La Parrocchia, le coppiette e Padre Pio

La ParrocchiaSONY DSC di San Pietro in Vincoli, a Castellaro, domina su un meraviglioso e ampio panorama che ci mostra il turchese del cielo e del mare, e il bellissimo paese di Pompeiana.

E’ una chiesa molto grande, maestosa, nella quale oggi nonSONY DSC posso farvi entrare in quanto è chiusa al pubblico, ma posso ugualmente portarvi con me a fare un bellissimo giro.

Eretta nel 1619 dove, un tempo, originariamente, sorgeva l’antico Castello, contiene tra i diversi oggetti sacri che l’abbelliscono, due crocifissi, di cui uno dello scultore Anton Maria Maragliano.

San Pietro in Vincoli, antichissimo titolo cardinalizio risalente al pontificato di Papa Simmaco. Dietro di lei, l’Oratorio dell’Assunta. E’ alta, con le pareti tinte di giallo e il portone che sembra di un verde acido. Attaccati a questo uscio tutti gli appuntamenti religiosi del mese ben elencati su un foglietto in bianco e nero. Una chiesa che padroneggia, senza mezzi termini, in uno dei punti più alti del paese.

Il suo cortile, con pavimentazione in ciottoli e Pini Marittimi a circondarlo, ci permette di compiere una passeggiata che ci porterà a scoprire un piccoloSONY DSC nascondiglio. A circondare lei e la roccia sulla quale è arroccata solo una ringhierina nera e poi, uno spazio che ti apre il cuore che, nell’articolo dedicato a Castellaro, vi avevo già mostrato.SONY DSC

Ebbene, da come forse avrete già capito, questa volta, la bellezza di questo edificio religioso non l’ammiriamo dalla facciata principale come spesso vi ho mostrato. Non l’ammiriamo dentro, data dalle opere d’arte austere e pregiate che l’arredano, bensì andiamo nella sua parte retrostante, dove, con grande sorpresa, troviamo tre grotte di pietra, tre nicchie, piccole, intime, particolari e bellissime. Nella prima, contornata da tante candele, fiori e lumini, c’è la candida statua rappresentante la Madonna di Lourdes. Nella seconda, bianca anch’essa, la statua di un Padre Pio che offre la sua benedizione con, appesi al braccio, i tanti rosari dei pellegrini che credono in lui. Colorato dalle piante e dai fiori, sembra quasi sorridere. Infine, il terzo posticino, è l’ultima piccola grotta, con al centro un’unica panchina e una pianta in vaso. Luogo di ritrovo e pettegolezzo per le vecchine del pomeriggio che sgrananoSONY DSC anch’esse rosari a tutto andare, luogo di amori alla sera quando il buio diventa complice, le luci della vallata riverberano e, d’estate, le Lucciole tengono compagnia assieme ai Grilli.

San Pietro in Vincoli, un luogo quasi in cima al paese dove davvero si può star tranquilli e, di notte, ancora di più. Di notte, SONY DSCnemmeno il suo alto campanile si permette di disturbare.

I sassolini bianchi del ciottolato tutto intorno, formano dei rombi e dei disegni a terra. Un muretto in pietra, ci permette di sedere e riposare. la panchina di legno, vien quasi da non sciuparla. E’ come se fosse prenotata dalle giovani coppiette in amore! San Pietro in Vincoli, dal latino vincula ossia in catene. Il nome è infatti riferito, e vuole commemorare, l’episodio dell’incarcerazione di San Pietro sotto il regno di Erode Agrippa I a Gerusalemme.

Tante le Chiese che portano questo nome: una a Londra e quattro in italia, compresa questa o forse anche di più, tra le quali, quella di Roma, dove è custodito il famoso Mosè di Michelangelo e le reliquie di San Pietro, ossia delle grosse e pesanti catene.

