Caccia alle streghe!

La caccia alle streghe ebbe inizio a Triora sul finire dell’anno 1587, quando, durante una seduta straordinaria del Parlamento, alcune donne, solite riunirsi nottetempo a la Cabotina, o nei pressi delle fonti, vennero violentemente accusate di essere le responsabili di una perdurante carestia. Per scovarle, si stanziarono addirittura 500 scudi. Il Podestà stesso dell’epoca, Stefano Carrega, chiese al Doge di Genova e al vescovo di Albenga l’invio di Inquisitori. La risposta non si fece attendere, con il rappresentante della Repubblica e Gerolamo Dal Pozzo, vicario vescovile, che presto si precipitarono a Triora. Quest’ultimo, dando sfoggio della sua abilità oratoria, attribuì alle streghe i più orrendi misfatti. Ben presto, una ventina di donne furono imprigionate e dopo un processo sommario, tredici di esse, quattro ragazze e un fanciullo, vennero dichiarati colpevoli. Senonché, sotto tortura, le presenti colpevoli, oltre a confessare orrendi delitti denunciavano altre complici di ogni età e ceto sociale; in breve, vennero incarcerate ben quaranta donne. Una delle streghe arrestate, l’ultrasessantenne Isotta Stella, non resse alle torture, mentre un’altra donna, in preda al terrore, si gettò dalla finestra della stanza ov’era rinchiusa, morendo in seguito, a causa delle ferite riportate. La popolazione cominciava a mormorare e a seguito di una protesta del Consiglio degli Anziani, in data 13 gennaio 1588, decisosi ad intervenire non appena vennero incolpate alcune matrone, il Doge e alcuni governatori di Genova, invitarono il vescovo Luca Fieschi a far sì che il processo venisse concluso con giustizia e celerità, ponendo fine al terrore e alla disperazione che regnava fra la gente. Anche il Parlamento, tramite il notaio Basadonne, sollecitò una rapida definizione dei processi. Dopo una fugace apparizione del Padre Inquisitore fra’ Alberto Fragarolo, giunse a Triora un commissario straordinario della Repubblica di Genova,  Giulio Scribani. E mise un po’ di ordine.

Visto che scempio, topi? E tutto ciò che vi ho scritto è stato preso da documenti storici di Triora. Povere donne!

M.

Quel che diceva il Podestà

Il Podestà era una figura del Medioevo. Era, ai tempi, la più alta carica civile dell’Italia Centro Settentrionale. Era come un magistrato dei giorni nostri e dettava legge. Ovviamente, anche noi, nella mia Valle, ne avevamo uno. Anzi, più di uno, e non solo nel Medioevo. Il Podestà emetteva sentenze, o meglio, invitava spesso le persone a fare determinate cose. Parlando di agricoltura, donava premi a chi aveva il terreno più bello e più ordinato, altre volte, invece, chiedeva che venissero denunciate tutte le piante in possesso. Guardate quest’ordinanza del 1934. E’ originale di quel tempo e recita questo:

CONSORZIO OBBLIGATORIO DI MIGLIORAMENTO ED INCREMENTO DELL’OLIVICOLTURA DELLA PROVINCIA DI IMPERIA

il Podestà rende noto

che con Decreto 15 maggio 1937 XV del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste è stato costituito il Consorzio Obbligatorio di miglioramento ed incremento dell’olivicoltura di questa provincia. Dovendo, ai sensi dell’art. 48 del R.D. 12 ottobre 1934 n°1700, provvedere alla formazione dell’elenco dei proprietari dei terreni con piante d’olivo in produzione compresi nella circoscrizione del Comune

invita

tutti i proprietari a fare denunzia degli alberi d’olivo, entro il 20 novembre ritirando gratuitamente presso l’Ufficio Comunale gli appositi moduli. Sono escluse dalla denuncia le giovani piante di olio di età non superiore agli anni dieci. A carico dei contravventori alla presente ordinanza verranno applicate le penalità di legge.

Triora, 8 novembre 1937

Mi piacciono questi storici documenti del passato!

M.

Indietro nel tempo

Ed eccoci qui, giunti al grande giorno!

Quest’oggi potremmo vedere, anzi ammirare, tutti i rioni tabiesi che si sono impegnati al massimo per far sì che questa giornata fosse indimenticabile. E allora, topi, tra poco vi ritroverete catapultati nel 1600, in un mondo sconosciuto e in un’epoca lontana.

