Calvino e Guglielmi ammiratori della Valle Argentina

Lo scrittore Italo Calvino nacque il 15 ottobre del 1923 a Santiago de Las Vegas, a Cuba, da genitori italiani, ma trasferitosi a soli due anni in Liguria, in quel di Sanremo, non si è mai ritenuto cubano, riferendo spesso di essere nato proprio nella Città dei Fiori.

Figlio di genitori anti fascisti, ha sposato il movimento partigiano muovendosi fisicamente proprio sulle nostre Alpi e, erede di un padre botanico, ebbe sempre molto interesse per la scienza e la fitoterapia. Fu però la letteratura la sua più grande passione. Una passione che lo introdusse anche alla politica e, attraverso la quale, poteva raccontare di se stesso nel territorio che lo circondava da lui molto amato.

Pur vivendo a Sanremo, infatti, nella nota “Villa Meridiana”, era durante le giornate trascorse in Alta Valle Argentina che sentiva battere maggiormente il cuore e trovava l’ispirazione per molti suoi racconti, sia fantasiosi che realistici.

Come già vi avevo raccontato nel post “Il sentiero dei nidi di ragno“, una delle sue rappresentazioni letterarie più poetiche e riuscite sul tema della Resistenza, che la Valle Argentina ha conosciuto a fondo, è Il Sentiero dei Nidi di Ragno, suo romanzo d’esordio,  che descrive le vicende di un ragazzino, Pin, durante la Seconda Guerra Mondiale nelle valli del ponente ligure, sulle alture di Sanremo e nella parte alta della nostra Valle.

abenin1

Molto spesso nelle opere di Calvino prendono vita questi luoghi a me cari, primi fra tutti Realdo, Borniga, Abenin e dintorni. Gli stessi luoghi che infinite volte hanno visto muoversi i partigiani sulle loro strade. In queste zone, infatti, il ricordo dell’autore è ancora acceso e ricordato sovente, nonostante i suoi scritti risalgano alla seconda metà del secolo scorso, prima del suo trasferimento in Toscana dove incontrò la morte, avvenuta nel 1985.

borniga

Libereso Guglielmi, invece, nacque a Bordighera nel 1925 e divenne, fin da giovanissimo, giardiniere fidato dei Calvino. Si innamorò della botanica, di tutti i segreti che le piante nascondevano e diventò grande esperto soprattutto di erbe selvatiche.

Come vi ho detto spesso, la Valle Argentina, pur presentando sovente un paesaggio aspro e impervio, in fatto di erbe spontanee e officinali è assai generosa e Guglielmi trovò in essa una ricca culla di nuovi alimenti; comprese presto come molte di quelle piantine potessero essere usate anche in cucina, rendendo le ricette più gustose, ma anche decisamente più sane e dotate dei nutrienti giusti di cui l’organismo umano abbisogna.

Divenne talmente bravo nel suo lavoro da divenire famoso ed essere chiamato spesso in zona per spiegare alla gente quali fossero le piante edibili e quali no, e questi insegnamenti venivano elargiti da lui partecipando a meravigliose passeggiate nella natura, dove, oltre all’interesse, veniva soddisfatto anche l’animo.

Libereso Guglielmi decise anche di scrivere dei libri sul tema come: L’Erbario di Libereso, Cucinare il Giardino, Ricette per ogni stagione e molti altri.

E così, mentre Italo raccontava del territorio e della storia di questa splendida Valle, Libereso, di appena due anni più giovane dell’amico, ne descriveva i frutti; entrambi innamorati ed emozionati verso tanta bellezza.

Nessuno, infatti, può rimanere insensibile a un territorio come questo: una piccola parte della Liguria di Ponente che occorre saper guardare per carpirne il carattere e le cose che ha da suggerire, ma anche gli ignari ne rimangono affascinati.

Sono orgogliosa che la terra nella quale vivo e amo sia piaciuta così tanto a due persone come loro, che l’hanno saputa apprezzare e ne hanno colto sempre il lato migliore.

Spero che abbiate potuto cogliere tutto questo anche voi e penso anche che possiate dire che la Valle Argentina è proprio una Valle famosa.

Un bacione storico!

Sfrega sfrega i Frugamai

Oggi topi prepariamo qualcosa di molto energetico!

Il termine “Frugamai” deriva dalla mia terra, la Liguria, e si usa per indicare un particolare tipo di pasta, fatta a mano ovviamente, che si può creare in modo semplice e veloce. La particolarità di questo cibo, però, sta nel fatto che risulta essere molto sostanzioso, soprattutto per i topini che devono crescere, per le persone che soffrono di inappetenza e nei cambi di stagione dove sovente si perde l’appetito.

Preparare i Frugamai, che letteralmente significa “fregare le mani” è semplice, infatti si consiglia di farli al momento.

