A Rielli – “frazione” di Cetta

Oggi, Topi cari, andiamo a conoscere meglio una manciata di case poco nota in Valle Argentina rispetto ad altre frazioni, ma assai importante per quello che riguarda il nostro passato e per come, tuttora, è mantenuta da chi ogni tanto, la vive. Ogni tanto… sì… e cioè, prevalentemente, in estate.

Negli altri periodi dell’anno la si può definire disabitata ma la cura e l’amore che coccolano queste antiche dimore sono sensazioni che trapelano da ogni angolo e in qualsiasi stagione.

Seguitemi quindi a Cetta, dove già vi portai qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/02/08/1-2-3-cetta/ in questo minuto borgo che si divide in quattro frazioni (se così si possono chiamare) pur appartenendo a Triora.

Abbiamo Cetta Sottana e Cetta Soprana e, quest’ultima, si divide ulteriormente in tre mucchietti di case. L’ultimo ammasso di abitazioni, per la via che a breve vi mostrerò, è chiamato Rielli ma si pronuncia con una sola L e la E stretta: Rieli.

Cetta è un paesino che si sviluppa attraverso queste tre borgate per lungo, verso un sentiero molto conosciuto, chiamato “il Sentiero della Castagna” il quale porta a Colle Belenda e a Carmo Langan.

L’ultima borgata è proprio Rieli che finisce dove inizia il bosco anche se, in realtà, qui, il bosco è ovunque. Un meraviglioso bosco di Castagni e Roverelle che abbraccia quel mondo antico.

Da qui partivano i nostri nonni per andare a vendere le Castagne verso la Val Nervia e, una volta giunti nei pressi di Colle Belenda, dovevano attraversare un Passo chiamato ancora oggi “Passo dei Fascisti” del quale vi parlai qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/05/06/il-sentiero-della-castagna-e-il-passo-dei-fascisti/ sul quale venivano perquisiti e dovevano pagare dazio (quando andava bene).

Questo sentiero, subito dopo le case, attraversa Rio Grognardo, unico elemento naturale che si permette di far rumore, con le sue acque vivaci, in quello che è il silenzio più assoluto. Siamo infatti dove la pace regna incontrastata e il verde di questa macchia è acceso e onnipresente in questa stagione.

E’ un sentiero pulito e abbastanza pianeggiante ma noi, adesso, dobbiamo andare a visitare le tane dei miei convallesi, non possiamo continuare a stare qua.

Tra gli orti ben tenuti e un’infinità di muretti in pietra si sviluppa Rielli che, sovente, mostra diverse opere d’arte realizzate da chi tiene a questo luogo.

Si tratta di scritte, dipinti e piante che, messi assieme, vivacizzano questa zona.

Alcune opere si possono leggere su lastre di ardesia e riportano poesie, consigli o frasi di alcune note canzoni. Altre, invece, si devono soltanto ammirare.

Le case sono per lo più in pietra e ben curate, con persiane in legno, raramente aperte, terrazze fiorite e campanelli originali e si affacciano su un panorama fatto di monti e fitti boschi.

Tutta Rielli resta proprio di fronte alle verdi montagne.

Sono montagne assai particolari. In estate, quando la vegetazione è rigogliosa, mostrano un cuscino morbido di chiome prosperose. In autunno, un foliage davvero particolare di tinte forti. In primavera, annunciano lo sbocciare della nuova vita, e in inverno, dato lo spogliarsi di quegli alberi enormi, sono ben visibili i sentieri nascosti che servivano per spostamenti di vario genere a chi lì viveva.

Un dedalo nella foresta.

La stradina principale che non può accogliere auto ma solo motorette e motocarri è stata realizzata in cemento per alcuni tratti e costeggia il paese lasciando lo sguardo libero di poter ammirare quelle montagne vellutate.

Alcuni gradini, anch’essi in pietra, si inoltrano in salita e in discesa tra quelle abitazioni, disegnando vicoli stretti che permettono però al sole di entrare e, tra quei massi chiari e il calore dei raggi, alcuni Gechi e molte Lucertole si godono il tepore di quelle immobili giornate.

I Corvi Imperiali accompagnano in quella quiete, spiccando nell’azzurro del cielo con il loro piumaggio nero e lucido. Sono gli esseri più movimentati vista la pace che c’è.

Ad una prima vista sembra proprio di essere in un luogo dove la quotidianità abbia deciso di lasciare il posto ad altro, partendo per le vacanze, ma non è affatto così.

Se si sa ascoltare si può percepire il rumore di una motosega che lavora nei campi, il verso degli uccellini allegri e il ronzio degli insetti indaffarati, il battere di qualcuno che lavora e sembra proprio di essere nel classico “C’era una volta…” dove le fiabe diventano realtà.

Non è difficile aggiungere, con un po’ di fantasia: una nonna che chiama dall’uscio i bimbi perché il pranzo è pronto, il profumo di legna bruciata nel camino per scaldarsi, l’odore di una torta alle mele e le campane che suonano a festa.

L’obbligo di dover zampettare e non poter usare le topo-mobili ci permette di assaporare tutto questo.

L’auto la si deve infatti lasciare all’inizio del paese di Cetta Soprana, in Piazza XXV Aprile dove ad accoglierci c’è un caratteristico monumento dedicato ai Partigiani che lì vissero, battagliarono, si nascosero e camminarono in lungo e in largo per quei monti.

I loro nomi sono accompagnati dai soprannomi, gli stessi che si possono vedere sulle lapidi nel piccolo Camposanto. Davvero toccante.

Rielli è così curato da avere persino un Parco Giochi tutto suo, proprio in mezzo al bosco, all’ombra di grandi Castagni che sono serviti anche per essere i pali di geniali altalene realizzate con i copertoni delle auto.

Ogni più piccolo scorcio ricorda attenzione e impegno. Un affetto profondo verso il luogo natio.

Un luogo che ha visto crescere tanti dei nostri nonni.

Un luogo che ha visto nascere timidi corteggiamenti sul Ponte di Mauta, violente e terribili fucilazioni tra alberi secolari, la raccolta e la lavorazione dei doni di Madre Terra.

Un luogo capace di rimanere nel cuore per chi lo visita.

Dove l’avanzare degli anni sembra essersi fermato tra quei sassi che formano rifugio.

Un luogo che è poesia per tutta la Valle e anche estremo confine verso la Val Nervia e, di conseguenza, la Francia.

Devo però ammettere che l’immaginazione, così facile qui da arricchire, porta un po’ di malinconia.

E’ un luogo talmente magico che si spera davvero di percepire ciò che vi raccontavo poc’anzi. Fisicamente e realmente intendo.

Beh… chissà… dicono che i borghi dell’entroterra stanno iniziando a ripopolarsi. Ho visto tantissime case in vendita e a poco prezzo. Sarebbe davvero magnifico se un giorno, tutto questo, tornasse a farsi sentire vivo nell’eco della Valle Argentina.

Non mi resta quindi che mandarvi un bacio malinconico ma non sono triste, bensì molto felice di aver assaporato questa atmosfera unica!

Vi aspetto per il prossimo tour, non muovetevi! Squit!

 

 

Via Grande a Molini – la via delle vie

Beh, ecco… prima o poi dovevo pur parlarvi di questa via. E’ assai importante. Importante per tutta la Valle ma soprattutto per il paese di Molini di Triora.

Al di là dell’essere davvero molto carina, antica e caratteristica è la strada in cui, ancora oggi, sorge la casa natia di Beato Giovanni Lantrua ma… chi era costui?

