Il sentiero oltre le mura

Triora è un borgo meraviglioso da visitare. I suoi carruggi raccontano di storie antiche, di streghe, di battaglie e signorotti.

È suggestivo camminare per quei vicoli, toccare le pietre che reggono quelle case imponenti, ammirare i contrafforti che parlano di unione.

Appare assurdo notare come, in alcuni punti, i potenti raggi del sole non riescono ad entrare nonostante stiano picchiando su ogni tetto con forza e calore. Si possono ben vedere e ben sentire, fuori le mura del paese.

Ai confini di quell’abitato che da qui, senza più case attorno, mostra la mia splendida vallata. Fuori le mura che, un tempo, chiudevano il villaggio in un mondo a sé, totalmente autonomo. Fuori da mura che proteggevano chi viveva all’interno.

Ed è da qui, verso Sud, che nasce un sentiero panoramico assolutamente da percorrere, costeggiando così Triora dall’esterno. È un sentiero a salire che ci porterà verso la parte più alta del paese ma, soprattutto, ci farà giungere in uno dei luoghi più noti di tutta la Valle Argentina.

Si tratta della “Cabotina”, un piccolo spazio dove molti molti anni fa, secondo la voce del popolo, le streghe si ritrovavano di notte per ballare col diavolo.

La natura è assai presente lungo questo percorso ben delineato in terra battuta e ciottoli.

Oltre ad alberi spogli e arbusti verdi posso già notare fiori di Calendula e Borragini destinati ai più golosi. Preziosi doni di Madre Terra già sbocciati nonostante il freddo mese di gennaio.

È entusiasmante vedere da qui Molini di Triora laggiù in fondo. Lo si vede in tutta la sua grandezza, disteso lungo il torrente. Di lui si notano i tetti rossi delle case, il campanile della chiesa e i monti che lo circondano. Si vede bene anche la Strada Provinciale che si percorre per salire su in Valle, partendo dal mare.

Al di sopra sonnecchia Andagna appoggiata sul monte. E’ riconoscibile anche la sua piccola chiesetta di San Bernardo alla sua destra.

Anche il paese di Corte è una meraviglia visto da qui incorniciato da foglie vive e turgide.

Ebbene sì, da come potete vedere, la vista è ampia e splendida.

All’inizio di questo percorso, ciò che resta di quelle mura in pietra, si vede ancora bene e, in principio, si passa sotto ad una volta, anch’essa in pietra, che un tempo doveva essere una delle varie entrate nel villaggio. E’ stretta e ricoperta di rovi. Immagino guardie davanti a lei a controllare il territorio. Chi si avvicinava e chi usciva dal borgo.

Tratti di quelle rovine accompagnano lungo tutto il cammino, anche se di loro è rimasto ben poco e, quel poco, oggi, è ricoperto da una natura selvaggia e ingorda.

Ci sono delle costruzioni. Sembrano vecchie case. Sono dei ruderi. Si individuano delle finestre e delle porte nelle pareti restanti. Forse erano le case delle sentinelle o abitacoli nei quali accordarsi per decidere come muoversi contro il nemico.

Continuando si arriva in un punto in cui degli scalini e un po’ di salita ci portano sempre più vicino alle zone abitate dalle streghe. Dei paletti di legno servono da ringhiera e muretti in pietra, più recenti, formano quel tratto di strada.

Il piazzale nel quale si giunge è lastricato di pietre piatte e lisce. Ci si può ballare sopra sicuramente ma le bazue, di certo, avranno danzato su un terreno più rude.

Anche da qui un altro splendido panorama arricchisce gli occhi. Si può vedere una parte della Catena Montuosa del Saccarello ed è una meraviglia.

Alcune piccole porte in legno sono dipinte. Sono diverse le porte disegnate in questo paese conosciuto come la “Salem d’Italia”.

L’atmosfera è diversa adesso rispetto a prima. Si entra nell’arcano.

La rappresentazione di una bella strega dai capelli rossi lo conferma. Accanto a lei uno scaffale pieno di erbe essiccate per ricordare gli elisir e le pozioni che queste donne creavano.

