Trombette, zucche e polpettoni

Topi, quello di oggi è un post da leccarsi i baffi. La sentite l’acquolina che già vi riempie la bocca?

Nella mia Valle, ma anche in altre della Liguria, cresce una zucchina speciale, alla quale tutti noi liguri siamo affezionati e che coltiviamo con un certo orgoglio. Ve l’ho già presentata altre volte, è la zucchina trombetta! La sua forma particolare la rende davvero artistica e noi la usiamo in mille modi, perché è un alimento versatile e buonissimo. La preferiamo alle zucchine scure che vendono nei supermercati, anche perché ha un sapore che non è paragonabile con altre specie di cucurbitacee.

Comunque, fatto sta che nel mio orticello le trombette vengono su che è una meraviglia. Si attorcigliano su se stesse, alle canne di bamboo che fanno loro da sostegno e alle staccionate, ecco perché ho deciso di creare con questo ingrediente protagonista una ricetta un po’ diversa dal solito. Topini e topi anziani si son leccati tutti i baffi, per cui ve la propongo. Badate: è una di quelle ricette da realizzare in grandi quantità per fare scorta durante i mesi invernali, si presta proprio bene a essere congelata. Tra l’altro è anche semplice e veloce! Bene, cominciamo.

Raccogliete o procuratevi circa 600 grammi di zucchine trombette e mezza cipolla e tritatele finemente in un mixer. Devono essere quasi una purea. Se volete, potete ripassare poi questo composto verdino in una casseruola con un filo d’olio per cinque minuti, facendolo appassire, ma non è obbligatorio, solitamente salto questo passaggio. Aggiungete alla purea di zucchine le spezie che preferite, io uso il pepe, l’aglio in polvere e la noce moscata, ma potete mettere anche del timo o della maggiorana, se li gradite. A questo punto mettete tutto in una ciotola ampia insieme a 250 grammi della ricotta che preferite e 200 grammi di pan grattato, aggiustate bene di sale e mescolate il tutto.

polpettone zucchine 2

Il composto rimane compatto, quasi difficile da impastare col cucchiaio. Aggiungete un cucchiaio circa di olio extravergine di oliva e date un’ultima rimestata. Ecco, ora l’impasto del nostro polpettone è pronto.

“Ma come, topina? Niente uova?” starete già dicendo. Vi sento! No, per questa ricetta non sono previste né uova né carne, il polpettone si tiene insieme da sé, provare per credere.

Sapete, ero un po’ scettica anche io la prima volta, ma il risultato ha sorpreso me e tutti i miei commensali. Credetemi se vi dico che è diventato il piatto forte di molte feste e ricorrenze!

Torniamo a noi, quindi. Prendete uno stampo per plum-cake e cospargetelo di olio, poi versatevi dentro il composto e livellatelo bene. Non vi resta che infornarlo a 200°C, lo cuocerete per una mezz’oretta.

Mentre il polpettone se ne sta tranquillo nel forno, voi non statevene con le mani in mano, mi raccomando! Preparate un buon sugo di pomodoro, perché servirà ad arricchire questo piatto già squisito di per sé. Qualche volta, anziché fare un sugo semplice, aggiungo dei funghi e vi assicuro che ci stanno proprio benissimo.

Una volta pronto, fatelo raffreddare un po’ prima di girarlo su un piatto da portata. Guardate che figurone che fa!

polpettone zucchine 5

Tagliatelo a fette larghe e servitelo su un letto di salsa di pomodoro, oppure lasciate che siano i vostri ospiti ad attingere al sugo a proprio piacimento. Si sposano proprio bene insieme! L’ho provato anche con un sugo ai funghi ed era molto buono anche così. Con questa ricetta potete davvero sbizzarrirvi e dare spazio alla fantasia. Abbinatelo con i gusti che più vi piacciono, credo possiate addirittura utilizzare la ricotta di pecora, anziché quella di mucca, darebbe a questo piatto un sapore più deciso.

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Prima di concludere, voglio regalarvi un’ultima chicca. Se lascerete maturare le trombette nell’orto fino all’autunno, quando diventeranno panciute e di un giallo-arancio bellissimo, potrete usare quelle zucche per sfornare decine di polpettoni come quello che vi ho insegnato a fare. E con le zucche gialle della mia Liguria vengono davvero squisiti!

In questo caso, ricordatevi di aggiungere qualche spezia in più per contrastare il gusto dolce della zucca. A me piace usare l’erba cipollina insieme al pepe e all’aglio e, qualche volta, aggiungo un po’ di parmigiano e sostituisco la cipolla con il porro.

Buon divertimento, topi! Che bontà!

 

Originali e profumate foglie di Salvia fritta

Le avete mai mangiate, le profumatissime foglie di Salvia fritte in pastella, topi?

Oh! Vi assicuro che sono una vera delizia e semplicissime da preparare. Inoltre, anche se fritte, sono sicuramente più sane di molte merendine confezionate e quindi, ogni tanto, si possono dare ai piccoli topini come merenda.

Possono essere un buon contorno o un ottimo antipasto e si possono anche intingere nell’uovo e nel pan grattato ma sembra che in pastella piacciano di più.

Croccanti, gustose e anche belle da vedere!

Dobbiamo scegliere le foglie grosse, la ricetta viene meglio e danno più soddisfazioni. Daremo loro una sciacquata e le asciugheremo bene tamponandole con un canovaccio pulito.