In una terrina, metteremo della farina, la quantità che basta, a seconda di quanta pasta vogliamo ottenere. Potete, senza problemi, regolarvi al momento e aggiungere appena un pizzico di sale. Io consiglio sempre un mix di farina bianca e integrale, meglio se biologica, in quanto meno raffinata delle altre.

Versiamo un filo d’olio, del buon olio extra vergine d’oliva, sulla farina e iniziamo a impastare.

La maggior parte della farina che rimane asciutta e pulita, rimarrà nella ciotola, mentre quella che si sporca di olio rimarrà attaccata alle nostre mani. Inizieremo quindi a strofinarle tra di loro e, a quel punto, si formeranno dei grumi, degli straccetti, delle palline di forme diverse che faremo ricadere assieme al resto del composto. Con un setaccio, o anche con un colino, li divideremo poi da tutto il resto.

Versiamo dell’altro olio nella farina rimasta e ripetiamo la stessa azione.

Andremo avanti così finché non avremo ottenuto la quantità di pasta gradita. Nel mentre, l’acqua che avevamo messo a bollire prima d’iniziare questo lavoro avrà raggiunto la giusta temperatura e, a quel punto, dopo averla salata, potremo versare i pezzettini di pasta ottenuti. Nel breve tempo di 1 o 2 minuti, saranno cotti e saranno da scolare magari con una schiumarola, come si fa per gli gnocchi. Eccoli pronti da servire, in bianco o al sugo, come si vuole. Io però li preferisco in brodo, per cui, se anche voi li gradite così, li cucinerete come la pasta della minestrina tenendo conto che non dovranno però cuocere molto.

Divertenti da fare e buoni da mangiare. Per una ricetta nuova, salutare e genuina.

Un bacio gustoso topi!

Frutti d’Autunno in arrivo

Topi, che la bella stagione ci sta salutando ve lo devo proprio dire? Santa Ratta, anche quest’anno l’Estate se ne va, lasciandoci nostalgici e già malinconici per tutte le giornate che non trascorreremo più all’aperto, fuori dalle tane, e per tutti i tuffi al mare o ai laghetti che dovranno aspettare un anno prima di essere goduti.

Ma a risollevarvi un pochetto gli animi c’è la vostra topina, alla quale i musi lunghi non piacciono affatto, proprio no!

Fatevi piccini come me e seguitemi, dunque: ho da farvi vedere un po’ di cose che allieteranno i vostri sguardi e… soprattutto le vostre pance!

L’Estate va via, è vero, ci saluta come ogni anno, ma guardate che eredità lascia dietro di sé! Ovunque è un tripudio di frutti succulenti, quelli che potremo gustare in mille modi, con tante ricette diverse e molto presto, anche!

ricci castagne

Le Castagne sono incubate in gusci spinosi, non ancora pronte ad affacciare il loro volto scuro al mondo. Quante scorpacciate ci aspettano! Le caldarroste sono un piatto che non manca sulle tavole della mia Valle, non si smetterebbe mai di mangiarle. E poi possiamo metterle nelle zuppe, nei risotti, nelle torte… insomma, che bontà! Tra l’altro devo dirvi che sono fonte di sali minerali e hanno un alto valore energetico. Quest’ultima non è una cattiva caratteristica, e mi rivolgo soprattutto alle topine che tengono alla linea e hanno paura di mettere su qualche chilo in più… Madre Natura, infatti, non lascia niente al caso, nulla è donato senza motivo. I frutti di questo periodo dell’anno, come le Castagne per l’appunto, ci consentono di mettere da parte le forze e le energie che ci serviranno durante l’Inverno, quando siamo più soggetti ad acciacchi e debolezze. Tra l’altro, care topine, le Castagne contengono anche l’acido folico, molto consigliato quando si è in dolce attesa (e non in attesa del dolce, non facciamo confusione per favore!). Sono utili anche a chi soffre di anemia e sono ricche di fosforo, sempre amico del sistema nervoso.

Rimaniamo nel bosco e… uh, topi, guardate! Anche le Nocciole stanno maturando! Le avete già mangiate fresche, colte dal ramo? Che buone, mamma topa! Hanno quel gusto dolce e leggermente asprigno, soprattutto se ancora acerbe.

nocciole

Quante scorpacciate facevo da cucciola con topomamma e topopapà! Devo dire che non è facile trovarle integre… gli Scoiattoli, infatti, si danno un gran daffare a rosicchiarne i gusci e a fare provviste, ma provateci, non costa nulla. I Celti le consideravano i frutti della saggezza per eccellenza. Hanno mille… anzi no, che dico? milioni di proprietà, tanto che dovrebbero essere consumate quotidianamente da tutti, ma proprio tutti!

Antitumorali, antiossidanti, ottime per la salute cardiovascolare e per il sistema nervoso, sono un vero toccasana. Anche di queste la mia Valle è piena.

