Un Uomo/Albero in Valle Argentina

C’è un uomo in Valle Argentina davvero particolare… forse sta scappando o forse è timido. Oppure stanco e rincasa. Sì, è un uomo che sta per entrare nella sua dimora, suggestiva quanto lui. La sua casa è un albero e… anche lui è un albero.

Come un gigante buono e nudo, lo si vede accucciato a terra nell’intento di nascondersi.

Oppure ancora… che stia cercando qualcosa?

Cari Topi, anche oggi riesco a farvi vedere qualcosa di meraviglioso grazie alle foto dell’amico Renato.

Un regalo della mia bella Valle. Un regalo che potete vedere anche voi, a Passo Teglia, per la strada che da Drego (sopra a Andagna) va verso Rezzo.

Guardate questo tronco storto e ricurvo. Grosso, liscio. Ha proprio sembianze umane.

Un apparato radicale come se ne vedono davvero pochi.

E i boschi della mia Valle, fatati sicuramente, prendono ancora più vita davanti ai miei occhi.

Sono molte le forme strane e arcane che si notano nella Valle Argentina.

Ve lo avevo già mostrato attraverso Castagni e Faggi secolari. Attraverso i tronchi spezzati dei Larici antichi ma, ogni volta, queste bizzarre opere naturali, lasciano a bocca aperta.

Figure che la natura ha dipinto o ne ha preso le sembianze.

Ve le avevo mostrate anche attraverso le rocce e nelle luci del cielo… ma guardate qui… non è incredibile quest’albero? Non vi sentite immediatamente trasportati in un nuovo racconto di Tolkien, dove Druidi e alberi parlanti vivono in perfetta armonia?

Potrà salvarmi questo gigante di legno dall’attacco di Elfi bricconi o Trolls poco simpatici?

Un gigante nel quale scorre magica linfa. E, assieme a lei, scorre la mia fantasia. Dove il vero protagonista è lo stupore, il quale resta negli occhi a lungo.

Il bosco è vivo e non solo biochimicamente. Il bosco è vivo dentro a ogni corpo. In vibrazioni ancestrali.

Sono un animale, un piccolo roditore, viaggio in altre dimensioni, ma in queste dimensioni voglio portare anche voi.

Osservando certe bellezze si uniscono altri sensi a quelli fisiologici, verso i quali abbiamo fatto l’abitudine.

Si sviluppano nuove percezioni e si affinano ulteriori virtù.

Quanto è affascinante questa figura che mi accompagna. Antica e bellissima. Straordinaria e da rispettare.

Sappiamo tutti che un albero dona ossigeno, ombra, nutrimento, calore, riparo… è un meraviglioso essere vivente, ma quando regala anche la possibilità di dare vita ai nostri pensieri, trasformandoli in fantastici, beh… direi che davvero non possiamo chiedere di più.

Che altro dire Topi? Siete rimasti di stucco vero?

Vi vedo con i baffi a penzoloni. La Valle Argentina continua a stupire e non ha ancora finito, perciò seguitemi anche nella prossima avventura. Vi aspetto.

Vi mando un bacio dalle forme inusuali e ringrazio ancora una volta Topo Renato.

A presto!

Nel Ciotto di San Lorenzo tra storia, natura e misteri

Sarà un lungo articolo questo che descrive uno dei luoghi da me più amati in Valle Argentina. Voglio parlarvi del Ciotto di San Lorenzo e, per elencarvi tutto quello che propone agli occhi e al cuore, ho bisogno di molte parole.

Il Ciotto, chiamato anche “Sotto”, lo si raggiunge dal Passo della Mezzaluna oppure da Passo Teglia camminando in mezzo ad una splendida faggeta, la Foresta di Rezzo, per poi giungere in questa radura fatta a conca, definita persino dolina, sormontata dal Carmo dei Brocchi.

La Foresta è così bella da essere soprannominata “Bosco delle Fate”.

Qui, dove d’estate regnano indisturbate le Marmotte, la storia racconta che un tempo, intorno al 245 d. C., ha vissuto il giovane eremita Lorenzo ucciso poi a Roma, per volere dell’Imperatore Valeriano, e venerato in seguito come Santo dalla Chiesa Cattolica.

Si fermò qui per circa due anni vivendo da solo con l’unico contatto della natura e, di lui e del suo passaggio, oggi resta solo un rudere nel quale alloggiava e pregava. Le rovine di chi dice essere stata una piccola chiesa e chi invece afferma essere stata una semplice dimora.