Ve lo spiegherò meglio in un altro articolo a lui dedicato ma posso accennarvi che morì martire in Cina e venne beatificato dalla Chiesa Cattolica il 27 maggio del 1900.

Per i fedeli della Valle Argentina è una figura di grande rilievo che, per questo carruggio, viene ricordato anche attraverso una statua che lo rappresenta. Inoltre, alcuni abitanti di questo borgo, sono suoi discendenti. Ma andiamo con ordine. Partiamo dall’inizio.

Dal centro dell’abitato di Molini, proprio davanti a quella che fino a poco tempo fa era la Bottega di Angela Maria, conosciuta da tutti, si apre un arco in pietra rivestita che mostra una gradinata in salita formata da ciottoli e mattoncini color rosso vermiglio.

E’ Via Grande che, al suo principio, è addobbata da una gigantesca immagine la quale mostra diversi ponti della zona.

L’aria si fa subito più cupa e ombrosa sotto a quella volta ma si può tornare a vedere il cielo continuando a percorrere quei gradini.

Poco prima di giungere a metà percorso, sulla sinistra, una piccola fontanella in pietra, simile a molte altre della mia terra, indica l’inizio di un’altra piccola stradina. Vedrete che sono tanti i vicoli che si intersecano a quello che è il carruggio principale del paese. Breve ma centrale, a formare il centro storico molinese.

Questo è quello che porta alla dimora del fu Francesco Lantrua divenuto poi – Giovanni – una volta fattosi Sacerdote.

Quand’ero solo una piccola Topina, qui ci venivo in colonia e passavo delle estati bellissime. Ovviamente, anche questo stretto vicolo è dedicato al Santo e porta il suo nome.

Quasi di fronte a questo carruggio si trova la grande Chiesa dedicata a San Lorenzo Martire.

Si tratta di una Chiesa dall’impronta gotica e dal portale importante e suggestivo, in ardesia, con scritte scolpite in questa pietra lavagna per noi molto pregiata. Ampi rosoni ne addolciscono lo stile ma resta comunque imponente e spicca con le sue pareti tinte di crema.

E’ molto antica, la sua realizzazione è iniziata intorno al 1486 e regala prospettive bizzarre e tagli del cielo davvero caratteristici se guardati da qua sotto. Questo grazie soprattutto al suo campanile che svetta altissimo al di sopra di tutto.

Mi sento osservata e continuando a guardare la bellezza azzurra che sbuca dai vari edifici noto che qualcuno mi sta guardando.

Sono due Piccioni curiosi, i quali mi suggeriscono di aggirare la Chiesa e andare a vedere cosa si cela dietro di lei.

I pennuti mi hanno consigliato bene. Su un cartello posto contro la parete di una casa, adiacente l’edificio religioso, leggo “Piazza Vittorio Veneto” e mi inoltro.

Davanti a me si spalanca uno spazio molto carino. Sembra di essere nella contea di qualche paese del Nord Europa.

Si vede bene il retro della Chiesa che continua a mostrare ulteriori aperture circolari in mezzo a tutta la pietra che la realizza.

Delle case, dall’aspetto pittoresco e piacevole, la circondano e a terra noto la figura di una torre nera creata con delle grandi piastrelle di marmo.

La stessa torre, che è proprio un simbolo, la si trova sullo stemma del Comune rappresentata anche sul gonfalone concesso al paese dopo il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri avvenuto in data 12 settembre 1953.

Proseguo per la via che oggi voglio conoscere meglio. Come ad essere in un labirinto vedo che tante altre viuzze s’intersecano ad essa. Ne leggo i nomi incuriosita e guardo quello che mi circonda.

Ci sono piante e fiori. Ortensie antiche ed essiccate che comunque suggeriscono bellezza. Vedo i colori dei muri delle case. Il rosa è tra i preferiti, tipica tinta della Liguria, e dove l’umidità la fa da padrona, si scrosta un po’ l’intonaco.

Anche questa è una caratteristica dei nostri carruggi dove il sole fatica a entrare e le notti sono più scure del buio; per questo si possono incontrare tanti lampioni, in diverso stile.

Sono tante le cose che mi colpiscono. Ci sono diversi complementi che adornano questa stradina e le stesse case sono molto carine e ben tenute.

Un’abitazione abbastanza grande sembra prestigiosa. E’ segnalata da una targa che confida chi vi è nato. Un certo Avvocato Serafino Caldani, il quale pare abbia fatto tanto per il bene pubblico del paese e gli abitanti di questo borgo lo ricordano con una scritta inamovibile.

Il cielo intanto si è trasformato. E’ ora un guazzabuglio di nubi mosse dalle correnti che regalano strane scie nell’aria. Affascinano. M’incanto ancora ma, con la coda dell’occhio, noto la famosa statua che vi dicevo prima.

Ecco il Santo in tutto il suo splendore. La statua sembra in bronzo e attorno a lei una cascata di piccoli fiorellini gialli appena sbocciati l’abbellisce ulteriormente. Alcuni petali sono caduti a terra e creano un tappeto fiorito dal colore vivace e intenso che rallegra i grigi ciottoli dei gradini.

Osservando l’espressione del Lantrua, che pare pregare con lo sguardo rivolto verso Dio, noto la costruzione che si para verso la fine di questa via centrale.

Si tratta del Ricreatorio San Giovanni Lantrua. Eh sì, tutto riporta il suo nome.

Questo edificio storico è raccontato dalle diverse targhe appese alle sue pareti che parlano di lui come un oratore. Innanzi tutto si viene a conoscere il fatto che è stato costruito nel 1925 grazie alle offerte donate dalla Compagnia Teatrale Filodrammatica diretta e fondata dalla signora Faustina Balestra.

E si può poi comprendere come, le fontane sottostanti la struttura, furono ben accolte dai molinesi, nel 1899, quando l’Amministrazione Comunale le inaugurò.

Questa è l’ultima grande casa di Via Grande, da qui inizia Via Case Soprane ma, per arrivare sin qui, ho incontrato anche: Via Giulietti, Via del Canto e Via Aia di Pe’, oltre a quelle che vi ho citato prima.

Bene Topi, non mi resta che riscendere e andare a fare nuove scoperte.

Quante storie si nascondono nei dedali dei miei borghi e quante belle cose interessanti da conoscere ci sono, non vi pare?

Allora io vi saluto con un bacio storico e vi aspetto al prossimo articolo.

A Triora nella grotta di Lourdes

Siete mai stati a Lourdes Topini? Probabilmente sì ma oggi voglio portarvi con me in un’altra Lourdes che, pensate un po’, appartiene alla mia Valle.

Parecchio tempo fa vi avevo fatto conoscere la Lourdes al Santuario dell’Acqua Santa, nei pressi di Montalto, che potete vedere in questo post https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2011/10/25/mini-lourdes/ anche questo della Valle Argentina quindi e oggi, invece, andiamo nella Lourdes di Triora.

Si tratta, in pratica, di una piccola grotta contenente le statue che rappresentano la Madonna di Lourdes e la giovane Bernadette Soubirous che prega, inginocchiata, la Vergine Maria.

Poco oltre il centro dell’antico e misterioso Paese delle Streghe, sorge quello che è l’emblema più conosciuto al mondo, probabilmente, della Religione Cristiana. La rappresentazione di uno dei fatti più ricordati e acclamati dai cattolici. Il miracolo delle apparizioni della Madonna ad una bimba della Francia Meridionale, avvenuti, secondo i racconti, nel 1858.

