano piene di animali da lavoro, i quali affiancavano l’uomo nel suo quotidiano. Di queste bestiole oggi non è rimasta traccia, tuttavia posso dire di averle conosciute attraverso le parole di Augusto e il ricordo della mula di suo nonno. Era intelligentissima: sapeva bene, a ogni metro di strada che percorreva, dove doversi mettere per far passare la vecchia corriera senza che questa potesse scontrare il carico straripante che si portava appresso. Quest’asina, quindi, sapeva considerare quanto spazio occupava per strada il suo trasporto, che fuoriusciva lateralmente dai suoi fianchi! Vi rendete conto?

Ora devo fare ritorno in tana, ma i miei tre nuovi amici mi hanno invitato a tornare e io non vedo l’ora. Eccoli, i tre guardiani di Perallo: persone squisite della mia Valle che mi hanno regalato una giornata fantastica. Grazie di cuore!

Da sinistra Augusto Mirto, Mirella Nocerini e Anna Mapelli.

Gino

In questo anno, cari topini, me ne sono capitate un po’ di ogni, tra le quali anche questa. Si, avete già capito dalle immagini. Lui è Gino. Ora ha 8 mesi. WP_20140701_029Quando la mia amica Niky me lo ha dato perchè rifiutato dalla mamma (poi ho anche capito il perché) aveva appena 15 gg. WP_20140711_002Come ha fatto a salvarsi da due gattoni maschi, adulti, che volevano farne una pallina lo sa solo lui (ma poi ho capito anche questo). Tutti gli imperatori, i grandi re, i capotribù della storia, mi sono giunti alla mente per cercare un nome degno e importante e li srotolavo a tutto andare ma nessuno riusciva a colpire l’interesse di topino finchè poi, alla fine, esausta da quel microbo lungo 10 cm che mi stava facendo scervellare dissi – E chiamalo Gino allora! -. Ecco il nome perfetto che stava cercando. Ecco il nome nobile, austero e notevole che il SUO gatto meritava. Gino. E Gino fu.WP_20140727_001 E Gino fu talmente tanto che anche quando gli dicevamo –No!- dopo che ne aveva combinato una delle sue, anziché imparare, era semplicemente convinto che lo stessimo chiamando. Sì perché vedete amici topi, voi dovete saperlo, io capisco che può sembrarvi retorica ma credetemi che non è così: questo gatto, non è normale.WP_20140727_005 No, non lo è veramente. Voglio dire, da buona topina che sono, di gatti ne ho avuti per così nella mia vita. Maschi, femmine, trovatelli, mezzi morti, sani e vegeti, orfani, non orfani, insomma di tutte le mene e di tutte le specie ma io vi assicuro che persino San Francesco mi avrebbe detto – Prunocciola….. ahimè, questo micio non è normale -. WP_20140727_006Vi dico che persino sua mamma lo ha rifiutato. No, no, questa volta non facciamocene una colpa; Mamma Gatta ha avuto in seguito tutta la mia comprensione ve lo assicuro. Lei aveva già capito. Mica non aveva latte sufficiente? O una crisi post-partum…. No! Lei aveva subdorato di aver partorito l’Attila del Regno Felino. Appena arrivato a casa, sempre lungo 10 cm appena, ci rendiamo conto che come gattino, era parecchio sveglio. WP_20140806_001Vi ripeto, conosco moooolto bene i miei antagonisti come topo. Mi soffermai a credere però che si trattasse di una spiccata intelligenza naturale. Ma dopo soli tre giorni dovetti già ricredermi. Ora, era lungo 10,2 cm e i miei due porcellini d’india ne erano già altamente terrorizzati. Con una zampa lunga quanto un mio mignolo cercava con tutte le sue forze di acchiappare la mela all’interno della loro gabbia e se loro facevano tanto che scappare impaurite, egli si attaccava alle sbarre e iniziava a sibilare col pelo dritto, a testa in giù, come un pipistrello inferocito.WP_20140807_002 Aveva ragione lui! Da notare che le mie cavie convivono serenamente con il cane e con la MIA gatta da anni, senza alcun problema. La MIA gatta infatti, non ha mai dimostrato fastidio nemmeno per criceti o uccellini che porto a casa per curare (all’inverso di quando è fuori, si sa) ma quando vede Gino inizia ad emettere soffi e brontolii che diventavano via via veri ruggiti. E pensate che dopo tutto questo avvertimento Gino se ne fa forse un problema? Per tutta risposta, il nuovo arrivato, fin dal terzo giorno, prende la rincorsa e le salta sulla schiena per poi lasciarsi cadere con i piccoli artigli protratti, in modo tale da eliminare, alla MIA piccina offesa, praticamente la metà del pelo che ha e che poi raccolgo a batuffoli