San Lorenzo si affacciava su questo prato bellissimo circondato da Abeti, Larici ma anche da grossi massi e osservando attentamente queste bianche pietre ci si accorge che alcune sono disposte a cerchio. Si parla di cerchio sacrificale, punto in cui venivano bruciate le streghe durante il periodo dell’Inquisizione.

Non si sa se siano leggende o realtà ma questo luogo ha da raccontare molto anche riguardo un tempo precedente alla caccia alle Streghe.

Si parla di popoli antichi e di costruzioni che restano lì, immobili, da tantissimi anni.

Al Ciotto, e nei suoi paraggi, infatti, si possono scoprire in un grande complesso megalitico: dolmen, menhir, pietre sacrificali e molto altro. Ogni cosa meriterebbe un post a sé.

L’estremità del Menhir, sta ad indicare approssimativamente l’azimut del sole al tramonto, nel periodo del solstizio d’inverno. Mentre il Dolmen poteva essere una tomba e la pietra sacrificale è dotata di coppa di scolo ben visibile.

Qui tutto è ammantato da energie pure, seppur misteriose, che ritengo appartengano alla natura che lo veste e agli uomini che lo hanno vissuto in antichità.

Siamo a circa 1.400 mt s.l.m. e il verde vivo è incontaminato e splendente. Una coppia di Corvi Imperiali vola in cerchio sopra alla radura e sembrano essere i guardiani di questo luogo mistico. Mi piace pensare che siano gli amici delle donne che qui hanno trovato la morte per volere dell’Inquisitore.

Salendo sulle selle attorno al prato si può godere di una vista magnifica e si vede anche il mare.

So che però, oltre ai Corvi, nascosti da qualche parte, ci sono anche Lupi, Allocchi, Salamandre e Picchi.

Lorenzo, dalle origini spagnole, poteva godere di una stellata magnifica passando le notti in questo Ciotto. Qui, dove i monti si aprono permettendo di godere di un firmamento unico; non c’è inquinamento luminoso e tutto pare come avvolto dalla magia.

Questo era uno degli snodi della Via Marenca, famosa strada del passato che si sviluppa sui crinali e collega i monti liguri alle zone piemontesi. Uno degli antichi cammini dei pastori che dalle valli di Imperia conducevano i greggi ai grandi pascoli del Monte Saccarello e del Colle di Tenda.

Il suo aspetto cambia ad ogni stagione ma resta sempre magnifico.

L’Agrifoglio e l’Aquilegia si mostrano orgogliosi, raccontando il sottobosco. L’Anemone Bianco lo descrive con la sua poesia e il Cardo Selvatico ne descrive la resistenza al tempo. Tutto è perfetto.

 In questo regno, si riconosce un’atmosfera atta ad accendere una spiritualità percepibile all’istante.

S’innalza il livello spirituale di esistenza arrivando a distinguere persino forze arcane che osano e vogliono farsi sentire. Questo almeno, è quello che accade a me ogni volta che ci vado. Sarà la mia sensibilità da animaletto.

Riconosco che la natura ha su di me un particolare effetto ma, con il sopraggiungere della quiete e dell’emozione, si arriva indiscutibilmente ad essere nettamente più sensibili fino a collegarsi, a mio avviso, con le frequenze energetiche dell’Universo che parlano e raccontano attraverso parole proprie o toni di chi qui, ha abitato molto tempo prima.

E’ un luogo, questo, colmo di ricordi ed emozioni.

Qui l’amore di Madre Terra ti abbraccia e ti fa suo. Qui, anni or sono, coloro che da sempre nominiamo streghe, si univano alle onde energetiche universali. Qui, uomini credenti, hanno sacrificato ai loro Dei, esseri viventi. Qui, venivano richieste, con tutto il potere che si sentiva e si trasmetteva, le risoluzioni alle necessità.

Per sentirsi parte di un mondo ancora più grande, un macrocosmo che solitamente non si identifica. Il mio è qui. Uno dei tanti per lo meno. Puro, protetto, selvaggio. Dall’anima scoperta in bella mostra.

E’ un luogo splendido vero Topi? Un luogo che esige rispetto come ogni zona in fondo.

Spero tanto che sia piaciuto anche a voi come a me. Se è così, vi lascio sognare ancora un po’, io corro a prepararvi un’altra fantastica escursione.

