Nel ventre dell’antica Foresta dei Labari

E’ una soleggiata mattina di inizio autunno quando mi inoltro per un sentiero largo e pulito che passa sotto a dei Noccioli e dei Castagni meravigliosi.

Il silenzio assai apprezzato di quel luogo è rotto, di tanto in tanto, dai fruscii delle lucertoline veloci che si muovono tra le foglie secche a terra e il cinguettio di uccelletti felici.

Cardellini e Fringuelli, infatti, mi circondano e mi accompagnano in quella macchia che trionfa di vita.

Posso però udire anche il crocidare di qualche Ghiandaia che sembra alterata (come al solito, visto il caratteraccio che hanno, e mi riferisco soprattutto alla mia amica Serpilla) e il battere del Picchio che buca quei tronchi enormi alla ricerca di linfa e insetti. O forse vuole prepararsi un nuovo nido.

Attorno a me, l’Erica e i Noccioli, rendono tutto ancora più brioso e rigoglioso, colorando di rosa e di verde ciò che ormai sta assumendo tinte più calme e mature.

Nonostante la stagione, posso godere ancora della presenza di qualche fiore più temerario che non ha paura a sfidare i primi freddi.

Il sentiero scende a tornanti e mi porta verso il torrente che attraverso per ritrovarmi nell’antica Foresta dei Labari.

Sono sopra al paese di Corte, ho preso la strada che va verso Vignago, facendomi aprire la sbarra che ostruisce il passaggio, e mi sono diretta verso Case Loggia per la via che conduce ai Casai.

Qui, un percorso morbido di erbetta e foglie, scende alla mia destra e lo prendo per portarvi dove vedrete.

Il piccolo torrente si lascia attraversare con facilità anche se ci vogliono scarponi adatti per non bagnarsi i piedi. Gli scarponi adatti ci vogliono anche perché, nei Labari, la vegetazione è esagerata e senza la giusta attrezzatura e un abbigliamento adatto si rischia di farsi male o di non apprezzare tutta quella bellezza.

I Rovi, infatti, impediscono il cammino con il loro voler essere totalmente al centro dell’attenzione. Carichi di More gustose, che mi consentono una bella scorpacciata, si innalzano boriosi per far notare quelle meraviglie viola e rosse che li abbelliscono.

Altre piante legano le caviglie e trattengono come a voler essere notate anch’esse. Ci sono arbusti che graffiano e fronde che accarezzano ma, tra loro, qualche ragno ha costruito ragnatele resistenti e assai vaste.

Mi rendo conto che da questa descrizione, questo luogo può apparire poco piacevole, ma vi assicuro che non è così. Ci vuole un po’ di sacrificio per raggiungere la meraviglia e, inoltre, tutto quel verde è davvero suggestivo anche se all’essere umano può apparire antipatico. Io poi, che sono una piccola Topina, mi faccio meno problemi sgattaiolando sotto a tutta quella flora.

Quel bosco continua ad essere florido ed esuberante ma, ogni tanto, regala angoli stupendi e quando si giunge in questi piccoli eden si pensa davvero che sia valsa la pena della fatica di prima e di quella che si dovrà fare poi.

Queste zone sono delle affascinanti radure sotto a Castagni secolari dalla bellezza indescrivibile. Non bastano cinque uomini adulti per abbracciarli. Sono enormi, antichi, saggi.

Sono in quel luogo da tantissimi anni e mi chiedo cosa possano aver vissuto.

Hanno già partorito dei ricci che il vento forte dei giorni precedenti a fatto cadere a terra ancora acerbi. Il loro verde è sgargiante, quasi fosforescente ma, dentro, le Castagne protette sono sane, turgide e pronte per essere consumate.

Le chiome generose di questi alberi fanno ombra alle Felci sottostanti che rendono quel sottobosco prospero e fresco. Sono le piante che simboleggiano il mistero e infatti chissà quanta vita si nasconde sotto i loro rami leggeri. Piccoli roditori come me e insetti trovano il loro habitat naturale proprio tra questo cupo fogliame.

La Felce permette al bosco di essere più idratato e umido in quei punti. Lo si nota anche dalla presenza di molti Funghi strani attaccati ai tronchi.

I Noccioli persistono e con i loro fusti sottili e ramificati e le loro foglie a cuore nascono tra scogli ricoperti di muschio nuovo, rendendo quel palcoscenico un territorio simile a quello dell’Irlanda.

Mi aspetto di vedere un Druido uscire da dietro un arbusto e parlarmi.

Un’ulteriore radura, ancora più aperta delle precedenti, mi permette di vedere il cielo che da tempo non riuscivo ad osservare sotto a quelle alte piante.

Che meraviglia quelle montagne ancora verdi!

Non solo, vedo anche i profili dei miei monti e vengo salutata persino da un’Aquila Reale che sorvola su quei crinali alla ricerca di cibo.

Gli spunzoni delle Rocche più conosciute svettano nel vuoto e fanno impressione. Viste da qui assumono un aspetto austero e imponente.

Quella più dolce, dietro di me, è Rocca della Mela, il panettone della Valle Argentina. Un enorme masso bianco e tondo che amo sempre guardare come se fosse un punto di riferimento.