E ora lasciamo un attimo il bosco e spostiamoci in campagna… volete vedere cosa ci regalano l’orto e il frutteto in questo periodo? Eccovi accontentati!

zucche orto

Le belle Trombette sono ingiallite, ingrossate, diventando Zucche panciute buone in ogni maniera. E non dite che non vi piacciono, per tutti i corbezzoli e le corbellerie del mondo! E’ un alimento così versatile che mi pare proprio impossibile che non esista su tutto il globo terracqueo una ricetta in grado di accontentare i palati anche dei più schizzinosi.

zucca gialla

Grigliatela a fette sottili sulla piastra, conditela con olive taggiasche sottolio, aggiungete olio extravergine di oliva e poi sale, pepe, menta, aglio… uh, Santa Topa, mi lecco già i baffi e l’acquolina è scesa dal muso fino alle zampe, me le son bagnate tutte! Potete aggiungere aceto e persino funghi e pinoli per una ricetta più gustosa. Provate! Provate e abbiate il coraggio di dirmi che non è una bontà.

zucca

E poi sformati, torte salate e dolci, primi piatti, zuppe, contorni, gnocchi… dai, sbizzarritevi! Lo sapete che ha davvero pochissime calorie? Ecco, ho fatto breccia nel vostro cuore… ehm, volevo dire pancia. E poi è benefica per l’intestino, facilissima da digerire e aiuta a dormire bene, soprattutto se si soffre d’insonnia, per le sue proprietà sedative.

E ora alziamo lo sguardo, topi, che non è ancora finito il nostro salutare tour alla scoperta dei frutti autunnali.

L’Uva si tinge di viola, sempre più acini colorano di tinte scure la vigna. Tra poco sarà tempo di vendemmia!

uva

Ne parleremo presto, ma intento vi dico che è un frutto energizzante e ricco di minerali, ottimo come diuretico e per chi soffre di stitichezza. L’Uva, però, per quanto buona e salutare, non va consumata in caso di diabete, coliti, gastriti e problemi di digestione. Anche lei è antitumorale e si prende cura dei vasi sanguigni.

Sugli alberi, invece, le Mele, i Cachi e gli agrumi abbandonano pian piano il colore verde per assumere tinte più sgargianti, ma senza troppa fretta.

 

A proposito di Cachi e di Madre Natura… topi, ma lo sapete che la vitamina C contenuta in questi frutti è in grado di rinforzare il sistema immunitario, prevenendo così i malanni di stagione? Un vaccino naturale, insomma! Ah, riguardo a questi frutti la mia topomamma mi dice sempre che quando era topina insieme agli altri suoi coetanei usava fare un giochino simpatico: si tagliava a metà (in verticale) il seme di un Caco e si poteva predire il clima della stagione fredda. Il germoglio contenuto nel seme assume la forma di posate in miniatura, perfette per noi topi.

Ebbene, se si trovava il cucchiaio, è prevista tanta neve e tanta pioggia per l’Inverno. Se si trova la forchetta, invece, l’Inverno sarà mite, mentre se si trova  il coltello, preannuncia tanti venti gelidi.

Provate anche voi a fare questo gioco, è divertente! Alcuni topi, però, mi dicono che, soprattutto nei Cachi da supermercato, non è possibile distinguere le posate all’interno del seme, a volte quest’ultimo non è neppure presente. Insomma, provate con Cachi autentici, mi raccomando!

Io adesso vi saluto, vado a scrivere un nuovo articolo per voi. Vedo e prevedo grandi abbuffate questo Autunno, sia di articoli che di frutti, sia chiaro! Un bacio energetico a tutti voi.

Particolarità della Cucina Genovese alias la Cucina Ligure

Oggi, facendomi aiutare dalla sapienza della giornalista Laura Rangoni, vi voglio far conoscere meglio la nostra cucina.

Laura Rangoni s’interessa infatti di storia del cibo, dei rapporti di cibo e psicologia, di folklore e tradizioni alimentari e userò qualche suo scritto per raccontarvi di una cucina a mio avviso un po’ diversa dalle altre.

Bene, ecco vedete, innanzi tutto bisogna precisare una cosa: quando si parla di cucina Ligure, non si dovrebbe usare solo l’aggettivo “Ligure” bensì anche il termine “Genovese”. E’ un filo sottilissimo che le divide ma miliardi di cose le accomunano. Si potrebbe fare di tutta l’erba un fascio ma non è esattamente così. Non mi si chieda perchè. Forse perchè tutto è partito da lì, da questo capoluogo affascinante e dalla lunga e ricca storia.

E’ ovvio che le stesse ricette le si conoscono da Ponente a Levante, anzi, siamo proprio noi ponentini a fornire maggiormente castagne, nocciole, olive… ed è la città di La Spezia (Santa Teresa) a fornire i mitili ma, Zena (Genova), merita la nomina di questa particolarissima arte culinaria e,  probabilmente, essendo in posizione centrale, rispetto alla regione, è giusto così.