Vi mando un bacio spirituale! Smuck!

Al Ciotto: osservando tinte e arabeschi

Da più di tre anni, di tanto in tanto, mi dirigo al Ciotto di San Lorenzo.

Si tratta di un luogo a me molto caro, situato alle pendici del Carmo dei Brocchi e oltre ad essere un posto bellissimo se lo si sa ascoltare, parla con un’energia davvero profonda e unica.

Per arrivarci passo solitamente da Drego e da Passo Teglia, anch’esse zone della mia Valle senza eguali per il loro fascino remoto.

Una volta giunta all’arrivo mi piace soffermarmi a guardare ogni cosa, lentamente. Lo sguardo si appoggia piano, su tutto quello che addobba questo angolo della mia Valle per me dal sapore mistico e affascinante.

Mi piace contemplare, pensare, riflettere e guardare intorno a me tutta quella bellezza che mi circonda sentendomi davvero una Topina fortunata. Si tratta di una dolina tutta fiorita in estate e circondata da austere rocce, una faggeta fatata e abeti antichi che proteggono. Una radura a forma di conca nella quale talvolta si forma un piccolo lago o è prato in base al periodo dell’anno.

E’ proprio durante queste attente osservazioni che ho potuto notare come questo luogo si modifica di stagione in stagione.

I suoi cambiamenti sono in realtà molto evidenti e dati principalmente dai colori che lo abbelliscono ma se quando parliamo di colori pensiamo soprattutto all’autunno… beh… al Ciotto di San Lorenzo (chiamato anche il “Sotto”) le tinte regalano emozioni ogni mese.

E’ vero che, prima di aprire le porte all’inverno, i Carpini si vestono d’oro e i Larici delle nuances del tramonto. Com’è anche vero che i Faggi diventano color della terra bruciata e le capsule di semi delle Graminacee creano puntini neri sparsi qua e là ma quando la fredda stagione giunge del tutto è la Bianca Signora, la neve, a regnare rendendo tutto candido e brillante.

Il foliage, in questo luogo, è davvero attraente.

D’estate, invece, è il viola della Lavanda e del Cardo Selvatico a prevaricare su tutto. Il colore della magia, ed è quasi più presente addirittura del verde vivace, il vero padrone.

Lo stesso Cardo, terminato il periodo estivo, appare di un avorio lattiginoso e sfavillante.

Tra il profumo del Timo anche gli insetti contribuiscono a colorare il tutto ma ovviamente, il gradino più alto del podio spetta alle farfalle e le loro ali dipinte.

Per non parlare delle bacche. Tante tantissime e tutte diverse tra loro. Quelle color rosso fuoco si notano già da lontano.

Molte tonalità di grigio e di marrone vengono date anche dalla corteccia degli alberi che circondano l’antico Ciotto ricco di storia e leggende.

Osservando certi tronchi, dal basso verso l’alto non si possono non notare le diverse sfumature di queste alte piante e, una volta che ci si trova con il naso all’insù, un ulteriore spettacolo si apre davanti agli occhi agitati.

Un intreccio infinito di rami, sia spogli che ricchi di fogliame, si annodano, si avvicinano e si incrociano fino a formare strane forme di linee, degli arabeschi stupendi che sembrano disegnare il cielo.

Come dei centrini, posizionati all’incontrario, abbelliscono anche l’aria sicuri nel risultato di una meraviglia totale.

Via via che i giorni passano, andando verso il periodo del gelo, dopo il trionfo di vita e tinte forti, tutto si spegne divenendo sempre più pallido e mostrando il riposo.

Nonostante questo sonno color pastello, pare d’esser in un incanto, nella tela di un pittore malinconico e che ama i colori tenui. L’inverso della vivacità verde incontrata in passato.

Insomma, il Ciotto di San Lorenzo regala sorprese sempre. Non può non lasciar stupiti e grazie alla natura variegata che lo forma resta un punto assolutamente unico della Valle Argentina.

Io, sognante, vi mando un bacio colorato e vi lascio immaginare questa tavolozza. Vado a prepararvi un altro articolo!

Emozioni infinite – Al Passo della Mezzaluna

Fu come respirare per la prima volta.

Quando giunsi in questo punto, la gioia fu talmente tanta nel vedere la meraviglia del Creato che l’aria si bloccò per lo stupore nei miei piccoli polmoni, ma fu come se, per la prima volta, io prendessi vita.