In questa basilica, esse sono contenute in una teca di vetro e ve le mostro prendendo l’immagine da Wikipedia. Questa chiesa è baciataRoma_san_pietro_in_vincoli_catene - Copia dal sole tutto il giorno se le nuvole lo permettono e, infatti, nella grande piazza, spesso si ritrovano i bambini a giocare. Qui non c’è pericolo, le auto non possono passare. Come la chiesa di Nostra Signora di Lampedusa, è adatta per celebrare i sacramenti dei bambini: battesimi, comunioni…

Al di qua, se mi giro verso Nord-Ovest, SONY DSCposso vedere i miei monti. Che belli, di un verde molto scuro e sembrano di velluto. Li seguo con lo sguardo, io so che mi portano fino in cima alla mia Valle anche se da qui, ne posso vedere solo un pezzo. Questa è la chiesa più grande di Castellaro e, sicuramente, è anche quella con all’interno più valore tra tutte.

Un luogo che volevo mostrarvi, una passeggiata che volevo fare assieme a voi sempre alla ricerca di quiete e, anche qui, ne possiamo trovare tanta. Ma ora topini, è bene che ce ne andiamo. Sta per arrivare la bella stagione e la panchina di cui vi parlavo è già sicuramente prenotata. Si inizia a stareSONY DSC bene qui e la primavera, fa sbocciare qualunque cosa, e perchè no? Anche nuovi amori. Non diamo fastidio. Venite con me, tanto ci sono altri tantissimi posti meravigliosi nella mia valle da andare a scoprire…

M.

Castellaro, il paese medioevale

Castellaro SONY DSCtopini. Oggi vi porto qui a fare una splendida gita. A Castelà, come diciamo noi.

Il toponimo deriva da “castellari“, fortificazioni costruite dagli antichi Liguri in posizione sovrastanteSONY DSC.

Vi porto in questo paese dall’ancora calcata impronta medioevale e feudale.

Un paese in collina; in cima alle colline affacciate alla costa ligure a poco meno di 300 metri sul livello del mare.

Castellaro che troneggia tra gli Ulivi argentati degli altipianiSONY DSC intorno a noi e le infinite coltivazioni di palme. Due verdi completamente diversi, uno più spento e uno più acceso. Castellaro che è cresciuta e, da un pugno di case, è diventata una cittadella elegante e ben tenuta, variopinta dal grigio della storia e dai colori tenui e tipici della Liguria.

Negli ultimi cinquant’anni, sono aumentati anche i suoi abitanti, da 500 circa, a 1200 più o meno. Se fino a qualche anno fa, su Castellaro, nessuno avrebbe scommesso una lira, SONY DSCoggi si parla della Beverly Hills della Valle Argentina. No, non sto scherzando, mica tutti i paesi, qui da noi, ti aprono la porta d’ingresso, invitandoti ad entrare, con un campo golf da far acquolina a Tiger Woods sapete? E pensate, un prato immenso completamente a ridosso del mare!

Ma andiamo a conoscere meglio questoSONY DSC stupendo borgo. Il suo centro storico, ricco di viuzze, carrugi e pietre poste a formare le strade, mostra ancora tanta storia, risultando meraviglioso e simile a un labirinto. Innanzi tutto, quello che colpisce di Castellaro, già da lontano, quando se ne vede il panorama, è il bellissimo Palazzo Arnaldi del XIX secolo, un’architettura civile edificata in stile neogotico e con una grande piazza davanti. SONY DSCIn questa piazza oggi c’è un parcheggio, una bella fontana e un dipinto dedicato a Maria dove regnano le scritte in onore della Madonna di Lampedusa da parte dei pellegrini che sempre la ricordano e la ringraziano. Osserviamo ancora però il bellissimo palazzo. Un castellaro trasformato dalla famiglia Quaranta in un vero e proprio castello e, attorno ad esso, pian piano, cominciò a svilupparsi tutto il paese. La famiglia QuarantaSONY DSC, prese questo feudo dai marchesi di Clavesana prima che la Repubblica di Genova, nel 1228, lo assegnò ufficialmente a Bonifacio di Lengueglia aSONY DSCssieme ad altri territori circostanti.