La grotta nella quale vi conduco oggi, rappresentata in modo totalmente identico all’originale, racchiusa dietro ad un cancello di ferro, sorge davanti ad una piccola piazzola dove ha fine anche la Chiesa Parrocchiale Collegiata di Nostra Signora Assunta, una delle Chiese più importanti del paese.

Sono molte le finestre che si affacciano su questo intimo piazzale.

Attorno a questo antro, infatti, sopra e sotto i carrugi, ci sono diverse abitazioni e c’è persino ancora la casa nella quale aveva sede l’antica Biblioteca Ferraironi con tanto di Stemma della Repubblica di Genova dal grande valore storico.

Non vi sto parlando di un luogo assai antico come quelli che vi ho mostrato altre volte ma ha comunque compiuto da pochi anni un secolo. E’ stato fatto costruire nel 1914 dal Parroco di Triora dell’epoca: Don Sebastiano Lombardi; come indicano anche le iniziali sotto ai piedi nudi della Vergine.

Qui, dove oggi si viene a pregare, esisteva un tempo uno dei tanti Forni Comuni del paese, assai noti in tutta la Valle Argentina, e il forno che era qui era chiamato “Forno della Rocca”.

Si tratta di una Rocca, ancora oggi esistente, alta e severa che con fare deciso si innalza verso il cielo.

Siamo poco lontani dalla cinta muraria del borgo e pare di andare incontro ad uno spicchio di infinito se si guarda verso Sud. Si vede il piccolo paesino di Perallo e gran parte della Vallata.

C’è molta pace a quest’ora del pomeriggio. Come se tutto sia addormentato. Solo un piccolo Passerotto curioso si posa accanto a me per guardarmi.

Nonostante, ai tempi, realizzare questo monumento costò 2.150 lire circa, furono gli abitanti stessi, bambini compresi, a portare in quel piazzale piccole e grandi pietre di tufo che servivano per creare quel luogo voluto da tutti.

Per la precisione, come recita la legenda messa a disposizione dal Comune di Triora in loco, la Madonna venne posizionata all’interno della grotta durante la sera del 13 giugno 1915. La prima messa, accanto a quella che divenne presto una nicchia sacra, venne celebrata il 9 novembre dello stesso anno.

Si tratta di una Madonna abbastanza grande (è realizzata in cemento e pesa circa 140 kg pur essendo vuota al suo interno) e dal candido abito soltanto appena colorato di oro ai bordi.

Un lungo rosario è appeso al suo braccio destro e sul suo viso è dipinta l’espressione della misericordia. Gli occhi, rivolti verso l’alto, mostrano come un patimento nei confronti dei mali del mondo e le sue mani sono giunte. La corona, a forma di aureola, la descrive come Immacolata Concezione e, attorno a lei, qualche fedele ha posizionato dei fiori bianchi e rossi.

I fiori e le piante non mancano in nessun punto di questo posto assai caro ai Trioresi. Ci sono anche lunghi mazzi di Lunaria, conosciuta anche con il nome di – Moneta del Papa -.

Bernadette, che si trova alla sinistra di Maria, in una piccola fessura di roccia nella quale sta anche una Stella di Natale, guarda con devozione quella bianca signora.

Purtroppo però, a causa forse dell’umidità o delle rocce, questo Santuario ha dovuto subire nel tempo diversi significativi restauri. Il primo, addirittura, vent’anni dopo la sua nascita.

Persino verso gli anni ’90 del secolo scorso venne restaurata e venne restaurata, gratuitamente, da diversi artigiani legati al paese affettivamente che prestarono la loro opera.

Un bel luogo. Un luogo di quiete. Un luogo dal quale si può uscire dal paese e percorrere il sentiero che circonda quell’abitato meraviglioso.

Sarà proprio il sentiero che prenderò a breve, godendo di una vista mozzafiato, per poi scrivere un’altra storia per voi.

A presto quindi, vi lascio con un bacio immacolato!

Sotto Porta Barbarasa, punto difensivo

Oggi andiamo a vedere un po’ di storia, topi, e uso il verbo “vedere” perché andiamo a osservare una testimonianza del passato.

Andiamo quindi a Taggia, che di punti storici e antichi ne ha ancora molti da mostrare. Tra questi, sono tante le porte tra i carruggi che raccontano di un mondo oggi a noi sconosciuto, ma che i nostri antenati hanno invece vissuto tra guerre, razzie e soprattutto nel cercare vari mezzi per difendersi.

Taggia - carruggio

Primo in assoluto fra tutti questi mezzi era progettare e costruire la zona abitata del paese in modo strategico, per far sì che il nemico rischiasse di perdersi (non conoscendo quel luogo intricato come una ragnatela) e si rendesse vulnerabile e controllabile. Per questo motivo i borghi venivano costruiti con case strette tra loro, una sopra l’altra come a sembrare un guscio, a formare stradine anguste; il paese veniva cintato da mura, alte e forti, costantemente osservate da guardie e sentinelle pronte a dare l’allarme in caso di bisogno.

Taggia - scorcio

Per accedere al borgo, quindi, e per oltrepassare queste mura, venivano costruite aperture dette proprio “porte”, un tempo chiuse da massicci portoni, attraverso le quali si entrava e si usciva. A Taggia tali porte sono numerose: Porta del Colletto, Porta Pretoria, Porta Barbarasa… e qui mi fermo.

Tra Salita Littardi e Strada Asilo Infantile, ecco questo arco che oggi mostra i segni degli anni passati. Questa porta si erge tra palazzine colorate, contrafforti rinforzanti e una strada in ciottoli di fiume, un tempo percorsa da muli e uomini a cavallo.

Siamo esattamente all’interno del meraviglioso centro storico del paese, un labirinto in certi punti umido e scuro, dove le vie sembrano grotte, anziché strade. I panni stesi ravvivano i punti grigi e segnalano vicinanza tra gli abitanti, dove i vestiti di uno rimangono appesi davanti alla casa dell’altro.

Taggia - contrafforti

Porta Barbarasa venne costruita nel XVI secolo e ancora adesso si può notare sopra di essa la camera difensiva. Vicino, troviamo una piccola piazzetta e una diramazione di vari altri carruggi. C’è un silenzio quasi inquietante, ma assai gradevole, che permette alla fantasia e all’immaginazione di cavalcare proprio come come quegli animali che trottavano qui.

Taggia - contrafforti2

Solo qualche piccione osa disturbare con il suo svolazzare che riecheggia sotto i portici. Non è difficile pensare a soldati, spade e scudi. Tutte quelle pietre mostrano un paesaggio medievale. Anche la volta è in pietra. Lastre in vista che richiamano a secoli passati.

Mi godo questa pace pomeridiana, l’ora della siesta, mi sento ispirata e scrivo a voi.
Alla prossima topi! E… – Alto là! Chi va là?! -…. ok scherzavo.