Sentivo l’entusiasmo pervadermi e scalpitare dentro di me. Quasi mi venne da urlare: quell’euforia doveva uscire, insieme alla vastità, così pura, così verde, così… infinita di cui era testimone il mio sguardo. Infinita come le mie emozioni. Infinita fino al mare. I miei occhi luccicavano.

Vi starete chiedendo dove mai io sia andata per provare sensazioni così forti e ve lo dico subito, cari amici. Sono andata in un luogo molto particolare della Valle Argentina, dalla bellezza indescrivibile. Potete notarlo voi stessi attraverso le mie immagini. Sono andata al Passo della Mezzaluna. Vi consiglio, però, di venire qui di persona se, oltre ad appagare lo sguardo, volete risollevarvi anche l’animo e il cuore. Questo luogo ne ha il potere e, quindi, voglio darvi le indicazioni per raggiungere tanto incanto.

Dalla strada principale di Passo Teglia, ho zampettato all’incirca un’oretta per giungere qui, ma io sono veloce; in un’ora e mezza ci arriva chiunque attraverso un bel sentiero, pulito e ben delineato.

Dopo Drego (sopra Andagna) dapprima si sale, godendo di un bellissimo panorama, e poi si scende verso Rezzo, e ci si inoltra nella fantastica foresta di Rezzo, chiamata anche “Bosco delle Fate” proprio per via del suo straordinario fascino. Dopo Drego troviamo qualche curva e poi, proprio in una di queste curve, sulla sinistra ci imbattiamo in una placida fontana non più funzionante: ecco l’inizio del sentiero da prendere, segnalato nella zona di Caselle Fenaira.

Sul cartello leggerete anche il nome di Ciotto di San Lorenzo e oggi vi sto portando  proprio subito dopo questo Ciotto, luogo altamente mistico della Valle, ma del quale in questo articolo non vi svelerò nulla.

Oggi, infatti, mi trovo al fantastico Passo della Mezzaluna, uno dei più belli della mia Valle. All’inizio del sentiero ci troviamo a 1351 mt s.l.m., ma, una volta giunti al Passo, raggiungiamo i 1450 mt s.l.m.

Si cammina immersi tra esemplari di Faggi meravigliosi che, tra le rocce ricoperte di muschio verde scuro, in alcuni punti, mostrano un paesaggio degno delle leggende celtiche e irlandesi. Il bosco in certe zone è scuro, ombroso, pare avere un piglio albagioso, ma molto affascinante e ricco di energia positiva e sacra. Il sentiero è largo, ci si passa comodamente anche con una moto da trial o in mountain bike. C’è solo un tratto un po’ difficoltoso, anche se molto molto breve (10 mt appena), che da fare con le due ruote risulta abbastanza ostico. E’ un tratto roccioso, dove ci sono massi alternati a creare una specie di parete sulla quale ci si deve arrampicare un pochino, ma persino le vecchie nonnine riescono.

Il Passo della Mezzaluna è così chiamato in quanto forma proprio la sagoma di una falce di luna tra le vette di due monti verdi ricoperti di pascoli incontaminati e baciati dal sole. Sono di un verde pallido, a differenza delle mucillaggini che ricoprono il suolo percorso in precedenza. E’ un verde che si alterna all’ocra, al giallo e al marrone del fieno e dell’erba, colorando di sfumature pastello tutta quella meraviglia cangiante a seconda delle stagioni.

Io, come sapete, sono grande quanto una castagna, ma al Passo mi sento ancora più minuscola e capiterà anche a voi, se saprete cogliere davvero tanta magnificenza. Una rara bellezza che si apre permettendovi di abbracciare con gli occhi e lo spirito quanto di più bello ci sia al mondo: Madre Natura in tutta la sua grandezza.

Un’apertura esagerata vi permetterà di cogliere gran parte di un paesaggio da veri amanti della montagna e non. Sì, perché farebbe innamorare chiunque. Tutto attorno ci sono monti di varie altezze: Monte Bussana, Cima Donzella, Monte Monega. E boschi, e più in giù colline, e continuando a scendere con lo sguardo ecco le vallate, e poi le città sulla costa, che da qui sembrano nugoli di formichine, e poi l’azzurro esteso e sconfinato del mare che bacia quello del cielo.

