Dal Tanarello al Saccarello – tra Pecore, Fiori e Montagne

Dopo un po’ di pausa, che mi è servita per andare in perlustrazione, l’escursione che vi porto a fare oggi è meravigliosa e non solo dal punto di vista panoramico.

Ecco, già vi sento che mi state accusando di essere ripetitiva ma cosa ne posso io se la mia Valle e i suoi dintorni sono di una bellezza unica? Giudicate voi stessi dalle immagini di questo articolo, noterete immediatamente che sto dicendo il vero!

Attraversando Passo Tanarello si giunge al Monte Saccarello, il monte più alto della Liguria (2.202 mt) e vetta imponente della Valle Argentina divisa con Piemonte e Francia. Ma prima dobbiamo arrivarci al Tanarello. Mi sembra ovvio.

Giungiamo in questo splendido luogo passando per l’Alta Valle dal piccolo paese di Realdo per poi proseguire verso Passo di Collardente e alla Bassa di Sanson.

Qui incontriamo un bivio. Siamo in un punto che ci permette di andare a Marta e quindi poi a Colle Melosa oppure al Passo della Guardia e al Garezzo ma noi, si va appunto, verso il Tanarello.

Si va quindi verso un valico delle Alpi Liguri che supera di poco i 2.000 mt s.l.m. un’ex strada militare totalmente sterrata.

Si può già vedere la nostra meta stagliarsi contro il cielo e, facendo attenzione, si nota persino la Statua del Redentore, verso destra, che sembra piccolissima da qui. Ebbene sì, dobbiamo arrivare fin lassù.

Sono le prime ore di una calda mattina e la rugiada non è ancora stata asciugata del tutto dai raggi del sole che la fanno brillare. Sembra di essere contornati da diamanti… queste sono le “ricchezze” della Natura.

Sono gli alberi a riparare queste goccioline dal tepore del sole e contribuiscono all’incanto.

Si tratta prettamente di Conifere attraversate dal sentiero che percorriamo, il quale poi diventerà uno sterrato dove è possibile anche passare con un’auto adatta.

Durante la primavera e l’estate il colore dominante è assolutamente il verde, non tanto degli alberi che si diradano sempre di più, ma soprattutto è il verde di una vegetazione florida e dei pascoli infiniti che si tuffano in discesa verso la Francia.

Il verde e il giallo dei fiori di campo. Un’immensità di giallo.

Nel periodo di giugno, questo verde è meravigliosamente contrastato dal rosa acceso dei Rododendri che formano come grandi laghi colorati e romantici su quei versanti incontaminati. I Rododendri non sono gli unici fiori presenti ma sono sicuramente quelli che più stupiscono vista la loro enorme quantità.

Anche le Orchidee selvatiche e i Non Ti Scordar Di Me sono numerosi e propongono varie totalità che non si incontrano sovente, senza tralasciare il viola vivo del Timo e le sfumature di tanti Funghi che, come pietre preziose, abbelliscono ulteriormente questo territorio.

Il colore dello smeraldo, dato da un’erba appena nata, mette in risalto il panna scuro delle pecore che brucano felici su quei prati.

Ce ne sono tantissime e ci sono anche Mucche e Cavalli per non parlare dei Camosci che si possono scorgere sulle creste più alte e più rocciose. Liberi e curiosi.

La Brigue si nota a fondo Valle e i monti che a sinistra vediamo, salendo, sono tutti francesi. Noi viaggiamo sul confine mentre, un tempo, questo era tutto territorio italiano che è stato poi diviso attraverso il Trattato di Parigi.

A perdita d’occhio si possono vedere profili montuosi dalla bellezza selvaggia e indescrivibile. Una meraviglia dalle punte azzurre e spesso baciate da nuvole dense.

La meta è vicina e continuiamo a salire fino ad arrivare in cresta. Una cresta dalla quale ora si può ammirare anche il versante ad Est e i paesi di Monesi e Piaggia. La divisione tra la Liguria e il Piemonte.

Tra le montagne meno aspre della Valle del Tanarello si distingue bene, bianca e serpeggiante, la strada che conduce ad una delle carrarecce più belle e conosciute d’Italia. Si tratta della Via del Sale, che congiunge le due regioni prima nominate e che su di sé ha visto passare soldati e mercanti.

Oggi sono i ciclisti, i centauri e gli escursionisti ad attraversarla e il panorama che offre è splendido.

Ma anche la vista che godiamo da qui non è niente male e, davanti a noi possiamo nuovamente notare la vetta del Saccarello simboleggiata da un obelisco in cemento. Siamo decisamente più vicini ora.

Un emblema però meno “sentito” rispetto alla vicina statua del Redentore conosciuta ovunque.

Chi lo desidera può ristorarsi al Rifugio “La Terza”, qui presente, e aperto durante la calda stagione.

Può rifocillarsi con tante squisitezze proposte oppure… per chi invece preferisce fare un pranzo al sacco… beh… lo spazio non manca di certo.

Si è contornati da monti e valli, ci si sente come in cima al mondo e gli occhi si affrettano a guardare tutto come se quel tutto dovesse finire da un momento all’altro.

Stando sulle creste adiacenti al Saccarello occorre fare attenzione a non sporgersi più di tanto. I dirupi sono davvero esagerati. Quel mondo va in discesa per presentare, laggiù in fondo, piccoli piccoli, i paesi di Verdeggia, Realdo e Borniga.

Sembrano finti visti da qui. Tutti quei tetti di grigio antico e quelle case incastonate tra gli spazi delle montagne. Come siamo alti…

Continuando più avanti, verso Passo di Garlenda, una cima che colpisce è quella del Monte Frontè con la sua Madonna Bianca a vegliare su quell’angolo di paradiso. Sembra vicino visto da qui, in realtà, per raggiungerlo, occorrerebbe fare una passeggiata per niente breve.