Nella seconda metà del Cinquecento, lasciato senza difesa dagli Spinola, nuovi signori del borgo, ma residenti a Genova, fu attaccato dai pirati Saraceni che lo saccheggiarono e ne uccisero o rapirono gli abitanti (non se ne conosce la fine precisa ma rimase senza proprieSONY DSCtari) tant’è che, nei secoli, fu oggetto di aspre contese tra gli eredi degli Spinola fino alla fine del Seicento, periodo in cui passò nei domini di Marcantonio Gentile e di sua moglie Maria Brigida Spinola e vi rimase fino SONY DSCalla conquista da parte di Napoleone nel 1797.

Esso oggi è il luogo in cui si effettuano le conferenze, le riunioni ed è anche un centro polivalente comunale.

E che belli tutti gli araldi e i simboli che lo abbelliscono, non solo di Castellaro e della RepubblicaSONY DSC di Genova ma anche di tutte le altre terre attorno.

Di fronte a lui, su una casa rosa, c’è dipinta una meridiana e, una lastra di marmo bianco, porta i ringraziamenti a Vivaldi Domenico, primo Presidente della Società di Mutuo Soccorso della zona di Castellaro.

Non è il caso di mettersi i tacchi per venire a visitare questo borgo, i tacchi non sonoSONY DSC adatti a nessun paesino ligure che mantiene le viuzze inerpicate un tempo utili persino per difendersi meglio dai nemici.

I muri delle case sono freddi, in certi punti qui non ci batte mai il sole. Le case sono unite da piccoli archi di pietra ad unica volta e, i panni stesi, ricordano i tempi antichi.

La stradina che sale verso la Chiesa Parrocchiale di San Pietro in Vincoli è molto bella, permette di vedere laggiù, fino al mare, gran parte della Valle, e ancora fino a Pompeiana, un altro paesino della mia provincia. SONY DSC

Siamo sul puntale ad Est della Valle Argentina, un angolo meraviglioso e quello che vediamo ci toglie il fiato.

Aperto. Infinito. Appagamento totale per i nostri occhi.

Bellissima è anche questa chiesa eretta nel 1619 che, un giorno, vi farò conoscere meglio. Sono tante le Chiese qui in Castellaro senza contare quella di Nostra Signora di Lampedusa, la più importante e significativa di tutta la zona non solo del paese, che vi avevo fatto vedere SONY DSCqui, in questo post https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2011/12/28/la-chiesa-di-lampedusa/ .

Spuntano campanili ovunque in questo villaggioSONY DSC. Rimango un pò qui, il sole batte sulla facciata principale di questa Chiesa donandole un colore ocra vivo. Un bagliore che esalta la tinta con la quale è stata pitturata. La sua porta è chiusa. Non possiamo entrare. I pini marittimi, la incorniciano in un verde cupo. Tutta la parete è piena di arte.

Quanta arte qui a Castellaro, quanto gusto c’è. Un giorno vi farò conoscere anche le opere di un artista che ha reso il paese SONY DSC molto colorato con le sue belle idee ma, oggi, vogliamo continuare a scovare luoghi che parlano di storia.SONY DSC

Ecco le prigioni ad esempio, (purtroppo chiuse, mi sarebbe piaciuto vederle) e la torre. Che fascino topini! Stiamo parlando di prigioni davvero in uso nel medioevo e di una vera torre di camminamento del castello della famiglia “Linguilia già dei Quadraginta” (i nomi che vi ho detto prima in lingua ancora più antica) del secolo XI. Questa torre è stata restaurata non molto tempo fa, nel 1999, ed era a pianta semicircolare. Che fascino! Sembra davvero di essere in quel tempo!

Si fanno ammirare anche le altre grate che trovi qui e là in vari edifici di tutto il paese, viene da chiedersi chissà chi c’è stato SONY DSCdietro a quelle sbarre. Da lì esce aria fredda e, guardandole, ci si ritrova avvolti da un’atmosfera misteriosa. Al loro interno è tutto buio. Buio pesto. Non si vede nulla, si può solo immaginare. Davanti alle barre di questa struttura, per non annoiarsi assolutamente, si trovano la Biblioteca Civica dedicata a Ivan Arnaldi e il Palazzo dei MarchesiSONY DSC Gentile e Spinola, risalente al secolo XVII. Un altro bellissimo edificio. C’è davvero tanto passato intorno.

