Don Aldo Caprile – l’ultima sigaretta

Ritorno a parlare con piacere di Don Aldo Caprile, come già avevo fatto in questo post https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2012/10/04/strada-don-aldo-caprile-e-il-santuario-della-madonna-della-neve/ perché per la Valle Argentina, e soprattutto per l’abitato di Badalucco, è stata una presenza preziosa, ancora oggi ricordata con affetto e decisiva per molti aspetti del paese.

Nonostante la grande umiltà che lo distingueva, Don Aldo è infatti riuscito a lasciare un forte ricordo di sé che, oggi, si può leggere persino su libri come questo del quale vi metto un’immagine. Tra queste pagine, il Prevosto, è raccontato con amore anche dall’amata nipote Sandra Caprile che, come lei stessa afferma, lui soleva prendere in braccio e innalzare verso il cielo in un tuffo pieno di risa e stupore. A lei, così piccola, sembrava davvero di poter toccare l’azzurro e le nubi, in quanto, suo zio era un uomo molto alto.

Si avvicinava ai due metri d’altezza e portava il 48 di scarpe ma, nonostante la sua mole, ha sempre dormito in un lettino piccolo e stretto obbligato a tenere i piedi di fuori. Lo stesso lettino per tutta la vita. Lo stesso lettino che lo ha colto quando ha esalato il suo ultimo respiro.

Anche la stanza che accoglieva questa brandina era povera e piccolissima. Persino senza riscaldamento.

Don Aldo, che era assai ingegnoso e volenteroso, per poter leggere, si costruì un leggio mobile che potesse finire davanti al suo viso quando era coricato, in modo tale da poter voltare le pagine dei tomi che studiava senza dover nemmeno uscire la mano dalle lenzuola, visto il freddo che faceva in quell’umida celletta.

Lo stesso leggio, veniva poi spostato verso il comodino quando era ora di dormire o giungeva il momento di alzarsi.

Con l’andar degli anni, quest’uomo grande e grosso e dotato di uno spiccato ingegno, si ammalò di un brutto male. Fu per questo che il suo modesto giaciglio dovette accoglierlo per tutto il tempo, fino alla fine dei suoi giorni, fino al giorno in cui Don Aldo, gran fumatore e appassionato di questo piacevole vizio, chiese una sigaretta a chi gli stava accanto e mai lo avrebbe abbandonato.

Il Sagrestano, il signor Nino, papà del mio caro amico Silvano, il quale ha vissuto il protagonista di questo post e mi ha raccontato tutta questa ricchezza, che peraltro ha sempre svolto l’attività di chierichetto con Don Aldo, si sentì chiedere quel regalo e, vista la situazione, prese una sigaretta delle sue e gliela diede davanti al Vescovo che attendeva l’amaro momento come anche gli altri pochi intimi presenti.

Don Aldo l’accese e inspirò ma, immediatamente, sul suo viso si dipinse un’espressione di disgusto. Quel tabacco non gli piaceva per niente! Che diamine! Volete darmi una sigaretta che sia almeno buona?

Senza pensarci su due volte si voltò da quello che era anche un caro e vecchio amico e disse <<Nino, dammene una delle mie, perché queste non mi piacciono per niente!>>.

Rispondendo prontamente ai comandi, il signor Nino, prese subito una Gauloises dal taschino della giacca del Parroco, adagiata su una sedia, e la porse al richiedente.

Fu in quel momento che Don Aldo si accese quella sigaretta, inspirò quell’aroma, si dipinse il volto di soddisfazione e… spirò.

Nino ci rimase malissimo, sgranò gli occhi e si sentì immediatamente colpevole, allorché il Vescovo stesso lo tranquillizzò dicendogli << E’ morto contento. Era solo questione di attimi >>.

Il viso dell’amato uomo era infatti rilassato e sereno dopo diverso tempo passato a lottare contro un male inguaribile che lo stava divorando. Non c’era nulla da fare se non attendere quel triste momento incapaci e avviliti.

Non c’era più nulla da fare se non guardarlo con amore e rispetto mentre i suoi piedi ancora uscivano da quel lettino.