per tutta la tana. Lui, nel mentre, con sussiego, se ne sta già studiando un’altra tipo: attaccarsi a peso morto alla coda di le come un barattolo di latta. L’effetto è lo stesso. WP_20141020_001Ora immagino abbiate capito anche voi perché i due gattacci adulti di prima non sono riusciti a fargli nulla. Topino è passato dal – Ma guarda sto patatino che strano modo di giocare ha? Chissà quante ne ha viste! -, al – Mamma! Gino ha il diavolo in corpo!! -. Oh sì! Le mie Orchidee? Di 10, me ne sono rimaste 3. Secondo lui, ogni pianta è erba-gatta. E dire che dovrebbero avere un istinto naturale.WP_20141029_002 Di suppellettili? Neanche più l’ombra. Le scarpe? Per noi sono diventate un optional e potete ben vedere anche voi che si tratta di un gatto non di un cane. Anche perché dovete sapere che il signorino, se stiamo in tana alla sera (e dobbiamo quindi obbligatoriamente giocare con lui), allora rimane sveglio e di notte dorme, ma se per caso decidiamo di uscire e quindi lui si annoia, dorme prima, e…. alla notte, non vi dico. WP_20141108_001Non vi dico nemmeno le litigate per pappa e cassettina dei bisogni con la MIA Giuggiola. Lui, impertinente e spavaldo, le si attacca alla collottola dandole più fastidio di qualsiasi altra cosa. Curioso come pochi. Persino quando si tira lo sciacquone del gabinetto deve andare a vedere quale magolamagamagia sta accadendo all’interno del WC. WP_20141127_004Fai la doccia? E lui si tuffa nella vasca dove ancora non ha capito che c’è l’acqua che lui detesta. Immaginatevi quindi il risultato di lui che, fradicio, salta via e corre per tutta la casa. Fai la lavatrice? E devi accertarti più e più volte che non ci sia finito dentro, dato un dramma sfiorato tempo fa. Leggi nel letto? Prova a voltare la pagina del libro se sei capace. Da nascosto, non si sa da dove, balza all’improvviso artigliandoti la mano. Tutto il giorno, tutto il giorno. Azzanna gli stinchi al cane. Pretende di rosicchiare i fili elettrici. Ruba le spugne per lavare i piatti trasportando acqua ovunque e facendone poi mille pezzi. Saltella sulla tastiera del computer quasi apposta. Insomma, prima di andare a dormire, dobbiamo passare un’ora a togliere tutto ciò che può essere di suo gradimento, comprese le calamite attaccate al frigo. Tra l’altro, sbadato com’è, prende botte a destra e a manca ma mica capisce. Adesso, ad esempio, sta pretendendo di saltare da una poltroncina a terra, fin su al secondo letto a castello dove Topina ha una specie di capanna con tanto di sbarra davanti. Sono già due volte che cade rumorosamente al suolo, scappa, e poi torna fiero col petto in fuori guardando il letto lassù come a sfidarlo. Ovviamente, la seconda volta si è portato giù anche cuscino e metà coperte. E dire che la maggior parte del tempo la passa fuori a sfogarsi! Dove: toglie la terra dai vasi, sradica piante, rompe sacchetti dell’immondizia, spinge via con le zampe le mattonelle, si arrampica in cima alle persiane e poi urla perché non è più capace a scendere. Insomma, per la serie “si cede GRATUITAMENTE simpaticissimo gatto con tanto di assegno di mantenimento mensile incorporato!!!”. Ok? Ok che? Ok no. No perché alla fine comunque io sotto sotto, penso di avere ancora un pezzettino di cuore per lui. Anzi no guardate, lo confesso. Gli voglio bene. Ok l’ho detto. Ma dimenticatevelo subito. E’ solo che…. che quando viene a dormire dove sono io, quando faccio il bagno e lui mi aspetta sul bordo della vasca, quando lo chiamo e arriva, quando con la testa s’infila sotto il palmo della mano, quando lo sgrido e facendo finta di niente mi si siede accanto sperando ch’io non lo veda, quando faccio ginnastica e lui vuole farla con me, quando piange perché esco sul terrazzo a stendere, quando mi viene in braccio e mi ciuccia una ciocca di capelli, quando misura la lunghezza della sua zampa a confronto di un mio piede, quando sta a guardarmi innamorato mentre mi vesto al mattino, quando pretende di passarmi lui il pennello del phard sulle guance o sceglie il colore per il mio ombretto, quando mi perde gli orecchini ma poi, dopo giorni, me li riporta felice…. Per tutto questo sì, lo ammetto, gli voglio bene. WP_20150213_003E’ il gatto più vivace ch’io abbia mai conosciuto ma posso dire, con sicurezza, che è anche il più affettuoso. Il MIO Gino.