I taggesi iniziano a mettere in atto ciò che vedrete mesi e mesi prima. È un lavoro che dura interi giorni e tiene occupata tutta la comunità. Gli sforzi sono incredibili! Oltre a cucire abiti d’epoca di gran valore, radunare tutta l’attrezzatura, sistemare i luoghi eliminando o coprendo tutto ciò che è indice di modernità, ricercare oggetti antichi, gli abitanti di questo borgo devono inventarsi, scrivere e imparare a memoria delle scenette, rigorosamente in lingua dialettale e inerenti a fatti o leggende della Valle Argentina. Preparano poi il loro “set” nel miglior modo possibile. Eh sì, non lo sapete ancora, ma illustri professori di storia e intenditori di belle arti dell’Università di Genova si aggirano curiosando e valutando, per dare poi un giudizio che porta al premio finale. I giudici della giuria sono molto severi quindi, e a ragione, quindi tutto è davvero come un tempo.

L’atmosfera che si respira, credetemi, è indescrivibile. E allora eccole le loro storie: il rione Piazza Nuova con “La Profezia”, il rione Orso con “Tormenti e…supplizi!”, il rione Pozzo con “A ragia de cheli ch’i travajia” (la rabbia di quelli che lavorano), il rione Pantano con “FantasiMe?!?”, il rione Paraxio con “La buona novella”, il rione Santa Lucia con “U pan de Paulin pegàu d’oiu d’uive tagiasche” (il pane di Paolino pucciato nell’olio di olive taggiasche), il rione San Dalmazzo con “Il mistero della sorgente”, il rione Trinità con ” Vizi e stravizi”. Sono una più bella dell’altra.

Su per la scalinata di Via San Dalmazzo le comari ciapettano (sparlottano) sui vari amori di quello e quell’altro, mentre il povero Bartolo chiama invano la sorella Luisa, uccisa dai briganti e divenuta un fantasma.

In una traversa di Via Lercari, invece, si può notare come venivano trattate, un tempo, le donne che si credevano essere streghe. Venivano punite con torture innominabili, mentre tutto il popolo urlava loro contro frasi oscene. Le poverine – perché di questo si trattava – venivano giudicate di atti in realtà mai avvenuti. Certe persone recitano così bene queste scene e le loro parti da meritare davvero un premio.

In piazza della Santissima Trinità un nobile, stanco di essere considerato solo per i suoi soldi da amici e parenti, si finge morto per farsi una grassa risata, ascoltando i litigi degli eredi, compresi la moglie adultera e il fratello soprannominato Bracciocorto.

Ebbene sì, se una scenetta ti fa rabbrividire per come venivano trattate certe persone, l’altra invece ti fa spanciare dalle risate. Vi rendete conto che ci sono teatrini nei quali lavora un gruppo di trenta-quaranta persone? Capite cosa vuol dire, alla sera, finito di lavorare, riuscire a ritrovarsi tutti quanti insieme per le prove? È davvero incredibile a pensarci.

In alcune rappresentazioni, poi, compaiono addirittura  bambini o neonati, stanchi morti, ma che con l’orgoglio dipinto sul viso stanno lì a recitare vicino alla mamma o al papà. E dovreste vedere i loro vestitini che spettacolo!

Vengono coinvolti persino gli animali. L’asinello, le galline, le pecore, i gatti… Tutti partecipano ai festeggiamenti di San Benedetto!

Si possono ammirare gli antichi mestieri, come l’arrotino, il podestà, la fattucchiera, la balia. Le persone vestono questi panni trasformandosi radicalmente. Pensate che per la sedicesima volta, ossia per il sedicesimo anno consecutivo, si è svolta la cerimonia di consegna della “Sequella”.  Il termine antico “Sequella”, registrato nel 1381, indicava il giuramento di fedeltà e solidarietà da parte di ogni cittadino nei riguardi del proprio paese e del Podestà. Questo perchè i taggesi, senza alcun obbligo e senza alcuna retribuzione, hanno volontariamente preso a cuore una causa comune e portata a termine con massima dedizione. Non ci sono parole, vero? Tutte queste ambientazioni, che ogni anno cambiano insieme al copione, prendono spunto da fatti accaduti realmente, da leggende che ci accompagnano fin dalla tenera età o da fiabe e canzoni della mia Valle. È bellissimo il modo in cui riescono a coinvolgere tutti, anziani e giovani.

