L’Oratorio di San Giovanni Battista a Triora, i flagellanti e la pinacoteca

Oggi vi faccio fare un viaggio nel tempo, topi! Un viaggio che vede come protagonista la Confraternita dei Flagellanti di Triora. Siamo nella metà del Seicento, ma questa volta non vi parlo di streghe…

I Flagellanti erano un’associazione religiosa e si chiamavano così proprio perché, lo capirete dal nome, si infliggevano punizioni corporali in pubblico, durante le processioni. Camminavano a piedi nudi sul selciato e vestivano con un abito bianco fermato in vita da un cordone e munito di un ampio cappuccio, che veniva tenuto calato sul capo.

scala confraternita flagellanti triora

Scala antica, appartenuta alla confraternita dei flagellanti di Triora.

A questa Confraternita appartenevano membri di famiglie nobili e pare che essi avessero ambizioni personali piuttosto alte che li portavano a essere in conflitto gli uni con gli altri.

L’antico oratorio che si ergeva dove oggi sorge quello nuovo, non soddisfaceva più le esigenze dei soci, ragion per cui fu deciso di erigerne uno più ampio e luminoso del primo. Quello antico, infatti, aveva delle pareti massicce e poche aperture verso l’esterno che non consentivano alla luce di entrare. Tutti voi saprete che la luce è un elemento fondamentale nei templi e nei luoghi religiosi di gran parte dei culti e le nuove conoscenze in ambito architettonico consentivano agli edifici di ricevere i raggi del sole, che avrebbero simboleggiato quelli divini e dell’illuminazione spirituale, così come accade in ogni chiesa, fin dall’alba dei tempi.

Accadde dunque che l’allora priore della confraternita, Giovanni Battista Ausenda, richiese l’autorizzazione al vescovo di Albenga per erigere il nuovo oratorio e tale autorizzazione gli fu concessa nel 1669.

oratorio san giovanni battista triora

L’opera di costruzione si presentava assai ardua, perché i soci della confraternita, pur provenendo da famiglie agiate, non disponevano di risorse economiche tali a sostenere un progetto così ambizioso. Inoltre non sarebbe stato semplice, a livello strutturale e architettonico, dare vita a un edificio che potesse raggiungere l’altezza della piazza della collegiata. I soci, tuttavia, con grande senso economico, riuscirono a racimolare le risorse necessarie alla costruzione, vendendo case e terreni che i soci possedevano, ma anche grazie a donazioni.

triora scultura

Negli anni ottanta del Seicento il vescovo di Albenga in persona giunse a Triora per prendere visione del nuovo oratorio, e pare sia rimasto soddisfatto dai suoi ornamenti, che ancora oggi possiamo ammirare.

Per il tetto si usarono alberi di larice tagliati nel bosco di Gerbonte, e nel 1676 già si celebravano i primi matrimoni nel nuovo edificio, nonostante non fosse ancora ultimato.

volta oratorio battista triora

La volta è stata dipinta da un artista Sanremese, restaurata e consolidata in seguito al terribile terremoto che colpì in particolar modo Bussana, sul finire dell’Ottocento.

E’ un edificio unico nel suo genere, pensate che poggia su ben 12 pilastri di oltre 15 metri di altezza che giungono in profondità, fin nelle abitazioni sottostanti.

altare buscaglia triora

Gli altari furono eseguiti dal Buscaglia (Giovanni Battista Borgogno), artista di Molini, e pare che anche i due banconi in legno di noce posti ai lati del presbiterio siano attribuibili alla stessa mano. Questi due sedili erano riservati ai cantori e agli ufficiali della confraternita.

oratorio battista triora

Riguardo il portale di marmo bianco c’è una leggenda che non è mai stata confermata né smentita. Pare, infatti, che esso sia stato donato al borgo dalla famiglia del marchese Borea d’Olmo di Sanremo in seguito ai lavori di rifacimento dell’ingresso del palazzo.

oratorio san giovanni battista triora pinacoteca

Quanti i dipinti raccolti tra le sue mura! Trasudano antichità, alcuni sono molto rovinati, tanto che l’immagine che dovevano raffigurare risulta molto compromessa.

