L’aurora tremante in veste rosea e verde
avanzava lentamente sulla Senna deserta
e la fosca Parigi, stropicciandosi gli occhi,
impugnava i suoi attrezzi, vegliarda laboriosa.
Cimitero di Montparnasse, 14° arrondissement.
Mi soffermo davanti alla sua tomba. Lo hanno stranamente messo insieme al detestato patrigno, il Generale Aupick e la madre, amata e odiata, Caroline Archimbaut-Dufays. Lo hanno messo qui, nel 1867, dopo una breve vita da incompreso, secondo il suo pensiero, genio e sregolatezza, masochismo e dannazione. E’ nello stesso Camposanto che accoglie i filosofi e scrittori Jean Paul Sartre e la compagna di vita Simone De Beauvoir dei quali potete vedere la lapide nell’immagine qui a fianco; una lapide piena di gingilli e bigliettini, ricordi e preghiere. Ed è insieme a tantissimi altri personaggi ricordati e conosciuti, come lo scrittore Guy de Maupassant, l’attore Philippe Noiret, il politico Porfirio Diaz e tanti altri.
Charles Baudelaire scrittore, critico e aforista francese è stato un personaggio che mi ha sempre incuriosito. Quel suo essere così bohèmien, quel suo credere a ciò che voleva credere, quel suo bene e quel suo male a lottare instancabilmente l’uno contro l’altro come lotte intestine. E il bene nel male e il male nel bene. E ora questa lapide, mezza vuota, mal tenuta, con una spolverata di muschio sopra e un mucchio di foglie secche intorno
. Qualche biglietto della Metrò, fermato da un sassolino che i turisti hanno pagato per arrivare sin qui e qualche cartina di sigaretta come a significare “A te Charles, amico mio… tu sì che saresti stato in grado di capirmi”.
Pare di scorgere questo dagli sguardi degli adolescenti che osservano la tomba senza forse sapere nemmeno veramente chi sia sepolto lì sotto, chi era il loro amico Charles. Questo cenotafio, che sembra un parallelepipedo, è lì, in mezzo agli altri, senza spiccare, senza farsi vedere. Parlo di Baudelaire in quanto è stato protagonista più di una volta dei discorsi tra me e Topoamico. Manco lo amassimo così particolarmente, poi. Ricordo anche nel primo incontro. Quella sera ordinai un Gin Tonic e me lo servirono con una apprezzata fetta di limone. Era estate e faceva caldo. – Chi beve solo acqua ha qualcosa da nascondere -, mi disse pronto lui pavoneggiando simpaticamente la sua cultura citando una celebre frase del poeta. Fu anche un modo carino per darmi della persona aperta e sincera. – Il peggior inganno del diavolo è quello di persuaderci che egli non esiste – gli diss
i io, qualche tempo dopo, cercando di fargli aprire gli occhi su alcune persone e facendolo ridere. E quando venni qui, in questo boulevard, volli vedere dove stava colui che a noi ha fatto anche sorridere. Può sembrare strano, lo so, ma è così. E oggi vi ci ho portato, anche se immagino che
sicuramente avrete già visto dal vero la lapide di Charles Baudelaire, voi che siete più gironzoloni di me. E che impressione vi ha fatto? Un bacetto, topini.
M.