Noi abbiamo raggiunto questo luogo a piedi ma, ovviamente, si può salire anche in auto (con un’auto adatta) e quindi volendo si può poi decidere di proseguire per altre mete zampettando.

Un tour che consiglio a tutti, il quale può offrire una spensierata giornata familiare o una ricerca più tecnica del territorio o, per chi semplicemente ama la natura, un momento di relax e stupore. Le possibilità che regala sono diverse, quindi affrettatevi che l’estate sta per finire!

Io vi mando un bacio dalle più alte cime liguri e vi aspetto al prossimo articolo!

Continuate a seguirmi! Squit!

Sul sentiero Parvaglione attraversando ruscelli

Il bellissimo sentiero che percorriamo oggi, lo facciamo a scendere, partendo dalla Casermetta Lokar, situata a 1700 mt s.l.m., in cima al Monte Gerbonte per arrivare al Pin, appena sopra Borniga.

Chiamato “Sentiero Parvaglione o dei Paravaglioni” ma più conosciuto come “Sentiero degli Alberi Monumentali” deve il suo nome ad una caratteristica etimologia che riguarda le Farfalle. Parvaiui, infatti, in dialetto, significa Farfalloni e ci sono momenti in cui, alcune zone di questo luogo incantato, si riempiono di meravigliose Farfalle di tutti i colori. E’ tipica la frase che da noi si dice quando nevica – I càa parpiiui de neve – (scendono farfalle di neve/grandi fiocchi).

Ma questo nome nasconde ben altro, di ancora più affascinante, preso anche dal termine francese Papillon (Farfalla) in una terra dove un tempo le lingue del francese e dell’italiano si mescolavano spesso, formando sovente ulteriori dialetti o lingue a sé come ad esempio l’Occitano. E qui siamo proprio sul confine, non per niente si possono ammirare, ad Ovest del Monte Saccarello e delle Alpi Liguri dove siamo, la Catena del Tanarello e Punta Missun che appartengono, oggi, alla Francia.

Come vi dicevo, il fascino di questo termine è dato soprattutto dalla Dea Parvati o “Figlia della Montagna” (una meraviglia), simbolo di fertilità, amore e devozione, nonché espressione di energia e potere creativo. Vi ho sempre detto che la Farfalla è simbolo di Rinascita e qui ne abbiamo un’ulteriore prova.

Qui dove Madre Terra partorisce una natura selvaggia che occorre assolutamente rispettare.

Osserviamo però anche l’altra dicitura: Sentiero degli Alberi Monumentali. E lo credo bene. I Larici, gli Abeti e i Faggi che costituiscono un ambiente unico nel suo genere, sono davvero splendidi e maestosi. Un tempo venivano tagliati per avere la legna ed è spettacolare notare, dove adesso è rimasta la vecchia cappaia, una nuova vita crescere. Piccoli alberelli teneri teneri, fioriscono dall’anziano tronco e con una punta di albagia spiccano verso l’alto, senza temere gli enormi fratelli. Tra molto tempo saranno proprio come loro.

Forte era la richiesta di legname durante i due periodi bellici più importanti della storia e, questa foresta, venne ripopolata velocemente, dopo studi dettagliati, di nuove piante. Fortunatamente, alcuni fusti, a causa della loro irregolarità o della loro consistenza considerata non idonea, vennero lasciati e oggi sono testimonianza di un mondo vetusto, che perdura da secoli e che può raccontare molto di un ambiente ancora poco conosciuto.

Gli alberi che consideriamo giovani, sono anch’essi altissimi e rigorosi. In un Faggio che offre riparo, qualcuno dall’animo artistico, ha posizionato una piccola pietra con due occhietti. Sembra un allocco in tana.

I piccoli alberelli di cui vi accennavo poc’anzi, sono morbidi e flessibili. Rispetto ai grandi, il loro verde è più acceso, più vivace, sono meno seriosi ovviamente, data la loro giovane età. I Larici invece, ancora arsi dal freddo invernale, appaiono cupi e spenti ma comunque bellissimi. I Faggi devono ancora mostrare il meglio di sé, mentre gli Abeti, donano un tocco di colore cupo che suggestiona. Si distinguono l’Abete Rosso e quello Bianco. Qualche Sorbo colora quella solennità.

E’ facilissimo, in questo ambiente di alberi secolari, di morbido sottobosco e di neve ancora presente, immaginare gli occhi d’ambra di Lupo spuntare all’improvviso da dietro un tronco. Proprio così, siamo nella terra dei Lupi e non serve saperlo, lo si percepisce. Lo si visualizza senza alcuna difficoltà. Quello è il suo regno.

Aspettando il suo arrivo ammiro quei tronchi. Alcuni sono sagome strane, forme bizzarre e attraenti. Un muschio di velluto li ricopre. Il verde è vivo, deciso, appariscente. Pettinato sul via vai delle rughe di legno. Mi chiedo se dobbiamo essere noi a paragonare queste bellezze a quelle celtiche, o se un irlandese le notasse probabilmente inizierebbe a dire nella sua terra natia << Proprio come quelle dell’Alta Valle Argentina >>. E poi… fate e folletti e gnomi, tra primule e anemoni.

Bombi e formiche vivono quei luoghi per nulla disturbati dal nostro camminare.

Si scende. Alcune zone sono leggermente impegnative. L’attraversamento di diversi ruscelli richiede attenzione, anche se basta un solo passo per giungere dall’altra parte. Che bello essere una topina femmina! I maschietti ti dan la zampa… et voilà! Ti ritrovi sul lato opposto del rio.