Ci sono anche statue, come quella del Battista collocata in una nicchia coperta da un vetro. Risale al Settecento ed è stata eseguita dalle mani di un famoso artista, il Maragliano, genovese e definito “principe” dell’arte scultoria ligure. Pensate che vanto, quale privilegio per la mia Valle! I trioresi sono molto affezionati a quest’opera.

Di fronte a questa nicchia è collocata un’altra statua del santo che dà il nome all’oratorio, ed è definito U Petitu (Il Piccolo).

san zane u petitu triora

Fu eseguita probabilmente dal Buscaglia e un tempo veniva portata in processione ogni anno il 24 giugno alla chiesetta di San Giovanni dei Prati. I trioresi che facevano parte di confraternite, si incontravano il giorno di San Giovanni vicino alla Madonna del Buon viaggio. Qui ricevevano dal priore del pane per il pellegrinaggio e partivano in processione con in spalla San Zane U Petitu, dirigendosi a monte Ceppo e percorrendo una mulattiera. A San Giovanni dei Prati si incontravano con altri fedeli provenienti dalle vicine Molini, Andagna e Corte.

san zane u petitu ricirdi triora

Su quel bel prato che vi ho descritto nei miei articoli in passato, eseguivano la novena e poi, una volta terminata la funzione religiosa, si beveva vino e si consumava il pasto, per poi fare ritorno a Triora, dove venivano offerte torta verde e cipolle ripiene.

A chi non aveva partecipato alla processione, invece, veniva donato un omino di zucchero.

Insomma, topi, la mia Valle è un ripostiglio traboccante di storie, aneddoti, tesori che mi diverto sempre a ricercare per voi.

Adesso zampetto via, vado a frugare tra gli scatoloni della Valle per tirare fuori altre cose interessanti da farvi conoscere. Un bacio dipinto a tutti.

Al Santuario della Madonna della Montà tra dragoni e pipistrelli

Vi ho già parlato dei numerosi santuari sparsi nella mia Valle, ma ancora non vi ho fatto vedere lei, la Madonna della Montà, di una bellezza antica e austera, con le sue pietre poste l’una sull’altra ancora a vista. Al suo interno nasconde veri e propri tesori, entriamoci insieme, vi va?

 

Ci troviamo a Molini di Triora e con noi c’è Gianluca Ozenda a svelarci tutte – o quasi – le bellezze di questa chiesa.

La Madonna della Montà ha due entrate, rispettivamente l’una a destra, l’altra a sinistra, e ha tre navate. Le due porte di accesso rappresentano le due comunità religiose di Molini e Triora. Questo edificio religioso, infatti, rappresentava un tempo un punto di incontro per i fedeli dei due paesi, le feste si celebravano insieme, e la Madonna della Montà era la chiesa più importante del territorio molinese. Le due porte, ci spiega Gianluca, sono diverse tra loro. In effetti non è difficile notarne le differenze, a uno sguardo più attento. La porta rappresentante la comunità di Molini di Triora è spoglia di decorazioni, più semplice e dimessa, mentre quella dedicata a Triora è ornata, ha curve più armoniche e sinuose… questo perché si doveva sottolineare l’importanza che la città rivestiva in tutto il territorio e fino a Genova.

 

Le due comunità, a ogni modo, si riunivano alla Madonna della Montà per diverse celebrazioni religiose, tra le quali Gianluca cita quella delle Vergini, fissata intorno al 2 di novembre. In questa occasione, le giovani giravano intorno al santuario recitando preghiere.

Dicevamo che questa rappresentò la prima parrocchia di Molini, era un centro spirituale molto importante, ed è risalente al XIII secolo. Anche riguardo le sue navate laterali esiste una curiosità. Infatti, tra le due, esiste uno scarto di qualche centimetro: la navata di sinistra appare così leggermente più piccola di quella di destra. E’ un fatto strano, se si pensa a quanto ci tenessero, un tempo, alle proporzioni armoniche delle costruzioni religiose.

Veniamo, ora, alla vera perla di questo Santuario: il ciclo di affreschi rappresentato nel presbiterio.