Donne vissute nel XV secolo e perseguitate dall’Inquisizione che qui, a Triora, è stata davvero protagonista per molti anni.

Una passeggiata breve, tranquilla, da fare se ci si vuole rilassare e per vedere questo paese, conosciuto in tutto il mondo, e la mia Valle anche da un altro punto di vista.

Ora mi guardo i vecchi casoni che si trovano proprio qui, alla fine di questo sentiero.

Un bacio stregato a voi! Alla prossima!

Regina per un giorno nel Castello di Triora

Oh! Si! So già che state pensando: “Topina! Ti accontenti di poco!” ma è perché non sapete cosa riesco a fare con la fantasia e l’immaginazione. Ma oggi ve lo mostro.

So bene che andiamo verso quello che ormai è solo un rudere ma sono tante le cose che ci attendono quindi seguitemi.

Venite con me, vi conduco nel mio… Castello!

Ci saranno paggi e valletti, guardie e principi, tanta storia e, dalla torre più alta, potremmo vedere un panorama meraviglioso.

Nel bel mezzo dell’antico borgo di Triora prendiamo per Via Castello da Fontana Soprana. In realtà, il mio Palazzo Reale, si può raggiungere da diverse vie ma questa salita di ciottoli, che si srotola tra le case del borgo, mi piace molto.

Mi soffermo a guardare i miei monti. La loro immensità, il loro stagliarsi contro il cielo e cullare i paesi di Corte e Andagna.

Sorrido a quella bellezza e mi dirigo verso la meta di cui vi parlavo conosciuta anche con il nome di Castrum Vetus Triorae e che fu realizzata intorno al XII e il XIII secolo.

Il Capo delle Guardie mi viene incontro per salutare Sua Maestà. Ha un’espressione rude ma in realtà è un coccolone. Dovete capire che deve mantenere un certo contegno e una certa autorità per farsi rispettare da tutti i soldati.

Dopo avermi riempito per bene di pelo, miagolando a più non posso, mi lascia libera di giungere a Casa mia.

Tutti acclamano la Regina suonando trombe e sventolando bandiere. Le fiaccole appese fanno una gran luce grazie alle fiamme ardenti le vedete anche voi?

Ma come no? Guardate bene! Cola persino ancora la cera da quei porta-torce in ferro battuto. Che meraviglia!

Quanta pietra robusta a realizzare quello che un tempo era un fortino inespugnabile.

Quello che posso mostrarvi è poco: un bastione, un torrione dal quale un tempo si poteva scorgere il nemico arrivare e qualche pezzo rimasto del muro di cinta.

La vista da qui, infatti, è ampia e se mi arrampicassi fino in cima potrei vedere anche la strada principale di sotto ma mi accontento di vedere, da varie prospettive, i tetti rossi di Triora, il campanile e tutta la natura che circonda il paese.

E’ uno sguardo pieno di entusiasmo il mio.

Le case sembrano appiccicate le une alle altre e, viste da qui, appaiono decisamente più piccole.

Le restanti rovine mi permettono ancora di percepire l’altezza e la stabilità di questa costruzione.

Eppure dovete sapere che è stata distrutta diverse volte, sembrerebbe quattro volte, persino dagli stessi trioresi arrabbiati a causa delle tasse troppo alte che venivano imposte. Eeeeh… i miei antichi convallesi non erano certo degli smidollati! Perbacco! Siamo nel Paese delle Streghe mica in quello dove si pettinano i criceti!

Questo Castello appartenne infatti anche ai Conti di Ventimiglia i quali, come vi ho già spiegato in altri articoli, non erano proprio molto apprezzati dal popolo.

In un altro tempo, invece, questo luogo storico e fantastico era l’abitazione dei signorotti locali ma appartenente ovviamente anche alla Repubblica di Genova, dal 1267, come tutto questo territorio d’altronde. La torre era infatti definita – bastione difensivo della Repubblica -.

Sotto di lei sorgeva il Cimitero e, durante gli ultimi lavori esterni (avvenuti nella prima metà del 1800) vennero rinvenute parecchie ossa umane trasportate poi in quello che è ancora oggi il nuovo Camposanto e che tuttora riposa oltre il sentiero Beato Giovanni Paolo II.