Siamo quasi a maggio. In questo periodo la neve è ancora parecchia ma inizia a sciogliersi, quindi risulta morbida e scivolosa. Un bel paio di scarponi adatti sono quello che ci vuole. Anche impermeabili ovviamente.

Il primo rio che si attraversa è chiamato Rio Cassin. Siamo sotto a Cima Marta e tra poco raggiungeremo un punto panoramico che lascia senza fiato, permettendo di vedere la punta del Gerbonte, dove siamo appena stati, e poi tutta la parte alta della mia Valle contornata dal Monte Frontè, dal Passo della Mezzaluna e dal Passo del Garezzo. Più in basso, cullati dalle Alpi, Borniga, il Pin e Abenin.

Indicherei questo sentiero come – adatto a tutti – soprattutto in assenza di neve.

E’ solo lunghetto. Andando di buona lena bisogna calcolare circa 2 ore e mezza per arrivare al Pin, considerando sempre che stiamo scendendo. Se siete come me, che mi fermo a fotografare ogni cosa, aumentate pure il tempo.

Ma come si fa a non immortalare tanto splendore? Questa natura offre vari spettacoli. Primi fra tutti: Rapaci, Picchi, Camosci, Lupi e Caprioli. Io sono riuscita a fotografare uno Yearling, da come potete vedere, cioè un giovane Camoscio. Ce n’erano due, ma l’altro era troppo distante, beatamente sdraiato sulle rocce, e il mio obiettivo non mi permette tanto.

All’interno della foresta l’atmosfera è umida e ombrosa. Il verso del Cuculo accompagna per tutto il tragitto così come lo scrosciare dell’acqua che, a tratti, forma cascatelle fresche e pimpanti.

Flutti allegri si tuffano tra le rocce e scendono veloci unendosi ad altra acqua. L’ambiente si rinfresca ancora di più e si prova a guardare oltre a quella trasparenza.

Attorno a loro tante impronte. Il Tasso, ho scoperto, ha gironzolato ovunque!

L’aria è frizzantina. In alcuni punti si percepisce odore di selvatico. Da noi si dice bestin e trattasi soprattutto di animali come Capre e Cinghiali che emanano il loro forte odore. Naturalmente, visto dove siamo, si tratta prevalentemente di Camosci e Caprioli.

Il bagnato provoca freschezza nelle narici e il lieve venticello può raffreddare le zampe anteriori altre al muso.

C’è tanta acqua da bere. Piccolissimi laghetti permettono di dissetarsi e, infatti, vicino a loro, le orme permettono di leggere movimenti che incuriosiscono. Storie alle quali non pensiamo dalla nostra tana, ma cosa accade i questi luoghi magici, mentre noi ancora dobbiamo alzarci dal letto? La neve, tende a soffocarli ma il loro vigore è più forte e, alla fine, risultano contornati da nuvole bianche.

Dopo aver camminato su un sottobosco morbido, contornato da Rododendri che devono ancora fiorire e primule che spiccato nel pallore dell’erba paglierina, si arriva all’asfalto che ci fa proseguire per qualche tornante fino alle auto.

E’ in questo momento che ci si sente appagati e si ha voglia di tornarci di nuovo. La natura chiama e lascia addosso un pizzico di malinconia.

Con lo sguardo si ripercorre la strada fatta. Si rivedono quei Larici severi, alti e dritti verso il cielo. Quelle guglie aspre e ardenti che quasi intimoriscono. E si promette. Sicuri di non essere riusciti ad ammirare tutto quello che c’era da vedere. Si promette di tornare e così sarà.

Ora vado riposare le zampette però, mi auguro di avervi fatto fare un bel tour anche questa volta.

Io vi mando un bacio pacato come pacata è la natura che ho incontrato oggi.

Alla prossima topi!

Una valle che sta rifiorendo

Topi, la primavera è tornata e si vede!

Basta uno sguardo fugace ai clivi, ai bordi delle strade e dei sentieri per accorgersi del fermento che già brulica ovunque.

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I boschi sono spogli, a prevalere sono ancora le tinte del marrone, ma già si scorgono i sintomi dei questa nuova stagione che tutto rinnova.

Tra le foglie secche adagiate al suolo a formare un tappeto scricchiolante emergono fiori coloratissimi, piccoli, quasi timidi. Sono l’annuncio della bella stagione, quella che gli uccelli sui rami cantano già da qualche settimana.

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Viole e primule sono protagoniste indiscusse di questo periodo. E i loro colori sono simboli importanti di questo momento dell’anno, messaggi nascosti ai quali porre attenzione. Il viola è collegato allo Spirito, alla magia, e quale incantesimo migliore può esserci di quello che si concretizza in un fiore dopo i rigori di una stagione fredda e all’apparenza inclemente? Il giallo, invece, simboleggia la luce del sole, il calore che inonda la terra… e ancora una volta Madre Natura ci regala bei messaggi, travestendoli sotto forma di petali ed elementi a lei cari.

primule

Ma non è solo la natura a rifiorire in questo periodo, credo ve ne renderete conto anche voi.

Nel mio gironzolare, scatta qui e scatta là, sono venuta a conoscenza di una rinascita parallela a quella del mondo naturale che sta interessando la mia amata Valle e i suoi abitanti.

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C’è fermento, infatti. C’è voglia di creare novità e di riportare alla luce i gioielli di pietra che compongono questa corona che è la Valle Argentina.