La pastella io la preparo in questo modo: farina, birra fredda, acqua fredda, un pizzico di sale e una punta di bicarbonato grazie alle indicazioni che mi ha dato la mia cara amica Romina. Con la frusta, per non creare grumi, mescolo il tutto fino ad ottenere una sostanza che non sia né troppo liquida, né troppo solida dal color avorio.

Ci immergo dentro le foglie facendo sì che si sporchino per bene di pastella da una parte e dall’altra, senza lasciare zone pulite. Se la pastella rimane un goccio densa e ne rimane troppa attaccata alla foglia, se ne toglierà un poco accarezzandola e lisciandola con le dita, altrimenti farà troppe bolle d’aria durante la cottura.

In una padella si metterà dell’olio e, quando questo sarà bello caldo, si faranno cadere dentro le foglie zuppe di pastella, ben divise tra loro. Ci vorrà un attimo affinché siano pronte. Basterà aspettare la loro doratura e poi si toglieranno con delle pinze per adagiarle in un piatto sopra un foglio di scottex che assorbirà l’olio in eccesso.

Una volta cotte tutte le foglie, si saleranno e si potranno utilizzare come accompagnamento di qualche altra delizia.

Io, ad esempio, questa volta le ho affiancate al gorgonzola e l’abbinamento ha avuto un risultato fantastico.

E’ un piatto veloce e facile, ma avrà un grande successo e sarà molto originale, pronto per essere presentato ai vostri ospiti.

Correte a prepararlo e poi ditemi come vi è rimasto!

 

Strega Cloristella e il rimedio contro le Ustioni

Oggi, cari topi, è con immenso piacere ed entusiasmo che vi presento un’altra mia carissima amica. Si tratta di nientepopodimenoché… Clorinda Stella, per gli amici Cloristella! Ed è una Strega! Sì, avete capito bene, una vera e autentica Strega della Valle Argentina. L’Inquisizione non l’ha portata via, per fortuna, è riuscita a nascondersi e a salvarsi e quindi oggi possiamo godere dei suoi numerosi e incredibili consigli su rimedi, elisir e ricette per portare benessere nella nostra vita e in quella di altri. Strega Cloristella, infatti, con estrema sapienza, ha sviluppato un meraviglioso rapporto con la natura e compone prodigiosi intrugli di ogni genere a seconda di quello di cui necessita. Lei e la natura sono una cosa sola e, con maestria, fantasia e magia, l’abile Strega si serve dei doni del pianeta con estremo rispetto.

Durante la bella stagione voi umani andate al mare e, spesso, anziché abbronzarvi, vi ustionate. La vostra pelle soffre per via degli eritemi fastidiosi e dolorosi, così ho pensato di interpellarla per chiederle un consiglio per voi, un rimedio totalmente naturale efficace per le vostre scottature solari e per le bruciature di ogni genere. Prendete appunti, perché Strega Clorinda ha il rimedio per voi!

Cloristella è sempre vestita di scuro, con abiti sgualciti, ma molto femminili, nonostante tutto. L’unico colore che si concede è quello di un fiore, ogni giorno diverso, che aggancia al bustino sul bordo del décolleté. Ha i capelli verderame e le labbra di un bellissimo e sgargiante rosso scarlatto. Qualche efelide le colora il naso e le gote e il suo viso è sempre vivace, attraversato da un’espressione dolce e decisa al contempo. Ha occhi grandi, furbi, curiosi, con le iridi color mogano che schiariscono come l’ambra durante le notti di luna piena. È sovente allegra e spesso le piace parlare in rima:  dev’essere una deformazione professionale, la sua, causata dai tanti incantesimi che inventa. È proprio un personaggio! Gentile e generosa… almeno finché non la si fa arrabbiare. Diciamo che è un po’ permalosa e conviene lasciarla sbollire per conto suo tra fumi colorati che invadono il cielo, in quei momenti di rabbia, uscendo dal comignolo della sua dimora.

Per descrivervi la sua tana e il suo laboratorio avrei bisogno di tre articoli, quindi questa volta mi limiterò a dirvi che nonostante il caos, un mucchio di odori, un gatto nero, un corvo e un grosso pentolone che bolle su un fuoco sempre acceso, è un piacere stare lì.

«La Topina che mi viene a trovare? A quale problema dobbiam rimediare?» mi dice accogliendomi scalza e con un sincero sorriso.

«Cara Cloristella, oggi vengo a chiederti qualcosa per le ustioni di ogni genere, prima che ci tramutino in… in…. proble… No, aspetta: in…»

«Cenere!»

«Ecco brava! Mi sfuggiva la rima.» Ridiamo ed entriamo nel suo antro ombroso e arcano, ma che profuma di buono.

«È davvero semplice, Pigmy, trovare sollievo dopo essersi scottati. Basta un po’ di Iperico e qualche foglia di Menta.»