Ecco il mare di Albenga, dopo il Carmo di Loano e il mare di Imperia. Si possono vedere persino distintamente, a seconda delle giornate e delle condizioni atmosferiche, anche i profili scuri delle montagne della Corsica. Verso Nord, invece, è possibile ammirare l’immensità dei valichi, delle cime ancora più alte, dei sentieri, dei prati eterni colorati da cespugli di Rododenri, Crocus, Stelle Alpine e Cardi selvatici.

Di qua abbiamo la carrareccia che porta a Colle Melosa, di là, invece, si può proseguire verso il Colle di Garezzo percorrendo i Sentieri degli Alpini, le Vie del Sale, i cammini militari che hanno visto, un tempo, le azioni bellicose degli uomini, le loro ore in postazione o in marcia, su e giù per la Strada Marenca, per quei prodigi armoniosi naturali.

La pace, qui, è protagonista assoluta, una dolce compagna che ristora e rilassa. Corrobora i sensi ancor più di una tazza calda di cioccolata in una fredda sera invernale. Se fosse concreta, la si potrebbe definire maestosa, così imponente che neanche gli uccelli osano disturbarla. Solo qualche Aquila, ogni tanto, si permette di strillare e lasciarsi udire facendomi spalancare gli occhi in alto. I Corvi Imperiali se ne stanno sulle rocce più alte a gracchiare al nostro passaggio, sentinelle di un paesaggio che li rende guardiani perfetti e quasi incontrastati.

Topi… non so che altro dirvi. Quassù si ha davvero il cuore appeso a un filo di meraviglia. Vi tratterrei qui per giorni interi, ma non posso: devo farvi conoscere altri luoghi che meritano, perciò devo per forza salutarvi, ora, con un bacio e un sospiro innamorato.

I miei monti

Le stagioni vanno e vengono, topi miei, com’è giusto che sia, ma ogni Primavera è diversa dall’altra, così come ogni Estate, Autunno e Inverno.

Gironzolando in lungo e in largo per la Valle, non ho potuto fare a meno di notare i cambiamenti della Natura intorno a me. Quei monti che ora sono di un verde smeraldo molto acceso fino a una manciata di settimane fa erano protetti da una coperta candida, soffice e spessa. Quasi non ci si crede!

monte Faudo

E come cambiano, i colori… La mia Valle è una vera tavolozza d’artista, nessuna sfumatura viene dimenticata da Madre Natura.

Nella stagione in cui ci troviamo, le montagne sono verdi, dicevo. Si notano i toni diversi degli alberi, si distinguono su uno stesso versante latifoglie e conifere, ma il confine non è netto. Si mescolano in modo perfetto e armonioso, come in un quadro del puntinismo.

Quando giunge l’Estate con le sue giornate aride e roventi, tutto inizia a sbiadire, assumendo i toni di una foto color seppia. I pascoli alti si stancano del tanto brucare del bestiame, divengono color paglierino, e anche il verde sui clivi si affievolisce e poi, pian piano, si spegne.

montagne realdo valle argentina

In Autunno tutto si riaccende; che colori, topi miei! Non ce la farei a descriverli tutti, neppure in un libro: oro, vermiglio, verde, senape, arancione… ognuno con le sue sfumature. Anche nel periodo autunnale si distinguono i diversi alberi sulle montagne, ma in questo caso altro che puntinismo! I monti paiono mosaicati, ogni pianta è una tessera mutevole, cangiante.

montagne valle argentina

Con l’Inverno tutto si spegne di nuovo, persino i sempreverdi perdono il loro vigore. Il marrone della terra prevale, tuttavia, se la neve scende copiosa come quest’anno… che spettacolo, topi! I rilievi montuosi somigliano a panna montata, oppure a pandoro ricoperto di zucchero a velo. I paesini di pietra diventano allora soggetti di cartoline che farebbero invidia a quelle di mete più ambite, come il Trentino o la Valle d’Aosta.

Sono i miei monti, non posso non amarli. Li adoro in ogni stagione e voglio farveli conoscere più da vicino. Non tutti, perché non basterebbe un blog intero, ma almeno quelli che ho frequentato negli ultimi mesi.

Quello che vi mostro qui sotto è il Gerbonte con i suoi 1727 metri di altezza, e scusate se è poco. Fiero, imponente, lo si vede da Triora, da Realdo, da Verdeggia, ma anche da Colle Melosa. Lo notate, il suo sgargiante abito autunnale?