Il Forte di Santa Tecla

Oggi si va sul mare in quel di San Remo. Le serate iniziano a riscaldarsi ed è piacevole passeggiare con un cono gelato in mano. L’acqua scura e illuminata dalla luna schizza sul vecchio molo, è il molo dell’antico Quartiere Marina dove un tempo, alcune rovine ancora lo testimoniano, qui si lavoravano i metalli e l’olio.WP_20150503_005 E’ il punto in cui sorgeva il vecchio borgo ai pressi della foce del torrente San Francesco. Ampie sale sotterranee e no, permettevano agli artigiani di compiere lavori duri e faticosi in un passato che ancora ci riguarda. Che è nostro. Par di sentire distintamente il picchiettio, il vociare, il battere. Poi, tutto venne distrutto. WP_20150503_007Era il 1755 e qui, bisognava creare delle prigioni. Silenziare quei rumori di quotidianità. Grandi e spesse prigioni indistruttibili. O meglio, una Torre di Controllo, all’inizio. Qui dove le vie di fuga, circondati dal mare, risultavano praticamente impossibili con tutte le guardie e le imbarcazioni sempre vigili a vegliare che il nemico ne’ arrivasse, ne’ scappasse. WP_20150503_008Esatto, le “Antiche Prigioni”, così ancora, i sanremaschi, chiamano il Forte di Santa Tecla, un bene molto importante per la Città dei Fiori adiacente alla mia valle. Un Forte ovviamente costruito per volere della Repubblica di Genova che con il suo avanzare fece arrendere il paese al suo volere. Fu trasformato in Carcere Giudiziario dopo l’Unità d’Italia ma in realtà era stato fatto sorgere proprio qui, sul mare, attaccato al piccolo e vecchio porticciolo, come tanti altri bastioni, per difendere questa parte di Liguria dalle insurrezioni dei nemici. WP_20150503_009E sto parlando di uno dei pochi edifici di stampo militare rimasti intatti in Liguria. Chiamato antecedentemente Forte di San Giorgio, subì il cambiamento del nome quando, al posare della prima pietra per edificarlo, venne sotterrata anche una reliquia della Santa morta martire e ancora oggi ricordata.WP_20150503_010 Tanti i lavori di restauro e gli interventi oggi per renderlo un vero e proprio museo in grado di attirare i turisti e raccontare di una storia che ci appartiene e ci insegna il nostro passato. E di notte è davvero suggestivo. Illuminato artificialmente da quelle luci color fucsia sa di mistico e austero. WP_20150503_012Per edificarlo vennero abbattuti il vecchio Bastione, la chiesetta dei Santi Mauro ed Erasmo e 13 case confiscate. Grossi pali di legno vennero inseriti nelle fondamenta a causa di un terreno sabbioso e franabile, ma li si era deciso e così fu. Qui, dove il primo borgo della Marina era sorto e viveva. Dove ciottoli e mattoni pieni delineavano le stradine di un tempo. Dove il fabbro, il falegname, il pescatore vivevano le loro giornate.WP_20150503_014Ora, quelle ampie facciate di pietra mettono suggestione. I cannoni tutt’intorno e le spesse grate davanti alle finestre. Oltre esse, il buio più profondo. In alto, feritoie e merli permettevano a soldati armati di colpire rimanendo nascosti e un grosso e pesante portone era l’accesso alla Torre. Si vede chiaramente che un tempo qui doveva esserci per forza una sorta di ponte levatoio.WP_20150503_015Non c’erano, di fronte a lui, i bar e le gelaterie che oggi donano alla via un paesaggio allegro e luminoso, un tempo c’era il mare, il silenzio, l’attenzione. Una meta turistica d’eccellenza per la città. Una meta che impone a ricordare chi ci ha preceduto. Un abbraccio Pigmy.

Una bella promenade……in Nizza Vecchia

Oggi ce ne andiamo a zonzo in un posticino davvero particolare e direi “fuori dal mondo”. Se avete piacere di venire con me, vi porto a Nizza, in un particolare quartiere di Nizza. E’ la parte di Nizza Vecchia, un borgo che si dipana tra vicoli e corridoi dal fascino antico e Provenzale. WP_20150328_006Pare essere in un racconto di Biamonti. Antichi palazzi, pescatori, caratteristici locali, botteghine di souvenirs, quadri antichi e borse di pelle. Tanti gli italiani, persino i nomi delle viuzze sono scritte sia in francese che in nizzardo, lingua che assomiglia molto al dialetto ligure. WP_20150328_009Si arriva in questo luogo dove il tempo sembra essersi fermato, andando giù, fin sul mare, fino al Porto, se si arriva dall’Autostrada. Un grande monumento ai caduti, imponente, bianco ed elegante, si troverà alla nostra destra ricordando ai suoi cari uomini, che hanno dato la vita per la Francia, che il loro nome e la loro gloria, non verranno mai dimenticati. WP_20150328_003Cactus, mammillarie ma anche aromi come lavanda e timo, nascono spontanei sulle rocce sopra di lui e intorno, degli splendidi giardini ben tenuti. Alla nostra sinistra invece, l’infinito mare che, alla sera, colorandosi di nero, IMG-20150329-WA0007fa risaltare le luci di Nizza su tutta la sua riva in quella che è una delle passeggiate più lunghe della Cote d’Azur. Sabbia e piccoli sassi, permettono alle onde d’infrangersi dolcemente. WP_20150328_026Gli aerei che si vedono partire e innalzarsi in volo dall’aeroporto laggiù, sono impressionanti. Numerosi, e sfiorano l’acqua. Su questa Promenade, la gente corre, va in bicicletta, sui pattini e c’è anche chi si ferma e intona qualche canzone. Giocolieri e maghi, sono a vostra disposizione. WP_20150328_028Se non volete salire fin sulla rocca del Castello, arrampicandovi tra una flora tipica del luogo e un ambiente rustico che vi farà apprezzare l’atmosfera mediterranea, non dovete preoccuparvi, troverete tanto divertimento anche qui. E che fascino la meridiana dipinta a terra regolata dalla luce del sole. Enorme, una meraviglia. Le nostre ombre, unite, si disegnano sopra di lei.WP_20150328_030 Due grandi archi invece, ci permettono di abbandonare questa zona più moderna e inoltrarci nel fascino più totale e tipico di questi luoghi. Immediatamente ci troviamo in Cours Saleya. Il Corso.WP_20150328_022Qui la gente è diversa, si preoccupa meno dello sport e di tenersi in forma, qui si gira con i sacchettini in mano pronti ad acquistare qualche carineria. Qui è tutto un vociare, da colui che vende fiori nel mercato giornaliero, al cameriere che cerca di invitarti a mangiare nel suo locale. E come locali, credetemi, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Tutti magnifici, divertenti coi loro dehors ma anche eleganti. WP_20150328_016Ognuno di loro ha del pesce fresco sui bancali ricoperti di ghiaccio e anche ostriche, giovani e turgide, saporite e molluschi e tutto quello che occorre per soddisfare i palati dei più esigenti. WP_20150328_017Pesce fresco, ottimo. Profumato, cucinato in tutti i modi.WP_20150328_018Ma anche buona carne. Filetti alla griglia senza neanche un filo di grasso, spessi e cotti alla perfezione come il cliente desidera.WP_20150328_020 Le tavole vengono apparecchiate in modo perfetto con tanto di glacière per gustare ottimi vini bianchi. E mangiando, si ammirano gli acquisti fatti nei carrugi al pomeriggio. WP_20150328_024Spezie introvabili come il pepe di Sichuan o quello nero della Jamaique dal profumo meno giovane. Il Tandoori per un tocco indiano sulle nostre tavole e il sale pregiato della Camargue, non lavorato e quindi naturale. Ma ancora bon-bon coloratissime alla Verbena, al Mandarino, all’Eucalipto per la tosse. E che dire degli orecchini dei quali mi sono innamorata che rappresentano il bellissimo Frangipani? Stupendi, per 5 Euro, ne è valsa la pena non trovate? Presi in un bellissimo bazar, strapieno di cose, da incanto. E qui, qui c’è davvero di tutto, in alcuni locali si può addirittura prendere il tè e fumare il narghilè. Ma infatti, che sbadata, mi sono dimenticata di raccontarvi che prima della cena c’è stato ovviamente l’aperitivo, WP_20150328_014un cocktail analcolico e un immancabile Kir Royal, si possono gustare dei tanti e tipici Cafè, della zona. I tavoli minuti, i posacenere a pubblicizzare il Cynar, si, si, proprio come ai vecchi tempi. Locali dai quali è impossibile vedere il sole. E no, qui non può entrare.WP_20150328_010 Le chiese e i grandi palazzi d’epoca non glielo permettono. E che simpatici i posters vintage e i disegni sulle pareti dei Bistrot. WP_20150328_007Questo si, questo è proprio un altro mondo. Numerosissimi in questo via vai di gioia e ilarità. A passeggiare nella completa beatitudine. Oh si! Potete stare sereni. Soldati dell’esercito camminano per le vie assicurando la tranquillità più totale. Bhè, si sa, è proprio nelle zone vecchie dei paesi che gli spacci, le risse e diversi tafferugli, possono avere vita. Ma l’esercito garantisce e ci si può divertire. WP_20150328_008Ah! Nice! La bella Nizza. Affascinante. Che alla sera si colora e i giovani danno vita a piazze e piazzette. La Nizza un pò retrò. IMG-20150329-WA0004Misteriosa, orgogliosa, a disposizione. E allora cin cin Nizza! Salut! A te. Grazie per questa splendida giornata. E dopo l’ultimo drink, si torna a casa. WP_20150328_023Vi saluto, ma preparatevi per il prossimo tour! Smack!