Par proprio che, da un estremo all’altro della Liguria, ci si riunisca nella Superba tutti insieme per poter inventare, preparare e gustare ciò che rende felice tutti i palati del mondo. Senza tralasciare che Genova stessa gode di ricette che non si trovano nelle altre provincie liguri.

Alessandro Molinari Pradelli, studioso e ricercatore di civiltà contadine ed enologia invece divide bene le due cucine lasciando a Cesare quel che è di Cesare e distanziandole tra loro; io però oggi vorrei coniugare una regione che dà al suo capoluogo così come esso dà alla sua regione.

E allora perchè questo tipo di cucina risulta così originale? Ve lo spiego subito: vi dice niente il connubio mare-monti? E i nostri marinai, pronti a scavalcare mari impetuosi per portare ingredienti da terre lontane? Ma andiamo per ordine perchè, anche questa storia, potrebbe essere letta come una bella favola ed è proprio per raccontarvela che mi farò aiutare dalla Rangoni così come mi hanno aiutato nonni, genitori e i segreti della mia stessa Valle con le sue mille piante ed erbe officinali.

Vedete, Genova ha una posizione geografica particolare rispetto alle altre città italiane e questo ha contraddistinto la sua cucina tradizionale. Come Guccini, verso Bologna, cantava che “… ha il seno sul piano padano e il culo sui colli…“, di Genova, potremmo dire, immaginandocela prona, che si bagna il viso nel mare e si fa accarezzare i piedi dalle fronde degli alberi prealpini. Che il nostro cantore De Andrè me la passi buona!

Questa splendida città è situata sul mare ma a ridosso delle colline, quindi, nel tempo, si sono potuti accoppiare, nelle ricette tradizionali, sia i prodotti derivanti dalla pesca, sia le verdure coltivate nelle strisce di terreno strappato alla roccia, aggiungendo poi al tutto anche l’universo di erbe aromatiche tipiche della Liguria.

Non mancano infatti i prodotti spontanei che si trovano nelle pinete e nei boschi tipo funghi e pinoli che hanno dato una nota originalità ad una cucina, nel suo complesso borghese e popolana, montana e marina assieme. Ma anche noci, castagne, olive ed erbe varie, denotano l’abilità di questi abitanti nell’inventare ricette gustose con ingredienti poveri e facilmente reperibili sul territorio.

Infatti, a causa della particolarità orografica, della scarsità dei pascoli per i bovini e di zone di coltivazioni estese di cereali e ortaggi, la Cucina Genovese ha sviluppato ricette con prodotti facilmente conservabili quali ceci e altri legumi utilizzati, ad esempio, nella Farinata e nella Mesciua, oppure cucinando stoccafisso e baccalà.

I Liguri sono maestri della conservazione. Hanno dovuto imparare per forza.

E non mancano nemmeno le suggestioni… Come vi dicevo prima, riportate in patria dai marinai che hanno visitato paesi lontani e hanno acquisito l’abitudine del preferire sapori forti, sinfonie di sapori sapientemente modulati con l’uso delle erbe. Il basilico soprattutto, conosciuto in tutto il mondo, contraddistingue questa cucina interpretata da raffinati intenditori. E non si tratta solo del Pesto. Quel Pesto che non è mai uguale a se stesso nonostante la semplicità della sua ricetta.

Un’altra regina incontrastata della Cucina Genovese, che ha reso nota tutta la regione, è la torta Pasqualina, accompagnata da altre torte di riso e/o verdura; ottima, pronta e completa per essere consumata nelle lunghe notti di pesca.

Anche la pasta ha una lunga tradizione. A ricordarlo anche l’Agnesi d’Imperia. I “Macarones”, pensate, compaiono citati in una fonte genovese del 1279. Probabilmente, i naviganti liguri, conobbero gli Arabi e provvidero a diffonderne l’uso già nel lontano Medioevo.

La pasta fatta in casa invece compare sulle tavole da sempre e trova la sua apoteosi nelle Trofie, ma anche nelle torte di riso, nelle sardenaire, nelle focacce citate già nei cinquecenteschi ricettari (come “Gattafure Genovesi”).

Non possiamo poi tacere sull’olio, il prodotto di quegli ulivi che sembrano sofferenti sferzati dal vento e bruciati dal sole. Un olio che risulta uno dei migliori d’Italia, profumato e delicato al tempo stesso e che costituisce il condimento essenziale dei piatti tipici liguri.

Zena, epicentro di una regione dai sapori ricchi, dai profumi intensi e dagli introvabili ingredienti come: i carciofi d’Albenga, i fagioli di Badalucco, i radicchi di Chiavari, i pomodori di Cervo.