Monte Gerbonte

Poi c’è il mantello bianco di Monte Ceppo. C’è silenzio, lassù, è il posto ideale per ascoltare il vento. Soffia forte, è un luogo esposto, ma che panorami! Ci troviamo a 1505 metri sul livello del mare. La cima glabra di questo monte è riconoscibile tra mille. Ci sono affezionata, sapete? E’ la prima, piccola vetta che ho conquistato, ormai anni fa, per questo ha un posto speciale nel mio cuore.

Monte Ceppo

Dirigendoci a Passo Teglia (1385 m.s.l.m.), poi, si dispiega davanti a noi un panorama notevole, che spazia dal Mar Ligure alle cime del Toraggio (1973 m.s.l.m.) e del Pietravecchia (2038 m.s.l.m.). Pare strano, ma è proprio così. E’ una peculiarità della Liguria, forse poche altre zone italiane godono di scorci e viste pari a quelle dei luoghi in cui vivo. Ogni posto ha i propri vanti, quello del Ponente ligure è l’avere una grande varietà di ambienti in uno spazio relativamente circoscritto.

passo teglia

Continuando il nostro tour, ci innalziamo sul Monte Grai (2012 m.s.l.m.) e allora qui, topi miei, inizio a sciogliermi dall’emozione. Guardate che dipinto perfetto! Ci troviamo esattamente a metà tra le valli Nervia e Argentina e, a fare da divisore, vediamo il Lago artificiale di Tenarda. E’ un luogo indescrivibile, sembra di poter abbracciare gran parte del Ponente con lo sguardo. Si vede chiaramente il Monte Trono (776 m.s.l.m.), sulle cui pendici è adagiata Triora. E poi, laggiù, il Passo della Mezzaluna (1454 m.s.l.m.) è ben pronunciato.

monte grai - lago tenarda - valle argentina - val nervia2

Le montagne che abbracciano la mia Valle e le fanno da cornice sono bellissime, sono sicura che converrete con me. Ogni volta che mi trovo in luoghi così alti e solitari mi sembra di toccare il cielo con un dito e di assaporare la vera essenza della vita che scorre. Quando si guardano le cose dall’alto, tutto assume una prospettiva nuova e quei giganti di roccia che, visti dal basso, incutevano quasi timore, dalla cima di una vetta appaiono come amorevoli protettori di un luogo che, se non esistessero, sarebbe assai diverso.

Io vi saluto, topi! Un abbraccio montuoso dalla vostra Pigmy.

L’antica chiesetta di San Bernardo

E ora, topi, dopo piante e animaletti, torniamo a girovagare un po’ per la Valle.

Oggi andiamo di nuovo poco sopra il piccolo abitato di Andagna, saliamo dopo “la croce” ed eccoci davanti all’antica chiesetta di San Bernardo.

Davanti a lei, un secolare Ippocastano si erge altissimo, facendo ombra alle due panchine sottostanti.

Questa chiesa è molto antica e vorrei portarvi a visitarne l’interno, perchè merita davvero.

L’essenza di questo edificio religioso racchiude quella di molti abitanti della mia Valle, quelli di un tempo. Il suo aspetto è rude, aspro, solido… ma dentro, tutte le pareti sono ricoperte di affreschi meravigliosi. Anche noi Liguri dell’entroterra siamo un po’ come lei: sembriamo fatti tutti d’un pezzo, diffidenti e schivi, ma a conoscerci… ah! Quante bellezze si celano dentro di noi!

Gli affreschi, dicevo, risalgono al 1436. Si tratta di opere di pittori di cui oggi i non esperti come me non ne conoscono i nomi, ma sono davvero bellissime. I dipinti rappresentano Gesù, pontefici e regnanti, ma anche i vizi e le virtù.

Alcuni volti sono stati cancellati e subito c’è stato chi ha parlato di mistero. Le pareti, in realtà, sono davvero antiche e l’umidità purtroppo regna sovrana qui.

Il pavimento è in lastre di Ardesia, una pietra ampiamente usata in tutta la mia Valle.

Questo santuario del XV secolo, d’estate è la meta di vecchine che amano fare una passeggiata tra le campagne e poi sedersi per riposare. Nel frattempo si fermano a raccogliere la Menta, il Timo e l’Origano a volontà. Un tempo invece, sotto al suo portico, potevano riposare viandanti e pastori e trovavano ristoro persino all’ombra del grandissimo Fico d’India che, di anni, ne ha molti!