Piazza Tiziano Chierotti

Piazza T. Chierotti si trova ad Arma, sul lungo mare.

Un piazzale illuminato costantemente dal sole e accarezzato dalla brezza marina ogni giorno.

Si affaccia sulla spiaggia ed è contornata da panchine e palme che offrono, entrambe, un’oasi di riposo e serenità ai passanti. Ma questa piazza, fino a poco tempo fa, non esisteva. E non esisteva non solo perchè la Passeggiata a Mare non era stata rinnovata e abbellita, non esisteva anche perché la persona alla quale è stata dedicata era ancora tra noi. Parlo del giovane Caporalmaggiore Tiziano Chierotti. Un solare ragazzo di Arma di Taggia che è stato ucciso nel distretto di Bakwa, in Afghanistan, da fuoco nemico, nell’ottobre del 2012. Aveva 24 anni.tiziano-Chierotti_436.jpg_415368877 E’ stato colpito all’addome e, per lui, non c’è stato purtroppo nulla da fare.

Apparteneva alla Brigata Alpina Taurinense. Alcune immagini, di giornali e social, lo mostrano sorridente e fiero vestito da militare. Sembra contento nella sua divisa. Un uomo ormai.

Mentre io lo ricordo quando, nel suo passeggino, accompagnato dalla mamma, veniva a prendere il fratello maggiore che era a scuola con me. Eravamo tutti bambini. Più grandi, più piccoli… nessuno avrebbe mai pensato che un giorno, nel paese che ci ha visto crescere, si sarebbe intitolata una Piazza in onore a “uno di noi”. “Uno di Tutti”. Invece oggi, per lui, è stata posta una lapide appoggiata ad un grosso masso e, sulla lastra, il suo ricordo. WP_20150226_002In basso, davanti alla pietra innalzata dalle sfumature scintillanti, sono stati messi dei Ciclamini bianchi, rossi e rosa. Abbelliscono quel luogo di memoria.

Questa è sicuramente la zona più frequentata del paese. Tanti bar con i loro dehors circondano questa piccola piazza e, sul lato opposto a questa testimonianza, a vegliare  c’è Santa Barbara dei “Caduti in Mare” e le barchette che sostano pigre. Il mare è il suo panorama. Da qui possiamo vedere anche Bussana Nuova e verso sinistra Santo Stefano al Mare e gli Aregai, il tutto, in un pezzo di arco di Riviera.

Il sole che sorge e tramonta e che attraversa il cielo. L’acqua brillante che si schianta contro i moli e trasporta gocce di salmastro fin sulle mattonelle color avorio.

Qui non passano le auto. I bambini possono giocare, i gabbiani riposare e le persone osservare questo piccolo angolo di paradiso, godendosi la serenità prima della bolgia estiva. Il cielo sopra a questa piazza si apre con il suo azzurro splendente. Il vociare della gente riecheggia. E si sente il sale sulla pelle. WP_20150226_010Piazza T. Chierotti è diventata presto, per i più giovani, il punto di riferimento estivo, quello delle loro prime uscite nella vita, con la compagnia. Senza genitori. Una zona in cui, durante la bella stagione, si organizzano eventi, concerti, discoteche all’aperto.

E gli adulti, mai abituati a chiamarla così, si son dovuti adeguare presto quando i loro figli gridavano: – Ci vediamo in Piazza Chierotti! –, senza sapere nulla di quel nome che sentivano pronunciare. Soprattutto per chi, ad Arma, veniva solo a passare le vacanze. Chissà per quanti Tiziano è un poeta, un attore, un politico. E invece no. Tiziano era un soldato ed era uno di noi. Il giovane soldato di Arma di Taggia. E oggi, questa piazza, è dedicata a lui.

prima immagine ospedaletti.ponenteoggi.it

M.

Arma: passeggiata sul mare

Vi porto a passeggiare con me. Oggi siamo ad Arma, Arma di Taggia, e percorriamo questo lungo marciapiede alla scoperta di un paesaggio che poche volte vi ho mostrato in questo blog.

Purtroppo ne possiamo percorrere solo un pezzo… “lavori in corso” e quindi ci sembrerà breve. In realtà, è lunghissima come passeggiata, dal paese di Bussana arriva fino alla zona Bartumelin, verso Riva Ligure. Sì, alla foce del torrente Argentina.

E questa è la zona della Piazza della Darsena, del ritrovo dei pescatori che, con i loro pescherecci, attraccano e vendono il pesce, si salutano, si danno appuntamento per l’indomani, con il viso riarso dal sale. E’ questa la zona delle ancore di ferro, posizionate come monumento, oggi ossidate dal tempo, color della ruggine.

Delle Rose e delle Strelitzie (o Sterlizie) ci accompagnano con i loro folti cespugli e, in alcuni tratti, ci vengono incontro rami spogli di Tamerici. Rami che quando si tingono di verde, è un verde pallido il loro, vellutato, sembra impolverato. Rami che s’innalzano, verso il cielo chiaro, con poche nubi. E’ qui che cerca di toccar lo stesso cielo l’altissimo hotel Vittoria. Quattordici piani di albergo. Primo simbolo di modernità in un’Arma contornata da colline coltivate a Carciofi e Garofani e di vita rurale di splendide contadine.

E’ con la sua realizzazione che s’inizia a pensare ad uno sviluppo in altezza; è una costruzione troppo moderna per i tempi in cui è stato eretto. Stona per un certo verso, ma diventerà presto il simbolo indiscusso della Riviera e la sua “V”, illuminata sul tetto, si vedrà da molto lontano.

Si parte dal porto per arrivar fin qui; il piccolo porticciolo che non vi presento ancora, voglio dedicargli un intero post più avanti. Il piccolo porticciolo con le barchette che dondolano e di tutti i colori. Per arrivar sin qui, si attraversano i campi da tennis, dove ogni giorno si divertono persone di ogni età. Si viaggia perpendicolarmente a Via Marina e la sabbia rossa, fine come pulviscolo, che si solleva dal rimbalzo delle palline, va a finire ovunque. Qui c’è sempre molto vento topini, si sa, è la Liguria di Ponente.