Da qui posso vedere anche il Toraggio e il Pietravecchia se mi volto verso Sud – Ovest e mentre mi accingo a scrutare quelle cime conosciute l’eco mi porta il grugnire di diversi cinghiali.

Il sole scalda di meno rispetto a qualche giorno fa e i rettili fanno di tutto per riscaldarsi a quei tiepidi raggi. Una grossa Vipera se ne sta in panciolle sdraiata su della legna e non vuole essere disturbata. Si mimetizza molto bene tra quei rami secchi che formano una catasta naturale. Sta facendo rifornimento di calore. E’ bellissima con quei disegni che le arricchiscono il corpo e deve aver appena mangiato perché la sua pancia è davvero enorme! Santa Ratta, speriamo non si sia divorata un mio parente!

E’ bene proseguire. Nel bosco mi vogliono tutti bene ma la fame è fame, quindi meglio lasciar in pace Signora Aspide e continuare per la propria strada.

Ascolto cos’ha da dirmi questa Foresta così sontuosa. Mi parla di tempi passati. Immagino Saraceni e poi Partigiani nascondersi qui. Immagino animali che oggi non vedo e mi soffermo al suo nome – Labari -.

Dopo aver visto l’Aquila Reale mi viene in mente che i Labari erano degli stemmi Romani che venivano applicati a delle aste per onorare l’Imperatore che accompagnava il proprio esercito. Su questi drappi, di stoffa rossa e oro, veniva proprio ricamata la figura di un’Aquila Reale.

Nella mia Valle sono ancora oggi presenti tante strutture realizzate dai Romani e mi ci vuole davvero poco a pensare, con la fantasia, a truppe armate, cavalli bardati e uomini pronti a conquistare luoghi. Proprio qui.

Proprio in questi boschi che ora invece mostrano solo pace e natura.

Alcuni resti di vecchi casoni di pietra mi portano ad una vita pastorale. Potevano essere case, cascine, rifugi, stalle, magazzini, caselle… qui qualcuno ha vissuto o teneva provviste.

Alcuni tratti sono freschi e scuri, è come essere nel ventre di una madre, ci si sente protetti ma occorre ugualmente fare attenzione. Dobbiamo cercare di essere cauti e gentili in un territorio che non abitiamo quotidianamente.

Il tappeto di foglie cadute l’anno scorso scricchiola sotto le mie zampe e mi fermo per ascoltare altri nuovi rumori di quella vita.

Si sta d’incanto. Mi siedo. Tiro fuori la mia piuma e l’inchiostro. Prendo una grossa foglia di Castagno e inizio a scrivere le mie sensazioni.

Vi lascio quindi ma, come vi dico sempre, restate pronti. Appena ho finito, vi porterò in un altro posto da favola.

Un bacio secolare a voi.

Dal Praetto ai Confurzi fino a Santa Brigida

Dal Passo della Mezzaluna, prendendo il sentiero tra i pascoli che taglia i Monti Donzella e Bussana arrivo ad una piccola radura chiamata il Praetto (Piccolo Prato).

È un sentiero molto carino, pulito, arricchito da un vasto panorama e tanta erba che, in questo periodo, è addormentata.

Le zampe poggiano su schegge di una particolare Ardesia. È bicolor, grigia e bordeaux. I coriandoli della Terra. Sono friabili, si rompono facilmente.

Appena intrapreso questo sentiero, se mi giro indietro, posso vedere ancora una piccola parte del Passo e il Monte Arborea illuminati dai raggi del sole.

Se guardo alla mia sinistra, invece, si apre un panorama bellissimo, fatto di monti e paesi.

Al Praetto si arriva in fretta e anche qui si può godere di una vista spettacolare.

Se mi giro verso la Catena Montuosa del Saccarello, un bosco di Conifere inizia in discesa e nasconde diversi animali. Un Gallo Forcello mi ha quasi spaventata partendo all’improvviso davanti alle mie zampe e andando a nascondersi lì, tra quegli alberi dalla corteccia ruvida.

Ma non devo passare di lì, in mezzo a quel verde scuro. Devo dirigermi in giù, verso Andagna e più precisamente verso la piccola Chiesetta di Santa Brigida. Sbucherò infatti dal tornante sopra di lei.

Inizio per quello che non ha più niente a che vedere con il sentiero piano e pulito di prima.

Sono in discesa su un terreno sconnesso. Non è pericoloso ma vi posso assicurare che tonifica di sicuro zampe e glutei.

Piccole frane, piogge e Cinghiali han reso questo tratto di bosco abbastanza impegnativo. Le foglie secche a terra (ce n’è una quantità industriale) ricoprono pietre tonde che rotolano e scivolano se ci si mette una zampa sopra, perciò occhio a non prendere storte che lo so che non siete agili come me.

E’ bellissimo vedere come il suolo muta dopo qualche metro; prima è ricoperto da foglie di Nocciolo, poi di Castagno, poi di Roverella e così via, cambiando tappeto molto spesso.

Sono infatti circondata da alberi, alberi dalla forma anche strana e mi rendo conto che alcuni sono la tana di qualche parente.