Quando si arriva qui, oltre a godere della pace che c’è, si può ammirare anche un bellissimo panorama. Infatti si vede da lontano tutto il paese di Andagna e parte della vallata.

I topini possono divertirsi sugli scivoli e sulle altalene che sono state  posizonate su un praticello proprio di fronte a San Bernardo.

La celebrazione di questo Santo, patrono appunto dei viandanti, si svolge d’estate e parecchia gente deve rimanere all’esterno, perchè la chiesetta ha dimensioni davvero esigue, è intima e raccolta. L’altare è dimesso, spartano: una croce, un muretto di pietra e, dietro, un dipinto di Cristo, nient’altro. Solo per la messa vengono posti dei mazzi di fiori su di esso.

Circondata da prati e da monti, San Bernardo risulta essere un bellissimo luogo religioso campestre. Non si può non fermarsi a rimirarla se si ci passa davanti per andare in cima alle montagne di Drego e di Rezzo.

Quante estati ho passato davanti a lei, con gli amici, seduti su quelle panchine! Di giorno davamo fuoco alle foglie secche dell’Ippocastano, sperimentando i raggi del sole che passavano attraverso una lente d’ingrandimento, e alla sera invece, ci inventavamo storie terrificanti, così traumatiche da aver paura a fare ritorno da soli al paese. All’epoca, non c’erano cellulari e i lampioni scarseggiavano per quelle stradine. Che bellissimi ricordi! E oggi San Bernardo è ancora là, piccola, ma sempre imponente.

Domina dall’alto della sua collina e il giorno della sua festa la processione parte proprio da lì e scende fino in paese. E’ un punto di riferimento, un’antichissima bellezza.

 

Spero tanto sia piaciuta anche a voi e, se vi capiterà di passare da queste parti, visitatela con attenzione. Fermatevi a rimirare il paesaggio e, in poco tempo, sarete circondati dalle  farfalline bianche che vivono sui fiori intorno al santuario, mettono molta allegria.

Un abbraccio, la vostra Pigmy.

M.

 

Drego, il paesaggio fantasma

Cari topi, oggi vi porto in uno dei posti per me più belli della mia valle. Be’, a dir la verità sono tanti i luoghi che mi colpiscono, ma questo è proprio tra i miei preferiti. È uno di quei posti in cui vale il “M’illumino d’immenso”. La bellezza, qui, è nell’atmosfera, nel paesaggio e in tutti i pensieri che ti balzano in mente. Cari topi, oggi andiamo a Drego, un insediamento preromano nel comune di Molini di Triora.

Si tratta di un antico villagio di pastori ormai abbandonato, ne sono rimasti solo i ruderi contornati da malghe, prati, monti e fiori. Siamo a 1.100 metri sul livello del mare completamente immersi nel verde. È un verde vivo, che riempie gli occhi.

Abbiamo sorpassato Andagna; oggi questa strada si presenta asfaltata e la si può percorrere comodamente in auto godendo di un panorama fantastico. Tanti, infatti, sono i punti in cui le rupi permettono di sporgersi e ammirare l’intera la valle. Non sarò mai abbastanza brava per farvi capire la bellezza di questo posto, è incredibile davvero, toglie il fiato. Guardando i casolari rimasti, e adagiati su questi immensi tappeti d’erba, pare di scorgere ancora qualche pastore, sono così ordinati e così puliti intorno! Vari terrazzamenti e muraglioni costruiti con pietre a secco dividono i campi, e alcuni ammassi di pietre più chiare formano delle costruzioni chiamate castellari. Fu proprio vicino a uno di essi che vennero ritrovate delle monete appartenenti all’era dell’Imperatore Giuliano e queste antichità hanno permesso di capire qualcosa di più di questo luogo. Fu costruito prevalentemente durante l’Età del Ferro tutt’intorno a una rocca, chiamata appunto la Rocca di Drego. Essa, situata in posizione strategica, permetteva di avvistare il nemico e prepararsi alla difesa. Anche attraverso i castellari si poteva avere un ampio controllo del territorio. La vista è aperto, libera da intralci e permette di ammirare parecchia porzione di valle.