M.

Topononno aggiustagatti

Buffo vero? Un topo che rimette in sesto un gatto.

Ebbene si amici, eccovi in pole position l’ultimo arrivato in tana. Si lo so, niente di che. Bellissimo per carità, ma un pò rantegu. Da noi “rantegu” vuol dire malconcio. Sembra un ragno più che un micio. Ma come si fa a resistere ad un musetto così?

E’ arrivato lui. Miagolando pretenzioso. Topononno lo ha visto nel suo orto e… gli ha dato da mangiare. Ciao. Finita. Amore a prima vista.

Ora, voi forse non riuscite a vederlo ma è magro da far paura e, quando è arrivato una settimana fa, manco si reggeva in piedi. Dire che zoppicava è dire poco. Sembrava, boh… non so nemmeno io cosa sembrava!

Adesso invece già saltella, si nasconde, gioca. Ha ancora gli occhi un po’ cisposi, dentro alle orecchie ha l’intera centrale di Chernobyl e, sul naso, la discarica comunale.

Non ha pulci solo perchè inizia a far freschetto. Avrà anche i vermi presumo ma, il vermifugo, è un prodotto troppo moderno per topononno. Nessuno è venuto a reclamarlo e lui se ne va a zonzo beato per la campagna con un altro trovatello. Sì, topononno si è messo a salvare tutti i gatti della Liguria. Vuole imitare me e Niky mi sa.

Mia zia quando l’ha visto ha esclamato – In autru gattu?! – (Un altro gatto?!) e mio nonno – E mialu… poru ninin, cum’a fajevu a lasciallu cuscì, nè… vegni, vegni minuminu… – (E guardalo… povero ninino, come facevo a lasciarlo così, nè… vieni, vieni minuminu…).

Mia zia – Ma ti ti sei nesciu, u pà in rattu autru che minuminu…- (Ma te sei scemo, sembra un ratto altro che minuminu…). Ecco, questo è stato il dialogo in famiglia quando quattrozampe peloso è giunto.

Zia di gatti non ne voleva più da quando quello che avevano è andato a finire sotto ad una macchina che l’ha investito e ucciso. Poi, si è lasciata convincere a prendere la trovatella Lucy e adesso questo. Fatto sta infatti che, alla fine, anche zia si è innamorata e adesso è la prima che nasconde un po’ di cibo per portarlo a quello che un domani sarà un gatto meraviglioso.

Ha un pelo e un muso bellissimi, non trovate anche voi? Non ha un vero e proprio nome. Ormai tutti lo chiamiamo Minuminu che è il richiamo di topononno.

E dovreste vedere come si diverte topononno a vedere micio che salta rincorrendo i grilli o cercando di arrampicarsi sulla catasta di legna.

Ma non ha ancora molta forza nelle zampe e, sapete com’è, nonno non è quello dei veterinari e dei dottori. Forse non sa nemmeno che esiste il dottore per gli animali ma con Lucy è riuscito in tutto e sono sicura che riuscirà anche con questo qui.

E’ inutile ch’io m’intrometta perchè tanto sa lui cosa fare e non sente ragioni. Topononno è convinto sia sufficiente coccolarlo molto spesso e io, tutti i torti, non posso darglieli. Lui infatti, al pomeriggio, si siede sulla sedia di vimini sotto al suo nocciolo e i gatti, uno per volta, gli salgono in grembo per prendersi la loro razione giornaliera d’amore. E poi gli fanno gli appostamenti. Giù nell’orto, si nascondono dietro alla rosa o dietro ad un cavolo e poi, quando lui passa, all’improvviso, saltano fuori. Topononno non si è ancora abituato e, ogni volta, le risate sono spontanee.

Minuminu è ancora un po’ diffidente con gli estranei ma, a parer mio, ancora qualche giorno, e diventa buonissimo. Ho visto gatti molto più selvatici di lui, diventare affettuosissimi. Insomma, topononno, proprio non può stare senza fare niente e, alla sua veneranda età, ora si è messo a fare il “crocerossino” dei felini. Beh, che volete che vi dica, ben venga! Per lui e per loro!

E allora:- Benvenuto Minuminu!-.