Le nuove generazioni si ritrovano così a dover recitare in una lingua che ormai si sta perdendo. Mi chiedo, a proposito, cosa abbiano compresp i turisti e gli stranieri di quelle stesse scenette alle quali ho assistito da spettatrice, perché il nostro dialetto, come tutti gli altri, non è di facile comprensione per chi non lo mastica ogni giorno almeno un po’.  Ridevano e applaudivano entusiasti, coinvolti dalla rappresentazione. Ma sapete cosa penso? Non ci vuole molto a capire il talento e a farsi trasportare dall’atmosfera.

Infatti, camminando tra una scena e un’altra dello spettacolo itinerante, a un certo punto si sente urlare: è la rivolta del popolo contro chi impone troppe tasse, lasciandolo morire di fame. E allora giù a tirar verdura addosso a chi comanda e… questo scoppio? Ma sì, sono gli archibugi dei rivoltosi che sparano come delle bombe e fanno tanto fumo! E quel canto che, mentre si passeggia alla ricerca di una nuova emozione, ti rapisce a prescindere da quale sia la lingua che parli. Mentre corri tra gli spettacolari vicoli del centro storico, su e giù per i carrugi zampettando su scalini di pietre e mattoni rossi, inizi a salutare. Sì, saluti cortesemente ora il buon frate, poi il povero schiavo, t’inchini davanti al nobile e scappi di fronte a una guardia, giri veloce l’angolo e davanti a te c’è un fantasma…. oh Santo cielo, ma dove sono capitata?! A Taggia, signore e signori, in un mondo magico, in un giorno in cui si è tutti amici e, se chiedi un’informazione, ti viene risposto con una riverenza. Sui volti sono dipinti sorrisi e un magnifico sole inaspettato ha reso tutto ancora più gradevole.

Certo, la giornata è stancante. Alla sera, dopo aver trascorso tutto il giorno a trottare, non si sentono più le gambe, ma ti senti diverso, pieno di gioia. In questo giorno, topini, ho fatto quasi 400 foto. Scattavo a tutto andare, volevo immortalare ogni momento, ogni costume. Sono stata ore ad aspettare su un muretto il momento della premiazione per catturare in uno scatto i vincitori, ma non vi svelerò ancora chi si è aggiudicato la coppa più grande. Sarà una sorpresa per la prossima volta, quando vi parlerò del famoso corteo storico e ve ne mostrerò le immagini.

E allora adesso andiamo in piazza Cavour ad attendere l’arrivo dei protagonisti di questa giornata e, nell’attesa,  sgranocchiamo un canestrello o un biscotto al finocchio, due tipici prodotti di questo paese, uno più buono dell’altro.

Allora, che ne dite? Vi è piaciuta questa avventura in maschera? Verrete a vederla dal vivo il prossimo anno? Io ve lo consiglio vivamente. L’unico avviso che vi do è quello di giungere al mattino presto, o non troverete parcheggio. È incredibile il numero delle auto che arriva qui in questo giorno.

Potrete anche approfittarne per acquistare artigianato locale. Nella via principale del paese, mentre alcuni inscenano momenti di vita quotidiana di un tempo, altri mettono sul banco del loro mercatino fantasticherie da comprare. C’è chi vende oggetti suonando la fisarmonica o chi cucina davanti ai passanti piatti prelibati, chi si è inventato qualcosa di stravagante e chi urla per farti vedere uno scudo medievale “che non troverai in nessun’altra parte del mondo!”. A passeggiare tra i banchi, ecco i cavalieri su splendidi cavalli bardati, e poi ancora i falconieri che lasciano liberi per la città i loro obbedienti rapaci. Quasi commuovono, pendono dalle labbra del loro amico umano. Questi ultimi personaggi che vi ho descritto non recitano una parte: vivono proprio così, ma in questo giorno possono sfoggiare le loro passioni davanti a un intero popolo.

E voi, cosa vorreste essere quel giorno? Un conte? Una damigella? Un vescovo? Una serva? Una guardia? Scegliete pure… Quel giorno è il vostro giorno. E per un intero anno non si ripeterà.

Non vedo l’ora che sia l’anno prossimo e mi vien da ridere, se penso che tutto è appena finito eppure non passerà molto prima che i taggesi si rimetteranno all’opera per affrontare nuovamente la manifestazione del 2013. Chissà cosa inventeranno per la diciasettesima edizione!

Ci tocca aspettare e, nel mentre, vi farò continuare a sognare con un altro post sul magnifico corteo che si è tenuto subito dopo. Continuate a seguirmi, quindi, anzi, continuate a seguire questo caloroso impegno del paese di Taggia.

Alla prossima!

 

M.