«Tutto quì? Credevo servisse chissà cosa…»

«Sì, ma molte persone non lo sanno, quindi bisogna avvisarle! Ti darò le dosi e ti spiegherò come fare. Innanzi tutto, devi sapere che con l’Iperico e la Menta va preparato l’oleolito, che io ho sempre a portata di mano: te ne darò un po’. L’Iperico è una pianta che aiuta la rigenerazione delle cellule, è molto idratante, ma soprattutto cicatrizzante, calmante e sedativa. E’ assai utile per le bruciature, dove la pelle rimane senz’acqua e si deve lenire una zona dolorante, come pure nel caso delle punture d’insetto contro le quali è una pianta davvero preziosa. La Menta, a sua volta, rinfresca, donando sollievo, disinfiammando e restringendo i capillari che si sono dilatati con l’eccessivo calore. Ci sarà anche bisogno di vitamina PP: consiglia ai tuoi amici di mangiare frutti rossi e di bosco, ne contengono tanta. Rinforza i vasi sanguigni che si sono dilatati e le cui pareti rischiano di cedere.»

Questa donna non è una Strega, è una dermatologa!

«In realtà sono tantissime le proprietà di questi due fantastici doni di Madre Terra, ma l’importante, per oggi, è che risolvino il problema delle ustionti.»

La osservo mentre afferra alambicchi e gontagocce. Pesta, travasa, odora, conta e nel mentre canticchia una specie di nenia come a concentrarsi maggiormente. Cerca gli ingredienti in quel mare di flora secca e fresca, dieci volte più fornita di un’erboristeria!

«Piantaggine, Viola, Achillea, Barba di Becco, Crespigno Spinoso, Centonchio Azzurro… ma dove ho messo l’Iperico?»

Come fa a capire che piante siano, quelle contenute nelle arbanelle sprovviste di etichetta?  E che nomi sono quelli? Io conosco tantissime piante e moltissimi fiori, ma Strega Clorinda mi batte, davvero.

Do un’occhiata in giro e mi chiedo se ha letto sul serio tutti i libri che vedo traboccare dagli scaffali. Conosce davvero tutte quelle pozioni magiche? So che ha quattrocentoundici anni, anche se ne dimostra solo una trentina, ma Santa Topa, ci vuole una memoria da elefante per ricordarsi tutti quegli incantesimi e sapere quando doverli usare! Provo a leggere, con scarso risultato, alcuni titoli scritti in una lingua sconosciuta. Chissà cosa contengono…

«Ecco qui bell’e pronta la soluzione per te, ogni scottatura andrà via da sé!» Ecco, la rima sul finire calza a pennello! «Pigmy, ora tieni questo barattolo al sole, ben chiuso, per un intero ciclo lunare e scuotilo ogni tanto. Vi ho messo dentro 30 gr circa di capolini di Iperico e 20 gr di Menta fresca, l’ideale è la rotundifolia, ma va bene qualsiasi specie, il tutto coperto con 650 ml di olio extra vergine di Oliva Taggiasca.»

«Grazie mille! E dimmi: quante volte al giorno bisogna applicare questo intruglio sulla pelle?»

«L’ideale sarebbe tre volte al giorno, Pigmy, fino a che non scompare il dolore. Basterà  poco tempo, vedrai, ma ricorda sempre una cosa. I rimedi naturali funzionano attraverso una grande qualità: la perseveranza.»

Ringrazio di cuore Strega Clorinda e faccio ritorno in tana,  ringraziando anche la Natura; ancora una volta, con i suoi regali preziosi, permette di alleviare le sofferenze. Intanto che rintano, però, mi preme darvi ancora due curiosità.

I fiori di Iperico andrebbero raccolti possibilmente nei giorni vicini a San Giovanni. E’ chiamato, infatti, anche “Erba di San Giovanni” e, se raccolto il 24 giugno, rilascia tutte le sue numerose e preziose doti in maggiore quantità. E’ un fiore che si può trovare fiorito da maggio ad agosto, pertanto potrete farvi una bella scorta. Vedrete che, dopo qualche giorno, l’olio all’interno del barattolo ed esposto ai raggi solari inizierà a virare verso il rosso con una sfumatura verdognola, perché le due piante rilasciano tutti i loro principi attivi nell’olio. A quel punto, l’oleolito conterrà tutto il potere del Sole, lo stesso che vi ha scottato, ma che adesso vi curerà e nutrirà la vostra pelle.

Avete tutto quello che vi serve ora, topi, io vi saluto! Fate attenzione nell’esporvi ai raggi solari, mi raccomando, e anche quando cucinate o accendete un fuoco siate cauti, nonostante Strega Cloristella sia sempre gentile e sempre ben disposta. Fate bene tutto quello che vi ha consigliato, altrimenti poi si offende! Ora lo sapete. E tiene anche il broncio per diversi giorni!

Un caldissimo bacio e un focoso abbraccio a tutti! Scherzavo!

Per questo articolo ringrazio Michela Perini e la nonna Gemma Folli.

Il forno di Molini e il suo Pane di Oz

Ah, il pane… Che profumo, e che sapore!

Topi, nella mia Valle è un elemento che proprio non può mancare, ed è talmente famoso per la sua bontà e per il suo essere così genuino e particolare nella sua semplicità che lo si trova nella maggior parte dei supermercati, anche sulla costa, dalla frazione di Latte a Cervo.

Il 9 giugno scorso, in occasione della giornata dedicata a Il valore della Valle, ho avuto il piacere di trovarmi all’interno del forno di Molini di Triora. Simona e Capponi Roberto mi hanno accolta in quell’ambiente caldo e raccolto.

La loro attività è aperta dagli anni ’50, tramandatasi di padre in figlio, mi raccontano.

pane di oz forno molini di triora

Il forno è realizzato in pietra refrattaria, ma non è più alimentato a legna, anche se fino a poco tempo fa lo era. La legge, infatti, ha stabilito diversamente e anche qui, dove si produce il cosiddetto Pane di Oz, si sono dovuti adeguare.