Sto fantasticando in quello che venne per molti anni considerato uno dei punti più strategici di tutta la Valle Argentina.

Sto cercando la Sala del Trono, dovrò ben sedermi dopo aver fatto tutti questi passi in lungo e in largo, ma la mia attenzione viene nuovamente rapita dai bordi frastagliati di alcune mura. Posso di nuovo vedere i miei amati monti.

In realtà, quei perimetri, sembrano non finire come ad avere un proseguo infinito chissà dove. Mi è facile immaginare un vero e proprio Palazzo dai tratti severi e solenni.

Il piazzale davanti è un lastricato di grigia pietra e oggi è divenuto un balcone che si affaccia sulla mia Valle. In antichità invece era l’entrata del Castello ma anche il centro della cosiddetta “Cittadella”.

La Cittadella era un nucleo abitativo totalmente autosufficiente e racchiuso dentro a delle mura nella quale i trioresi vivevano senza bisogno di nulla se non quello di vendere o barattare i propri prodotti. Essi coltivavano, cucinavano, lavoravano sempre all’interno di questo feudo e protetti.

All’interno del bastione, se si alza il naso all’insù, si può vedere il cielo perché non esiste il tetto ma, oltre al velo azzurro, vedo trecce bionde e lunghissime scendere giù da quelle feritoie e Principi Azzurri pronti a… ehm… ma no, forse questa è un’altra fiaba.

Beh, lo scenario qui è talmente bello che sembra di essere in un mondo magico e in un tempo che fu. E’ assai facile confondersi.

L’entrata della torre è piccola e dalla volta tonda, sembra la porta di una cripta, mentre è interessante osservare la trave in legno che fa da portale a quello che doveva essere un vero e proprio uscio.

Durante la costruzione di questo edificio non era ancora stata usata l’ardesia come architrave.

Compio ancora un giro intorno a tutto ciò che resta del noto Castello e sogno ancora un po’, fino al calar del sole. Il Toraggio si illumina di nuova luce così come le case dei trioresi e il mio animo.

Adesso c’è ancora più silenzio e l’atmosfera è splendida da vivere. Con una zampa accarezzo un’ultima volta quelle pietre. Chissà cosa hanno visto da quando sono qui. Quali abiti? Quali persone? E chissà se hanno sentito urlare, o ridere, o chiamare, o suonare antichi strumenti.

Lascio immaginare anche un po’ voi, io devo rientrare in tana perché ho un altro post da scrivere.

Alla prossima topi! Un bacio regale a voi.

Vignago – il borgo antico

Oggi, Topi, concedetevi un po’ di tempo per seguirmi perché si va a visitare una piccola perla della Valle Argentina.

Il tempo non vi servirà solo per arrivare in questo luogo che si trova sopra al paese di Corte ma anche per immergervi in un altro tipo di tempo che oggi non esiste più ma, in qualche modo, ha saputo lasciare qualcosa di sé, persino il suo profumo e la sua voce.

Attraverso gli oggetti, gli angoli caratteristici, i carrugi, le finestre e l’atmosfera, il – passato è ancora presente – anche se sembra una frase assurda da recitare ma vedrete che dico bene se verrete con me.

Andiamo a Vignago, il borgo piccolo e antico. Il borgo sotto la Rocca.

Il nucleo centrale di questo paesino, infatti, è chiamato – Rocchetta -. Questa protagonista si trova esattamente sopra ai tetti delle vecchie abitazioni.

Per arrivare a Vignago si passa nel bosco e il paese stesso è circondato da Castagni e un’infinità di Roverelle. Un tappeto di ghiande viene calpestato dalle nostre zampe mentre giungiamo ad una delle prime costruzioni importanti.

La macchia diventa meno fitta, alcune rocce si sporgono sulla vallata mostrando Triora che domina di fronte e un’edicola ci aspetta presentando la meraviglia che stiamo per vedere.

Le giro intorno; è piccina, un tempo conteneva la statuetta di una Madonna.