Mi è giunta voce che c’è l’intenzione di ripopolare i magnifici luoghi che con gli anni sono stati segnati dall’abbandono, di far conoscere ad altri topi lontani le bellezze di questa terra selvaggia che ha molto da offrire. E a me vibrano i baffi di gioia, che devo farci? Sono una topina innamorata del suo territorio, un amore nato tanto tempo fa e che queste notizie non fanno altro che alimentare.

triora borghi più belli d'italia

Sono sorte nuove attività, nuovi progetti, nuove realtà, nuovi sogni e chissà quanti altri ne vedranno la luce prossimamente. Intanto la Valle Argentina rifiorisce, con la candidatura delle Alpi Marittime che le ornano la fronte a patrimonio Unesco, con ben due paesi nominati borghi più belli d’Italia – Triora e Taggia -, con iniziative che intendono ridare vita a certi luoghi, come accade a Montalto, in cui si cercano artisti e artigiani d’alto livello che aprano botteghe e diano il via a scuole di apprendimento come quelle che c’erano un tempo. O a Carpasio, dove si vuole ridare vita al Museo della Lavanda.

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C’è chi sogna gemellaggi importanti: Triora e Salem, lontane nello spazio ma rese vicine da un passato in comune.

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C’è chi sta lavorando per creare bei luoghi in cui far sostare e riposare i topi più anziani, dando lavoro anche a nuove famiglie.

Qualcuno si sta impegnando per far tornare la vita sui pascoli e i terreni ormai in disuso da tempo, ci sono sogni grandiosi per costruire offerte turistiche adeguate e forse, chissà, un giorno sul Saccarello si arriverà più agevolmente, con sentieri vecchi e nuovi al tempo stesso o addirittura via cavo. E se anche tutto ciò non accadesse, si nota comunque l’impegno, il cuore di un popolo che vuole rinascere.

Saccarello

Ma non finisce qui, eh! No, no! Qualcuno sta addirittura girando riprese a sfondo fantasy in un territorio che – ve l’ho già detto tante volte – si presta molto bene a questo genere di cose. (A questo proposito, ringrazio Claudio Cecchi per la seguente foto)

fantasy valle argentina claudio cecchi

Ci sono associazioni che stanno dando largo ai giovani, ai talenti di questa Valle incastonata tra il mare e le montagne. E ci sono borghi che rinascono, nei quali si sono stabiliti giovani famiglie e sono venuti alla luce già piccoli topini, com’è accaduto a Glori.

Come vedete, topi miei, la mia è una Valle traboccante di vita e questa primavera che sboccia ovunque non fa che ricordarcelo. Tutto è un ciclo, un’evoluzione continua. Alla vostra Topina piace pensare che, nonostante siano in molti a mugugnare, la Valle Argentina rifiorirà presto. Molto presto.

Un bacio profumato a tutti voi!

Un sentiero speciale

Topi, oggi vi faccio fare un tour breve, ma molto carino. Vi porto a passeggiare sul sentiero che – udite, udite! – ha visto crescere la vostra topina e ha fatto nascere in lei la passione e l’amore per la meravigliosa Valle Argentina.

Andagna sentiero

Partiamo, allora, venite con me. Andiamo ad Andagna. Qui, dalla parte dell’abitato che si affaccia direttamente sui monti che fanno da cornice al Passo della Mezzaluna, inizia un percorso che da piccina mi piaceva chiamare “sentiero delle farfalle”. Non so se questo tratto di bosco abbia un nome particolare, io l’ho sempre soprannominato così con tenerezza. Ed è un sentiero molto conosciuto da tutti gli andagnìn (gli abitanti di Andagna, nel mio dialetto), pulito e sempre ben tenuto.

E’ un viottolo che attraversa i bellissimi boschi di conifere e latifoglie della zona, all’inizio ampio e pianeggiante, adatto a topi adulti e topi piccini.

ortica

Il sentiero esordisce così, all’ombra delle fronde che sembrano già accogliere i visitatori con un abbraccio fatto di rami. E all’ombra, ben custoditi, ci sono ciuffi di Ortica e altre piante che non amano esporsi ai raggi solari diretti.

Già si nota la presenza massiccia dei Pini, anche il naso ne capta l’odore balsamico, un profumo di resina al quale non si può proprio restare indifferenti.

sentiero Andagna pini

E ora, in questa Primavera ancora agli esordi, i fiori sono piccoli, delicati, stropicciano i petali come le farfalle appena uscite dal bozzolo dispiegano le ali per la prima volta.

fiore primavera

Tra le foglie secche di una stagione ormai morente e i rami vecchi caduti, frantumati al suolo, ecco spuntare questi occhietti colorati di Madre Terra, che sembrano guardarci e chiederci di essere notati.

fiori

Come si fa a non dare loro la giusta attenzione? Dopo tanto Inverno, la Primavera fiorisce e si rimane estasiati dai suoi profumi e dalla freschezza della vita che sboccia di nuovo, in un ciclo ancora bambino.

fioriture primaverili

I rami pullulano di gemme, anch’esse tenere. Tutto parla di rinascita, in questo momento dell’anno.

Il sentiero, vi dicevo, inizia in piano. Da qui si nota anche l’abitato di Corte con il suo Santuario dedicato alla Madonna del Ciastreo e, se si urla verso le montagne, un’eco pulita e vivace ci risponde. Fenomeno che non si trova ovunque. Più avanti, invece, si alternano salite poco impegnative al falso piano, ma di sicuro non è ostico. E’ un giretto che si fa con piacere e in breve tempo, poco più di un’oretta andata e ritorno, se come me amate soffermarvi di tanto in tanto a rimirare il creato.

andagna sentier2

Ed è anche un sentiero che sa offrire scenari diversi, topi, altroché!