E’ piacevole camminare per Castellaro, questi scorci lasciano a bocca aperta e, per qualsiasi bisogno, all’inizio del paese, “L’Osteria della Braia”, sarà un valido punto d’appoggio. Pizze, bevande e buon cibo. Potete camminare tranquilli topini.

Le mura di cinta, tutte rigorosamente in pietra, fanno un certo effetto. Non ne sono rimaste molte ma le poche restanti portano ancora la loro altezza e le fessure dalle quali le guardie e i soldati sparavano verso il nemico. Nessuno poteva avvicinarsi a quel mondo a sé. Le antiche mura, un orgoglioSONY DSC per i castellaresi. Li difesero dalle continue invasioni da parte dei Saraceni fino al 1797SONY DSC, anno in cui Napoleone Bonaparte, conquistò e abolì tutti i feudi liguri che iniziarono a far parte del Nuovo Governo Franco – Genovese della Repubblica Ligure.

Su Castellaro si potrebbe scrivere per ore e ore e passeggiando in lui si passeggia sempre con il naso all’insù.

Quest’oggi, le sue stradine a ciottoli sono deserte, ma due importanti feste raggruppanoSONY DSC le genti in questo paese in altri periodi dell’anno. La prima è quella dedicata alla Chiesa di cui vi parlavo prima, San Pietro in Vincoli, e la si festeggia il primo di agosto. L’altra invece, per Nostra Signora di Lampedusa, con tanto di SONY DSCprocessione, si effettua la domenica successiva all’8 di settembre. Queste sono due feste conosciute anche in gran parte del resto della Valle e, i partecipanti, sono sempre tantissimi.

Ma Castellaro è bella anche dal punto di vista geografico. Sì, da qui si può vedere dall’alto tutto il panorama di Taggia e lo scorrere fino al mare del Torrente Argentina, da qui si vedono anche, in lontananza: Colle d’Oggia e i Prati Piani dietro a Carpasio, il monte dei Vignai attraversato dalla strada dedicata a Don Aldo Caprile e, dietro la colla, c’è il Monte delle Sette Fontane. Esso è un monte che fa parte delle Alpi Liguri alto 781 metri. Il suo nome è dato dalla presenza di varie sorgenti che, insieme ad una morfologia quasi pianeggiante della sommità, ne fanno un habitat ideale per la pastorizia. Su questo monte inoltre ci sono moltissime “caselle”, delle costruzioni circolari in pietra a secco SONY DSCche, in passato, servivano da ricovero durante il lavoro nei campi e la stagionatura dei formaggi. Sono costruzioni tipiche della nostra zonaSONY DSC anche se ormai rare e vengono chiamate in dialetto “casui“.

Bella inoltre tutta la cresta ad Ovest delle montagne; le montagne della Maddalena, di Monte Ceppo e, più in su, di San Faustino. Per non parlar, come ho già detto prima, della splendida vista.

Le grida dei bambini che giocano ci rimbalzano nelle orecchie. Giù in fondo, all’inizio del paese, c’è un campetto da calcio e, per la strada che va’ a Pompeiana, si trovano anche i giochi per i più piccini.

Qui a Castellaro c’era anche un orfanotrofioSONY DSC tempo fa, trasferitosi mi pare più in giù, nel paese di San Remo.

A me non rimane più molto da dirvi se non quello di farvi ammirare alcune chicche che abbelliscono questo borgo come le statuine appese fuori dalle porte, i battacchi particolari e le cosine in creta, fatte a mano, create per abbellire gli ingressi. SONY DSCTanti i Soli e le Lune. La gente ci tiene a far bella figura.

Castellaro è ricco di dettagli che lo distinguono. Una vera meraviglia. Non c’è porta che non abbia un vaso di fiori colorato davanti. Avrei voluto fotografarveli tutti. Guardate i piloni, le targhe, le aiuole, i campanelli, tutti ricercati. Particolari. E come se non bastasseSONY DSC, per abbellire ancora di più la loro dimora, ecco la costruzione di divertenti miniature che fanno soffermare per essere osservate, messe lì, “puf!“, come un tocco artistico.