Passeggiamo sul mare, sorpassiamo i locali notturni, la Bocciofila con la statua del giocatore che punta e mira, sopra i lunghi campi. Avanziamo e vediamo i giochi dei bambini, che funzionano sempre, estate e inverno, ricchi di grida gioiose. E le giostre girano.

E’ qui che i palazzi sembrano tutti uguali, i balconi, le tende, le tapparelle giù, non c’è vita ora, dormono. I proprietari, turisti che giungono da altri luoghi, devono ancora arrivare. Ecco i tipici bar che appoggiano sulla sabbia, con i dehors sul mare e le vele al posto degli ombrelloni, le siepi, i tavolini arancioni, che danno un tocco di colore a questo periodo più spento. Passiamo davanti all’Istituto Alberghiero dedicato a Eleonora Ruffini e i Bagni Comunali, di fronte, portano anch’essi lo stesso nome della patriota italiana.

Possiamo giungere fino a Piazza Marinella, la piazza delle manifestazioni che si trasforma; da semplice parcheggio a luogo di eventi storici e divertenti in determinate occasioni. E’ qui che i bambini recitano alla fine dell’anno scolastico, i cori cantano, le modelle sfilano. E’ qui che gli anziani si affacciano dal vecchio Miramare.

Che bellissimi scorci. Arma e poi Bussana Nuova e tutte le sue tinte. Il rosa, il giallino e, laggiù, il campanile della chiesetta di San Giuseppe, sempre a dirci che ore sono.

Una passeggiata accompagnata dal dondolio della corrente e delle onde che strusciano a terra. Pizzerie, gelaterie, ristoranti. Non si può camminare senza gelato in mano, qualsiasi stagione sia.

Ci si guarda attorno o si legge il giornale seduti comodamente su una panchina. Si possono contare le mattonelle a terra, color vermiglio; ogni quante piastrelle di questo colore ne risalta una bianca?

La passeggiata a mare percorsa scalza, correndo, camminando, quante volte ci son passata sopra. Si andava in spiaggia, si viveva lì, per tutta l’estate, dentro a quel manto azzurro e infinito. Di giorno, di sera, sulle sdraio ci si addormentava pure!

La passeggiata a mare, con il suo profumo di salsedine e i granelli di sabbia sparsi sul marciapiede, luogo d’appuntamento, vestiti bene, pronti ad affrontare una nuova serata andando avanti e indietro fino a tardi.

Un abbraccio topi, al prossimo tour!

M.

Castellaro, il paese medioevale

Castellaro SONY DSCtopini. Oggi vi porto qui a fare una splendida gita. A Castelà, come diciamo noi.

Il toponimo deriva da “castellari“, fortificazioni costruite dagli antichi Liguri in posizione sovrastanteSONY DSC.

Vi porto in questo paese dall’ancora calcata impronta medioevale e feudale.

Un paese in collina; in cima alle colline affacciate alla costa ligure a poco meno di 300 metri sul livello del mare.

Castellaro che troneggia tra gli Ulivi argentati degli altipianiSONY DSC intorno a noi e le infinite coltivazioni di palme. Due verdi completamente diversi, uno più spento e uno più acceso. Castellaro che è cresciuta e, da un pugno di case, è diventata una cittadella elegante e ben tenuta, variopinta dal grigio della storia e dai colori tenui e tipici della Liguria.

Negli ultimi cinquant’anni, sono aumentati anche i suoi abitanti, da 500 circa, a 1200 più o meno. Se fino a qualche anno fa, su Castellaro, nessuno avrebbe scommesso una lira, SONY DSCoggi si parla della Beverly Hills della Valle Argentina. No, non sto scherzando, mica tutti i paesi, qui da noi, ti aprono la porta d’ingresso, invitandoti ad entrare, con un campo golf da far acquolina a Tiger Woods sapete? E pensate, un prato immenso completamente a ridosso del mare!

Ma andiamo a conoscere meglio questoSONY DSC stupendo borgo. Il suo centro storico, ricco di viuzze, carrugi e pietre poste a formare le strade, mostra ancora tanta storia, risultando meraviglioso e simile a un labirinto. Innanzi tutto, quello che colpisce di Castellaro, già da lontano, quando se ne vede il panorama, è il bellissimo Palazzo Arnaldi del XIX secolo, un’architettura civile edificata in stile neogotico e con una grande piazza davanti. SONY DSCIn questa piazza oggi c’è un parcheggio, una bella fontana e un dipinto dedicato a Maria dove regnano le scritte in onore della Madonna di Lampedusa da parte dei pellegrini che sempre la ricordano e la ringraziano. Osserviamo ancora però il bellissimo palazzo. Un castellaro trasformato dalla famiglia Quaranta in un vero e proprio castello e, attorno ad esso, pian piano, cominciò a svilupparsi tutto il paese. La famiglia QuarantaSONY DSC, prese questo feudo dai marchesi di Clavesana prima che la Repubblica di Genova, nel 1228, lo assegnò ufficialmente a Bonifacio di Lengueglia aSONY DSCssieme ad altri territori circostanti.

Nella seconda metà del Cinquecento, lasciato senza difesa dagli Spinola, nuovi signori del borgo, ma residenti a Genova, fu attaccato dai pirati Saraceni che lo saccheggiarono e ne uccisero o rapirono gli abitanti (non se ne conosce la fine precisa ma rimase senza proprieSONY DSCtari) tant’è che, nei secoli, fu oggetto di aspre contese tra gli eredi degli Spinola fino alla fine del Seicento, periodo in cui passò nei domini di Marcantonio Gentile e di sua moglie Maria Brigida Spinola e vi rimase fino SONY DSCalla conquista da parte di Napoleone nel 1797.

Esso oggi è il luogo in cui si effettuano le conferenze, le riunioni ed è anche un centro polivalente comunale.

E che belli tutti gli araldi e i simboli che lo abbelliscono, non solo di Castellaro e della RepubblicaSONY DSC di Genova ma anche di tutte le altre terre attorno.

Di fronte a lui, su una casa rosa, c’è dipinta una meridiana e, una lastra di marmo bianco, porta i ringraziamenti a Vivaldi Domenico, primo Presidente della Società di Mutuo Soccorso della zona di Castellaro.

Non è il caso di mettersi i tacchi per venire a visitare questo borgo, i tacchi non sonoSONY DSC adatti a nessun paesino ligure che mantiene le viuzze inerpicate un tempo utili persino per difendersi meglio dai nemici.

I muri delle case sono freddi, in certi punti qui non ci batte mai il sole. Le case sono unite da piccoli archi di pietra ad unica volta e, i panni stesi, ricordano i tempi antichi.

La stradina che sale verso la Chiesa Parrocchiale di San Pietro in Vincoli è molto bella, permette di vedere laggiù, fino al mare, gran parte della Valle, e ancora fino a Pompeiana, un altro paesino della mia provincia. SONY DSC

Siamo sul puntale ad Est della Valle Argentina, un angolo meraviglioso e quello che vediamo ci toglie il fiato.

Aperto. Infinito. Appagamento totale per i nostri occhi.