Continuo a scendere per quel bosco fatto di massi e tronchi fino ad arrivare dove a regnare è l’acqua. Eccomi giunta nella zona chiamata I Confurzi (ad indicare acqua che confluisce).

E’ tutto bagnato attorno a me. L’acqua sgorga da ogni dove e scende verso fondo Valle.

Ci sono piccoli edifici in pietra e cemento chiusi da porte verdi. Ci sono fontane e rii.

Le piccole onde e gli spruzzi scavalcano pietre e rami.

E’ acqua fresca, limpida e allegra che passa sotto le foglie, crea pozzanghere e ruscelli.

Il sentiero si appiana. Si passa vicino a delle alte rocce sotto alle quali noto le prime Primule di quest’anno e anche qualche Helleborus Faetidus sempre pronto a sbocciare. Ama le zone umide e ombrose e non patisce il gelo. Ne ho visti molti sopravvivere con tanta neve attorno.

Conosco anche un nuovo Tizio, mai visto prima, sembra un Maggiolino con le borchie ma riesce a sparire prima di rivelarmi il suo nome.

Quando non ci sono alberi si può vedere una bella parte di Valle fatta di montagne ricoperte di un verde pallido e spento che sembra velluto.

E’ tutto bellissimo e, laggiù in fondo, intravedo già la mia meta, il Santuario conosciutissimo al quale molte persone della Valle Argentina sono affezionate. Nella foto (scattata dalla parte opposta di dove mi trovo oggi) potete vedere da dove sbucherò quando giungerò in fondo a questa mia escursione.

Incontro un’edicola solitaria in mezzo a tutta quella natura. E’ bianca, anch’essa in cemento. Uno dei tanti emblemi del culto mariano molto sentito in zona.

Anche una specie di costruzione realizzata con le pietre del luogo sembra voler abbellire quel posto. Stanno ferme e in bilico.

Immagino che d’estate questo posto sia pieno di fogliame e fiori. Sono sicuramente tante le specie di flora che arricchiscono questo territorio anche se, in questo periodo, devo accontentarmi di un Creato più svogliato e ancora sonnolente. Splendido comunque.

Si arriva al traguardo senza nessuna fatica. Dopo quei primi cinquecento metri, di cui vi ho parlato a inizio post, il sentiero e bello e pianeggiante.

Anche questa volta ho vissuto una bella esperienza e ho visto un luogo che ancora non conoscevo e che mi ha colpito per il suo incredibile silenzio.

Un silenzio rotto solo dallo scorrere dell’acqua.

Bene Topi, come avete visto sono arrivata, non mi resta che salutarvi e aspettarvi per il prossimo tour che faremo assieme, come sempre!

Un bacio schioccante a voi!

Tante bellezze dalla Mezzaluna al Praetto

Oggi parto da un luogo meraviglioso.

Sono nel bel mezzo della mazzaluna, conca disegnata dal Monte Arborea e Cima Donzella, conosciuto appunto come Passo della Mezzaluna o anche Colle della Mezzaluna e mi dirigo verso i Prati di Corte.

Sono arrivata qui passando per la bellissima e mistica foresta di Rezzo, una faggeta che lascia senza fiato e sa di misterioso e fiabesco, chiamata anche “Bosco delle Fate”.

Giunta sul posto è soprattutto Carmo dei Brocchi a darmi il benvenuto in tutta la sua bellezza. Da una parte mostra il bosco e dall’altra il prato, apparendo così come mezzo capelluto e mezzo calvo. Forma un tutt’uno con Monte Arborea e appartiene anch’esso al disegno del Passo protagonista. So che sotto di lui c’è il Ciotto di San Lorenzo, luogo al quale sono affezionata e che ho vissuto molto, e quindi sorrido.

Intraprendo un sentiero stretto e pulito con attorno prati, pascoli e pietraie sulle quali non è difficile notare Camosci, come non è difficile poter osservare un panorama fantastico che mi permette di vedere tantissimi altri monti.

Il Toraggio, il Pietravecchia, il Grai, il Gerbonte, Carmo Gerbontina e anche il Bego, verso la Francia, con ancora la neve a coprirlo.

Non ho neanche iniziato la mia escursione che due Camosci decidono di salutarmi in un modo alquanto insolito. Venendomi quasi addosso in pratica. Li vedo scendere veloci dalla cresta di un montagna e dirigersi verso fondo valle. Mi passano a pochi metri di distanza, piccola come sono, per fortuna non mi hanno investita, altrimenti mi avrebbero fatta arrivare ad Arma nel giro di un baleno. Dovrebbero calmare la loro enfasi ma li capisco… sono sempre molto felici di vedermi. Io, comunque, mi sono emozionata tantissimo ma tanto proprio. Muovevano l’erba come un vento impetuoso e il fruscio era forte, impossibile non sentirlo.

Questa passeggiata, al di sotto di Località Sciorella, è adatta a tutti e porta verso una piccola radura chiamata “Praetto” circondata da un verde vivace che lascia abbagliati.