Mi ha colpito molto anche il lampione del palazzo che vi ho mostrato prima, Palazzo Arnaldi. Così antico, così arrugginito. Non ci vedo bene da qui ma sicuramente ci sarà anche qualche ragnatela. Sembra lì dai tempi dei tempi. E chissà, forse è davvero lì da quel passato. Quel passato che ancora oggi si può toccare con mano. Quel passato a volte scomodo, a volte no. Quegli stemmi, che ci ricordano a chi siamo appartenuti e a chi dovevamo obbedire. Che ci ricordano il nostro onore, le nostre battaglie e la ricchezza che oggi abbiamo dentro. SONY DSCPezzi di storia affiancati all’estroSONY DSC più moderno di chi vuol far apparire Castellaro come un bellissimo paese, originale, da scoprire angolo dopo angolo. E c’è riuscito.

Ora sono un po’ stanca. Se volete continuare a girare voi fate pure, io mi metto comoda, sopra a questa panchina di cemento e mattoni e mi godo il fresco, ciò che si mostra ai miei occhi e l’atmosfera che mi circonda. Socchiudendo le palpebre mi sembra di sentire anche i suoni e i rumori del tempo che fu. Il medioevo… e immagino mantelli sventolare al vento e sento il tintinnare di spade e ferraglie.

Sono contenta di eSONY DSCssere qui. Sono contentaSONY DSC di avervi fatto conoscere questo paese. Ora me lo godo in pace.

Vi saluto, aspettandovi per la prossima avventura, non mancate, mi raccomando.

Un bacio, la vostra Pigmy e un po’ di profumo da questa viola del pensiero che è qui vicino a me.

M.

 

Pigmy e il turco orafo

Ah,topi! Questa è bella e può esservi utile.

Seduti su una panchina rosicchiando un panino, io e topoamico ci lasciamo baciare dal sole chiaccherando del più e del meno. A un certo punto, davanti a noi passa un topo, a mio parere di nazionalità turca, si accuccia a terra e raccoglie qualcosa pizzicando il terreno con le dita e, tirandosi su, sbarra gli occhi con un’espressione stupita in volto. Si gira verso di me e, in un italiano un po’ bislacco, mi dice con tono gentile: “Bella toposignora, questo suo?”.

Un po’ risentita del “toposignora” che mi fa sentire vecchia, guardo il palmo aperto della sua man e scorgo un anello grosso e dorato, che il topo fa cadere nella mia zampa.

“Non è mio”, rispondo con tutta onestà. Topoamico lo prende e lo osserva attentamente. Nella parte interna sono ben chiare le sigle 750 e 18k. L’anello era grosso e pesante. Topoamico mi guarda: “No suo, toposignora? Be’, io regalo lei. Lei molto bella”.

Ehm… non parlava correttamente la mia lingua, ma ci vedeva bene eccome! Ammaliata da tali lusinghe, alzo gli occhi al cielo. So già che dovrò pagare pegno per aver ricevuto quel complimento.

“Solo un euro, per favore, amico! Io dare voi quello” dice, rivolgendosi questa volta al mio compagno di avventura.

“Daglielo”, mi intima lui.

Prendo il soldino e gli e lo porgo.

“No, aspetta. Io dire 10! 10 euro.”

“Eh, no! 10 euro non te li do”, ribatto, ché i complimenti, se voglio, me li dedico tutte le mattine gratuitamente.

“Allora 5. 5 euro: tu bella e gentile”, contratta.

Va a finire che mi parte uno stipendio.

Va be’, in fondo quell’anello valeva qualche zero in più davanti alla cifra da lui richiestami. Perchè non tentare?

Gli do’ i 5 euro. Ne voleva altri.

No, tassativamente NO!

Quando si parla di  elemosina e donazioni sono in pace con la mia coscienza. Il topo, per nulla offeso, prende la banconota e se ne va.

Una voce dentro di me mi dice che quell’anello non è vero, me lo sento. Eppure pesa… e le sigle? Quelle sono dell’oro, inconfondibili! Insomma se qualcuno lo ha perso e lo indossava, era molto facile che fosse di valore…

Ciononostante prendo l’anello e, il giorno dopo, mi dirigo da un mio conoscente orafo. “Puoi buttarlo via “, mi annuncia senza pietà.