Un pezzo di storia del paese di Badalucco se n’era andato ma, dietro di sé, aveva lasciato tanto. Oggi, come ho detto prima, riferendomi al mio vecchio post, ha lasciato il suo segno persino attraverso una bellissima stradina che hanno voluto dedicare  a lui. E’ la via che porta alla piccola chiesetta di San Bernardo ai Vignai, proprio sotto al Santuario della Madonna della Neve. Si tratta della chiesa più antica di tutta la Valle Argentina, ancora oggi luogo di pace immerso nella natura.

Ma perché di tutto quello che Don Aldo Caprile ha fatto nella sua vita per il bene degli altri, io ho voluto proprio ricordare questo momento e il suo essere un appassionato fumatore? Beh, è semplice, perché si sta parlando di un uomo vero, assai comune ma vero, e il momento della sua dipartita è stato sicuramente uno dei più significativi per chi lo ha vissuto ed è rimasto. Non ho finito di raccontarvi di lui ma, a me personalmente, questa vicenda ha toccato nel profondo e ho voluto condividerla con voi.

Su di lui, il Parroco Don Filippo Laschi ha scritto:

IN MORTE DI UN PRETE

Carissimi Parrocchiani, quando non ci sarò più direte:

Ho sentito il suo elogio funebre.

Ha costruito, riparato, restaurato,

ha fondato, costituito, organizzato.

E’ dunque un benemerito Signore,

abbilo in gloria.

Ti ho pregato per lui quella sera,

affranto, avvilito, turbato.

Ma, aveva fatto il prete, quel prete?

Aveva almeno fatto anche il prete?

Abbi pietà di lui, Signore.

Se però si sono accorti solo di tutto il resto,

abbi pietà di loro, Signore.

Per la sofferenza silenziosa di quel prete.

Apri gli occhi a chi ha creduto di elogiarlo,

e ha dimenticato che era prete.

Che capisca, almeno, qualcuno, chi è il prete,

che cosa fa il prete.

Ti chiedo, Signore, di aiutarmi a fare il prete.

E’ una tua chiamata e un tuo dono,

l’esserlo e il farlo.

Ti chiedo, Signore, per quando mi chiamerai,

ci sia una persona che si ricordi che le ho parlato di Te,

ci sia una persona che sa di averti incontrato per il mio

ministero.

Anzi, Signore,

ci sia almeno una persona a cui ho parlato di Te,

e non importa ch se ne ricordi,

purché ti abbia incontrato.

(Don Aldo Caprile – Antologia di Scritti e di Ricordi)

Don Aldo Caprile era questo (e molto altro). Una persona grazie alla quale si andava oltre il credo e i dogmi. Qui si parla di umanità e di servizio. Del mescolarsi tra la propria gente e lasciarsi amare per ciò che si è.

Prima di concludere questo post, che racconta di una storia viva e vera della mia Valle, permettetemi di ringraziare con un caloroso abbraccio i miei amici Gianna e Silvano perché è grazie a loro se ho avuto la fortuna di conoscere ancor meglio Don Aldo e farlo conoscere anche a voi.

…E non è finita qui.

Io vi aspetto per il prossimo articolo Topi, un bacione a tutti!

Il Ranuncolo – il bottone d’oro della Liguria

Lo so, sono in ritardo a scrivervi di lui ma ho trotterellato da parecchie parti in questo periodo, conoscendo prospettive nuove della mia Valle e non sono riuscita a mostrarvelo prima. Di chi sto parlando? Beh, lo avrete sicuramente già capito dalle immagini… del Ranuncolo! Anzi… dell’elegantissimo Ranuncolo!

Un fiore sicuramente emblema della Bassa Valle Argentina e della Liguria di Ponente. Molte sono le coltivazioni nella mia terra, prevalentemente sulle coste, che lo vedono protagonista e non si può non incantarsi davanti ad un così vivace tripudio di colori. Sgargiante e abbagliante, che lascia stupefatti.

E, a parer mio, anche il suo significato lascia piacevolmente stupiti.