In questo periodo dell’anno sono tantissimi i fiori spontanei che rendono ancora più suggestivo questo luogo e tanti i canti degli uccelli: Passeriformi, Galli Forcelli, Cuculi… è difficile ma divertente provare a riconoscerli dal canto.

Dopo essere passata sotto a Noccioli, Faggi e Carpini il panorama si apre ancora e mi mostra i paesi di Andagna, Triora, Molini, Cetta e Corte incastonati sui colli con i loro cimiteri e i loro santuari.

Ora, alla mia destra, una catena montuosa che si snoda verso Nord-Ovest, mi consente di osservare Monte Monega e la sua croce simbolica ma anche il Colle del Garezzo.

Tutto qui è florido e lussureggiante. Si vedono i Casoni nei Prati di Corte, antichi rifugi ancora oggi utilizzati, e la Località più bassa chiamata Case Loggia.

Il sentiero sul quale zampetto è comodo e accessibile a tutti basta avere scarpe idrorepellenti, in quanto, può capitare di dover attraversare rii o sorgenti in base al periodo.

Incontro sulla mia strada una bellissima Mucca tutta bianca. È un po’ spaventata dalla mia presenza e quindi, anche se incuriosita, decide di andarsene per poi fermarsi e guardarmi da lontano. Un Topino che fa scappare una Mucca! Questa devo proprio raccontarla.

Non si possono non ammirare i fiori che vi nominavo prima. Ogni colore si palesa davanti ai miei occhi con tutte le sue sfumature e anche ogni tipo di petalo è pomposo e felice di lasciarsi ammirare.

Sono impressionanti il Trifoglio e l’Ortica. Il primo ha fiori alti e enormi rispetto al normale. Sembrano grossi pon pon dai colori decisi. L’erba urticante, invece, ha foglie grandi quanto una mia zampa! E attorno a lei altri minuscoli fiorellini piccoli come puntini.

E poi ancora: Non Ti Scordar Di Me, Veronica, Scarpetta della Madonna, Botton d’Oro, Camenerio, Pigamo, Acetosella, Valeriana Rossa… grandi, piccoli, alti, bassi… un trionfo di tinte stupende. Anche loro emozionano, sembra di essere in una cartolina. Persino il verde è cangiante.

Qui, gli insetti, stanno davvero alla grande. Possono cibarsi di ogni ben di Dio!

Nel bel mezzo del Passo della Mezzaluna sono diversi i sentieri che prendono il via ma potete fidarvi che, qualsiasi decidete di scegliere non vi lascerà scontenti.

In questo periodo i pastori sono saliti con i loro greggi e non è difficile incontrare Pecore, Capre e Mucche, quest’ultime sempre molto protette dai Tori, muscolosi e attenti, ai quali è bene non rompere le scatole.

Io vado a riposare ora, voi aspettatemi per la prossima escursione.

Un bacio verdeggiante a voi.

Un sentiero speciale

Topi, oggi vi faccio fare un tour breve, ma molto carino. Vi porto a passeggiare sul sentiero che – udite, udite! – ha visto crescere la vostra topina e ha fatto nascere in lei la passione e l’amore per la meravigliosa Valle Argentina.

Andagna sentiero

Partiamo, allora, venite con me. Andiamo ad Andagna. Qui, dalla parte dell’abitato che si affaccia direttamente sui monti che fanno da cornice al Passo della Mezzaluna, inizia un percorso che da piccina mi piaceva chiamare “sentiero delle farfalle”. Non so se questo tratto di bosco abbia un nome particolare, io l’ho sempre soprannominato così con tenerezza. Ed è un sentiero molto conosciuto da tutti gli andagnìn (gli abitanti di Andagna, nel mio dialetto), pulito e sempre ben tenuto.

E’ un viottolo che attraversa i bellissimi boschi di conifere e latifoglie della zona, all’inizio ampio e pianeggiante, adatto a topi adulti e topi piccini.

ortica

Il sentiero esordisce così, all’ombra delle fronde che sembrano già accogliere i visitatori con un abbraccio fatto di rami. E all’ombra, ben custoditi, ci sono ciuffi di Ortica e altre piante che non amano esporsi ai raggi solari diretti.

Già si nota la presenza massiccia dei Pini, anche il naso ne capta l’odore balsamico, un profumo di resina al quale non si può proprio restare indifferenti.

sentiero Andagna pini

E ora, in questa Primavera ancora agli esordi, i fiori sono piccoli, delicati, stropicciano i petali come le farfalle appena uscite dal bozzolo dispiegano le ali per la prima volta.

fiore primavera

Tra le foglie secche di una stagione ormai morente e i rami vecchi caduti, frantumati al suolo, ecco spuntare questi occhietti colorati di Madre Terra, che sembrano guardarci e chiederci di essere notati.

fiori

Come si fa a non dare loro la giusta attenzione? Dopo tanto Inverno, la Primavera fiorisce e si rimane estasiati dai suoi profumi e dalla freschezza della vita che sboccia di nuovo, in un ciclo ancora bambino.

fioriture primaverili

I rami pullulano di gemme, anch’esse tenere. Tutto parla di rinascita, in questo momento dell’anno.