Il prodotto protagonista del forno di Molini è, ovviamente, il pane, realizzato con farina semi-integrale di tipo 1, meno raffinata della 00 e, pertanto, più nutriente. Il lievito usato è quello naturale, misto a quello di birra. Ciò che se ne ricava, è un impasto rustico, che costituirà, una volta cotto, un alimento antico ampiamente utilizzato anche in passato nella mia Valle. A questo punto, bisogna lasciar lievitare le pagnotte per un’ora. Vengono stese su tavole di legno, che aiutano il processo di lievitazione, spolverate di crusca. Questa è una caratteristica particolare, che conferisce al pane delle proprietà specifiche. La crusca, infatti, è benefica per il tratto gastro-intestinale, e rende il pane ancor più genuino.

Trascorso il tempo di lievitazione, il pane entra finalmente nel forno, dove viene cotto per un’ora e mezza a 180°-190° C. Roberto mi spiega che la temperatura non deve mai toccare i 200°C, altrimenti la crosta si brucerebbe e l’impasto resterebbe crudo all’interno.

A questo punto, il Pane di Oz è pronto, fragrante e profumato! Una parte viene destinato alla vendita diretta, un’altra, invece, viene distribuita nei supermercati e nelle botteghe, non solo della Valle, come vi dicevo poco fa. La scadenza del pane è stata stabilita a tre giorni dalla cottura, ma conserva molto bene la sua freschezza anche oltre questo lasso di tempo. E’ buonissimo anche secco, provatelo, se ne avete l’occasione! E’ un pane studiato appositamente per durare nel tempo; eh sì, topi, bisogna pensare ai ritmi di un tempo, quando i pastori partivano per i pascoli con il bestiame e potevano stare fuori casa anche per giorni. Dovevano avere con sé cibi in grado di durare a lungo, e il pane doveva poter soddisfare ogni loro fabbisogno.

Potete usarlo nelle zuppe o, ancora meglio, per le vostre squisite bruschette estive con aglio, pomodoro ed erbe aromatiche. Io lo pesto grossolanamente col batticarne in un canovaccio e uso i pezzetti di pane raffermo sulle frittate al forno: non solo le decorano con una crosticina croccante, ma danno anche un gusto particolare e molto sfizioso al piatto. Lo apprezzano sempre topoamici e topo parenti, parola di Pigmy.

Ma torniamo al forno di Molini. I proprietari mi mostrano anche altre squisite meraviglie, durante il breve tour nel loro “paese dei balocchi”. Tra i prodotti che si realizzano qui, tra queste calde e accoglienti mura, c’è un altro alimento molto antico, il pane d’orzo meglio conosciuto come Carpasina. E’ quello dei pastori, un alimento che accompagnava la transumanza e durava anche un mese e più.

pane d'orzo carpasina molini di triora

Deve essere bagnato in acqua e si dice sia stato ideato proprio a Carpasio. Oggi viene condito con pomodoro fresco e aglio, oppure coi formaggi tipici della zona. Sarò pure una topina fantasiosa, ma a me ha ricordato il Pan di Via inventato da J.R.R. Tolkien nel suo “Il Signore degli Anelli”. Per questo pane si usa farina d’orzo, dicevo.  Come viene detto sulla pagina Facebook ufficiale del Pane di Oz, oggi quest’orzo  è di origine piemontese, ma un tempo proveniva direttamente dalla Valle e dalla zona di Carpasio. La farina d’orzo deve essere necessariamente macinata a pietra, altrimenti nei classici cilindri metallici moderni si ossiderebbe, compromettendo il risultato del prodotto finale, il pane.  Viene impastata insieme all’acqua e al lievito di birra e poi il composto viene fatto riposare, ricoprendolo preventivamente con della farina d’orzo, dopo di che viene lavorato a lungo, per poi dare forma a pagnotte allungate, che verranno tagliate a fette con un filo di spago. I dischi così creati, vengono cotti in forno, prima da una parte e poi dall’altra, a temperatura bassa per due ore. C’è una piccola chicca da conoscere sul procedimento di realizzazione del Carpasina, e cioè che le fette non devono essere toccate con le mani, il cui grasso naturale renderebbe impermeabile il pane al momento di consumarlo, e questo sarebbe un peccato, perché l’uso tradizionale prevede che sia accompagnato al vino, al latte, all’acqua o all’olio.

Questo pane viene venduto confezionato in molti supermercati, insieme ad altre prelibatezze, come i Bastunetti, tranci già pronti di pane utilizzabili in insalate e zuppe al posto dei classici crostini, e i Benedettini di Taggia, i canestrelli della tradizione, ma rivisitati nella forma per renderli più comodi da assaporare.

benedettini taggia canestrelli forno molini di triora pane di oz

La vera chicca della mia gita al forno di Molini, però, è stata la degustazione di un cibo realizzato per l’occasione e non in vendita: un pane integrale profumatissimo nel cui impasto erano presenti lavanda e miele!

pane lavanda e miele

Topi, non so descrivervi la bontà di questo pane, il suo gusto particolare e aromatico. Posso solo dirvi che è stata una gioia per il mio palato sorcino, una goduria, soprattutto accompagnato con i formaggi che si producono nella mia Valle!