Il Ranuncolo infatti, con il suo essere, suggerisce la bellezza malinconica, l’importanza del ricordo, il – non dimenticarmi mai -. Il suo nome deriva dal greco “Batrachion” cioè “Piccola Rana”, non solo perché ama le zone paludose e le colora con le sue tinte forti, ma anche perché, proprio le rane, pur nascondendosi risultando invisibili, si fanno sentire con il loro canto. Fanno sentire la loro presenza. Sempre, anche quando sembrano non esserci. Da qui, la dolcezza del ricordo.

Un ricordo a volte languido che, il Ranuncolo, cerca di ravvivare con i suoi toni.

Si dice, nella tradizione popolare, che fu Gesù ad inventare e creare i Ranuncoli.

Voleva strabiliare sua madre, Maria, con un dono davvero particolare. Un fiore che, con i suoi petali, potesse riflettere la luce del sole e infatti questa è proprio una qualità del Ranuncolo. I raggi del sole brillano su quei petali lucidi.

Prese così delle stelle nel cielo e le trasformò in questi fiori, donando loro tinte appariscenti e sfavillanti perché potessero essere visti sempre e in ogni ambiente.

Per questo, si usava in tempi più antichi, regalare alla propria mamma dei Ranuncoli.

Il Ranuncolo (Ranunculus) conosciuto nell’Est asiatico, dove ha origine, come “Erba scellerata” a causa della sua tossicità, è invece chiamato da noi, in Occidente, “Botton d’Oro” in quanto viene raccolto quando ancora un bocciolo dalla forma a pallina.

La Liguria, e soprattutto la Liguria di Ponente, nominata anche Riviera dei Fiori, ha sempre coltivato e venduto molti Ranuncoli, tra altre specie di flora, e ancora oggi, essi, sono un sostentamento per diverse famiglie che ne fanno crescere pezzi di terra a perdita d’occhio. Un occhio ben felice di perdersi tra tanto splendore!

La sua corolla intrecciata raccoglie le gocce d’acqua e, anche loro, diventano luccicanti come il sole sopra a quei colori.

Si pensa che il Ranuncolo giunse in Europa durante il periodo delle Crociate ma, in Francia, c’è chi giura sia stato specialmente Luigi IX in persona, di ritorno dalla Terra Santa, a portare questi fiori per adornare il suo castello. Se ne era, letteralmente, innamorato.

E devo dire che me ne sono innamorata anch’io, ora che ho potuto vederli da così vicino. Li conosco da quando sono solo una piccola topina, ma poter toccare, con zampa, tutta questa meraviglia, è un’altra cosa. Decisamente! Un incanto.

Grazie a Topo Marco per avermi permesso di scattare queste splendide foto dei suoi Ranuncoli. Belli, sani, tronfi e che hanno colpito molto me medesima.

Un bacio floreale a voi! Al prossimo fiore Topi!

L’Elicriso Bracteato – Ricordati di splendere

Da quando l’ho messo davanti alla mia tana, topi miei, mi chiedo come io abbia fatto prima senza il suo splendore! L’Helichrysum Bracteatum, conosciuto anche come Xerochrysum, è comunemente chiamato fiore di carta o fiore di paglia.

Il suo nome ha derivazione greca e latina, dove ‘elios‘ sta per Sole e ‘chrysor‘ significa oro. Si tratta di una pianta ornamentale appartenente alla famiglia delle Asteracee,  originaria dell’Australia, che fiorisce dalla primavera all’autunno.

Elicriso Bracteato - fiore di carta

L’Elicriso Bracteato può essere coltivato nei giardini rocciosi, ma anche in vaso, e a quest’ultimo tipo di coltivazione si adatta particolarmente, viste le sue dimensioni ridotte. I fiori sono persistenti e al tatto fanno uno strano effetto: sembrano secchi, quasi di cartapesta. Se al vederli, infatti, sembrerebbero dai petali carnosi e succulenti, si resta sorpresi dalla sensazione che questi fiori provocano alla nostra pelle, toccandoli. Pare quasi un controsenso! Proprio per questa sua insolita caratteristica, viene utilizzato per composizioni e ornamenti, dato che il fiore, anche da secco, non perde la vivacità del colore e non avvizzisce. In passato veniva utilizzato anche nei bouquet e nei pot-pourri.