Il sentiero, vi dicevo, inizia in piano. Da qui si nota anche l’abitato di Corte con il suo Santuario dedicato alla Madonna del Ciastreo e, se si urla verso le montagne, un’eco pulita e vivace ci risponde. Fenomeno che non si trova ovunque. Più avanti, invece, si alternano salite poco impegnative al falso piano, ma di sicuro non è ostico. E’ un giretto che si fa con piacere e in breve tempo, poco più di un’oretta andata e ritorno, se come me amate soffermarvi di tanto in tanto a rimirare il creato.

andagna sentier2

Ed è anche un sentiero che sa offrire scenari diversi, topi, altroché!

A tratti ci ritroviamo all’ombra, il cielo sembra lontano sotto la cupola arborea. In altri tratti, invece, l’azzurro della volta celeste, con i suoi affreschi cangianti di nuvole, lascia senza fiato.

macchia mediterranea

E poi ci sono i monti del Passo della Mezzaluna, onnipresenti con la loro imponenza. I suoi morbidi prati sembrano davvero a due passi da noi. In alcuni punti soleggiati ci si imbatte senza difficoltà alcuna nella macchia mediterranea tipicamente arbustiva e aromatica. Qui Timo e Ginepro la fan da padroni, abbarbicati sulla nuda roccia come sovrani timorosi di assedio.

E in questo bosco, ora fitto ora rado, c’è una gran varietà di piante. I Castagni impressionano per la loro stazza, spiccano letteralmente nella vegetazione costituita in prevalenza di esili Noccioli. Qualche grosso Faggio ricorda per la mole i cugini del vicino Bosco di Rezzo. Persino le Querce trovano spazio in questo variegato groviglio arboreo.

E poi c’è lui, il Pino Silvestre, la cui personalità apre letteralmente i polmoni. La sua presenza qui è massiccia.

andagna pini silvestri

Tutto il sentiero è costellato di panchine e sedili naturali improvvisati. E’ bello, infatti, restarsene qui ad ascoltare il canto degli uccelli, la pace che permea questi luoghi è paragonabile a quella che gli umani attribuiscono a certi santuari. Qui ci si sente in armonia con tutto quello che ci circonda, e allora viene il desiderio di fermarsi per assaporare quel momento, prima di proseguire nella camminata.

sentiero andagna panchina

Intanto Ghiandaie, Cince e Falchi si fanno sentire con i loro versi, e il silenzio del bosco è interrotto dal frusciare delle lucertole e dei ramarri, che scappano via spaventati al nostro passaggio. Se ne stanno al sole, anche se è ancora timido, a riscaldarsi come Natura comanda loro. La Ghiandaia, poi, è sempre così egocentrica (ovviamente parlo della mia amica/nemica Serpilla, non me ne vogliano tutte le altre Ghiandaie della Valle Argentina) da voler sempre lasciare una traccia di sé in bella vista, come a ricordarci che esiste anche lei e che, insomma, bisogna proprio notarla.

piuma ghiandaia

Oggi, per fortuna, sembra avere qualcun altro da tormentare con il suo insistente tciààà tciààà, per cui proseguiamo tranquilli in questo tripudio di fiori dai toni del giallo, del bianco e del rosa.

fiori bianchi

 

Nel bosco si intravedono anche diversi muretti a secco e qualche abbozzo di costruzione in pietra, un tempo queste zone erano frequentate e abitate, anche quelle che appaiono più impervie. C’è anche una vecchia fontana ormai in disuso.

vecchia fontana andagna

Ricordo la paura delle vipere di topo-zia. Qualcuna c’è. In fondo, stiamo parlando di natura incontaminata, ma come saprete fuggono via velocissime appena sentono muovere qualcosa. Passeggiavo sempre battendo un bastone al suolo e cantando canzoni a squarciagola.

Come ho detto, da qui, con un po’ di attenzione, si vede anche Corte, ma spingendo lo sguardo un po’ oltre, potremmo vedere anche il viso pallido di Rocca Barbone e il Saccarello.

Ma ora veniamo al motivo del soprannome che davo a questo luogo incantato quando ero topina e la mia cara topo-zia mi ci portava spesso…

farfalla

In questo momento dell’anno sono riuscita a vederne ben poche, ma a breve questo sentiero si riempirà di farfalle. Grandi, piccole, dai mille colori… tutte pronte a dar spettacolo con il loro sfarfallio! Una grande meraviglia, ve lo assicuro.

roccia sentiero andana

E che belle quelle pareti di roccia che di tanto in tanto strappano la tela del bosco! Alcune aguzze, altre più affilate, ci fanno sentire piccini.