Per tutto il pelo dei topi, lo sapevo! Lui scorge la delusione dipinta sul mio muso. Non sono delusa per l’anello, né per i 5 euro. A rodermi era la fantasmagorica presa per il C _ _ o che avevo subito, anche perchè un po’ ci avevo creduto davvero.

Per convincermi, il topo orafo lo strofina su una lastra dorata e poi aggiunge un liquido. Tutto diventa nero. Ora sono convinta della truffa.

Be’, topi, volete sapere il giochetto del turco? Cammina con le tasche piene di questi anelli. Quando giunge vicino al primo imbecille, tipo me ad esempio, si accuccia e fa finta di raccogliere qualcosa, ma in realtà ce l’ha già in mano. Si tratta di ottime imitazioni, come ha detto anche l’orafo mio amico. Li realizzano pesanti e, come vi ho detto, con le sigle giuste. Ma non cedete alla tentazione! In effetti, ripensandoci, intorno a noi c’era un suolo di terriccio bianco come il latte. Un anello così grosso, immaginate una fede alta un centimetro e mezzo e bella spessa, proprio vicino ai miei piedi, l’avrei vista.

Sono furbi, non sanno più cosa inventare. E così Pigmy ne ha imparata un’altra. Mi consola che la persona alla quale ho portato il finto gioiello mi ha detto: “Ne stanno girando a milioni, non sei la prima, Pigmy!”. E c’è gente che magari gli dà anche 50,00 euro come ricompensa! Sigh!

Un bacio, realmente prezioso, a tutti voi.

M.

Pigmy Jones e il muretto impraticabile

Eccomi qua, pronta a raccontarvi la mia ennesima topoavventura. Questa volta, il primo che ride lo banno e non lo faccio più entrare nel blog, sappiatelo.

Allora, l’altro ieri, un bel pomeriggio di fine aprile, Pigmy e tutta la sua allegra famiglia di topolini decidono di andare a fare una bella scorpacciata in montagna. Una volta riempite le pance, avrebbero camminato lungo un bellissimo sentiero nel bosco fino a un santuario in mezzo a un prato, dove i cuccioli avrebbero sicuramente dato sfogo alla loro felicità.

Portiamo con noi il nocciolo-pallone. Chiunque avrebbe volentieri dato due calci a quella cosa pseudo-sferica che ruzzolava un po’ ovunque. Arriviamo davanti alla chiesa. Le piante, i fiori e il panorama sono bellissimi e, davanti al santuario c’è una bellissima Madonna azzurra che…. avrebbe dovuto benedirmi, ma probabilmente quando mi ha visto si è girata dall’altra parte.

Avrei visitato volentieri l’interno della chiesa, ma era chiusa, per cui, dopo averci girato intorno, ci siamo accomodati sulle panchine di legno mentre i piccoli giocavano instancabili. A un certo punto, il pallone scappa sopra a una sorta di alto terrazzamento. Un muro di pietre e delle rocce lo frenano e il pallone rimane incastrato tra le radici delle piante. Con un lungo bastone riusciamo a tirarlo giù per ben due volte. La terza volta, ahimè, il pallone, vola ancora più in alto, nella boscaglia e il bastone, a quel punto, non serve più. Bisogna arrampicarsi su quel muro, alto quasi tre metri, e arrivare così ai piedi del bosco.

Chi parte per arrampicarsi? Io, naturalmente. Tsk! Che problema volete che ci sia? Sono cresciuta arrampicandomi ovunque: alberi e muri, per me, non hanno mai avuto segreti.

Vado tranquilla. Primo piede, mano. Secondo piede, mano… l’agilità di una topina è indescrivibile, ve l’assicuro. Et voilà, arrivo in cima in un batter d’occhio, nessun problema, ormai ho da fare l’ultimo slancio di gamba per poter davvero dire di essere  nel bosco. Lo slancio l’ho fatto, sì, peccato che l’ultima pietra sulla quale poggia il mio piede fuoriesca da quel perfetto puzzle tridimensionale. Cade al suolo, lasciando entita il vuoto sotto di me. Mi faccio forza con le zampe anteriori, ma la pietra, creando un buco nel muro, fa sì che tutte le altre pietre la seguano.