A tratti ci ritroviamo all’ombra, il cielo sembra lontano sotto la cupola arborea. In altri tratti, invece, l’azzurro della volta celeste, con i suoi affreschi cangianti di nuvole, lascia senza fiato.

macchia mediterranea

E poi ci sono i monti del Passo della Mezzaluna, onnipresenti con la loro imponenza. I suoi morbidi prati sembrano davvero a due passi da noi. In alcuni punti soleggiati ci si imbatte senza difficoltà alcuna nella macchia mediterranea tipicamente arbustiva e aromatica. Qui Timo e Ginepro la fan da padroni, abbarbicati sulla nuda roccia come sovrani timorosi di assedio.

E in questo bosco, ora fitto ora rado, c’è una gran varietà di piante. I Castagni impressionano per la loro stazza, spiccano letteralmente nella vegetazione costituita in prevalenza di esili Noccioli. Qualche grosso Faggio ricorda per la mole i cugini del vicino Bosco di Rezzo. Persino le Querce trovano spazio in questo variegato groviglio arboreo.

E poi c’è lui, il Pino Silvestre, la cui personalità apre letteralmente i polmoni. La sua presenza qui è massiccia.

andagna pini silvestri

Tutto il sentiero è costellato di panchine e sedili naturali improvvisati. E’ bello, infatti, restarsene qui ad ascoltare il canto degli uccelli, la pace che permea questi luoghi è paragonabile a quella che gli umani attribuiscono a certi santuari. Qui ci si sente in armonia con tutto quello che ci circonda, e allora viene il desiderio di fermarsi per assaporare quel momento, prima di proseguire nella camminata.

sentiero andagna panchina

Intanto Ghiandaie, Cince e Falchi si fanno sentire con i loro versi, e il silenzio del bosco è interrotto dal frusciare delle lucertole e dei ramarri, che scappano via spaventati al nostro passaggio. Se ne stanno al sole, anche se è ancora timido, a riscaldarsi come Natura comanda loro. La Ghiandaia, poi, è sempre così egocentrica (ovviamente parlo della mia amica/nemica Serpilla, non me ne vogliano tutte le altre Ghiandaie della Valle Argentina) da voler sempre lasciare una traccia di sé in bella vista, come a ricordarci che esiste anche lei e che, insomma, bisogna proprio notarla.

piuma ghiandaia

Oggi, per fortuna, sembra avere qualcun altro da tormentare con il suo insistente tciààà tciààà, per cui proseguiamo tranquilli in questo tripudio di fiori dai toni del giallo, del bianco e del rosa.

fiori bianchi

 

Nel bosco si intravedono anche diversi muretti a secco e qualche abbozzo di costruzione in pietra, un tempo queste zone erano frequentate e abitate, anche quelle che appaiono più impervie. C’è anche una vecchia fontana ormai in disuso.

vecchia fontana andagna

Ricordo la paura delle vipere di topo-zia. Qualcuna c’è. In fondo, stiamo parlando di natura incontaminata, ma come saprete fuggono via velocissime appena sentono muovere qualcosa. Passeggiavo sempre battendo un bastone al suolo e cantando canzoni a squarciagola.

Come ho detto, da qui, con un po’ di attenzione, si vede anche Corte, ma spingendo lo sguardo un po’ oltre, potremmo vedere anche il viso pallido di Rocca Barbone e il Saccarello.

Ma ora veniamo al motivo del soprannome che davo a questo luogo incantato quando ero topina e la mia cara topo-zia mi ci portava spesso…

farfalla

In questo momento dell’anno sono riuscita a vederne ben poche, ma a breve questo sentiero si riempirà di farfalle. Grandi, piccole, dai mille colori… tutte pronte a dar spettacolo con il loro sfarfallio! Una grande meraviglia, ve lo assicuro.

roccia sentiero andana

E che belle quelle pareti di roccia che di tanto in tanto strappano la tela del bosco! Alcune aguzze, altre più affilate, ci fanno sentire piccini.

Infine, ecco la meta di questo sentiero. Lo sterrato si conclude là, in quel varco magico creato apposta dalla vegetazione. E, una volta attraversato… vi assicuro resterete incantati.

sentiero Andagna3

Sì, perché si sbuca un po’ prima di Drego, e lì è facile che tiri una bella e piacevole arietta. Un vento che porta, ancora una volta, il profumo dei Pini che si fanno di nuovo assai presenti, e che a ogni istante ridisegna le nuvole. Col naso all’insù guardiamo i pascoli alti di Drego, Carmo dei Brocchi e Cima Donzella. Sono belli anche in questa stagione, con le gote ingiallite e bruciate dal freddo invernale.

drego andagna

Il sentiero, allora, si ricollega alla strada, la stessa che porta a Rezzo, ma prima ci lascia ancora rimirare un’altra fontana e quella perla di pietra che è la chiesetta di Santa Brigida alla quale gli andagnìn sono molto affezionati e della quale vi ho già parlato in un altro mio articolo.

chiesa santa brigida andagna

Restiamo un po’ qui a goderci la pace tra la Lavanda che deve sbocciare e il Biancospino ancora assonato e poi torniamo indietro, verso nuovi sentieri e altre avventure.

Uno squittio svolazzante per tutti voi, topi! A presto!

Angoli di Tibet a Borniga, in Valle Argentina

Lo so che voi umani state mugugnando da un po’ perché quest’anno è scesa poca neve (almeno per ora) e che fa più caldo del normale, ma dal mio punto di vista da Topina posso dirvi che la cosa non è sempre negativa. Per esempio, se ci fosse stata la neve, oggi non avrei potuto portarvi fin quassù, in questo piccolo angolo di Tibet della mia Valle.

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No, non sono impazzita e non ho mangiato troppo panettone! State a sentire quello che ho da raccontarvi.