Infine, ecco la meta di questo sentiero. Lo sterrato si conclude là, in quel varco magico creato apposta dalla vegetazione. E, una volta attraversato… vi assicuro resterete incantati.

sentiero Andagna3

Sì, perché si sbuca un po’ prima di Drego, e lì è facile che tiri una bella e piacevole arietta. Un vento che porta, ancora una volta, il profumo dei Pini che si fanno di nuovo assai presenti, e che a ogni istante ridisegna le nuvole. Col naso all’insù guardiamo i pascoli alti di Drego, Carmo dei Brocchi e Cima Donzella. Sono belli anche in questa stagione, con le gote ingiallite e bruciate dal freddo invernale.

drego andagna

Il sentiero, allora, si ricollega alla strada, la stessa che porta a Rezzo, ma prima ci lascia ancora rimirare un’altra fontana e quella perla di pietra che è la chiesetta di Santa Brigida alla quale gli andagnìn sono molto affezionati e della quale vi ho già parlato in un altro mio articolo.

chiesa santa brigida andagna

Restiamo un po’ qui a goderci la pace tra la Lavanda che deve sbocciare e il Biancospino ancora assonato e poi torniamo indietro, verso nuovi sentieri e altre avventure.

Uno squittio svolazzante per tutti voi, topi! A presto!

Dai 1600 ai 1300… metri. E poi di nuovo su.

Tante atmosfere, tanta natura in un solo luogo. Pini, Larici, Abeti, Faggi, Noccioli. WP_20150703_001E le radure dove cantano i grilli a squarciagola e i boschetti dove tutto tace. L’erba dorata riarsa al sole che giace morbida sui campi. WP_20150703_024Terreni estivi che ormai hanno già dato e ora riposano attendendo l’autunno per spogliarsi. Zone più umide, più ombrose, più verdi dove l’oro lascia il posto alla speranza. WP_20150703_016Dove le sfumature di verde nascondono i funghi, i lamponi e le fragoline selvatiche. Qui, al sole, è concesso di entrare poco per volta e la rugiada continua la sua esistenza mattutina. WP_20150703_026Prati fioriti di giallo, intercalato al rosa, regalano tuffi alla fantasia e agli occhi.WP_20150703_012 Tante le farfalle che si rincorrono, che vengono ad annusarti le zampe, che srotolano la loro lingua sopra a un fiore. WP_20150703_009E noi srotoliamo felicità. Monte Ceppo. Il mio Monte Ceppo. A Ovest, nella Valle Argentina. Meta ambita di chi vuole passare ore liete lontano da tutto. Dove la bellezza della natura regala tonfi al cuore. Monte Ceppo dai panorami vasti e meravigliosi. WP_20150703_002Un sentiero che porta all’incirca sopra il paese di Ciabaudo sarà il nostro itinerario. Vi ci avevo già portato ma come si fa a non tornare. E’ un territorio talmente vasto e sorprendente che affascina in modo diverso, da mese a mese, da stagione a stagione. Il frinire, il ronzare, il cinguettare e poi… qualche verso strano, sconosciuto, che pare allarmato o forse è solo incuriosito. E si vola. Quando i monti di fronte si aprono, lo sguardo sorvola un mondo nuovo. WP_20150703_003La foschia del mattino si dirada nelle ore più tarde e mette in mostra i paesi sulla costa. Sembrano lì, a un passo da noi. Sembra di poterli toccare con un dito come si toccano i fiori. WP_20150703_010Malvoni, Iperico, Sparviere dei Boschi, Bardana, i tanti colori profumati ci fanno strada, ci disegnano il sentiero ancora poco battuto in questo periodo. WP_20150703_015Gli amanti della mountain bike non sono ancora passati di qua, aspetteranno le ferie di agosto, per cui i ciuffi d’erba tendono trappole piacevoli, sono lunghi e  sottili. Bisogna avanzare con calma per non inciampare.WP_20150703_005 Trattengono le caviglie, sembrano non voler mollare – Guardaci! Guarda quanto siamo belle! – dicono le spighe in coro. Di qui sono passate pecore e volpi, lo si capisce da ciò che hanno lasciato nutrendosi dei frutti del bosco. Ora la natura è viva, è tutto un via vai di fremiti e attenzioni. WP_20150703_004Per qualche metro, le piccole pigne cadute, formano uno spesso tappeto. Gli scoiattoli han già fatto man bassa, ligi, preparandosi al periodo più freddo che oggi, pare impossibile arrivare. WP_20150703_014Sulle piccole praterie, non protette dai folti alberi, il sole batte caldo e la calura rende più difficile passeggiare ma fa assaporar ancor di più la vittoria. La vittoria della conquista della meta. Qui, dove tutto ha un senso, persino gli scarabei che, per nulla impauriti, continuano nella loro attività molto indaffarati. WP_20150703_027Un paesaggio meraviglioso. Come diceva Toro Seduto – Per voi il Paradiso è il cielo, per noi il Paradiso è la Terra -. La Madre Terra. Sì, questo è il mio Paradiso. Uno dei tanti della mia Valle.

M.