Una cucina prevalentemente vegetariana che sfrutta le ricchezze del suolo e del suo sole perenne. Una cucina che ha saputo esaltare i sapori della sua terra con nobile maestria e che fortunatamente, io nella mia Valle, posso gustare ogni giorno.

E allora… che un buon appetito vi accompagni topi. Buona pappa a tutti.

M.

Menta frizzantina

Tante volte l’ho nominata. Tante volte ve l’ho fatta conoscere presentandola in qualche ricetta e soprattutto spiegandovi come si realizza il Mentolino un leggero ma goloso liquore alla menta. Però non vi ho mai parlato di lei spiegandovi quante prodezze ha. Eh! Ci vorrebbe un intero libro amici! Ma qualcosa, voglio raccontarvi ugualmente.

Ho conosciuto Menta che ero davvero piccola. L’ho vista per la prima volta ad Andagna. A conquistarmi è stato ovviamente il suo profumo. Intenso, avvolgente e fresco. Se ne stava lì, attaccata ai muretti, in giro per il paese, tranquilla, come se nulla fosse.

Il giorno dopo, l’ho poi veduta nel boschetto e, da lì, non me ne sono più separata anche perchè la trovavo ovunque andassi.

Con lei ho iniziato ad avere un inventato rapporto culinario. Ne strappavo qualche foglietta, che mettevo nei miei pentolini di plastica con due sassolini e un po’ d’acqua e, se avevo la fortuna di capitare in qualche cantiere abbandonato dai muratori, ci scappava anche una bella torta con lei protagonista e la sabbia che trovavo in cumuli altissimi. Sì, preparavo dolci e dessert con la terra e i fiori!

Nel corso della mia vita poi, Menta, ha preso un posto in famiglia sempre più importante e oggi è amata da tutti e non può ovviamente mancare nella mia frittatina alle erbette, nei miei decotti e nei miei ripieni.

La Menta, conosciuta meglio come Mentha Piperita, si differenzia a seconda del luogo in cui cresce.

Questa che vedete nelle immagini è quella della mia Valle che cresce spontanea anche nella campagna della mia amica Niky e ha una foglia verde chiaro e un aroma forte, deciso. Ha un colore molto vivace e, al mattino, quando ancora è bagnata dalla rugiada, diventa di un brillante metallico che sfuma dall’argento, al rosa e all’azzurro.

La Menta che invece nasce nel centro e nel Sud Italia ha un colore un po’ più scuro, la foglia è più piccola ed è leggermente più delicata di sapore. Può chiamarsi Menta Romana.

C’è poi la Menta Citrata o Bergamotto che può arrivare ai 30-40 cm di altezza, la Menta Arvensis del centro Italia e quella Acquatica e tante, tante altre varietà: africane, asiatiche, del Sud America. Ogni nazione ha la sua… Menta.

La mia, mi basta e mi avanza, la trovo sublime.

Può essere usata per mille scopi diversi. In cucina, l’elenco delle ricette che la comprendono non finisce più: sciroppi, caramelle, ghiaccioli, bevande, salse, dolci, alcolici… Quanti di voi, ad esempio, si sono bevuti almeno un Mojito nella vita? Ecco, quello a me non piace ma è una bevanda molto richiesta.

E a volte, la si usa anche solo per delle decorazioni o la si mette assieme al tabacco in alcune sigarette!

Per non parlare dei medicinali. Le sue proprietà benefiche erano già conosciute nei tempi che furono. E’ innanzi tutto stimolante e cicatrizzante per le cellule della nostra cute e il suo principio attivo risulta essere un ottimo tonico rimineralizzante. Sanifica le infezioni mentre rinfresca e decongestiona. Ricca di aminoacidi come l’alanina e la glicina ridona anche vigore ai fibroblasti e alle cellule del collagene. Questo lo dico anche per chi è interessato all’ambiente estetico. E’ adatta a pelli sia miste ma anche mature che tendono a cedere un pò. Ottimo germicida, non solo ha una fantastica azione contro pustoline o comedoni ma risulta efficace anche contro l’herpex virus simplex e contro l’acne (dato dal corinne bacterio). Scottature, eritemi solari, punture d’insetti, non avranno più scampo. Menta, sconfiggerà il dolore che ci provocano.

Parlando dell’antichità bisogna nominare Socrate che la usava come grande afrodisiaco e Plinio come potente antispasmodico. E, che ci crediate o no, già i Romani la usavano come dentifricio e soprattutto per profumare l’alito. Mille erano e sono i suoi scopi.

Ma attenzione a non abusarne. In certe tribù indigene Menta è utilizzata per provocare allucinazioni e tachicardie che inducono in uno stato di semi-incoscienza.

Essa nasce spontanea un po’ ovunque sotto ai 700 metri di altitudine ed è una pianta sempreverde della famiglia delle Lamiaceae.