Avete presente quelle belle e terse giornate che abbiamo avuto a cavallo tra dicembre e la prima settimana di gennaio? Bene. Una di quelle giornate limpide col cielo tanto azzurro da fare invidia al mare, decido di esplorare un po’ la mia Valle per voi. Parto da vera esploratrice, facendo persino una sosta al Ricicì di Triora, con un panino da favola ben farcito e poi mi dirigo con la topo-mobile fino a Loreto, poi salgo ancora.

pane triora ricicì

Arrivo a Realdo, ma non è ancora il momento di lasciare la mia Passepartout a bordo strada. Mi lascio alle spalle l’abitato e proseguo, fino a giungere alla mia destinazione: Borniga.

borniga

Siamo in terra brigasca, topi, a circa 1300 metri sul livello del mare, e qui si può godere della natura in tutto il suo splendore. E’ un privilegio essere qui in questa stagione, perché quando scende tanta neve la strada diventa inagibile, le casette del borgo restano chiuse per tutto l’inverno, per riaprire le persiane solo in Primavera, quando si risveglia anche la natura tutt’intorno.

Borniga – Burnighe in dialetto – appare come una terrazza sulla Valle, la sua vista è così ampia che spazia dal Saccarello, la cima più alta della Liguria, fino al Faudo.

borniga panorama

I veri protagonisti di questo borgo abbarbicato sui monti, però, sono il Gerbonte, che svetta con la sua cima proprio davanti all’agglomerato di casette in pietra, e Cima Marta insieme al Grai, imbiancati come pandori coperti di zucchero a velo.

borniga gerbonte cima marta

E’ il regno dei corvi, dei rapaci, di caprioli, camosci e cinghiali, che qui scorrazzano liberi e quasi indisturbati. Il borgo non è abitato, in queste tane vengono saltuariamente topi con famigliole o topi stranieri a godersi le vacanze e, lasciatemelo dire: è proprio il posto migliore in cui rilassarsi!

A Borniga tutto parla di infinito. Le ginestre verde brillante che fanno da contrasto all’erba secca e vecchia. I Pini, che solo a guardarli pare aprano i polmoni per permetterci di respirare ancor di più tanta abbondante meraviglia. Il panorama che fa sentire piccoli dinnanzi al creato, così fulgido nel suo semplice splendore. Ogni cosa pare avere una sua voce, qui. Una voce che parla attraverso il silenzio, il lieve fruscio del vento, e che racconta la pace di un luogo per trasmetterla allo spirito.

Borniga è incastonato tra prati pianeggianti e larghe terrazze, lo incorniciano le creste montuose delle Alpi Marittime, abbastanza lontane da permettere al borgo di godere del generoso abbraccio del Sole, ma anche abbastanza vicine per farlo sentire protetto.

C’è ancora il forno di paese ed è funzionante, con la legna accatastata con ordine e gli attrezzi riposti con cura. E c’è quella panchina, là, nel cuore di un prato con vista su tutte le montagne, fino al Faudo, e pare quasi di riuscire a vedere persino il mare. E’ stato un giovane atleta tedesco a costruirla, così come sue sono le bandierine tibetane disseminate tra gli alberi e sugli speroni di roccia. Che pace, che tranquillità!

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Ecco perché sembra quasi di essere sull’Himalaya, topi. C’è un sentiero che si inoltra nella macchia mediterranea costellata di Pini Silvestri che conduce a Bric Corvi. E’ breve, e io vi consiglio di seguirlo, perché ne vale davvero la pena.

bric corvi borniga

Si cammina in cresta e si affaccia sulle falesie rocciose che lambiscono i dintorni di Borniga. Non poteva esserci nome migliore per un luogo così, dove pare davvero di volare sulle ali di un corvo e di potersi aggrappare alle rocce come fanno le aquile prima di riprendere quota.

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E poi si giunge a destinazione, ce lo dice una torretta di pietre decorata con le bandierine che svolazzano al vento e spargono le loro preghiere di benedizione, come da tradizione.

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Qui, topi, sembra per un attimo di essere davvero dall’altra parte del mondo, ma ancora una volta siamo sempre qui, nella mia Valle, un piccolo Universo che racchiude mondi interi, un lembo di terra che dal mare arriva alle Alpi, capace di raccontare storie provenienti da ogni dove.

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E con questo, vi saluto.

Un bacio dal sapore d’infinito per voi da Borniga!

Alberi e panorami di Carmo del Corvo

Topi, quella che vi faccio fare oggi non è una vera e propria scarpinata. L’aria si è fatta fredda e io per una volta ho preferito salire sulla mia Passepartout per avvicinarmi di più ai luoghi che voglio mostrarvi.

Il naso gelato e i baffi ghiacciati, ci mettiamo sulla topomobile e saliamo su, sopra Triora, sulla strada che porta al Passo della Guardia. Ci fermiamo più o meno in località Gorda Soprana, perché voglio godere insieme a voi della vista dei monti e assaporare i colori del bosco.

Lasciamo l’auto in uno spiazzo che pare dividere a metà la Valle Argentina, perché da qui c’è davvero un panorama spettacolare e mozzafiato. Si vedono il Gerbonte, Cima Marta, il Toraggio e il Pietravecchia, e poi anche il Saccarello.

gorda soprana - carmo del corvo

Dalla parte opposta, invece, abbiamo gli abitati di Corte e Andagna, Passo della Guardia, il Passo della Mezzaluna e poi giù, fino al Faudo. Si vede tutto, si abbraccia l’immensità delle creste velate d’azzurro e sui monti più alti si scorge già una piccola spruzzata di neve.

valle argentina

Tira vento, lo sentite? Ma non lasciamoci intimorire.