Un semino duro dal cuore tenero: la Nocciola

Buone eh? Le conoscete tutti lo so. Alcuni di voi ne vanno matti, altri invece magari ne sono allergici. Con loro o si va d’accordo o no. Non ci sono mezze misure. SONY DSCSono semini duri. Quello che noi mangiamo, che sta dentro al guscio, o meglio pericarpo, è proprio il seme. Gustoso, croccante. Ma è anche tenero perchè ha delle dolci proprietà. La Nocciola infatti è sebonormalizzante, idratante, addolcente e ideale per le pelli giovani. Dona energia e salute al nostro organismo essendo un grasso vegetale e, come lo fa con lui, lo fa anche con la nostra pelle rendendola turgida e morbida. Molto ricercato anche il suo olio, che viene utilizzato appunto dall’industria cosmetica, perchè è un insieme di grassi buoni e utili, proteine e acqua. Mangiando Nocciole, infatti, si assumono molte calorie. SONY DSCAl tempo dei Romani, la Nocciola, veniva usata anche per il suo aspetto simpatico, come augurio di felicità, in ricche e divertenti composizioni e si leggono tracce di lei, addirittura su manoscritti cinesi risalenti a 5.000 anni fa. Ancora oggi, in terre come la Francia, si continua con queste antiche usanze soprattutto durante la celebrazione dei matrimoni. Avete mai pensato di sposarvi con in mano un mazzolino di Nocciole? Carino e sicuramente originale! Vi sembrerà ridicolo ma in realtà state semplicemente sprigionando tanta energia positiva per festeggiare il lieto evento.

Il vero nome di questa pianta è Corylus Avellana e appartiene alla famiglia delle Betullacee, quasi tutte addolcenti per il nostro fisico e lenitive. La mia Valle ne è piena, sono fortunata. Molto spesso mi avrete sentito nominarle. Le uso tanto e non solo le mangio sgranocchiandole davanti a un film, ma le trovo ottime in insalata oppure nei dolci. Per non parlare del gelato a questo gusto! Lo adoro! SONY DSCNella lingua anglosassone è chiamata Hazel con diverse sfaccettature che ne indicano la grandezza e la qualità ma, in questa lingua, pensate, Hazel è anche il nome di una città del Kentucky, negli Stati Uniti d’America. Devo andare nel Kentucky uno di questi giorni…. se sparisco di nuovo sappiate che sono lì. Scherzo! Nel mio dialetto invece si chiama Ninsoa con la O molto stretta. Eh… ma noi topini… non siamo gli unici ad amarle sapete? Devo dividerle sempre con: Scoiattoli, Ghiri e persino Cinghiali! Sarà per via della sua enorme quantità di Vitamina E. Quei maiali selvatici vogliono sempre avere il pelo il più liscio possibile. E’ per questo che mi sto preparando in anticipo.SONY DSC Ebbene sì, vedete, anche se oggi in commercio questi frutti sono reperibili tutto l’anno, in realtà la loro maturazione avviene verso fine estate, giusto, giusto in tempo per prepararci meglio al letargo. Quindi è tutto un gira gira e magna magna. Dovreste sentire che bailamme nel bosco in quei giorni! Per fortuna però i nostri alberi sono molto generosi. Incredibilmente generosi. Spesso si formano veri e propri grappoli di Nocciole che, con il loro peso, piegano persino i rami più fragili. Uno spettacolo. Per cui topini, preparatevi. Ancora qualche mese di pazienza ma poi potrete farvi la giusta scorpacciata.

Io vado, inizio a fare posto nel Mulino. Un bacio!

M.

 

Caselle Fenaira – il fienile della valle

Quello in cui vi porto oggi è un luogo incantato. Siamo sul confine tra la Valle Argentina, appena sorpassata, e la Valle Arroscia. Abbiamo lasciato il vecchio insediamento rurale di Drego e stiamo per entrare nella foresta incantata di Rezzo, che conta 5.000 anni. Qui, a metà percorso, ci fermiamo ad ammirare gli alberi, che creano un’atmosfera davvero particolare.

Siamo a Caselle di Fenaira, a 1351 metri sopra il livello del mare. Un torrente forma  spettacolari cascate e il sentiero che si snoda nel bosco, le piante e il cinguettio degli uccelli danno vita a un ambiente suggestivo, da vivere intensamente.

La strada asfaltata passa nel bel mezzo di tanta meraviglia, un’architettura naturale delle più alte terre della Liguria. Se proseguissimo, scenderemmo giù fino alla città di Imperia, ma non ne ho la minima intenzione oggi. Il baccano cittadino non fa per me.

Me ne resto qui ad ascoltare la natura che mi parla e mi racconta la sua storia. Un tempo, la frequentazione di queste zone era legata soprattutto alla presenza di pascoli ricchi e abbondanti molto graditi per attività quali l’allevamento di mucche, capre e pecore. Se zampettassi un po’ più su, oltrepassando questi alberi dalle alte chiome, giungerei su prati ampi, distese erbose tanto belle da togliere il fiato. Le zone prative costituivano uno dei punti essenziali dell’organizzazione territoriale ed economica della valle ed esistono ancora le tracce degli insediamenti estivi delle tribù liguri protostoriche, come il Castellaro della Rocca di Drego, che vi avevo fatto conoscere in un articolo precedente (si intitolava “Drego: il villaggio fantasma”, se volete leggerlo). Il Castellaro è prossimo ai pascoli più ricchi proprio come accade alle borgate costruite ad alta quota in età più moderna.