Bellissima è anche questa chiesa eretta nel 1619 che, un giorno, vi farò conoscere meglio. Sono tante le Chiese qui in Castellaro senza contare quella di Nostra Signora di Lampedusa, la più importante e significativa di tutta la zona non solo del paese, che vi avevo fatto vedere SONY DSCqui, in questo post https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2011/12/28/la-chiesa-di-lampedusa/ .

Spuntano campanili ovunque in questo villaggioSONY DSC. Rimango un pò qui, il sole batte sulla facciata principale di questa Chiesa donandole un colore ocra vivo. Un bagliore che esalta la tinta con la quale è stata pitturata. La sua porta è chiusa. Non possiamo entrare. I pini marittimi, la incorniciano in un verde cupo. Tutta la parete è piena di arte.

Quanta arte qui a Castellaro, quanto gusto c’è. Un giorno vi farò conoscere anche le opere di un artista che ha reso il paese SONY DSC molto colorato con le sue belle idee ma, oggi, vogliamo continuare a scovare luoghi che parlano di storia.SONY DSC

Ecco le prigioni ad esempio, (purtroppo chiuse, mi sarebbe piaciuto vederle) e la torre. Che fascino topini! Stiamo parlando di prigioni davvero in uso nel medioevo e di una vera torre di camminamento del castello della famiglia “Linguilia già dei Quadraginta” (i nomi che vi ho detto prima in lingua ancora più antica) del secolo XI. Questa torre è stata restaurata non molto tempo fa, nel 1999, ed era a pianta semicircolare. Che fascino! Sembra davvero di essere in quel tempo!

Si fanno ammirare anche le altre grate che trovi qui e là in vari edifici di tutto il paese, viene da chiedersi chissà chi c’è stato SONY DSCdietro a quelle sbarre. Da lì esce aria fredda e, guardandole, ci si ritrova avvolti da un’atmosfera misteriosa. Al loro interno è tutto buio. Buio pesto. Non si vede nulla, si può solo immaginare. Davanti alle barre di questa struttura, per non annoiarsi assolutamente, si trovano la Biblioteca Civica dedicata a Ivan Arnaldi e il Palazzo dei MarchesiSONY DSC Gentile e Spinola, risalente al secolo XVII. Un altro bellissimo edificio. C’è davvero tanto passato intorno.

E’ piacevole camminare per Castellaro, questi scorci lasciano a bocca aperta e, per qualsiasi bisogno, all’inizio del paese, “L’Osteria della Braia”, sarà un valido punto d’appoggio. Pizze, bevande e buon cibo. Potete camminare tranquilli topini.

Le mura di cinta, tutte rigorosamente in pietra, fanno un certo effetto. Non ne sono rimaste molte ma le poche restanti portano ancora la loro altezza e le fessure dalle quali le guardie e i soldati sparavano verso il nemico. Nessuno poteva avvicinarsi a quel mondo a sé. Le antiche mura, un orgoglioSONY DSC per i castellaresi. Li difesero dalle continue invasioni da parte dei Saraceni fino al 1797SONY DSC, anno in cui Napoleone Bonaparte, conquistò e abolì tutti i feudi liguri che iniziarono a far parte del Nuovo Governo Franco – Genovese della Repubblica Ligure.

Su Castellaro si potrebbe scrivere per ore e ore e passeggiando in lui si passeggia sempre con il naso all’insù.

Quest’oggi, le sue stradine a ciottoli sono deserte, ma due importanti feste raggruppanoSONY DSC le genti in questo paese in altri periodi dell’anno. La prima è quella dedicata alla Chiesa di cui vi parlavo prima, San Pietro in Vincoli, e la si festeggia il primo di agosto. L’altra invece, per Nostra Signora di Lampedusa, con tanto di SONY DSCprocessione, si effettua la domenica successiva all’8 di settembre. Queste sono due feste conosciute anche in gran parte del resto della Valle e, i partecipanti, sono sempre tantissimi.

Ma Castellaro è bella anche dal punto di vista geografico. Sì, da qui si può vedere dall’alto tutto il panorama di Taggia e lo scorrere fino al mare del Torrente Argentina, da qui si vedono anche, in lontananza: Colle d’Oggia e i Prati Piani dietro a Carpasio, il monte dei Vignai attraversato dalla strada dedicata a Don Aldo Caprile e, dietro la colla, c’è il Monte delle Sette Fontane. Esso è un monte che fa parte delle Alpi Liguri alto 781 metri. Il suo nome è dato dalla presenza di varie sorgenti che, insieme ad una morfologia quasi pianeggiante della sommità, ne fanno un habitat ideale per la pastorizia. Su questo monte inoltre ci sono moltissime “caselle”, delle costruzioni circolari in pietra a secco SONY DSCche, in passato, servivano da ricovero durante il lavoro nei campi e la stagionatura dei formaggi. Sono costruzioni tipiche della nostra zonaSONY DSC anche se ormai rare e vengono chiamate in dialetto “casui“.

Bella inoltre tutta la cresta ad Ovest delle montagne; le montagne della Maddalena, di Monte Ceppo e, più in su, di San Faustino. Per non parlar, come ho già detto prima, della splendida vista.

Le grida dei bambini che giocano ci rimbalzano nelle orecchie. Giù in fondo, all’inizio del paese, c’è un campetto da calcio e, per la strada che va’ a Pompeiana, si trovano anche i giochi per i più piccini.

Qui a Castellaro c’era anche un orfanotrofioSONY DSC tempo fa, trasferitosi mi pare più in giù, nel paese di San Remo.

A me non rimane più molto da dirvi se non quello di farvi ammirare alcune chicche che abbelliscono questo borgo come le statuine appese fuori dalle porte, i battacchi particolari e le cosine in creta, fatte a mano, create per abbellire gli ingressi. SONY DSCTanti i Soli e le Lune. La gente ci tiene a far bella figura.

Castellaro è ricco di dettagli che lo distinguono. Una vera meraviglia. Non c’è porta che non abbia un vaso di fiori colorato davanti. Avrei voluto fotografarveli tutti. Guardate i piloni, le targhe, le aiuole, i campanelli, tutti ricercati. Particolari. E come se non bastasseSONY DSC, per abbellire ancora di più la loro dimora, ecco la costruzione di divertenti miniature che fanno soffermare per essere osservate, messe lì, “puf!“, come un tocco artistico.

Mi ha colpito molto anche il lampione del palazzo che vi ho mostrato prima, Palazzo Arnaldi. Così antico, così arrugginito. Non ci vedo bene da qui ma sicuramente ci sarà anche qualche ragnatela. Sembra lì dai tempi dei tempi. E chissà, forse è davvero lì da quel passato. Quel passato che ancora oggi si può toccare con mano. Quel passato a volte scomodo, a volte no. Quegli stemmi, che ci ricordano a chi siamo appartenuti e a chi dovevamo obbedire. Che ci ricordano il nostro onore, le nostre battaglie e la ricchezza che oggi abbiamo dentro. SONY DSCPezzi di storia affiancati all’estroSONY DSC più moderno di chi vuol far apparire Castellaro come un bellissimo paese, originale, da scoprire angolo dopo angolo. E c’è riuscito.

Ora sono un po’ stanca. Se volete continuare a girare voi fate pure, io mi metto comoda, sopra a questa panchina di cemento e mattoni e mi godo il fresco, ciò che si mostra ai miei occhi e l’atmosfera che mi circonda. Socchiudendo le palpebre mi sembra di sentire anche i suoni e i rumori del tempo che fu. Il medioevo… e immagino mantelli sventolare al vento e sento il tintinnare di spade e ferraglie.