Non posso che augurarmi che venga presto commercializzato, sono impazziti tutti per questa specialità che intreccia novità e tradizione.

Ora vi saluto, topi, per oggi ho degustato abbastanza.

Un abbraccio fragrante dalla vostra Pigmy.

Sfamiamoci di Semini

I Semi, doni squisiti che ci regala Madre Natura, non sono solo cibo per roditori. Anche voi umani potete mangiarli e, anzi, dovreste! Infatti,contengono un’infinità di sostanze nutritive che nemmeno potete immaginare.

Il nome lo dice già: “Seme”, a indicare qualcosa che contiene tutto e che deve solo sbocciare. La vita, il nutrimento, tutto ciò di cui si ha bisogno è proprio lì dentro, rimasto ancora puro, forte, energico. Queste virtù, se assunte, non potranno che recare benefici all’interno dell’organismo.

Sono tanti i Semi dei quali possiamo cibarci, ma oggi vi parlerò in particolare di quelli del Girasole (Helianthus annuus della famiglia delle Astaraceae), pianta molto amata.

I suoi Semi sono graditi anche alle Fate dei miei boschi, le quali sanno bene come alimentarsi per mantenere sempre viva la loro bellezza; inoltre, sono ricchi di Tocoferolo, ossia Vitamina E, pertanto hanno la capacità di mantenere giovani le cellule del corpo grazie a una profonda e imbibente idratazione, perché hanno potere antiossidante. Forniscono altresì una giusta ed equilibrata dose di grassi e proteine e, aggiunti a una dieta sana, arricchiscono l’alimentazione con le loro ottime proprietà.

Contribuiscono a mantenere in buone condizioni i capelli, le unghie, la pelle e anche il bellissimo e morbidoso pelo che mi avvolge e mi scalda nei periodi più freddi. Vi siete mai chiesti come mai alcuni uccelli abbiano una livrea coloratissima e fantastica? Da quando li ho fatti provare a Scoiattolo, mio vicino di tana, ha una coda molto più folta e lunga rispetto a com’era prima. Inoltre, adesso non fa più tutti quegli scatti che faceva prima con la testa e le zampe: questi Semi, infatti, sono ricchi di Magnesio e permettono al fisico di essere meno in tensione e più rilassato. Contengono anche tanto Ferro, quindi sono molto indicati per il sesso femminile e per le neo-mamme.

Racchiuso all’interno di un robusto guscio c’è il nettare dell’esistenza. Rosicchiare questo guscio fa bene a noi topi, anche perché con esso ci limiamo i denti! Ovviamente io li mangio crudi, in insalata o mettendoli sulle pietanze come se fossero un’erba gustosa, ma si possono anche cucinare, come i Pinoli, tostare e inumidire e aggiungere così a diversi piatti un nutrimento e un sapore ricchi e nuovi.

Con l’olio che si ricava da essi si può friggere e le fritture avranno un gusto delicato e deciso allo stesso tempo. Questi Semi fanno bene anche al cuore e riequilibrano il lavoro dell’intestino.

Sono Semi che hanno viaggiato molto. Scoperti in Perù tantissimi anni fa, sono giunti a noi dopo essere sbarcati in Spagna e ne sono arrivati di diversi tipi, ma tutti ugualmente buoni ed efficaci.

Grazie all’eliotropismo del Girasole, ossia il movimento che permette a questo fiore di seguire il Sole durante il giorno, questi semini sono costantemente nutriti e baciati da quella che è la primaria fonte vitale per la Terra e la Natura stessa. Quindi hanno immagazzinato, per molto tempo, tutta l’energia vitale che si possa desiderare. Ingoiandone uno è come ingurgitare un minuscolo pezzettino di Sole… vi sembra poco? Il Girasole, infatti, reca con sé il significato della vitalità, ma anche della longevità, per questo non può mancare il significato simbolico di felicità. Mangiare bene, infatti, rende sani, vigorosi, vitali.. ma anche felici.

Il Girasole, come racconta la leggenda mitologica di Clizia e Apollo, è devoto al Sole e lo considera come un Padre o un amato. La ninfa Clizia, infatti, si trasformò in fiore proprio perché passava le sue giornate ad ammirare il Dio Apollo nel cielo e, completamente innamorata, lo seguiva con lo sguardo per ore e ore. Per questo si dice anche che i Girasoli – e di conseguenza i suoi Semi – sono colmi d’amore.

Insomma, cosa ne dite? Vi ho convinto a cibarvi meglio? Sono regali pregiati di Madre Natura, questi! Non vi conviene snobbarli. Volete davvero conoscere tutte le meraviglie della Natura e del Creato? Iniziate dalle piccole cose allora. Sono le migliori.

Non per niente, io sono piccola come una ghianda….

Un piccolissimo bacio a tutti!

La carbonara alternativa di Topino

Topi, che volete farci? Gli anni passano e anche Topino è cresciuto.

Quest’anno si affaccerà all’età adulta, ormai è grande. Talmente grande che qualche volta cucina per me. E cucina bene, sapete?

Un giorno, per esempio, ha deciso di preparare lui il pranzo per me e una mia cara amica. Dalla sua padella è saltata fuori una carbonara alternativa, vegetariana e davvero squisita, posso assicurarvelo. Per questo pensavo di proporla anche a voi, roba da leccarsi i baffi, slurp!