Attraverso una delle sue aperture si nota Monte Pellegrino (1.521 mt) che, in questo periodo mostra anche un foliage spettacolare oltre le radure che lo contraddistinguono.

Davanti a lei, un grande albero di Alloro, ritto e austero, sembra consentire l’accesso al sentiero che scende e porta alle vecchie abitazioni.

Una manciata di case completamente in pietra. Una pietra oggi abbandonata. Nessuno vive più qui ma un tempo c’era persino la scuola. Pare che i bambini fossero una decina e gli adulti più numerosi ma, durante il dopoguerra, questa gente decise di trasferirsi in altre zone.

In effetti, salendo per il sentiero che parte dalla località Molini di Pio, dopo Molini di Triora, e quindi dalla parte bassa che conduceva ai paesi più forniti, non è per niente semplice arrivare qui eppure, un tempo, si percorreva questa strada ogni giorno per poi tornare su, superare i primi capanni e raggiungere una delle case più grandi.

Se invece arrivate da Corte e dal bosco di sopra, introdursi in questo borgo è un’esperienza fiabesca e par quasi di sentire una vocina cantare “A mille ce n’è…”…

Si nota subito come in certi tratti la natura, una meravigliosa natura, abbia preso il sopravvento ma non sembra presuntuosa anzi, sembra voler proteggere quel luogo immerso nel silenzio.

Solo qualche lieve fruscio si percepisce, ogni tanto, provenire da dentro i ruderi. Sono i miei cugini Pipistrelli, si saranno sentiti disturbati dalla mia visita, sono dei dormiglioni!

Dopo quel che rimane di qualche casa raggiungiamo una fontana sulla quale una minuscola targa recita queste parole: “Con la unione di tutta la popolazione di Vignago sorge la fontana dell’acqua potabile 12 – 5 – 1951”.

E’ situata in una piccola piazzetta ora ricoperta da erba alta e si trova nel mezzo della striscia di case.

Vignago è infatti un insieme di dimore che costeggiano l’unico carrugio accessibile.

Alcune di loro non hanno più nemmeno il tetto, altre invece riportano una copertura ancora in ciappe di ardesia, altre sono pericolanti, mentre qualcuna è piena di ragnatele al suo interno.

Se le travi e le solette fossero più resistenti penso che un regista, una volta giunto qui, pensi d’essere arrivato nel suo set cinematografico preferito!

Tutto è da guardare, da osservare, da contemplare. Tutto ha tanto da dire. Se ci si ferma con lo sguardo sopra ai vari particolari si notano cose mai viste prime, si può sentire un’antica narrazione e si può immaginare ciò che non si è mai vissuto.

Ho così tanta voglia di portarmi tutto in tana che faccio foto a non finire.

Questa piccola frazione di Corte, e quindi di Molini di Triora che fa Comune, fino al 1903 appartenne al territorio di Triora distaccandosi poi assieme ad altre frazioni vicine ancora oggi abitate.

Alcuni punti ombrosi sono umidi e bui. Capisco perché i Chinotteri qui si trovano bene tra le braccia di Morfeo ma, attraverso alcuni pertugi, la luce del sole entra e i suoi raggi rendono tutto ancora più affascinante donando un bagliore quasi argentato a quei resti circondati da una natura florida.

Travi di legno massicce, lastre incise, porte pesanti e sedie tarlate. Tra le pietre dei muri escono chiodi enormi, arrugginiti, in grado di sostenere il peso eccessivo.

Ci sono finestre chiuse da persiane di legno mentre altre sono oggi solo buchi dalla forma quadrata che permettono di vedere il mondo.

Siamo a circa 700 mt s.l.m. ma potendo vedere, attorno a noi, nei pressi di questo borgo, alcuni degli alti monti della mia Valle, pare di essere ancora più vicini al cielo. Siamo in un punto alto, aperto, che gode di aria buona e tanto sole.

Il panorama è stupendo e obbliga a spalancare gli occhi ma anche le piccole creature accanto a noi non sono niente male.

