Santa Rita – tra le due Neviere

Il Cammino del Ghiaccio, dotato di segnaletica in legno, era un’antica mulattiera che permetteva agli abitanti di Taggia e dintorni di raggiungere le Neviere, costruzioni in pietra che raccoglievano la neve, e potersi rifornire di ghiaccio durante le estati o per la conservazione degli alimenti. Un giorno vi parlerò della Neviera dell’Albareo e della seconda grande Neviera.

L’inizio di questa strada si trova nella parte alta di Taggia, in piazza Santa Lucia, proprio dopo i due ultimi bastioni. Il primo tratto offre una vista spettacolare su tutta la mia Valle che da qui sembra davvero immensa: si può vedere senza difficoltà tutta Arma, laggiù sul mare, e poi Taggia, Castellaro e i monti di Colle D’Oggia ancora baciati dal sole. Poi ci sono le montagne che  racchiudono con un abbraccio tutto il paesaggio e il fiume che scorre giù in basso. L’orizzonte, se lo si osserva a lungo, assume diverse sfumature. Ci circondano le pratoline e gli asparagi selvatici. Le distese di ulivi sono infinite e le fasce sono ordinate.

Giunti qui, sulla cresta sopra Taggia, possiamo scegliere se salire verso destra, verso i Beuzi, e scendere a Bussana, oppure dirigerci a sinistra, verso l’eremo di Santa Maria Maddalena del Bosco.

Saliamo a sinistra. E’ un luogo magico, sembra di poter parlare con la foresta. Ci sono ancora le auto dei cacciatori, i cani che ululano correndo, avanzando. Si sente grufolare, o almeno così pare, i suoni sono tanti ed è difficile distinguerli con precisione.

Prima di inoltrarci nel bosco di querce e castagni, ricco di ghiande ancora acerbe, ammiriamo la via che stiamo percorrendo. E’ una strada di confine. La vecchia Podesteria di Badalucco e quella di Taggia se la sono sempre contesa. Dall’archivio di quest’ultima, si apprende che una piccola traversa di essa portava con ogni probabilità al castello di Campo Marzio, dove poco tempo fa sono ricominciati gli scavi archeologici.

Allontanandosi dal bivio Beuzi-Albareo, dove c’è il vecchio agriturismo, si raggiunge la località di Santa Rita. E’ una zona fresca e ombrosa. In estate è d’obbligo fermarsi e sorseggiare un po’ d’acqua fresca. Anche gli animali del bosco vengono a dissetarsi qui.  E’ un luogo prediletto dai Boy-Scouts, che aiutano a tenerlo ancora più pulito. Troviamo un pergolato, dei tavolini, alcuni di pietra, altri di legno, e poi delle panche, un barbecue davanti all’edicola votiva con la statuetta della Santa. Il suo vestito è nero e tra le mani stringe un crocefisso di legno. Questa zona le venne dedicata per volontà di due partigiani che, rifugiatisi proprio in quel punto in tempo di guerra, per salvarsi la vita  si erano affidati a lei in quel momento di difficoltà. Scampati al pericolo, hanno innalzato il piccolo monumento religioso dedicandolo anche a chi non era stato fortunato come loro. Sulla lapide in marmo bianco è scritto infatti: ” Nel ricordo di chi non è più a perenne custodia di questi monti “.

In basso a sinistra è visibile la frazione Campi, raggiungibile da un sentiero non segnalato e qui i Lecci sono verdi come l’Alloro e i Corbezzoli, finalmente maturi, la fanno da padroni. Sono dolcissimi. E’ una zona ricca di funghi di ogni tipo. In alcuni tratti, il Brugo è l’unica pianta rimasta verde, un manto di foglie rossicce ci fa da tappeto e i rami o sono spogli, o color dell’oro.

Ecco il sentiero della Grande Neviera, qui a sinistra, dopo la statua, da percorrere a piedi. Si scende. La strada è sterrata e siamo all’inizio dell’Entrà, un termine dialettale che intende definire la fine delle campagne e delle coltivazioni e l’entrata nel bosco. Non potremmo più godere del panorama come prima, ma quello che incontreremo, proseguendo questa strada, è una sorpresa per la prossima puntata. Non perdetela! Un fresco bacione a tutti.

M.