Sono ancora pochi i fiori che ricoprono i prati, per ora dobbiamo accontentarci di Semprevivi e Tarassaco. Il verde è infatti spesso chiazzato di giallo. Qui fa più freddo, siamo in alto, poco prima di Passo Teglia che è situato a 1.380 metri e ci troviamo sulle pendici del Carmo dei Brocchi, un monte ricco di flora che raggiunge i 1.600 metri di altezza. La maggior parte di piante che nasce qui è ricoperta da una peluria volta a proteggerle dal freddo. Vicino a noi inizia il Parco Naturale delle Alpi Marittime e tanti sono i camosci, le marmotte, le poiane, le aquile e i tassi che possiamo incontrare in certi periodi dell’anno. Dentro questo parco si trova la Foresta di Rezzo, che è una tale meraviglia da essere un luogo protetto. Per poter vivere giornate in completa pace e serenità, ho scoperto da poco anche l’esistenza di un agriturismo “La Fontana dell’Olmo“, che saprà ospitarvi al meglio sia nella calda che nella fredda stagione e i proprietari vi forniranno la guida alpina per visite ambientali ed escursionistiche. Siamo vicini alla Via Marenca, la famosa strada che vi ho descritto parecchi post fa, una delle strade più importanti per il commercio e il passaggio della mia valle. Ci sono tante cose da scoprire, oltre all’appagamento della vista!

Questo, topi, è un posto selvaggio e ancora incontaminato, puro. I suoi colori, i suoi profumi e la sua aria sono di una purezza che apre i polmoni.

Allora, vi è piaciuto questo posticino? Fantastico, vero? Come vi dicevo, io lo adoro: quando sono qui, mi sento libera come non mai.

Mentre continuo a sognare di avere ali di farfalla per poter volteggiare sul prato, vi lascio un caro saluto. A presto!

M.

Gli abbeveratoi di Andagna

Siamo poco fuori il paese di Andagna. Abbiamo sorpassato la piccola chiesa che domina la vallata chiamata San Bernardo e ci dirigiamo verso Drego, verso la foresta di Rezzo.

Arrivati quasi a un’altra chiesetta, quella di Santa Brigida, a 900 metri sul livello del mare, possiamo scorgere questa sfilata di fontane e abbeveratoi per cavalli e soldati.

Vere e proprie opere d’arte, erano usati durante le guerre e sono ancora lì a lasciarsi ammirare. Mi fa molto piacere, tra l’altro, notare che sono tutt’ora intatti e puliti, nonostante l’acqua non passi più nelle loro tubature.

Costruiti in cemento, sono tutti uguali tranne il primo e l’ultimo, i più piccoli e tondeggianti rispetto agli altri, che si presentano lunghi e rettangolari. Da quanto tempo sono lì, e quanta gente hanno visto passare! Quante testimonianze storiche potrebbero raccontare…

Oggi questa strada è asfaltata, un tempo i nostri militari, alpini soprattutto e anche partigiani, la percorrevano a piedi nascondendosi nei pertugi che le rocce offrivano come nascondiglio. Purtroppo sono poche le cose che si sanno su di loro, difficilmente si trovano cenni storici su queste fonti, di conseguenza non posso darvi molte notizie, anzi, se qualcuno della mia valle ne conoscesse, sarei lieta di ascoltarle. Davanti a noi si innalza il Carmo dei Brocchi, un monte di 1610 metri, e tutt’intorno abbiamo noccioli, lavanda, timo e biancospino. Questa è la strada che porta alla foresta di Rezzo e a Passo Teglia. Era una strada legata alla transumanza del bestiame, ecco perché queste fontane sono così ampie.

Proprio qui su questi sentieri, inoltre, i nostri valorosi uomini hanno combattuto. Notando la quantità di fontane, sembrerebbe proprio che questo fosse un luogo di ritrovo, dove radunarsi per escogitare qualche nuovo piano. Poco più giù infatti, c’è una piazzola, chissà se esisteva già un tempo. Pare davvero il luogo della sosta, in cui si ci poteva rinfrescare, abbeverare e riposare.

Ovviamente il contesto odierno è diverso, ci sono giochi e panchine e, come vi ripeto, non sono sicura che questo spazio ci fosse già ai tempi delle traversate montane dei nostri combattenti.

Ho sempre trovato affascinanti questi abbeveratoi. Ogni volta che passavo di qui quand’ero una topina e i miei mi raccontavano la storia dei soldati, me li immaginavo tutti qui riuniti e affaticati a bere.

Riuscite a immaginarli anche voi? Io ora continuo a salire, ho tanti altri luoghi in questa zona da farvi conoscere e vedrete che rimarrete estasiati.

A presto!

M.