Vi dico subito come si fa. Prendete un cipollotto e tritatelo finemente al coltello, poi mettetelo in padella insieme a un filo d’olio. Mentre quello soffrigge, tagliate del radicchio rosso tondo, lui ne ha usato uno piccolo intero per due persone. Fatelo a striscioline, poi tagliatelo a pezzetti ancora più piccoli e aggiungete tutto in padella, insieme al sale, al pepe, al prezzemolo e, se non gradite l’amaro del radicchio, mettete uno o due pizzichi di zucchero.

carbonara radicchio

Vedrete che appassirà in fretta. Potete anche aggiungere un goccio d’acqua per non far attaccare il tutto.

Intanto, mettete a cuocere la pasta in acqua bollente salata, lui ha usato gli spaghetti, che si prestano davvero bene a questa ricetta. Sbattete un uovo (per ogni due persone) in una ciotola insieme a parmigiano, sale e pepe. Quando la pasta sarà cotta, scolatela e versatela dentro la padella con il condimento, aggiungete l’uovo sbattuto, un filo d’olio e fate saltare. Se la gradite, potete aggiungere della panna da cucina o un goccio di latte per amalgamare bene tutto e dare un tocco in più a questa originale pietanza.

carbonara vegetariana

A questo punto la carbonara alternativa è pronta e non vi resterà che gustarla.

Grazie, Topino! Buon appetito, topi, io corro a mangiare. Che profumino!

 

Alla ricerca di antichi sapori

Oggi voglio presentarvi una tipica ricetta della mia Valle che precisamente si dice essere nata nel paese di Montalto Ligure, il paese romantico della Valle Argentina, che vi descrissi tempo fa.

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La ricetta si chiama: La Frandura.

La Frandura è una torta, o una focaccia come alcuni la chiamano, di patate. E’ una sostanziosa e gustosa pietanza che esiste già dal 1800 ed era utile per i contadini che, lavorando i campi, potevano portare con se un pasto semplice ma molto nutriente. Spero infatti di darvi le giuste nozioni riguardo la sua preparazione che appartiene davvero a – un tempo che fu -.

Gli ingredienti usati sono umili ma molto gustosi e, ovviamente, il più possibile autoctoni come il nostro famoso Olio Extra Vergine ricavato dalle buonissime Olive Taggiasche (conosciute ovunque) e le patate coltivate in gran parte della vallata. 3730La ricetta e le quantità sono queste che ho preso dal sito agriligurianet.it in quanto mi sembra la più tradizionale.

La Frandura infatti, presentandosi composta da ingredienti senza troppe pretese, la si può arricchire come meglio si crede aggiungendo infinite cosine deliziose ma non sarebbe però quella tipica.

Quantità per 6 persone:

250 grammi di farina 00

1 bicchiere di latte

5 patate

olio extravergine d’oliva

100 grammi di formaggio di grana grattugiato

sale q. b. (se piace anche del pepe)

C’è chi aggiunge anche un uovo per amalgamare meglio gli ingredienti.

Sbucciate e tagliate, a fette sottili, le patate che devono essere disposte a spina di pesce in una teglia unta con l’olio. Spolverizzate con sale. Nel frattempo preparate una liquida pastella con la farina ed il latte che unirete lentamente e, nel caso, anche l’uovo. Mescolate con cura, evitando di formare grumi, salate e versate sulle patate in modo da coprirle. Infine cospargete il tutto con il formaggio grattugiato.

Porre in forno a 200°C sino a quando si sarà formata una crosticina dorata. Il tempo di cottura è di circa mezz’ora. Se servita calda risulta ancora più appetitosa.

Come vedete è davvero semplice ma sicuramente saprà conquistare anche i vostri ospiti non solo dal punto di vista del gusto ma anche da quello storico e culturale. Essendo anche veloce da preparare è l’ideale per la sera, quando si arriva a casa, dopo una giornata di lavoro e non si sa cosa fare per cena.

Io spero possa essere di vostro gradimento e con un abbraccio vi saluto dandovi appuntamento al prossimo post!

Photo la seconda foto è del sito amicidiponente.it

M.