Forma cespugli rigogliosi, gli steli dell’Elicriso sono eretti, fieri. Si protendono verso il sole con fierezza per ricevere il bacio dei suoi raggi. Le foglie di questa pianta sono allungate, di un verde quasi tendente al grigio.

Elicriso bracteato - fiore di carta2

Guardate con quanta bellezza si schiudono a noi i suoi fiori, ammirateli! I petali esterni sono di un giallo particolare, quelli più interni, invece, formano come un bottone di un arancione acceso che ha tutta l’aria di essere una regale corona. Il mio Elicriso, per lo meno, attinge alla tavolozza dei colori caldi e solari, ma può averne di diversi: dal rosso al bianco, dal rosa al vermiglio.

Elicriso bracteato - fiore di carta3

Ama il clima mite, per cui ben si sposa con le zone costiere mediterranee. Mettetela al Sole e vedrete che meraviglie vi regalerà! Ma, attenzione: riparatela dal freddo, perché mal lo sopporta. La temperatura nei suoi dintorni non deve scendere sotto i 10°C. Uh, quanto ci somigliamo, io e l’Elicriso! A noi si addice la stagione che piace tanto anche alle lucertole, quella in cui poter fare una grande scorpacciata di vitamina D.

Se volete vederla prosperare, non dimenticate di annaffiarla. E’ vero che ama il caldo e non le piace avere le radici all’umido, ma anche il terreno troppo secco la danneggia. Datele da bere acqua fresca, dissetatela quando vedete che il terriccio sotto le sue foglie inizia a diventare arido e asciutto. Se proprio non volete farle mancare nulla, aggiungete al terriccio un po’ di sabbia: impedirà alle radici di marcire e di far morire la pianta. Mi raccomando, non lasciate che l’acqua ristagni nel sottovaso, perché l’Elicriso è soggetto agli attacchi di funghi, nocivi per la pianta.

Eliciriso bracteato - fore di carta4

Topi, vi consiglio di metterne uno davanti alla vostra tana, perché… udite, udite! Tiene lontane le zanzare. Ebbene sì, è una pianta amica che ci offre protezione, oltre che bellezza.

Pare che i sacerdoti dell’antichità decorassero gli altari con i fiori di Elicriso, proprio per la sua caratteristica di mantenere la sua vitalità e, pertanto, il suo apparire immortale.

Chi porta in dono un Elicriso intende farsi ricordare per sempre. Che romantico, non trovate? La leggenda legata a questa pianta narra che un giorno un giovane dovette partire, lasciando così sola la sua amata. Prima della partenza, tuttavia, le donò un mazzetto di Elicriso, con la speranza che quei fiori le rammentassero del suo amore per lei. La piantina, mossa a compassione dall’amore travagliato dei due, si mise in testa di non sfiorire più, cosicché la fanciulla potesse sempre ricordarsi del suo giovanotto. Da quel momento, l’Elicriso divenne immortale, portatore di un messaggio bello e genuino come il ricordo.

Elicriso bracteato - fiore di carta 5

Ricordati di te, ricordati chi sei. Questo ci racconta l’Elicriso, un promemoria un po’ diverso rispetto a quello della leggenda. Questo fiore pare conoscere il proprio valore e non vergognarsi di mostrarlo al mondo. Si dona agli occhi altrui senza pretendere nulla in cambio, divulgando luce e bellezza.

L’Elicriso ci rammenta, con il suo eccentrico splendore, di non scordarci mai di brillare, di vivere, di gioire, di godere di tutto ciò che abbiamo intorno. Il suo colore e il suo portamento ricordano che il Sole è di tutti e che ogni giorno possiamo fare nostri i suoi raggi. Ma non è finita qui, topi miei. Ci sussurra alle orecchie un messaggio ben più grande: ricordati di splendere, sempre! Non importa se fa freddo, se il caldo è soffocante, se una parte di te viene recisa o calpestata: tu splendi. E’ questo il suo dono più prezioso per noi. Ci offre l’esempio dell’immortalità cosicché, guardandolo e imitandolo, possiamo diventarlo anche noi.

Un bacio di carta dalla vosra Pruni.