Mi piace guardare i raggi del sole che filtrano dall’alto, disegnando scie luminose sulle pendici delle montagne.

valle argentina carmo del corvo

Abbandoniamo la topomobile a bordo strada e ci inoltriamo nel bosco, sulla sinistra, in direzione di Carmo del Corvo. In questi luoghi pascola il bestiame, si sente anche ora il tintinnio dei campanacci. Pecore e vacche sono ancora qui a cibarsi delle ultime erbe rimaste, prima che arrivi la neve a ricoprirle. Ed è proprio questo loro cibo a insaporire i formaggi della mia Valle, dal gusto unico e inconfondibile.

Il bosco di cui vi parlavo non è fitto, ma a tratti si apre in scorci ampi sul baratro che è la Valle Argentina, vista da quassù. Si respira l’atmosfera selvaggia di questi luoghi, è tangibile, e già entrando nel bosco di Pini viene spontaneo abbassare il tono di voce.

 

E quei Pini sono inframezzati da chiazze brulle di macchia mediterranea, dove a farla da padroni sono il Ginepro, il Timo e la Lavanda, i cui cespugli sono ancora ben visibili, nonostante la sua stagione sia trascorsa da un po’.

timo

Qui, nella bella stagione, si trova facilmente anche l’Iperico. L’Estate, da queste parti, fa ronzare le api e gli impollinatori all’impazzata, così affaccendati nel suggere il nettare dai fiori profumati. E non mancano neppure i tafani, quando nelle vicinanze c’è il bestiame.

Eppure ora tutto pare come addormentato, anzi no, sembra tutto in attesa. La Natura riposa e sospira, attende il momento del sonno profondo che le spetterà a breve, quando giungerà l’Inverno col suo abbraccio di candido gelo.

funghi

Sul terreno, adesso, è tutto uno spuntare di funghi, piccoli, grandi, dalle forme più disparate. Sono state le ultime piogge a farli spuntare così generosi.

E alzando il muso all’insù non si può non meravigliarsi di fronte allo spettacolo offerto dalle foglie baciate dal sole!

autunno valle argentina

Raggiungiamo un punto panoramico, Triora è là sotto quella sporgenza, ma da qui non si vede. Ci sono Querce giovani a farci compagnia, insieme ai Lecci e alle Felci ormai ramate.

valle argentina2

E allora me ne resto seduta qui per un po’, su una roccia scaldata dal sole e col naso gocciolante per il freddo. Si sentono i versi dei Caprioli, qui ce ne sono tanti, e alla fine uno mi passa addirittura alle spalle, balzando via come un fulmine.

quercia valle argentina

Infine, dopo essere rimasta per un po’ ad ammirare il dipinto autunnale che si è spiegato per me e per voi, me ne torno indietro, alla topomobile, che il sole sta calando e so che a breve tingerà di rosa certi scorci che voglio mostrarvi prima di lasciarvi andare.

Salgo su Passepartout, la metto in moto e inizio la discesa, finché non trovo la luce giusta al momento giusto, lo scatto perfetto.

Clic!

passo della mezzaluna

Il Passo della Mezzaluna incorniciato dall’ombra scura delle foglie… e un’altra mezzaluna che s’affaccia nel cielo.

Poi non dite che non vi voglio bene.

Vi saluto topi, torno in tana a zampettare sulla tastiera per voi. Un abbraccio panoramico dalla vostra Prunocciola.

Sua maestà Rocca Barbone

Lei è una delle regine che governano la mia Valle, topi. Merita un articolo tutto per sé, con il suo volto bianco che di profilo, a seconda del luogo dalla quale la si osserva, pare quasi quello pallido di un barbagianni.

E’ Rocca Barbone con i suoi 1628 metri di altezza, in alta Valle Argentina, e insieme ai monti che le fanno da cornice regala scorci e panorami mozzafiato a tutti i viandanti che la frequentano.

Rocca Barbone - Valle Argentina2

 

Appare maestosa quando si staglia sul cielo blu cobalto delle giornate più terse, meravigliosa in tutte le stagioni, di una bellezza selvaggia e granitica.

Rocca Barbone - Valle Argentina

A farle da guardiane ci sono sempre le ghiandaie, compresa la mia nemica-amica Serpilla. Se ne stanno nei suoi pressi a starnazzare come ossesse, sul chi va là ogni volta che piede umano si poggia nelle sue vicinanze. Sono gli araldi di sua maestà Rocca Barbone, coloro che la avvisano di chi transita nel suo regno. Ma non ci sono solo ghiandaie tra la sudditanza di questa regina di pietra, nossignore. E’ il territorio prediletto dai Camosci, che qui trovano prati ampi e scoscesi, ma anche rocce ripide sulle quali avventurarsi.

camoscio

Sprazzi di bosco accolgono gli animali selvatici, qui è vietata la caccia, è una zona di ripopolamento. Rocca Barbone accoglie anche i Lupi con le sue braccia silvane che si protendono intorno al suo viso ceruleo. Nel cielo che le fa da tetto volano i rapaci di cui la mia Valle si fa tanto vanto: aquile reali, falchi, bianconi, gufi reali, grifoni… nidificano su di lei, insieme a numerose specie di pipistrelli, anche questi protetti, amati e studiati dai professionisti.

Rapace - Valle Argentina

E’ una madre paziente, Rocca Barbone, ma anche severa. Sulla sua cima si può abbracciare un panorama vastissimo, che arriva a sfiorare anche il Monte Bego, nella vicina Francia, nel cuore della Valle delle Meraviglie, là dove sono presenti incisioni rupestri dell’uomo primitivo. E si vede il mare nelle giornate più terse, si assapora un frammento di infinito che va dalla Rocca, situata alle pendici del Saccarello, fino alla costa. Si scorgono i profili montuosi della vicina Val Nervia, col Pietravecchia e il Toraggio a farla da padroni insieme al Grai, a Cima Marta e al Gerbonte. Davanti, neppure a farlo apposta, sta il Monte Trono, degno compagna di una regina come lei e sulle cui pendici sorge la magica Triora.