Se ne utilizzano solitamente le foglie ma vorrei citare anche i suoi fiori perchè sono graziosissimi, piccolini e di un color bianco-violetto meraviglioso.

Menta è frizzante, rivitalizza, riempie narici e polmoni di pulito, di refrigerio. L’adoro. Non potrei vivere senza.

Spero di avervi dato qualche utile informazione perchè mi auguro possa entrare nella vostra vita come nella mia. Vedrete, vi sarà spesso di grande aiuto!

Vi mando un fresco bacio.

M.

Fiori e Trombette

In questo periodo ce ne sono a volontà! Anzi, il vero boom c’è già stato ma continuano ad essere parecchi.

Gli Zucchini sono una verdura estiva e, quando nascono, sono numerosissimi.

La mia Valle ne è letteralmente piena. Ma attenzione, non parlo di tutti gli zucchini esistenti, parlo di quelli lunghi, curvi e di un verde chiarissimo. Sono buoni, buoni davvero. I migliori!

Avranno sicuramente un nome più scientifico ma noi li chiamiamo comunemente: Trombette. Che non è la più conosciuta Trombetta d’Albenga, una vera e propria Zucca, il nostro, è uno Zucchino.

Il nome scientifico degli Zucchini in generale invece è Cucurbita Pepo. Buffo a mio avviso!

Stiamo parlando di una verdura indispensabile nelle diete dimagranti. Pensate, è composta dal 90% di acqua! E di acqua ne fa uscire parecchia nel momento in cui subisce ad esempio un colpo. Un liquido appiccicoso.

Bisogna infatti trattare gli Zucchini con garbo. Ma, nonostante tutto, le loro proprietà sono infinite. Innanzi tutto contengono tantissima vitamina A, B e C e sono prevalentemente antitumorali ed antiossidanti.

Riescono anche ad aiutare contro varie infiammazioni come quelle urinarie e permettono un miglior funzionamento della piccola e grande circolazione.

Non patiscono il sole e coltivarli non è difficile, al massimo, risultano un po’ invadenti ma sono rampicanti, quindi volendo, potrete utilizzare una rete, come ha fatto la mia amica Niky e farli correre in verticale. Vi occuperanno sicuramente meno spazio.

Mio nonno invece ne ha riempito un intero porticato e li fa pendere verso il basso.

In cucina, di questa verdura, si può usare tutto tranne le foglie che pungono e fanno prudere i soggetti più sensibili perchè ricoperte da una peluria folta e rigida. Quindi non serve pelare lo zucchino, vi basterà tagliare le sue due estremità (anzi, la sua buccia, contiene molti minerali come il magnesio e lo zinco). Questo per dirvi che ottimi sono anche i fiori. A parte il fatto che per me sono meravigliosi. Nella prima immagine potete vedere un bellissimo esemplare di fiore maschio in primo piano.

Hanno un colore arancio intenso capace di illuminare un intero orto e sono buonissimi. Molto delicati però, quando si raccolgono andrebbero cucinati subito o messi in congelatore altrimenti patiscono. Con essi si possono fare tantissimi piatti. I fiori ripieni, le frittate, le frittelle (chiamate da noi friscioi e sono squisiti). Molte sagre estive, in vari paesi, dedicano il tema ai friscioi e a mangiarli arriva gente da ogni dove. I fiori si possono fare fritti in pastella, passati in farina e poi fritti oppure crudi. I petali vanno praticamente tagliati fini, fini e messi in insalata.

Ogni giorno ne troverete dei nuovi fioriti nella vostra campagna. Con un pò di fantasia, potrete usare praticamente questa verdura in tantissime maniere senza annoiarvi mai!

Fin dall’antichità, gli Zucchini, venivano utilizzati per favorire il sonno, rilassare la mente ed erano particolarmente indicati per chi si sentiva spossato. Pensate che, ai guerrieri, che facevano ritorno da una guerra venivano messe fette di zucchino adagiate sulla fronte.

E chissà se le dame invece usavano queste fette per la bellezza del loro viso come noi oggi facciamo con il Cetriolo!

Quanti usi questo vegetale!Pensate che tanto tempo fa, quando da mangiare c’era poco o niente, si viveva principalmente di Patate e Zucchine. Da lì, sono nati anche tanti proverbi e modi di dire, come ad esempio a Livorno. L’ospitalità dei livornesi, forse un pò meglio della nostra ligure, indica comunque così gli ospiti “Entrano come zucchini ma escono come cocomeri!“. Oppure li troviamo citare dalla saggezza dei meridionali “Cuocila come vuoi, sempre una zucchina è“, o ancora (e spero di scriverlo bene) “A cocuzza nu tira e nu tuzza ma se la sai cunsari, tira tuzza e lassala stari“, cioè “lo zucchino non è molto saporito ma se lo condisci bene puoi anche mangiarlo”.