In quel di Valloria…

SONY DSCVi avevo promesso che avrei presto dedicato un post a questo splendido paese. Ve lo avevo promesso quando vi parlai di una sua grande, particolare e affascinante caratteristica – le sue porte dipinte. Qui SONY DSChttps://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2013/05/29/le-porte-di-valloria-tutta-unaltra-storia-parte-1/ e qui  https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2013/05/30/ancora-porte-di-valloria-tutta-unaltra-storia-parte-2/  Una caratteristica che, ricordo, vi era piaciuta molto. E, in tanti, avrete già capito di che borgo io stia parlando. Esatto. Valloria. Il SONY DSCbellissimo borgo sopra Imperia dal quale si può ammirare tutta la vallata. Valloria deve il suo nome a Vallis Aurea dal latino, cioè “valle dell’oro”: perché l’olio, dal colore dell’oro, è stata la ricchezza di questo borgo dalle origini, sicuramente molto antiche, fino a pochi decenni fa. 360 abitanti nel 1750, 30 dopo la crisi degli anni del 1950 e ’60: Valloria non riuscì a riconvertirsi dall’olivicoltura alla SONY DSCfloricoltura come invece fecero altri villaggi più marittimi ed ecco iniziare un lento spopolamento. Oggi, anche grazie alle iniziative di riqualificazione del borgo, nate con l’Associazione “le tre fontane” (amici di Valloria), le nuove generazioni ritornano; e c’è una crescente presenza di SONY DSCstranieri e turisti nel corso dell’anno (un grazie va ovviamente all’idea delle porte dipinte che permettono un’affluenza di persone davvero importante). Ancora negli anni ’50, durante le lunghe veglie invernali, si raccontava che il borgo fu SONY DSCfondato dagli abitanti della vicina località Castello in fuga da una invasione di formiche così numerose e voraci da assalire addirittura i bimbi nelle culle! Ora, di Castello, restano solo alcuni ruderi, tra cui si notano le stradine che corrono tra le case e il Pozzo di Stonzo, villaggio di cui restano visibili ancora molte tracce. Valloria è vicina di casa della mia Valle ma appartiene al Comune di Prelà e, per andarci, bisogna prendere la strada diretta a Dolcedo, altro borgo SONY DSCforse più conosciuto. Un consiglio che vi do è quello di guardare questo bellissimo sito che potrà spiegarvi tutto ciò che v’interessa sapere http://www.valloria.it/index.html  E’ o non è una meraviglia?! E passeggiare in questo paese dona una pace e una quiete indescrivibili. Tutto si svolge, anzi si srotola, come una matassa, tra carrugi, strette stradine, SONY DSCgradini scoscesi e corti. Certo, non è riposante fare su e giù per il paese, ma è così carino e tutto assemblato che lo sforzo vale. La sua bellissima chiesa, la fontana, la piazza e il Museo Delle Cose Dimenticate, si trovano all’inizio del SONY DSCpaese, saranno le prime cose che vedrete e sono belle e storiche. La maggior parte delle case è molto curata: ha davanti tanti vasi di fiori, tante pitture, oltre alla porta d’ingresso, i numeri civici sono originali e artistici. Sembra di essere in un paesaggio fiabesco. Un paesaggio che fa di tutto per vivere, per cercare la fama che merita.

I suoi abitanti dedicano le giornate al suo sviluppo, cercando di farlo conoscere a più gente possibile e, devo dire, che stanno facendo un ottimo lavoro. Tante le manifestazioni e le sagre, da questo deriva il detto: “A Valloria si fa baldoria”, per indicarne il divertimento. Non fa che aspettarvi amici. Questo paese avvolto dalle colline imperiesi, non vede l’ora d’invitarvi e lasciarsi scoprire angolo dopo angolo. Io fossi in voi non mi farei attendere. Valloria è arte e natura. Fiaba e musica. Tutto ciò che cercate in un solo luogo.

Un baciotto topini e buona Valloria!

P.S.= In quanti di voi ricordano le figurine della Lavanderina e di Calimero della settima foto? Quelle della Miralanza. Io ero piccolissima, si trovavano nel detersivo. Qualcuno ne ha fatto magnificamente un quadro.

M.

Bizzarre indicazioni

Cari topi, quando tempo fa vi avevo postato queste insegne che riportavano al tempo perduto, ho fatto venire in mente al mio caro amico Bruno, grande girovago, quante particolari indicazioni ha potuto vedere nel suo camminare e fotografare per il mondo.Berlin f E’ stato così, quindi, che con un sorriso mi ha inviato alcune delle bellissime e particolarissime insegne nelle quali si è imbattuto e devo dire che la maggior parte sono straniere. Noi italiani abbiamo poca fantasia? Forse, ma abbiamo molto senso della misura,Berlin h se vi ricordate questo mio vecchio post inerente ai ristoranti della mia valle. E non sto parlando solo di insegne da negozio, come queste prime immagini che vedete di Berlino e che indicano cosa vende la bottega di appartenenza… Si tratta anche di simpatiche curiosità, oppure opere d’arte che gli artisti amano mettere in mostra nel loro Paese. Una meravigliaBerlin Prenzlauerberg. Mi hanno talmente incuriosita, che ho deciso di rendere a Bruno un omaggio scrivendone un articolo.

Rimanendo a Berlino… i tedeschi sono proprio bizzarri, sapete? Oh, già! Guardate la facciata verde di questo palazzo: avete mai visto niente di simile nella vostra città? Berlino offre tante cose strambe. L’edificio si trova a  Prenzlauerberg, per essere precisi, e su di esso una mandria di mucche sgargianti pascolano su un prato verticale. Vi pare possibile? Buffo, davvero! E le pazzie dei tedeschi non sono finite, in Germania non si ci annoia.

QColonia aui, a Colonia, su un palazzo troviamo addirittura un gelato! Forse è caduto dall’oblò di un aereo, chissà… Povero, il bimbo che l’ha perduto! Cosa ne dite? Incredibile. Un domani, mi piacerebbe vederle dal vivo,  queste bizzarie.