Furono dipinti nel 1435 da Antonio da Monregale (Mondovì), conosciuto come “Il Dragone”. Topi, se ne legge anche la firma! Fu proprio tale sigillo apposto sull’opera a svelare agli storici dell’arte il mistero del Dragone. Il pittore, infatti, fu molto attivo nel basso Piemonte, tuttavia non firmava mai con il proprio nome, bensì con la piccola effige di un drago nero, caratteristica che gli valse l’appellativo di Dragone. Qui a Molini, invece, compare per la prima volta il suo vero nome per esteso, seguito dal simbolo con il quale l’artista era stato conosciuto. Questo permise agli studiosi di identificare, finalmente, il pittore.

firma Antonio da Monregale il Dragone

L’affresco fu scoperto nel 1918, pensate un po’! Prima di allora, infatti, restò segretamente celato dall’altare ligneo in stile barocco di cui vi parlerò tra poco, realizzato nel 1707. Per tutti questi anni, dunque, il dipinto è rimasto occultato, riemergendo definitivamente solo tre anni fa.

santuario madonna della montà molini di triora affresco

Ma eccovi svelato come accadde il ritrovamento di questo maestoso affresco. Un giorno l’Abate Allaria si trovava da solo nel santuario, intento a pregare. A un certo punto, un pipistrello entrò in chiesa e andò a infilarsi tra le volute dell’altare di legno che faceva da parete alla zona presbiteriale. L’Abate, allora, incuriosito dal comportamento della bestiolina, prese una scala e si arrampicò per vedere dove fosse andata a cacciarsi, poteva avere bisogno di aiuto… Una volta arrampicatosi fino in cima alla scala, con somma meraviglia, vide che dietro l’altare si trovava un dipinto meraviglioso. Di fatto, dunque, l’affresco del Dragone fu scoperto da un pipistrello! Ve lo dico sempre di non sottovalutare mai i poteri di noi animaletti, e questa ne è una prova. Dentro il campanile e il presbiterio del santuario vive ancora oggi una colonia di pipistrelli che sono diventati caratteristici di questo luogo, discendenti – così si dice – dello scopritore del dipinto e, per questo motivo, nessuno li scaccia. Se ne restano lì, a svolazzare tranquilli sopra il piccolo cimitero e nei dintorni in quello che è diventato il loro artistico regno.

campanile Santuario Madonna della Montà Molini di Triora pipistrelli

Torniamo, ora, agli affreschi. Nella parte alta si riconoscono i momenti della Crocefissione. Gianluca ci fa notare che i personaggi che prendono parte alla scena non sono stati rappresentati con gli abiti tipici dell’epoca in cui visse Gesù, ma con i costumi del tempo in cui fu realizzato il dipinto. Questo fa pensare che i volti fossero ritratti di persone realmente esistenti in quel periodo storico, tra le quali soprattutto nobili e personaggi influenti. I nomi dei mecenati del ciclo di affreschi, inoltre,  sono riportati insieme alla firma del pittore.

La parte bassa dell’affresco riporta i santi più importanti per la Valle Argentina, tra i quali Sant’Antonio Abate e San Giovanni Battista.

affresco Antonio da Monregale il Dragone - Santuario Madonna della Montà

Durante i restauri del tetto, fu abbattuta la volta di mattoni non originaria del santuario e ne è emerso un altro affresco, quello dell’Annunciazione.

E’ una chiesa ricca di tesori, ve lo dicevo!

L’altare di un tempo, che oggi è stato posizionato di fronte al presbiterio e al quale il fedele dà le spalle durante le celebrazioni, è stato intagliato nel legno di castagno, un albero importante per tutti gli abitanti della Valle.

altare ligneo Buscaglia Santuario Madonna della Montà

Fu progettato da Giobatta Borgogno, detto il Buscaglia. Era conosciuto con questo soprannome perché in dialetto ligure fare buscaglia significa “fare trucioli”, nomignolo che lo identificava con il suo mestiere, quindi! Giobatta, tuttavia, non vide mai montata la sua opera, poiché morì poco prima che l’altare venisse assemblato. Al centro, troviamo oggi una tela d’altare che è una copia dell’originale, dipinta da Giobatta il Gastaldi di Triora.

Il nostro tour del Santuario è quasi concluso, topi, ma prima devo farvi vedere altre due curiosità: l’Abelan Catainin (letteralmente, Zia Caterina), che altro non è che l’antica bara che veniva usata per i defunti, e l’accesso alla cripta situato dietro l’altare del Buscaglia.

 

Che dite, ve ne ho raccontate abbastanza, per oggi?

Dipingo un saluto per voi e vi do appuntamento alla prossima pipistrello-avventura!