Insetti, fiori, funghetti, frutti… c’è davvero di tutto qui. Tantissima vita in un luogo che, a prima vista, sembra parlare soltanto di staticità.

E’ vero, il tempo in effetti sembra essersi fermato ma, nonostante il passare di molti anni, un’energia movimentata continua a imperlare tra queste mura.

Non vorrei più andarmene. Mi piacerebbe vivere quest’atmosfera durante le varie ore del tempo ma i miei lavori in tana chiamano e se non torno indietro voi rimanete qui a Vignago senza altri articoli.

E’ bene ch’io rientri quindi ma prima vi mando un bacio antico e vi aspetto per la prossima avventura.

Buon proseguimento Topi!

E “messe in mustra” de Baäucu

Sono tante, tantissime topi e vi avviso subito che non le ho nemmeno fotografate tutte. Sono numerosissime e poi comunque non posso farvele vedere tutte io, dovete andarvele a godere dal vivo perché meritano tantissimo!

Ce n’è di tutti i tipi possibili e immaginabili e… Oh! Ma che sbadata! Non vi ho detto di cosa sto parlando! Scusate, mi sono fatta prendere da tanto fascino, tanta bellezza e soprattutto tanta bravura.

Ebbene, sto parlando delle stupende opere d’arte che si trovano in bella mostra per le vie e i carruggi di Baäucu (Badalucco). E sono una più bella dell’altra.

Dopo avervi presentato Piazza Etra, un intimo luogo di questo paese dove l’arte pura trionfa (se ve lo siete perso, potete cliccare qui) non posso non farvi osservare altre carinerie artistiche. Venite insieme a me, che ne vediamo qualcuna.

Badalucco è uno degli abitati più grandi della Valle Argentina e ha un centro storico ampio e ricco. Oggi, o meglio, da qualche anno, ricco anche di queste bellezze che si possono trovare appese, in quanto creazioni di argilla, o vetro, o porcellana, oppure dipinte direttamente sui muri.

Vogliono essere soltanto ammirate, ma a volte svolgono anche un ruolo importante, come quello di indicare la Bottega Artigiana che le realizza. E da qui si capisce bene come, in questo borgo, si possano anche visitare laboratori o centri nei quali si lavorano i materiali come una volta.

Tutte insieme, rendono questo dedalo di vie intricate davvero suggestivo e incantevole. E variopinto, anche! Dove neanche il sole osa entrare e i carruggi appaiono bui e sinistri, ci pensano loro a mettere allegria con i loro colori e le loro forme.

Guardate, guardate: non sono splendide? In vari stili e per tutti i gusti. Dall’astrattismo al realismo. Certe sono firmate riportando il nome dell’autore.

Alcune costruzioni sono completamente dipinte, o lo è una gran parte di esse, e su diverse pareti si possono leggere anche scritte che sanno di bello, di pace e di speranza.

Gli occhi si spalancano dietro ogni angolo e, dopo un po’ che si cammina, viene spontaneo aspettarsi la sorpresa… che non manca. Non ci sono zone prive di queste bellezze – messe in mustra – (messe in mostra).

Insomma, girovagando di qua e di là per questo bel borgo, non ci si annoia di certo, che siate patiti di arte o meno. Pure i piccoli topini, noto, rimangono estasiati e sorpresi e giocano a chi trova la prossima per primo.

Il centro storico, così antico e scuro, appare più allegro e certamente curato in modo migliore. Dove la luce, come ho già detto, non scalda e non illumina, ci pensano i colori e la dedizione che traspare da queste realizzazioni ad abbracciare affettuosamente il passante.

Splendidi trampolini per lanciarsi e tuffarsi appieno nella fantasia. Sì, perché da una soltanto di queste opere si può iniziare a viaggiare con l’immaginazione verso mondi sconosciuti che sanno di arcobaleno.

Ecco come rendere una semplice passeggiata tra carruggi in una camminata indimenticabile per le vie di un borgo. E già li sento i fuestei (turisti) una volta tornati a casa – Come si chiamava quel paese che abbiamo visitato pieno di opere d’arte per le vie?

Si chiamava Badalucco. Si chiama Badalucco!