Ma se i tedeschi sono al di fuori di ogni regola e ci stupiscono con le loro stranezze, i francesi, invece, sono molto precisi e previdenti! Eh, sì: ogni cosa è indicata bene e non solo per chi ha dieci decimi. Qui ad Annecy, infatti, questa storica e bellissima cittadina francese, i miopi, anche le mie amiche talpe possono stare più che tranquille. Guardate come è stata2008 3833 24 Annecy indicata la scuola! Che megalomania! Simpatica, però! Un righello e una matita, semplice e comprensibile da chiunque. Meglio di così…

Invece, cari topi, gira, gira e poi ancora gira, gira… alla fine noi italiani risultiamo essere sempre i soliti sentimentali legati al passato e all’importante storia che ci ha accompagnato fino ai giorni nostri. A Siena, ad esempio, una meravigliosa lastra di marmo bianco – una targa commemorativa – è appesa alla facciata di una casa che potrebbe sembrare normalissima, indica invece un avvenimento importanteSiena b: “Vittorio Alfieri e Francesco Gianni questa casa frequentarono cara aventi l’amicizia di Teresa Regoli Mocenni “. Quest’ultima fu una donna appassionata di cultura e sposa di Ansano Mocenni. Ecco come esaltare uno storico salotto letterario. E, sempre a Siena, un’ inquietante figura bianca si affaccia da una finestra scostandone la tenda. Impressionante. Chi sarà mai? Sembra un fantasmaSiena a e parrebbe proprio controllare qualcuno di sospetto. Ma spostiamoci, ora, usciamo dalla nostra bella Italia e andiamo a vedere cosa ci presenta il resto del mondo.

A Moustier St. Marie, un affascinante comune francese situato nel dipartimento delle Alpi dell’Alta Provenza, si vende olio e benzina per le auto, come altrove per giunta. Una cosa normale, insomma.Benzina Ma come si può fare per star sicuri di non rimanere mai senza questi due importantissimi prodotti? Be’, è molto semplice! Basta creare la lattina di scorta! E allora, eccovi quella di una meravigliosa Renoult d’epoca. Sulla lattina è scritto che è per veicoli senza cavalli ed è in vendita nelle drogherie! La cosa curiosa è che la drogheria ha mantenuto l’insegna che risale a quasi cento anni fa. Ma insomma, hanno o non hanno capito, questi signori, che siamo entrati nel nuovo millennio?!

A parte tutto, io le trovo molto divertenti e Bruno me ne ha mandate tantissime, daMoustiersndomi anche involontariamente dei bei consigli per dove andare a visitare posti nuovi, ricchi di storia e di cose belle da vedere. Ne è un esempio uesta invitante cameriera a Yvoire. Chi non si fermerebbe a mangiare in un posto così? Io ci andrei solo per la particolare insegna inventata. Questa anziana signora è più alta di me! 2012 P1010568 Yvoire

E a voi, topi, hanno colpito delle cose strane nei vostri giri per il mondo? Avete il ricordo di qualche bizzarra opera, o scritta che vi è rimasta impressa nella memoria facendo qualche viaggio? Io, ad esempio, sono circondata da quelle di una volta, come già vi avevo fatto vedere. Voi? Vi mando un bacione grande.

Grazie Bruno!

M.

Pioggia profumata

Cari topini, ogni tanto qui da me piove. Si comincia a starsene in casa alla sera mentre la calura estiva lascia spazio al freschetto del crepuscolo e allora mi sono detta “perchè non trovare un qualcosa di bellissimo e utile da far fare ai miei amici roditori?”. E così ho pensato ad un consiglio da darvi.

Si tratta di cosine che noi, qui nella Valle, prepariamo spesso e sono sicura che ne rimarrete soddisfatti anche voi. Oggi, infatti, vi voglio insegnare a fare un profumo. Un profumo che potrete usare sia per il vostro corpo che per i vostri ambienti.

Solitamente uso ricette di nonne e bisnonne ma, questa volta, desidero osare e prendere spunto dalla bravissima e famosa Titania Hardie che compone questo – Elisir di Giovinezza – includendolo nel paragrafo “Pioggia Profumata” del suo libro “Pozioni d’Amore”.

Questa è una pozione che lei indica perfetta per chi è giovane sia di età che nel cuore.

Dice Titania – Ravviverà le vostre energie in una giornata troppo lunga, faticosa, noiosa, dando sollievo alle menti stanche. Spruzzatevelo sul corpo dopo la doccia o vaporizzatelo su tende e lenzuola rilasserete voi stessi, l’atmosfera, l’ambiente e…. potrete anche attrarre l’altro sesso! -. E allora non perdo altro tempo, vi scrivo subito gli ingredienti che sono facilissimi da trovare e anche molto naturali e vi auguro un in bocca al lupo!

Allora, dovete procurarvi:

3 cucchiaini di acqua di fonte – 3 cucchiaini di alcool etilico (che potete trovare in farmacia) – 5 gocce di olio di rosa – 5 gocce di olio di bergamotto – 5 gocce di olio di rose geranium – 1 goccia di olio di zenzero.

La mia bisnonna creava gli oli essenziali ma, oggi, vado anch’io a procurarli in una buona erboristeria o distilleria. Nella mia Valle, ad Agaggio Inferiore, ce n’è una molto fornita delle sorelle Cugge.

Miscelate gli ingredienti in una bottiglietta per profumo, preferibilmente con atomizzatore, ed eccovi pronta una soluzione fresca e adatta ad ogni occasione. Vedrete che energia vi darà! Otterrete 25 ml di pozione, da agitare prima dell’uso.

Ah! Quasi dimenticavo, la foto che vedete in questo post non ha nulla a che vedere con gli ingredienti sopra citati ma mi piaceva e quindi ce l’ho messa 🙂 Fatemi poi sapere cosa siete riusciti a creare topini allegri! Io per adesso vi mando un bacio profumato e vi aspetto per la prossima creazione.

M.