Sono riuscita a devastare un’opera d’arte di anni e anni fa.

Cado come un sacco di patate, tre metri di volo. Rovino per terra, le pietre tutte addosso e ovunque intorno a me. Picchiano così forte da sembrare una lapidata, in quel momento. Topobabbo con la sua topocompagna e i topini rimangono letteralmente senza parole.

Mi rialzo in men che non si dica per non farli spaventare. Topino stava già per mettersi a piangere e allora mi son messa a ridere prendendomi in giro da sola. Topina, invece, assorta com’era a contemplare una mosca, della mia rovinosa caduta non je ne poteva frega’ de meno. Che donna! Anche topobabbo, per cercare di salvarmi si è preso qualche pietra addosso, ma per fortuna non è successo niente di grave.

Non mi sono fatta nulla e quindi, imperterrita, torno a riprendere il pallone che era ancora là. Questa volta devo passare dalla roccia rimasta, non ho altra scelta. Mi arrampico nuovamente ed eccomi in cima, come una conquistatrice testarda pronta  a prendere la palla colorata.

Mi accuccio per afferrarla con le mani e, all’improvviso, tutto il mio braccio, la mia coscia e il fianco iniziano a riempirsi di un sangue rosso vivo che gocciolava, anzi sgorgava, incessante… dalla mia testa! Niente panico… l’unico problema sono i topini, provo a evitargli la scena, ma è così copioso che tutti gli altri topi non pensano ad altro che a me.

Ridiamo loro il pallone e li mandiamo a giocare, ma non sono intenzionati a obbedire. Topino accorre alle borse per cercare dei fazzolettini di carta. Il mio amore… (topini svezzati e pronti a tutto). Tutti mi prendono e mi buttano la testa sotto una fontana di  acqua ghiacciata. Per fortuna!

Topobabbo è preoccupato, non riesce a capire da dove esca il sangue perchè è così tanto che sono completamente rossa ovunque: testa, orecchio, collo, capelli… tutto. Mi lava, mi tiene premuta la ferita… insomma, è eccezionale, considerando che anche lui ha un polso gonfio per via di una pietra che gli si è rovesciata addosso nella mia caduta. Decidiamo di tornare indietro e la gentilissima coppia di gestori del ristorante nel quale abbiamo mangiato mi offre del ghiaccio. Non voglio altro, capisco di stare bene e, dopo circa un’ora, la ferita inizia a rimarginarsi. Ora scende solo una gocciolina di sangue ogni tanto.

Dallo zampillo che faceva prima, sembrava quasi che qualcuno avesse sgozzato un vitello! Non immaginavo che da un taglietto in testa potesse uscire così tanto sangue. Probabilmente, oggi il santuario non ha voglia di essere rimirato, oppure non ci sono più i Romani che fanno i muretti come si deve.

A parte gli scherzi, quel muro dietro era vuoto, mai visto un muretto così. Anche le nostre terrazze sono pietre appoggiate soltanto, ma sono ancorate al terreno… Babbo dice che quelli si chiamano muri morti. Ho imparato una cosa nuova e pensate che, prima di andare via, abbiamo anche dovuto ricomporlo, altrimenti guai a lasciare davanti a un luogo sacro uno scempio simile: i miei amici della valle mi avrebbero inseguita per mari e per monti.

Comunque io sto bene, davvero. mi sento solo la schiena e la gamba un po’ indolenzite, ma la testa sta bene. Ce l’ho dura! Per ora, dunque, posso ancora continuare  a scrivere i miei post.

Va be’, dai, prima scherzavo: potete ridere, se volete. Ho riso anch’io pensando alla caduta, perchè credo di essere stata buffissima. Chissà se ho fatto il triplo carpiato? E topobabbo mi ha detto: «Pigmy, te l’ho già detto mille volte che sei un Jerboa e non uno scoiattolo volante!».

Un bacione a tutti!

Vostra Pigmy

M.