E poi ancora “Sei uno zucchino” per indicare, a seconda della regione, una persona molto alta e magra oppure un testone.

Mangiatene a volontà topi perchè è una ricchezza. Io vi lascio alle belle immagini delle tante ricette che si possono fare con loro, se avete richieste in proposito, non esitate a fare domande.

Un bacione, scusate, ma mi è venuta fame! E pensare che da cucciola, gli Zucchini non li sopportavo!

M.

Il grande Libereso

Ah topi, sedetevi tranquilli perchè oggi voglio parlarvi di un uomo. Si, si è un umano! Un umano molto particolare e mi auguro vogliate conoscerlo perchè, datemi retta, ne vale la pena.

Voglio parlarvi di un grande botanico, un umanista, un amante della natura. Voglio parlarvi del giardiniere di Italo Calvino. Lui è Libereso Guglielmi.

Prima di cominciare, vi segnalo questa splendida pagina che parla di lui http://www.trafioriepiante.it/infogardening/poltrona/LiberesoFioreBocca.htm. Leggete questa bellissima intervista. Grazie alle sue stesse parole e al lavoro svolto da Paolo Cottini, possiamo conoscere meglio questo personaggio.

Libereso vive vicino a me, in un giardino di San Remo. Ovviamente non sa nemmeno chi sono ma, a me, piacerebbe tantissimo incontrarlo. Mi piacerebbe ascoltarlo, rubargli un pò della sua saggezza e della conoscenza che ha sulle piante.

E’ insegnante, ricercatore, scrittore, pensatore. Della flora conosce ogni segreto. Conosce la pianta terapeutica e quella alimentare. Conosce come vivono e perchè esistono. Ne conosce l’intelligenza e lo scopo.

Si nutre egli stesso di quei fiori che, il suo più grande maestro, Mario Calvino, gli ha mostrato.

Il suo modo di dire “Mangiare il Giardino” è molto affascinante e, per chi vuole provare a cucinare qualche particolare ricetta, può acquistare il libro “Oltre il Giardino – le ricette di Libereso Guglielmi” a cura di Claudio Porchia.

Attivo dal mattino alla sera e, arzillo più che mai, pur essendo una persona molto tranquilla, dopo essere stato capogiardiniere all’Università di Londra e botanico per la famiglia Calvino appunto, oggi, pur di non star fermo, mantiene conferenze ovunque e, a San Remo (IM), insegna ai bambini delle Scuole Elementari a disegnare i fiori, la sua più grande passione. E pensate che è nato nel 1925. Da non credere. E’ meraviglioso.

Ma tutte queste cose topi, sono indizi su di lui che potete trovare tranquillamente anche sul web. Io invece vorrei comunicargli la mia stima personale e credere che, un giorno, passerò con lui un intero pomeriggio. Si, sarebbe nulla, ma a me già basterebbe. Sarebbe l’uomo che potrebbe farmi passare una delle giornate più belle della mia vita. Pensate che, per molti miei amici, Italo Calvino è lo scrittore preferito e mentre io invece, adoro le piante e tutto il grande mondo in cui vivono del quale se ne conosce solo una minima parte. Libereso, a questo mondo, ha dedicato la vita intera.

Ti abbraccio forte Libereso e spero davvero un giorno, di poterti guardare, mentre con quella tua voce pacata mi spieghi tutti quelli che, per me, sono ancora segreti. Spero anche di poter passeggiare con te che, con il tuo bastone, mi indichi le piantine commestibili da raccogliere e assaggiare. Tua Pigmy.

Foto presa da genova.montelocale.it

M.

Le Violette… selvatiche

Eccole… timide, timide spuntano tra i fili d’erba facendo un accenno di capolino.

Sono tra i fiori più amati, tra i più ricordati.

Sono le Violette e, in questo caso, del tutto selvatiche. Nate spontaneamente in natura, ai margini del bosco.

Sono piccole, molto più piccole di quelle coltivate e, la loro foglia tondeggiante, è di un verde cupo quando è adulta.

Erano tra i fiori preferiti della mia topo bis-nonna insieme al Mughetto. Se ne faceva numerosi mazzetti da guardare, da mettere nella biancheria e da regalare.

Nel linguaggio dei fiori portano il significato dell’umiltà e della semplicità. Il loro stesso essere. Così modeste, sembra proprio non si rendano conto di quanto sono belle.

E anche di quanto sono buone! Eh si, non solo vengono usate per ricette come torte, risotti e quant’altro, ma anche per insaporire delicatamente alcune bevande. Non solo, quante volte vi è capitato di lavarvi con un sapone o un bagnoschiuma alla Violetta? Si, oggi è meno usata, sono usate maggiormente diverse profumazioni, ed è proprio per questo che la Viola sa di antico. Riporta ai vecchi ricordi. Sa di nonna, di bucato, di focolare.