Un bacio artistico a voi, topi!

Antiche insegne, vecchi ricordi

Guardatele topini, ve le ricordate? A me fanno venire un po’ di malinconia.

Mi ricordano le botteghe che oggi non esistono più, le cose piccole, i grandi valori. Mi ricordano le prime commissioni da fare alla mamma, che in realtà erano vere e proprie missioni, di quando si partiva con la borsa tra le mani e le 10.000£ così strette nelle dita che Aldo, il macellaio, doveva disfare un origami per darmi il resto.

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La mamma aveva detto – Non perderle Pigmy, mi raccomando! -. Dovevo ricordarmi tutto ma, in realtà, ella aveva già telefonato e fatto la sua prenotazione.

Mi ricordano anche le telefonate che facevo io. I pianti dalla colonia, alla sera, perchè volevo tornarmene al mio mulinoSONY DSC e i soldini non bastavano mai per mandare tutti i bacini che avrei voluto spedire dentro a quella cornetta… dovevo far più tenerezza che potevo… dovevo straziargli il cuore a mamma e papà! E i mega numeri, quelli lunghissimi di quando capimmo come fare a fare gli scherzi laggiù, fino in America. Sarà stata l’America poi? Boh? E chi aveva il tempo di scoprirlo?

Mi ricordo della farmacia e della farmacista. Più antica della sua stessa insegna e dei barattoli di erbe che teneva come reliquie. Amica di famiglia, sapeva tutto prima e sopra gli altri e, ai tempi, l’ascoltavo come incantata.

Mi ricordo il vanto di essere affacciata proprio alla finestra dell’insegna, dalla quale in realtà non si vedeva nulla, quando andavo a trovare la zia. Era la più scomoda finestra di tutta la palazzina, ma mi cuocevo i gomiti appoggiata al davanzale d’ardesia che scottava sotto il sole. Chi leggeva mi guardava. Che sfacciata! Ma da piccoli, tuttoSONY DSC è perdonabile. Tutto è comprensibile.

Mi ricordo, e i pensieri sono vivi dentro me, come freschi del giorno prima. Mi ricordo di quando andavo dalla Lina e le vendevo le uova delle mie galline. Lei aveva un modo di trattare quelle uova come se fossero state pietre. Io sembravo un’impedita e, per il terrore di romperle, andavo a SONY DSCrallentatore. La Lina rideva, rideva così forte e divertita che mi accorgevo dei denti che le mancavano in bocca.

Mi ricordo dell’odore di quello che le insegne stesse pubblicizzavano. Quell’odore di chiuso, di scuro, di umido o di buono, come quello del prosciutto cotto, e stavo lì, ad annusarlo per ore, al di là del bancone, finchè la campanella della tenda annunciava che mi avevano sentito entrare e stavano arrivando dal cucinino per servirmi.

Mi ricordo quelle più in voga della Coca-Cola, o della Plasmon, o quelle che annunciavano le mercerie e le vecchie osterie. A volte anche pendenti, a volte anche di legno. A volte cigolavano. A volte erano disegnate direttamente sulla parete o attaccate da tasselli e, con la pioggia, perdevano la tinta o la ruggine che coloravaSONY DSC il muro di marrone arancionato e sbavature irregolari.

Mi ricordo che non s’illuminavano e, alla sera, finivano di esistere, ma tanto sapevamo benissimo dov’era quel luogo che ci serviva.

E anche oggi, hanno smesso di esistere. Ora che si staccano, o l’intonaco sul quale erano disegnate, si sta sgretolando via. Ora che le guardi SONY DSCe ti dicono chiaramente quanto tempo è passato, senza indugi, senza batter ciglia. Ora che vorresti, rivederle vivere. Ora che dormono, che nessuno più le considera. Si sentono inutili e stanno lì, a lasciarsi andare. Mi mancate. E a voi? Che effetto fanno? Riportano anche a voi e alla vostra memoria, alcuni ricordi? Raccontatemeli…

Un saluto, vi aspetto per il prossimo tour.

M.

La prima foto è stata presa da tube.7s. it