Bosco Triora - Valle Argentina

Nulla sfugge al suo sguardo di pietra e ci si sente sudditi e re a nostra volta, passando da qui.

Rocca BArbone - Valle Argentina4

Questi luoghi furono teatro di vicende storiche importanti, per la mia Valle. Qui si dice combatté il giovane Napoleone Bonaparte in persona, pensate! Nel Settecento si combatterono davanti agli occhi di Rocca Barbone le battaglie tra Francesi e Piemontesi, a testimoniarlo sono i numerosi avamposti che resistono ancora oggi al trascorrere del tempo, ve ne avevo parlato nell’articolo Caserme, guerre e cannoni a Cima Marta, ricordate?

Siamo nel comune di Triora, più precisamente vicino Verdeggia, l’ultimo paese della Valle Argentina. Una leggenda racconta che i soldati francesi attendessero che il fumo si levasse dai comignoli del borgo per razziare il paese dei cibi che le donne cucinavano con amore e dedizione. Si dice che, in seguito a queste spiacevoli scorribande in cui i verdeggiaschi venivano derubati della loro fonte più preziosa di sostentamento, le donne avessero imparato a nascondere a dovere gli alimenti che cucinavano, ma un giorno, purtroppo, i nemici se ne accorsero e amputarono la gamba di una poveretta come punizione e monito. Allora, non potendo più sopportare le angherie di quei prepotenti e per rispondere all’affronto subito, tutti gli uomini del paese si riunirono, imbracciando i fucili. Bastonarono i soldati e li condussero al cospetto di Rocca Barbone, dove li uccisero e li seppellirono in una fossa comune. Ancora oggi, là dove pare si sia svolto questo fatto, esiste un’altura chiamata Bricco dei Francesi.

Rocca Barbone - Valle Argetnina3

Rocca Barbone, con la sua bellezza così singolare, è anche protagonista di un sentiero assai particolare, quello dei Flysch. I Flysch sono un complesso sedimentario composto da rocce clastiche che si sono depositate in ambiente marino per via di frane sottomarine e correnti. Si distinguono molto bene gli strati dei sedimenti argillosi, arenari e calcarei e tra di essi sono presenti fossili dell’età Mesozoica, cari topi!

Montagne - Valle Argentina

Ah, che meraviglia la mia Valle! Allora, vi è piaciuto questo tour? Vado a prepararne un altro per voi.

Un inchino regale dalla vostra Prunocciola.

Un formaggio da K2!

Topi! Sono venuta a conoscenza di una cosa che mi ha fatto vibrare i baffi di orgoglio!

La mia Valle non smette mai di stupire, è proprio vero.

Nel mio girovagare ho scoperto, infatti, che il formaggio d’alpeggio delle mucche del Saccarello nel 2004 è stato selezionato come alimento fondamentale per ben due spedizioni italiane di alpinisti sul K2. Ma ci pensate?  Il latte munto sulle mie montagne è arrivato fino in Nepal. Roba da non credere!

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Il K2, tra l’altro, è la seconda vetta più alta del mondo dopo l’Everest, ma è considerata la più difficile da scalare. All’evento era stato dedicato persino un articolo su La Stampa, in cui si sottolineava che, quello di portare nello zaino il tipico formaggio triorese, non fosse un capriccio o una questione di gola, visto che per chi si appresta ad affrontare percorsi così estremi l’alimentazione è studiata, programmata, calcolata da esperti.

Il formaggio di mucca d’alpeggio è lavorato a crudo, è stagionato e avvolto in teli di lino e viene affinato in cantine su assi di legno. Dopo due mesi di stagionatura, assume un sapore caratteristico, con retrogusto mandorlato e ha un inconfondibile profumo di funghi porcini e fieno. Questo suo sapore delicato unito alla particolare fragranza è dato dall’alimentazione delle mucche, costituita da foraggi freschi arricchiti dalle erbe aromatiche montane. Io mi lecco già i baffi. Ha proprietà organolettiche per le quali è unico in tutta la Liguria.

toma Triora 2

Ci sareste dovuti essere, il giorno in cui mi è giunta notizia di questo primato culinario che non sapevo la mia Valle avesse.

Ero con topoamica, stava sorseggiando una tisana al lampone nella mia tana, quando mi è tornata in mente la sensazionale scoperta di quel giorno.

«Per tutti i topi, devo dirti una cosa! Ho una notiziona!»

«Avanti, dimmi. Hai fatto la scoperta del secolo, finalmente?» mi ha chiesto lei.

Non appena, però, le ho detto del formaggio, degli alpinisti, del K2 e di tutto il resto, topoamica ha posato la tazza e mi ha guardata come fossi ammattita.

«Che c’è?», le ho domandato confusa.

«Belin, Pruna! Dal tono che avevi, credevo tu avessi trovato il Sacro Graal della Valle Argentina. E invece te ne stai qui, a parlarmi di tome!»

«Ma… guarda che il K2 è una cima importante!»

«Sì, sì. Già ti ci vedo, sul tetto del mondo con la toma nostrana tra le zampe!»

E’ finita tra le risa di entrambe e, dopo un allegro battibecco, ho anche promesso che il Sacro Graal lo troverò, almeno topoamica smetterà di prendermi per una mangia-tome.

E voi? Sapevate di questo primato della Valle Argentina?

Io vi saluto, topi. Vado a scalare… il Monte Trono, così il formaggio me lo compro direttamente a Triora, che mi è venuta l’acquolina in bocca. E poi, ormai, voglio proprio conoscere il gusto di questa prelibatezza!

A presto.

Prunocciola