Sono contenta di eSONY DSCssere qui. Sono contentaSONY DSC di avervi fatto conoscere questo paese. Ora me lo godo in pace.

Vi saluto, aspettandovi per la prossima avventura, non mancate, mi raccomando.

Un bacio, la vostra Pigmy e un po’ di profumo da questa viola del pensiero che è qui vicino a me.

M.

 

Tutti a Corte!

No, non serve fare un inchino! Questo, topi, è un altro bellissimo paese della mia Valle. Si chiama Corte ed è una frazione di Molini di Triora. Sorge a circa 670 metri sopra il livello del mare e i suoi abitanti sono all’incirca una quarantina. Si trova a 2 km dopo Molini di Triora, comune al quale appartiene. Per arrivarci, si prende una strada che, salendo, rimane alla nostra destra dalla Provinciale 52 e si percorrono alcuni tornanti, molto vissuti durante la notte da cinghiali e altri abitanti del bosco. Di fronte a lei, sorgono Andagna da una parte e Triora dall’altra, quasi a formare un triangolo con al centro, giù in basso, Molini.

Dentro Corte non si può viaggiare in macchina, ma bisogna inerpicarsi a piedi per questo paesello, in salita, e la prima cosa che colpisce i nostri occhi è la pulizia. Le stradine, spesso formate da bassi gradini che le attraversano, sono come il pavimento di casa nostra. Vie per le quali solo gli esperti possono condurre piccoli trattori, magari per trasportare i carichi di legna o altra merce pesante.

Gli orti degli abitanti sono tutti intorno al paese, ognuno ha il suo. Si coltiva alla maniera di un tempo. Pensate che proprio gli interessi di Triora, (un tempo il paese più importante e influente della vallata, essendo la Podesteria della Repubblica di Genova) sul commercio del grano causarono una sorta di malcontento tra le diverse ville di Molini, Andagna e Corte, arrivando il 2 maggio del 1654 alla dichiarazione di indipendenza locale da Triora. Ogni villa ottenne di beneficiare di propria autonomia amministrativa e fiscale.

Ancora oggi ci sono un po’ di scaramucce tra questi paesini, ma chi non ne ha, in fondo? Gli abitanti di Corte sono molto ospitali e fanno di tutto per rendere il loro paese rigoglioso e riparare ciò che in passato è stato distrutto, come ad esempio il tetto della vecchia chiesa nella piazza. Tutte le estati, infatti, si organizza una festa chiamata “cena sotto le stelle” e il ricavato va alle opere di ristrutturazione di questi importanti edifici. Uno tra questi, è la vecchia scuola elementare. Pensate, è una vecchia scuola che ora è diventata la biblioteca di Corte. Ebbene sì, Corte può vantare una biblioteca che pochi paesi hanno.

E’ un borgo bellissimo, tutto inizia dalla piazzola denominata Casai, in fondo al paese, per poi salire attraverso grotte e carruggi in quello che è un villaggio formato prevalentemente da case di pietra. Sembra di girare in un presepe e, di tanto in tanto, una piazzetta di ciottoli, qualche panchina e degli alberi, come dei magnifici salici piangenti, offrono la possibilità alle persone di ritrovarsi alla sera e raccontarsi com’è andata la giornata. Ovviamente con lo scialle sulle spalle. Quest’anno, non c’era differenza tra la temperatura al mare e quella a Corte (erano 35 i gradi, in alcune giornate di agosto… che bellezza! Rosolavo come uno spiedino!),  ma solitamente il golfino, in questi paesini di montagna, è quasi d’obbligo alla sera.

A Corte si possono visitare anche tanti monumenti religiosi, come la chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore, che conserva al suo interno un quadro raffigurante la Sacra Famiglia del XVII secolo dipinto da un pittore ignoto. E’ una bellissima e grande chiesa al centro del paese, con appesa alla facciata principale una lastra di ardesia in onore dei figli caduti per la patria, e il suo campanile è altissimo. Questa chiesa sorge su una piazza di sassolini incastonati nel cemento. E’ Piazza del Popolo, che racchiude in sé anche una fontana, e, su un marmo, sono impressi i ringraziamenti a chi ha costruito l’acquedotto di Corte.

Poi c’è l’ex oratorio di San Tommaso, che conserva una statua della Vergine Maria con il Bambino Gesù sovrastanti San Bernardo, San Bartolomeo apostolo e il diavolo incatenato. Proprio questo oratorio sta particolarmente a cuore dei cortigiani, gli abitanti di Corte, che vorrebbero farlo rivivere come luogo di ritrovo ideale per i bambini.

C’è ancora la chiesa di San Vincenzo. Il portale di questo edificio è del 1497. Attualmente si trova in stato di rovina, sommersa dalla vegetazione, ma è un’opera antica e va citata.

Infine, percorrendo a piedi una stradina per circa venti minuti, si può raggiungere il Santuario della Madonna del Ciastreo o della Madonna della Consolazione, un bellissimo santuario, principale luogo di culto degli abitanti. Un giorno vi ci porterò a vederlo e, tornando indietro, vi farò passare dal bosco. Vedrete come vi divertirete, è un luogo bellissimo e offre una vista mozzafiato sulla Valle e le montagne ricche di alberi.

Corte, che dista dal mare circa 28 km, ci offre anche la possibilità di vedere da lontano la statua del Redentore. Per notarla, bisogna andare in cima al paese, dove le ultime campagne ci segnalano che lì il borgo finisce. Più in su ancora, una splendida vigna lo incornicia verso est.

A Corte c’è un solo negozio, portato avanti con tanto amore dalla signora Gemma. In questa bottega si vendono sigarette, pane, alimentari ed è fornito anche di cabina telefonica, quei telefoni che stanno diventando ogni anno più rari. Il negozio non ha orari. Spesso, alle nove di sera si può ancora andare a vedere se Gemma sia ancora lì. Vicino alla sua bottega ci sono i lavatoi che un tempo venivano usati per il bucato e dai bambini che d’estate ci si tuffavano dentro. Sono ancora funzionanti, vengono tenuti vuoti per non lasciare acqua sporca stagnante all’interno dei vasconi.

E, a proposito di acqua, quante fontane a Corte! Un giorno ve le farò vedere, sono una diversa dall’altra, posizionate nei giusti luoghi per dissetare gli escursionisti come noi. Acqua fresca, buona, dissetante!

E che belle le porte! Le case di Corte hanno delle porte stupende. E poi gli animali… Oltre ad aver visto gatti e conigli, siamo stati accompagnati a lungo anche da una pernice.

C’è proprio da divertirsi qui! I nomi delle vie sono tutti scritti su pezzi di legno. Su anelli di tronco d’albero, tagliati come vassoi e a mano, sono state pitturate le denominazioni di piazze e strade.

Che bel paesino! Tutti si conoscono e i ruderi di un tempo sono stati ristrutturati e resi magnifici e, nelle case, oltre ai termosifoni, si hanno anche stufe e camini. D’inverno, qui, non si scherza.

Di Corte colpiscono i particolari: le finestre, le porte, i muri, i dipinti… tutto. Gabbie appese fuori casa contenengono ogni cosa fuorché uccellini. Ognuno arreda la sua dimora con gusto e originalità e, nonostante sia un piccolo borgo, per osservarlo bene ci vuole tutta la giornata!

Insomma, vi consiglio vivamente di venire a farci una visita. Non ve ne pentirete e non vi annoierete di certo, se siete amanti di paesaggi caratteristici.

Vi aspettano a Corte, ma non serve fare un inchino! Bacioni!

M.