Vederle tra le foglie è stata una gioia. Il loro colore, a volte più viola, a volte più bluette, risulta ancora più acceso tra le tinte spente del sottobosco e ci dicono che il freddo è finito.

Sempre chine, a testa in giù, sembra porgano costantemente rispetto, mentre, i loro petali, innalzati verso il cielo, sembrano voler cospargere profumo tutt’intorno.

Nella mia Valle, e forse anche nella vostra, le anziane donne di chiesa dicono che, se all’improvviso si sente il profumo delle Viole, anche se in realtà di Violette non ce n’è nemmeno l’ombra, significa che Padre Pio è presente. Quante credenze dietro un solo fiore! Ma queste tradizioni, sono per me importantissime.

Ma ci pensate topi? Io posso uscire di casa, fare pochi passi e vedere questi magnifici fiorellini. E’ per me una grande ricchezza questa. E’ uno dei motivi che mi porta ad amare così tanto i luoghi nei quali sono nata e posso garantirvi che non sono gli unici fiori che vedo.

Tanti, tanti e tanti altri riempiono la vallata, colorati esemplari che mi circondano ogni giorno e rallegrano le mie giornate.

Quest’oggi, il post l’ho dedicato a loro ma presto anche gli altri avranno il loro meritato elogio.

Corro a fotografarli per farveli conoscere al più presto quindi, un saluto, la vostra Pigmy.

M.

Red Carpet alla Cipolla!

Ieri sera Mamma Topa ci chiama invitandoci a cena.

Quando Mamma Topa chiama, perchè ha fatto da mangiare, si va. Non si fanno domande. Si va. Senza indugiare.

Aveva cucinato un insieme di piatti (fantastici) appartenenti ad un’altra epoca, ma davvero buonissimi. Ora, lei insiste nel dire che le sue ricette appartenevano al ‘500, a me invece sono sembrate quasi medievali e, ad essere sincera, la parola medievale mi piace di più.

Comunque sia, Mamma Topa, che ne sa sempre una più del gatto, prendendo spunto da qualche programma culinario, e aggiungendo un pò di sana fantasia, ha creato una cena intera dedicando ogni piatto a Princess Onion ossia… la cipolla! Ma finitela di storcere sti nasi! Non sapete cosa vi siete persi; ma la cosa più bella è che ha usato più o meno tutto quello che c’era in quell’epoca, rendendo buonissimo il tutto, senza utilizzare cose strane.

Tanto per iniziare, la tavola era bandita di tutto punto e, nei bicchieri antichi, c’erano i tovaglioli di stoffa, anzichè le solite foglie di mais. Quando vedete i tovaglioli di stoffa, a casa di Mamma Topa, tenetevi forte e aprite le pance.

Allora, antipasti non ne ha fatto (e meno male, altrimenti saremmo letteralmente scoppiati), di primo invece ha preparato dei gnocchetti belli sodi, come piacciono a me, conditi in modo particolare. Da notare che i gnocchetti non erano girati sulla forchetta ma lasciati a cubetti. Ciò che li accompagnava era un insieme di quadratini di melanzana, sfoglie di cipolla e pinoli. E la prima parte di baffi è stata leccata.

Per secondo, oltre ad aver reso gai i nostri palati con un assaggio di coda in umido con patate e fagioli, ha fatto una torta di salsiccia e cipolla. Se uso il termine – buona – per questa torta la offendo, infatti, era non buona ma… meravigliosa. La gellata agli altri baffi è partita spontanea.

Ad affiancare questo tortino di pasta sfoglia, udite udite… cosa sono quei cerchietti nella foto? Da non credere, dischi di cipolla fritta con prezzemolo e non so quale altro intruglio che li ha resi spettacolari.

Come dolce, una semplice fetta di una specie di torta Margherita ma, Mamma Topa, ha ricoperto con crema e crema al cioccolato fatte da lei.

Un mangiare davvero povero se osservate gli ingredienti ma è riuscita a fare un figurone.

Tutto era davvero eccellente, credetemi, e la cipolla, che tanti non digeriscono, o che a certi può non piacere, rimane in realtà ben cotta e ottiene sapori che erano, per me, finora sconosciuti.

Insomma, ad un certo punto avevo la coda che strisciava a terra, non avevo la forza di alzarla e, il mio pancino, era così colmo che anzichè zampettare, rotolavo.

Ho mangiato divinamente e la dedica alla cipolla e l’atmosfera… medievale… han reso tutto davvero particolare.

Ora, visto che di epoche e periodi ce ne sono parecchi, mi auguro che Mamma Topa, abbia voglia di provare a farceli vivere tutti. La trovo innanzi tutto una splendida idea e soprattutto un passatempo carino e fuori dalla retorica. Fatelo anche voi con parenti e amici! Uno squit a tutti!

Mamma Topa?… Mi senti?… Mamma Topa?…

M.