All’inizio dell’estate, dai prati si ricavava il fieno per l’inverno, poi vi pascolava il bestiame. La zona di Caselle Fenaira era tra le migliori per la raccolta del fieno, tanto che si giungeva a proibirvi il pascolo per tutta la stagione. Questa zona consentiva, infatti, notevoli guadagni dalla concessione ai forestieri (i fuestei, in dialetto) del diritto di taglio del fieno per le greggi. Durante il giorno, il bestiame era condotto a brucare e rientrava nei recinti la sera, dopo l’abbeverata da sorgenti o fonti d’acqua. Alla sera, nelle marghe, avveniva la mungitura e il latte veniva raccolto e conservato separatamente a seconda che si trattasse di vacche, capre o pecore in attesa di essere lavorato nel modo più opportuno. La lavorazione permetteva di ottenere burro e formaggio in particolar modo il “bruzzo” (u brussu) una sorta di ricotta fermentata dal sapore deciso, famosissima nella mia Valle. Può essere più dolce oppure più stagionato, dal gusto molto forte, ed è buonissimo spalmato sul pane.

In questo luogo giungono numerosi anche gli sportivi. Sono tante le passeggiate a piedi, a cavallo o in bicicletta che si possono fare, e l’aria che si respira apre i polmoni. I Noccioli sono quasi i padroni qui, e il bordo strada ricco di fogliame ormai secco che produce ad ogni passo uno scricchiolio.

Che pace!  E’ un angolino che non dovete perdervi, se passate da qui!

Un bacio scricchiolante dalla vostra Pigmy.

M

Dalla radura ai Cianazzi

I Cianazzi, topi, sono un insieme di grandi prati pianeggianti (“cian” nel nostro dialetto vuole appunto  piano) che si trovano sopra il paese di Ciabaudo. Da lì, praticando una stretta strada non asfaltata che passa in mezzo a un bosco, possiamo raggiungerli in auto, ma io vi ci voglio portare a piedi e quindi partiremo dalla radura del Monte Ceppo. In questo modo, non solo avremo un maggior feeling con la natura, ma godremmo anche di un panorama meraviglioso.

Partiamo allora. Siamo nello spazio contornato da un viale di Pini da una parte e da una catena di Alpi dall’altra, dalla quale si scorge, come già vi avevo detto, persino il Monviso. Qui si può cucinare. Sono sette le pietre messe in cerchio che permettono di cuocere la carne e di contenere le braci e il fuoco. Ci sono le panchine, l’erba, i tavoli e l’aria pura. Da qui parte un sentiero sempre pulito e aperto. Solo nell’ultimo tratto si passa in mezzo al bosco di noccioli e si possono trovare anche buonissimi funghi. In estate questo sentiero è ricco di fiori di ogni tipo, ma adesso, dato che qui fa ancora freddo, troviamo soltanto Crocus bianchi e rosa, che sono stupendi, e altri fiori dai colori sgargianti. Siamo a 1.600 metri e, anche se può sembrarvi impossibile, ma da qui si vede persino il mare. A seconda della stagione, si può vedere anche la Corsica! Non sono esclusi dalla vista panoramica i paesi marittimi della Valle Argentina: Riva Ligure, Pompeiana, Cipressa.

Oggi il mare è a pecorelle. Si distingue perfettamente la schiumetta bianca delle onde che s’infrangono ancor prima di aver toccato gli scogli. La pace è assoluta, a rompere il silenzio ci pensano soltanto gli uccelli, spesso rapaci, e qualche cicala che prova a uscire, timida, per vedere se il sole ha deciso di iniziare a scaldare oppure no. Prima del mare, si mostrano davanti ai nostri occhi un’infinità di monti. Belli, verdi, sembrano panettoni spumeggianti e morbidi, ma questi bizzarri aggettivi non intendono sminuire la loro austerità.

Le lucertole si godono i primi raggi e poche farfalle svolazzano in cerca di qualche nettare dolce da succhiare. Non è ancora periodo, l’inverno sta per uscire di scena, ma all’imbrunire il freddo si fa ancora sentire. Siamo a maggio, eppure in qualche curva è rimasta della neve dura che non vuole sciogliersi, e il termometro segna solo 7°C. Non si può fare  a meno di ammirare il cielo azzurro, gli alberi grandi che ombreggiano la nostra stradina e i piccoli Pini appena nati, che avranno sì e no un anno di vita. Tra poco, la tenera erba che ricopre questo luogo verrà rosicchiata da tante caprette e mucche. Il Monte Ceppo in estate è pieno di questi animali che i pastori portano a far pascolare. E’ un luogo incontaminato, meraviglioso. Un leggero venticello fa muovere i boccioli del Maggiociondolo e si sente la nostra voce che si allontana seguendo il vento e, piano piano, si arriva a destinazione: il prato.

Ci vuole circa una mezz’oretta, è una passeggiata abbastanza breve. Lo vedete quel piano laggiù? Quello è il primo grande prato dei Cianazzi, dove in estate viene fatta anche una bellissima festa e si mangia e si beve tutti in compagnia, giocando con i bambini al tiro alla fune e alla corsa nei sacchi.

Corro a rotolarmici in mezzo, topi! Vi saluto e vi lascio promettendovi di portarvi presto a fare qualche altra passeggiata. Questa è tra le più belle che offre la mia Valle, ma ovviamente non è l’unica. Alla prossima!

M.