L’unico problema che ha, è il colore del pelo. Topononno è sampdoriano e, quando lo accarezza, lo chiama “gatto juventino”, chissà se sta pensando anche di tingergli il pelo. Con topononno, tutto è possibile.

Quando sarà più grande vi farò vedere la sua trasformazione. Per ora è un frugoletto che dorme nello scarpone di nonno e non è nemmeno capace a fare le fusa. E’ buffissimo. Stiamo a vedere cosa diventerà.

Vi mando un bacione! Miao! Anzi Squit!

M.

Cencio

Visto il furore che ha avuto Nocciola, non potevo non parlarvi anche di Cencio.

È cosa davvero ardua beccarlo sveglio. Pigro come non so cosa e, presumo, anche narcolettico, passa le ore semplicemente a dormire. I gatti, si sa, lo fanno con passione, ma lui è a dir poco esagerato. Il suo nome deriva da come si è presentato in casa mia una splendida domenica d’agosto alle sette e mezza del mattino.

Avete presente quelle calde giornate estive e per giunta domenicali in cui la sera prima vi siete detti: «Domani non metto nemmeno la sveglia. Voglio dormire!»? Bene, non avevo fatto i conti con la mia cara amica che, domenica o no, lei alle sei deve portare fuori il cane a fare una lunga e rilassante passeggiata. Che vita vuota, lo so! Ma perchè andarci di mezzo io? Semplice: chi meglio di una topina del mulino per prendersi cura di un cucciolo appena nato? Ebbene sì, i miei amici lo sanno: dove ci sono i miei simili, ci sono anch’io.

Amo prendermi cura di loro. Cencio venne trovato da lei sui binari mezzi distrutti della ferrovia che lasciò poi il posto alla pista ciclabile. Era sporco di sangue secco, con il cordone ombelicale ancora attaccato e, nonostante l’afa, completamente intirizzito dal freddo. Deducemmo che dovesse essere nato quella stessa notte.

La mia amica ha cercato la mamma ovunque. «Forse ha cambiato zona, gli è caduto durante il trasporto e non lo trova più», ha pensato. E cerca, cerca, cerca… ma nulla. Né un micio, né una cucciolata. Due randagi che mettevano paura anche a un cane, furono gli unici felini che vide. Erano sudici, affamati e mezzi spelacchiati. Non potevano certo essere i genitori del piccolo, anche perchè passarono di lì senza nemmeno considerarlo e se ne andarono con i loro occhi cisposi.

Da poco passata l’alba, il dlin dlon del mio campanello suonò.

Non era possibile. Era domenica, per giunta di agosto… chi poteva essere?

La mia amica tirò fuori quell’esserino infreddolito dalla tasca della sua salopette. Inutile dirvi quando lo vidi quel che provai. Perdonai quella rompigioiellidifamiglia e mi misi immediatamente all’opera con i suoi «Salvalo! Salvalo!» che mi rimbombavano nelle orecchie. In effetti, non era proprio in ottima forma. Con ancora orecchie e occhi chiusi dava pochi segni di vita. A peso morto, non reagiva a nulla. Presi subito un biberon dalla mia scorta e lo riempii di latte caldo. Insomma, inutile dirvi che Cencio è ancora oggi, a distanza di sette anni, vivo e vegeto a casa di un mio amico. Li salvo, ma non posso mica tenerli tutti! Dove l’ho spedito (a due passi da me) sta benissimo, ma continuiamo a sentirci una coppia. Instauro con tutti loro uno splendido rapporto perpetuo. Cencio, al contrario di Nocciola, dà confidenza a chiunque. Non ha mai avuto paura di niente e di nessuno ed è ora un gattone enorme. Magro, snello, sempre che gioca, ma con una muscolatura invidiabile. Il sinonimo di straccio però gli è rimasto. Quando lo vidi la prima volta mi diede l’impressione di essere davvero un toglipolvere, poverino! Lo prendevamo tutti in giro perchè, a causa della sua audacia, e della sua inesperienza, finiva sempre per mettersi nei guai o farsi male, e dire che sta sveglio solo due minuti al giorno! Secondo me è un po’ tonto, ma gli voglio bene ugualmente. Anche lui è molto affettuoso, ama dormirti accanto e sentire il calore che gli è mancato dalla mamma. La sua sindrome dell’abbandono lo ha sempre portato a preferire una coscia piuttosto che un morbido cuscino. Uno squit affettuoso anche a te, e a voi ovviamente, che mi auguro siate allietati da quest’altra bella storia  a lieto fine.

Un saluto, vostra Pigmy e uno squit anzi… miao!

M.